Breve storia della religione

Sunto di storia dell'antico testamento

Creazione del mondo

10. In principio Iddio creò il cielo e la terra, con tutto ciò che nei cielo e nella terra si contiene: e sebbene avesse potuto compiere la grand'opera in un solo istante, volle impiegarvi sei periodi di tempo, che la Scrittura Santa chiama giorni.

Nel primo giorno disse: sia fatta la luce, e la luce fu;

nel secondo fece il firmamento;

nel terzo dì separò le acque dalla terra, a cui comandò di produrre erbe, fiori ed ogni sorta di frutti;

nel quarto fece il sole, la luna e le stelle;

nel quinto dì creò i pesci e gli uccelli;

nel sesto creò tutti gli altri animali, e finalmente creò l'uomo.

Nel settimo giorno Iddio cessò dal creare, e questo giorno, che chiamò sabato cioè riposo, comandò poi per mezzo di Mosè al popolo ebreo che fosse santificato e consacrato a Lui.

Creazione dell'uomo e della donna

11. Iddio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza, e lo fece così: ne formò il corpo di terra; poi gli alitò in faccia, infondendogli un'anima immortale.

Iddio diede al primo uomo il nome di Adamo, che vuol dire formato di terra, e lo collocò in un luogo pieno di delizie, chiamato il Paradiso terrestre.

12. Adamo però era solo.

Volendo Iddio dargli una compagna e consorte, lo fece cadere in un profondo sonno e, mentre dormiva, gli tolse una costa, e di quella formò la donna, che presentò ad Adamo.

Questi l'accolse con grato affetto e la chiamò Eva, che vuoi dire vita, perché sarebbe diventata la madre di tutti i viventi.

Degli Angeli

13. Prima dell'uomo che è la creatura più perfetta di tutto il mondo sensibile, Iddio aveva pure creato una moltitudine infinita di altri esseri, di natura più elevata dell'uomo, chiamati Angeli.

14. Gli Angeli, senza forma né figura alcuna sensibile, perché puri spiriti, creati per sussistere senza dover essere uniti a corpo alcuno, erano pure stati fatti da Dio ad immagine sua, capaci di conoscerlo ed amarlo, e liberi di operare il bene ed il male.

15. Nel tempo della prova, moltissimi di questi spiriti restarono fedeli a Dio, ma molti altri di loro peccarono.

Il loro peccato fu di superbia, volendo essere simili a Lui, e da Lui non dipendere.

16. Gli spiriti fedeli, chiamati Angeli buoni, o Spiriti celesti, o semplicemente Angeli, furono premiati coll'eterna felicità in Paradiso.

17. Gli spiriti infedeli, chiamati Diavoli o Demoni, col loro capo detto Lucifero o Satanasso, furono scacciati dal paradiso e condannati all'inferno per tutta l'eternità.

Peccato di Adamo ed Eva, e loro castigo

18. Iddio aveva posto Adamo ed Eva in uno stato perfetto di innocenza, di grazia e di felicità, esenti perciò dalla morte e da ogni miseria di anima e di corpo.

19. Egli aveva loro permesso, di mangiare di tutti i frutti del paradiso terrestre, e solamente aveva loro vietato di gustare quelli di un albero, che era in mezzo al paradiso, e che la S. Scrittura chiama l'albero della Scienza del bene e del male.

Così fu chiamato, perché per mezzo di esso, in virtù dell'obbedienza, Adamo ed Eva avrebbero avuto bene, cioè aumento di grazia e di felicità; o in pena della disobbedienza sarebbero decaduti dalla loro perfezione essi ed i loro discendenti, ed avrebbero fatto esperienza del male, tanto spirituale, quanto corporale.

Voleva Iddio che Adamo ed Eva nell'omaggio di questa obbedienza lo riconoscessero per Signore e Padrone.

Il demonio, invidioso della loro felicità, tentò Eva, parlandole per mezzo del serpente, e istigandola a trasgredire il ricevuto comando.

Eva spiccò del frutto vietato, ne gustò, indusse Adamo a gustarne egli pure, ed ambedue peccarono.

20. Questo peccato produsse per loro e per tutto il genere umano i più disastrosi effetti.

Adamo ed Eva perdettero la grazia santificante, l'amicizia di Dio, e il diritto al paradiso: diventarono schiavi del demonio, e meritevoli dell'inferno.

Il Signore pronunziò contro di essi la sentenza di morte: li bandì da quel luogo di delizie, e li cacciò fuori a guadagnarsi il pane col sudore della loro fronte, fra innumerevoli stenti e fatiche.

21. Il peccato di Adamo poi si propagò a tutti i loro discendenti, eccetto Maria SS.; ed è quello con cui tutti nasciamo, e che si chiamò peccato originale.

22. Il peccato originale macchia l'anima nostra fin dal primo istante di nostra esistenza, ci rende nemici di Dio, schiavi del demonio, esclusi per sempre dal paradiso, soggetti alla morte ed a tutte le altre miserie.

Promessa d'un Redentore

23. Iddio però non abbandonò Adamo e la sua discendenza a tale disgraziatissimo fine.

Nella sua infinita misericordia gli promise tosto un Salvatore ( il Messia ), che sarebbe venuto a liberare il genere umano dalla servitù del demonio e dal peccato, ed a meritargli il paradiso.

Tale promessa Iddio ripeté in seguito, molte altre volte ai Patriarchi ed al popolo, ebreo per mezzo dei Profeti.

I figliuoli di Adamo ed i Patriarchi

24. Adamo ed Eva, dopo che furono scacciati dal paradiso terrestre, ebbero due figli, cui diedero i nomi di Caino ed Abele.

Cresciuti in età, Caino si dedicò all'agricoltura, ed Abele alla pastorizia.

Avendo Iddio dimostrato di gradire i sacrifizi di Abele, che pio ed innocente gli offeriva il meglio del suo gregge, e di sdegnare quelli di Caino, il quale offeriva i frutti della terra, questi, pieno d'ira e d'invidia contro il fratello, lo condusse seco a diporto nei campi, si avventò contro e lo uccise.

25. Per consolare Adamo ed Eva della morte di Abele, Iddio diede loro un altro figliuolo, che chiamarono Seth, il quale fu buono e timorato di Dio.

Adamo, durante la sua lunga vita di 930 anni, ebbe ancora molti altri figliuoli e figliuole, i quali moltiplicandosi, a poco a poco popolarono la terra.

26. Fra i discendenti di Seth e degli altri figli di Adamo, i vecchi padri di numerosa progenie restavano a capo delle tribù, formate dalle famiglie dei figli e dei nipoti; ne erano principi, giudici e sacerdoti.

- La Storia li onora del nome venerando di Patriarchi.

- La Provvidenza li dotava di lunghissima vita, affinché insegnassero ai posteri la religione rivelata, e, vigilando sulla tradizione fedele delle divine promesse, perpetuassero la fede nel venturo Messia.

Il Diluvio

27. Coll'andar dei secoli, i discendenti di Adamo si pervertirono, e tutta la terra fu piena di vizi e di disonestà.

Iddio, per tanta corruzione dapprima minacciò, poi punì il genere umano con un diluvio universale.

Allora fece piovere per quaranta giorni e per quaranta notti, fino a tanto che restarono coperte d'acqua le più alte montagne.

Tutti quanti gli uomini morirono annegati; non si salvarono che Noè e la sua famiglia.

28. Noè, per ordine ricevuto da Dio, cento anni prima del diluvio, aveva cominciato a fabbricare un'arca, cioè una specie di nave, in cui poi era entrato egli colla sua moglie, coi suoi figliuoli - Sem, Cam e Iafet - colle tre mogli loro, e con quegli animali, che Dio gli aveva indicato.

La torre di Babele

29. I discendenti di Noè ben presto si moltiplicarono e crebbero in sì gran numero che, non potendo più stare insieme, dovettero pensare a dividersi.

Essi però, prima di separarsi, stabilirono di fabbricare una torre così alta, che arrivasse fino al cielo.

L'opera si avanzava a gran passi, quando Iddio, offeso di tanto orgoglio, discese e ne confuse le lingue, per modo che i superbi edificatori, più non intendendosi fra loro, si dovettero disperdere senza compiere l'ambizioso disegno.

La torre ebbe il nome di Babele, che vuol dire confusione.

Il popolo di Dio

30. Dopo il diluvio gli uomini non si conservarono per molto tempo fedeli a Dio, ma ricaddero ben presto nelle iniquità di prima, anzi giunsero al punto di perdere la cognizione del vero Dio, e di darsi all'idolatria, vale a dire, di riconoscere e adorare come divinità le cose create.

31. Laonde Iddio per conservare la vera religione sopra la terra, si elesse un popolo e prese a governarlo con speciale provvidenza, preservandolo dalla generale corruzione.

Esordi del popolo di Dio

Si rinnova con Abramo l'antico patto

32. A padre e stipite del suo popolo Iddio elesse un uomo della Caldea, chiamato Abramo, discendente dagli antichi Patriarchi per la linea di Eber.

Il popolo, che da lui ebbe origine, fu chiamato Popolo Ebreo.

Abramo erasi conservato giusto in mezzo alla sua gente, datasi al culto degli idoli ed acciò perseverasse nella giustizia, Iddio gli ordinò di uscire dal suo paese e di trasferirsi nel paese di Canaan, detto pure Palestina, promettendogli che l'avrebbe fatto capo di un grande popolo, e che il Messia sarebbe nato dalla sua progenie.

In conferma della parola di Dio, Abramo ebbe da Sara sua moglie, sebbene già avanzata in età, un figlio, che chiamò Isacco.

33. Per provare la fedeltà ed obbedienza del suo servo, Iddio gli ordinò di sacrificargli questo suo unico figlio, che egli tanto amava, e sul quale riposavano le divine promesse.

Abramo però, sicuro di queste promesse, non vacillò nella fede, e, come sta scritto nella S. Scrittura, sperò contro la stessa speranza; dispose tutto l'occorrente pel sacrificio, e l'avrebbe compiuto.

Ma un angelo gli trattenne la mano; Iddio poi in premio della sua fedeltà lo benedisse, e gli annunziò che da quel figlio sarebbe venuto il Redentore del mondo.

34. Isacco giunto all'età di quarant'anni, sposò Rebecca, sua cugina, madre poi ad un tempo di due figli, Esaù e Giacobbe.

Ad Esaù, come primogenito sarebbe toccata la benedizione paterna; ma il Signore dispose che, per sollecitudine di Rebecca, Isacco benedicesse Giacobbe, al quale, per troppo meschino compenso, Esaù già aveva ceduto il diritto di primogenitura.

35. Giacobbe allora, per sottrarsi all'ira di Esaù, dovette fuggire in Aran da suo zio Labano, che gli diede in spose due sue figliuole - Lia e Rachele - e dopo venti anni tornò a casa ricchissimo, e con numerosa famiglia.

Nel ritorno per via, prima che si riconciliasse col fratello, in una visione, che egli ebbe, gli fu cambiato il nome di Giacobbe in quello d'Israele.

36. Giacobbe fu padre di dodici figliuoli; i due ultimi dei quali, Giuseppe e Beniamino, erano figli di Rachele.

Tra i figli di Giacobbe il più savio e costumato era Giuseppe, sopra tutti carissimo al padre.

Per questo motivo i fratelli presero ad odiarlo, e l'odio li portò a meditarne prima la morte, e poscia a venderlo a certi mercatanti ismaeliti, che lo condussero in Egitto e lo rivendettero a Putifarre, ministro di Faraone.

Giacobbe ed i suoi figli in Egitto

37. Giuseppe in Egitto colla sua virtù si guadagnò subito la stima e l'affezione del suo signore; ma poi, calunniato dalla padrona, venne cacciato in prigione.

Ivi stette due anni, cioè fino a tanto che, per aver interpretato al Faraone, ossia re d'Egitto, due sogni e profetizzato che sette anni di abbondanza sarebbero seguiti da sette anni di carestia, fu liberato e creato vicere d'Egitto.

Nel tempo dell'abbondanza Giuseppe fece grandi provvigioni, sicché quando la fame cominciò a desolare la terra, l'Egitto rigurgitava di viveri.

38. Da tutte le parti si dovette accorrere colà per comprarvi del grano; Giacobbe fu pure costretto a mandarvi i suoi figliuoli, i quali a prima giunta non riconobbero Giuseppe; riconosciuti però da lui, e dopo che egli loro si manifestò, ebbero l'incarico di condurre in Egitto il padre con tutta la sua famiglia.

Giacobbe desideroso di abbracciare il figlio diletto, vi andò, e dal re gli fu assegnata per dimora sua e dei suoi la terra di Gessen.

39. Dopo 17 anni di dimora in Egitto, Giacobbe vicino a morte, radunò intorno a sè i suoi dodici figli, in un coi due figli di Giuseppe, per nome Efraim e Manasse; raccomandò loro di ritornarsene nella terra di Canaan senza però dimenticare le sue ossa in Egitto, lì benedisse tutti in particolare, predicendo a Giuda che lo scettro, ossia la sovrana potestà, non sarebbe uscito dalla sua discendenza fino alla venuta del Messia.

Schiavitù degli Ebrei in Egitto

40. I discendenti di Giacobbe chiamati ebrei o israeliti, per alcun tempo furono rispettati e tollerati dagli Egiziani.

Ma, essendo poi essi cresciuti in grandissimo numero, tanto da formare un gran popolo, da un altro Faraone, che regnò più tardi, vennero oppressi sotto il giogo della più dura schiavitù, e condannati persino a gettare nel fiume Nilo tutti i figli maschi appena nati.

Liberazione degli ebrei per mezzo di Mosè

41. Sotto l'orrenda schiavitù d'Egitto, il popolo ebreo sarebbe perito tutto intero, né avrebbe riveduta la terra di Canaan, se Iddio non veniva a strappano prodigiosamente dalle mani dei barbari oppressori.

42. Un bambino ebreo di nome Mosè era stato provvidenzialmente salvato dalle acque del Nilo dalla stessa figlia di Faraone, e da lei fatto istruire ed educare nella reggia di suo padre.

Di lui si servì Iddio per liberare il suo popolo, e adempiere in esso le promesse fatte ad Abramo.

43. A Mosè adunque, fatto adulto, comandò Iddio che, in compagnia di suo fratello Aronne, andasse dal Faraone, e gli ordinasse di lasciare partire gli ebrei dall'Egitto.

Faraone si rifiutò.

Allora Mosè, per vincere il cuore indurito di lui, armato di una verga, percosse l'Egitto con dieci prodigiosi e terribili castighi, detti poi le Piaghe d'Egitto, ultimo dei quali fu che un Angelo in sulla mezzanotte, incominciando dal figlio del re, uccise tutti i primogeniti egiziani, si degli uomini che degli animali.

44. La notte in cui avvenne quell'eccidio, gli ebrei per comando di Dio, celebrarono la prima volta la festa di Pasqua, che vuol dire passaggio del Signore.

Questo fu il rito prescritto da Dio: che ogni famiglia uccidesse un agnello senza macchia, e segnasse col sangue di esso la porta di casa, la quale resterebbe così salva nel passaggio dell'Angelo; che ne arrostisse le carni, e poscia le mangiasse in veste da viaggio e col bastone in mano, come gente preparata per la partenza.

Quell'agnello era figura dell'Agnello immacolato Gesù, il quale col suo sangue avrebbe salvato dalla morte eterna tutti gli uomini.

45. Faraone e tutti gli egiziani, alla vista dei loro figli morti, senza più, scongiurarono gli ebrei a mettersi in cammino, e loro diedero tutto l'oro e l'argento ed ogni cosa che domandarono.

Gli ebrei partirono, e dopo tre giorni si trovarono alle sponde del mar Rosso.

Passaggio del mar Rosso

46. Ben presto Faraone si penti di aver lasciato andare gli ebrei; si pose tosto ad inseguirli col suo esercito, e li raggiunse presso al mare.

Mosè, confortato il popolo, che era intimorito alla vista degli egiziani, stese la sua verga sul mare, e le acque si divisero da riva a riva fino al fondo, lasciando una lunga via agli ebrei, che passarono a piede asciutto.

47. Faraone ostinato nella perversità, si cacciò anche esso per quella via; ma, appena fu dentro, giù caddero le acque, e quanti erano, uomini e cavalli, perirono annegati.

Gli ebrei nel deserto

48. Passato il mar Rosso, gli ebrei entrarono nel deserto, ed in brevissimo tempo avrebbero potuto giungere alla terra promessa, la Palestina, se fossero stati obbedienti alla divina legge ed ai comandi di Mosè loro condottiero; ma, avendo prevaricato ed essendosi ribellati più volte, Iddio li trattenne nel deserto 40 anni, lasciandovi perire tutti quelli che erano usciti dall'Egitto, eccettuati due soli: Caleb e Giosuè.

In tutto questo tempo Iddio provvide al loro nutrimento con una specie di brina in bianchi e minuti granellini, chiamata manna, che ogni notte ricopriva la terra e veniva raccolta al mattino.

Però nella notte precedente al sabato, il qual giorno era festivo per gli ebrei, la manna non cadeva: perciò se ne raccoglieva il doppio la mattina del venerdì.

Alla bevanda Iddio provvedeva coll'acqua, la quale sovente scaturì miracolosamente dalle rupi, percosse dalla verga di Mosè.

Una gran nuvola poi, che di giorno li difendeva dai raggi del sole, e di notte, cambiandosi in colonna di fuoco, li illuminava e loro mostrava la via, li accompagnò per tutto quel viaggio.

I dieci comandamenti della legge di Dio

49. Il terzo mese, dopo l'uscita dall'Egitto gli ebrei pervennero alle falde del monte Sinai.

Fu là che, tra le folgori e i tuoni, Iddio parlò, e promulgò la sua legge in dieci comandamenti, scritti su due tavole di pietra, che consegnò a Mosè, sulla vetta del monte.

50. Ma quando ne discese, dopo 40 giorni di colloquio col Signore, Mosè trovò il popolo, che, caduto nell'idolatria, adorava un vitello d'oro.

Compreso di santo zelo per tanta ingratitudine e tanta empietà, spezzò le tavole della legge, ridusse in polvere il vitello, e punì di morte i principali istigatori del grave peccato.

Risalito poscia sul monte, implorò il perdono dal Signore, ricevette altre tavole della legge, e quando discese fu meravigliato il popolo di vedere com'egli avesse due raggi di luce in fronte, che rendevano la sua faccia splendente e gloriosa.

Il Tabernacolo e l'Arca

51. Quivi appiè del Sinai Mosè, per comando di Dio e secondo le di lui prescrizioni, fabbricò il Tabernacolo e l'Arca.

Il Tabernacolo era una gran tenda a guisa di tempio, che s'innalzava in mezzo agli accampamenti, quando gli Ebrei si fermavano.

L'Arca era poi una cassa di legno preziosissimo, coperto entro e fuori di purissimo oro, in cui furono poscia collocate le tavole della legge, un vaso della manna del deserto e la verga fiorita di Aronne.

52. Molte volte gli ebrei nel deserto, mormorando contro Mosè e contro il Signore, si attirarono gravi castighi.

Fra questi è da notarsi quello dei serpenti velenosi, dai quali morsicati, molti perirono; molti poi, pentiti, si salvarono rimirando un serpente di bronzo, che, innalzato da Mosè sopra un'asta, dava immagine di croce.

La virtù di questo emblema era simbolo delle virtù che avrebbe avuto la santa Croce di guarire le piaghe del peccato.

Giosuè e l'entrata nella terra promessa

53. Dopo averli trattenuti per 40 anni nel deserto, Iddio introdusse gli ebrei nella terra promessa.

Mosè la vide da lungi, ma non vi entrò: Giosuè gli succedette nel governo del popolo.

54. Preceduti dall'Arca, passarono il fiume Giordano le cui acque si erano fermate per lasciare libero il passo nel letto del fiume: presero la città di Gerico, soggiogarono nella terra di Canaan i popoli che l'abitavano, e la divisero in dodici parti, quante erano le loro tribù.

Così Iddio per mezzo del suo popolo castigò i gravissimi delitti di quelle genti.

Queste tribù pigliarono il nome da Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Isacar, Zabulon, Dan, Neftali, Gad, Aser, Beniamino, figli di Giacobbe, e da Efraim e Manasse, figli di Giuseppe.

La tribù di Levi però non ebbe territorio; Iddio la chiamò all'uffizio sacerdotale, e volle tenerle luogo Egli stesso di porzione e di eredità.

Dalla tribù di Giuda, secondo come aveva profetizzato Giacobbe morente, nacque poi il Redentore del mondo.

Giobbe

55. In quei tempi viveva un principe nell'Idumea, ricchissimo e giusto, di nome Giobbe, il quale temeva Iddio e si guardava dal mal fare.

Volendo il Signore farne un modello di pazienza nelle miserie più grandi della vita, permise che Satana lo tentasse con inaudite tribolazioni.

In pochi giorni gli furono rapite le sue immense possessioni, la morte lo privò della numerosa sua famiglia, ed egli stesso fu colpito in tutto il corpo da un'ulcere maligna.

Giobbe sbattuto da tante disgrazie non peccò d'impazienza; si gettò colla faccia per terra, adorò il Signore disse: il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore.

Iddio, in premio della sua rassegnazione, lo benedisse e, ritornatolo in salute, lo prosperò più che prima.

Tutto ciò viene luminosamente descritto in uno dei libri santi intitolato Giobbe.

Gli ebrei sotto i giudici

56. Gli ebrei, resisi padroni della Palestina sotto la condotta di Giosuè, più non l'abbandonarono, governati secondo la legge di Mosè, o dai signori del popolo, o dai giudici, e più tardi dai re.

I Giudici furono persone ( fra cui due donne, Debora e Giaele ) suscitate ed elette di tempo in tempo da Dio per liberare gli ebrei, ogni qualvolta essi, in castigo dei loro peccati, erano caduti nella schiavitù dei loro nemici.

57. I due più cospicui giudici furono Sansone e Samuele.

Sansone, dotato di una forza straordinaria e meravigliosa, tribolò e danneggiò per molti anni i filistei, potenti nemici di Dio.

Tradito poi e perduta la prodigiosa sua forza, usò gli ultimi avanzi di essa per far crollare un tempio dei suoi nemici, sotto cui fu seppellito, con molti di essi.

Samuele, ultimo dei giudici, vinti i filistei, per ordine di Dio radunò il popolo che tumultuava e chiedeva un re, ed alla sua presenza elesse e consacrò Saul, della tribù di Beniamino, a primo re di tutto il popolo ebreo.

Gli ebrei sotto i re

58. Molti anni regnò Saul, ma dopo i due primi per una gravissima disobbedienza, fu rigettato da Dio, e venne unto e consacrato re un giovane, di nome Davide, della tribù di Giuda, il quale si rese presto illustre uccidendo in singolare combattimento un gigante filisteo chiamato Golia, che insultava il popolo di Dio schierato in battaglia.

59. Saul, sconfitto dai filistei, si diede la morte.

Allora ascese al trono Davide, il quale regnò sul popolo di Dio per 40 anni.

Egli finì di conquistare tutta la Palestina, sconfiggendo gli infedeli, che vi erano rimasti, e specialmente s'impadronì della città di Gerusalemme, che elesse per sua dimora e fece capitale del regno.

60. A Davide succedette suo figlio Salomone, che fu l'uomo più sapiente che mai sia esistito.

Edificò il tempio di Gerusalemme, ed ebbe regno lungo e glorioso.

Ma negli ultimi anni della sua vita, per le arti insidiose di donne straniere, cadde nell'idolatria, e da alcuni si teme della sua salute eterna.

Divisioni del regno

61. Succedette al re Salomone suo figlio Roboamo.

Non avendo costui voluto diminuire il peso durissimo dei tributi imposti dal padre, dieci tribù gli si ribellarono, costituirono re Geroboamo, capo degli insorti, e restarono a Roboamo due sole tribù, quelle di Giuda e di Beniamino.

Il popolo ebreo si trovò così diviso in due regni - il regno d'Israele e il regno di Giuda.

Questi due regni più non si unirono, ma ciascuno ebbe le proprie vicende.

Regno d'Israele e sua distruzione

62. I re d'Israele, in numero di 19, tutti perversi e caduti nell'idolatria, a cui trassero la maggior parte del popolo delle dieci tribù, governarono per 254 anni.

Finalmente, in castigo delle enormi scelleratezze commesse, il popolo venne da Salmanasar, re degli Assiri, parte disperso, parte condotto schiavo nell'Assiria; ed il regno d'Israele cadde per non risorgere più ( A. a. C. 722 ).

Furono mandati a ripopolare il paese colonie di gentili, ai quali si assodarono in tempi successivi alcuni reduci israeliti e cattivi giudei, e tra tutti formarono poi un popolo, detto samaritano, nemico acerrimo della nazione giudaica.

Fra gli israeliti condotti schiavi in Ninive, capitale dell'Assiria, vi fu Tobia, uomo santissimo, di cui ci è restata fra i Libri Santi una storia particolare, atta a farci altamente apprezzare il santo timore di Dio e le disposizioni della sua Provvidenza.

Regno di Giuda e schiavitù di Babilonia

63. I re di Giuda in numero di 20, dei quali alcuni pii e buoni, ed altri purtroppo anche scellerati, regnarono in tutto 388 anni.

64. Ai tempi di Manasse, uno degli ultimi re di Giuda, succedette quanto è scritto nel libro, che si intitola da Giuditta, la quale uccidendo Oloferne, capitano generale del re degli Assiri di quel tempo, liberò la città di Betulia e tutta la Giudea.

Più tardi un altro re degli Assiri, chiamato Nabucodonosor, pose fine al regno di Giuda; egli s'impadronì di Gerusalemme e la distrusse, in un col tempio di Salomone fin dai fondamenti; fece prigioniero ed acciecò Sedecia, ultimo re, e condusse il popolo schiavo in Babilonia.

Daniele

65. Durante la schiavitù di Babilonia visse il profeta Daniele.

Scelto insieme con altri giovani ebrei, per essere educato e poscia destinato al servizio personale del re, colla sua virtù si acquistò la stima e l'affezione di Nabucodonosor specialmente dopo di aver al medesimo manifestato ed interpretato un sogno ch'egli aveva avuto e poscia dimenticato.

Sebbene amato dal re, Daniele non andò esente dalle persecuzioni dei suoi nemici, i quali, accusandolo di disobbedienza agli ordini sovrani, perché adorava il suo Dio, giunsero a cacciarlo in una fossa piena di leoni, dai quali però restò miracolosamente illeso.

Fine della schiavitù di Babilonia e ritorno degli ebrei nella Giudea

66. La schiavitù di Babilonia durò 70 anni, dopo i quali i giudei ebbero da Ciro la libertà.

Ricondotti in patria da Zorobabele, ( A. a. C. 538 ), fabbricarono Gerusalemme ed il tempio, confortati nell'opera santa da Neemia ministro del re, e da Aggeo profeta.

67. Non tutti però rimpatriarono.

Tra quelli che rimasero nella terra straniera vi fu per divina disposizione Ester, la quale, essendo stata scelta dal re Assuero a sua sposa, salvò poi il suo popolo dalla distruzione, a cui era stato condannato dal re ad istigazione del ministro Amanno che odiava Mardocheo, zio della regina.

68. I giudei ritornati a libertà, furono quind'innanzi più fedeli al Signore, vivendo nell'osservanza delle proprie leggi e riconoscendo per capo della nazione il loro sommo sacerdote, sotto una certa tal quale dipendenza ora dai re di Persia, ora dai re di Siria, ora dai re di Egitto, secondo la sorte delle armi.

69. Fra questi re alcuni lasciarono in pace i giudei, ed alcuni altri li perseguitarono per ridurli all'idolatria.

Il più crudele e tiranno fu Antioco Epifane, re di Siria, il quale bandì una legge, per cui, pena la morte, tutti i suoi sudditi dovevano abbracciare la religione pagana.

Allora molti giudei acconsentirono a quell'empietà, ma molti più stettero forti e si conservarono fedeli a Dio, ed altri molti morirono di glorioso martirio.

Così avvenne di un santo vecchio, detto Eleazaro, e di sette fratelli, detti Maccabei, colla loro madre.

I Maccabei

70. Sorsero allora alcuni intrepidi sostenitori della religione e dell'indipendenza della patria, contro l'empio e crudele Antioco alla cui testa si pose un sacerdote per nome Matatia, coi cinque suoi figliuoli, virtuosi e prodi come lui.

Prima si ritirò ai monti, e raccolti ancora altri valorosi intorno a sè, discese e sbaragliò gli oppressori.

71. Giuda, soprannominato Maccabeo, figlio di Matatia, proseguì la guerra incominciata dal padre, e col favore di Dio e coll'aiuto dei suoi fratelli, fondò il breve regno detto dei Maccabei, che per 128 anni governarono la Giudea come pontefici e principi, poi anche come re.

Questo gran capitano, chiamato nelle Sante Scritture uomo fortissimo, diede esempio insigne di pietà per i defunti, ed affermò solennemente la fede nel purgatorio, coll'ordinare una grande colletta di danaro da mandarsi in Gerusalemme, affinché si offrissero doni e sacrifizi in suffragio dei caduti nella guerra santa.

Egli fu per le molte sue vittorie benedetto dal popolo, e fu il terrore dei suoi nemici.

Ma infine sopraffatto da questi, non sostenuto dai suoi, morì da eroe colle armi in pugno, l'anno 161 prima dell'Era cristiana.

A Giuda Maccabeo, succedettero uno dopo l'altro i suoi fratelli Gionata e Simone, quindi il figlio di costui Giovanni Ircano, il quale tenne un governo savio, glorioso e felice.

72. Ma i figliuoli e discendenti degenerarono dalla virtù dei maggiori, e discordi fra loro s'implicarono in disgraziate contese con potenti vicini; in breve la Giudea, perdute le forze ed il prestigio, a poco a poco cadde sotto il dominio dei romani.

I romani e fine del regno di Giuda

73. I romani primieramente la resero tributaria, e poco appresso le imposero un re di nazione straniera, Erode il grande, così chiamato per alcune fortunate imprese, ma non grande certamente in faccia alla storia, la quale non tace i raggiri e le viltà per mezzo di cui assunse il desiato potere; del quale si valse poi a perseguitare la persona adorabile di Gesù Cristo nella sua infanzia.

Esternamente fortunato, infelicissimo visse e morì; fine ordinaria dei persecutori.

Dopo di lui regnarono, con varia estensione di potere, tre suoi figliuoli e due nipoti; ma fu breve la gloria, poiché il regno fu presto cambiato in provincia dell'impero romano; e in nome di esso fu mandato a reggerla un governatore.

I Profeti

74. Iddio, a mantenere il suo popolo nell'osservanza della legge, od a richiamarvelo, e specialmente a preservarlo dall'idolatria, cui era potentemente inclinato, aveva in ogni tempo suscitati uomini straordinari, chiamati Profeti, i quali, da lui ispirati, preannunciavano i futuri avvenimenti.

75. Alcuni di tali Profeti, come Elia ed Eliseo, non lasciarono scritti: ma di loro e delle loro gesta, restò memoria nella Storia Sacra.

Altri sedici lasciarono scritte le loro profezie, che furono conservate fra i Libri Santi.

76. Quattro di questi, Geremia, Daniele, Ezechiele ed Isaia, sono detti maggiori, perché le loro profezie sono più ampie; gli altri dodici sono detti minori, per la ragione contraria.

77. Mandato principale dei Profeti era quello di tener viva la memoria della promessa del Messia, e di preparare la ricognizione di lui.

Annunziarono molti secoli prima il tempo preciso della venuta di Lui, ed anzi diedero una tale descrizione delle circostanze della nascita, della vita, della passione e della morte di Lui, che, leggendo il complesso delle profezie, i loro autori appaiono storici, più che Profeti.

Alcune profezie che riguardano il Messia

78. Ecco alcune delle profezie, che riguardano il tempo della venuta del Messia:

Il profeta Daniele sul finire della schiavitù di Babilonia annunziava chiaramente, che il Messia sarebbe comparso, vissuto, rinnegato dai giudei, e da loro ucciso, dopo settanta settimane di anni, e che poco dopo Gerusalemme sarebbe distrutta ed i giudei dispersi, senza più potersi costituire in nazione.

79. I profeti Aggeo e Malachia annunziavano ai giudei che il Messia sarebbe venuto nel secondo tempio, e quindi prima della sua distruzione.

Il profeta Isaia, oltre all'aver descritte molte circostanze della nascita e vita del Messia, annunziava che dopo la sua venuta i gentili si sarebbero convertiti.

80. I fatti annunziati da questi e dagli altri profeti ebbero il loro compimento.

Cioè si compirono le settanta settimane, fu distrutta Gerusalemme, fu distrutto il secondo tempio, i giudei furono e sono dispersi, ed i gentili si sono convertiti: dunque il Messia deve esser venuto.

Tutte queste profezie ebbero il loro compimento nella persona di N. S. Gesù Cristo, e solamente in Lui; dunque Egli è stato il vero Messia promesso.

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