Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio )

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Curriculum vitae

Nella vita degli uomini di mondo, ciò che più conta sono gli avvenimenti esteriori, i così detti fasti - scoperte, cospirazioni, battaglie - che a volte risultano purtroppo... nefasti all'umanità.

Ma, anche nel migliore dei casi, quando cioè tali uomini hanno brillato nella vita per un valore positivo di scienza o d'arte, il monumento sulle piazze viene eretto appunto in virtù di quell'aspetto esteriore che li rende commendevoli ai concittadini.

Guai a volerci guardare un po' troppo addentro!

Non chiedete se quel valoroso generale era anche un uomo caritatevole: potreste avere l'amara sorpresa di sentirvi rispondere, dalla Storia, che fu invece un famoso egoista, invidioso, crudele, settario.

Non chiedete se quel romanziere o poeta era anche un buon marito e buon padre di famiglia. si potrebbe aprire un capitolo compromettentissimo per il suo onore privato, anche dinanzi alla morale così poco esigente del secolo!

Meglio guardare il monumento allo scienziato, all'artista, all'eroe, e non indagare troppo sul cristiano e neppure sull'uomo...

ecco come sono fatti, purtroppo, molti dei così detti campioni del mondo.

Invece la vita dei Servi di Dio, degli atleti di Cristo, può anche non brillare per fatti di grande rilievo esterno; ma nel settore della virtù - che è il più alto in cui l'umanità possa giostrare, senza danno di nessuno e con immenso vantaggio per molti, anzi per tutti - essi rispondono meravigliosamente di sì.

Anche quando hanno compiuto opere egregie nel campo dell'apostolato e della carità, il meglio della loro vita bisogna ancora cercarlo « dentro »: è lì la « favilla » che ha « secondato » la « gran fiamma » delle loro spesse volte geniali e ardite iniziative di bene.

Il Fratel Teodoreto lascia dietro di sé un Istituto secolare da lui fondato: i Catechisti di Gesù Crocifisso e di Maria SS.ma Immacolata.

E non è poca cosa, sebbene per ora sia un « pusillus grex », un granello di senapa.

Ma anche per lui vale la legge detta qui sopra: la sua bellezza è soprattutto interiore, come quella della biblica « figlia del Re ».

Ed è il motivo per cui in questo unico capitolo vogliamo percorrere le tappe esterne della sua vita, affine di poter poi contemplare, in tutti i capitoli seguenti, i panorami di quello splendido paesaggio interiore che è l'anima sua.

L'accompagnammo già sino al termine del suo Noviziato a La Villete, che lasciò il 3 settembre 1888 per recarsi allo Scolasticato poco prima aperto in Grugliasco ( Torino ): istituzione utilissima per completare la formazione religiosa, mentre pure si attende a quella professionale.

E Fratel Teodoreto vi mise tutto l'ardore dei suoi 18 anni, riuscendo esemplare di Studente al di qua delle Alpi, così come al di là era stato modello di Novizio.

alle regolari scadenze del Diritto canonico allora vigente, si legò a Dio con i voti di povertà, castità, ubbidienza, di stabilità nell'Istituto e d'insegnare gratuitamente ai poveri:

- il 1° novembre 1889 emise i voti annuali;

- il 20 settembre 1894 professò i voti triennali;

- il 12 settembre 1899 si lego definitivamente a Dio con i voti perpetui, ai quali aveva premesso - secondo la saggia tradizione dell'Istituto - gli esercizi di 30 giorni, seguiti a La Saulsaie nel Lionese, durante l'estate dell'anno precedente.

È proprio da deplorare che le sue note spirituali d'allora siano andate in gran parte distrutte in uno degli incendi provocati dai bombardamenti sopra Torino nel 1943; mentre abbiamo ragione di credere che altre note abbia distrutto egli medesimo, forse in omaggio alla Regola che suggerisce di « voler essere conosciuti da dio solo ».

Certo, nel ritiro dei « 30 giorni » e in quello di « otto », che immediatamente precedé la sua professione perpetua, non mancò di scrivere annotazioni che a questo punto della biografia riuscirebbero preziose: trasformerebbero cioè l'itinerario stradale che stiamo pedestremente seguendo sulle pietre miliari delle principali date, in un itinerario a Dio, librato in volo ben altrimenti panoramico e interessante.

Intanto che Fratel Teodoreto percorreva le tappe della sua consacrazione al Signore, senza fare artificiose distinzioni tra il servizio di Dio e l'addestramento professionale scolastico attraverso il quale era chiamato a servirLo, egli conseguiva i titoli allora richiesti per l'insegnamento:

nel 1891, a Pinerolo, la cosidetta « patente inferiore »;

nel 1893, di nuovo a Pinerolo, la « patente superiore »;

nel 1903, a Genova, dopo aver seguito privatamente tutto un corso di lezioni, impartite da Professori della R. Accademia Albertina di Belle Arti in Torino, si abilitava all'insegnamento del disegno nelle Scuole Media.

Fu dunque ufficialmente maestro e professore; ma non ambì mai di essere chiamato altrimenti che « Fratello », titolo invero tanto più bello e cristiano, che ha il sapore dell'età apostolica, quando tutti i fedeli erano chiamati « fratelli ».

Noterò tra parentesi che il disegno non ebbe da insegnarlo per moltissimi anni, chiamato come fu a impegnarsi di più alta responsabilità.

Gli rimase però il tempo di rendervisi bravo come insegnante, se crediamo alla testimonianza d'un competente qual è il Fratello Costanzo, che scrive di lui: « Ricordo le sue lezioni di disegno e specialmente quelle sulla prospettiva: chiare, linde, precise ... ».

Ora me le ricordo anch'io, poiché le ricevetti circa negli stessi anni: di una rara efficacia per davvero, anche se personalmente la prospettiva non operò sopra di me l'incantesimo prodotto su Paolo Uccello, il quale per amore di essa dimenticava persino i pasti, scusandosi poi con la moglie inquieta, d'essere stato totalmente sedotto da quella « così dolce prospettiva! ».

Ricordi profani di vecchia data per me, che ora mi trovo « in tutt'altre faccende affaccendato! ».

Tornando al Fratel Teodoreto: da poco più d'un anno insegnava in prima elementare ( 1889 ), regolarmente iscritto al corso biennale di « tirocinio preventivo » nel quartiere di S. Felice in Torino, quando dové interrompere dette occupazioni per il servizio militare allora obbligatorio.

Non mi consta ch'egli abbia tentato, con l'inganno o la raccomandazione, di sottrarvisi.

Non rientrava nei suoi sistemi.

Da una parte riteneva di essere astretto in coscienza al compimento di ogni dovere, anche di ordine puramente temporale e civile; e, dall'altra, era talmente persuaso che Dio guida tutti gli avvenimenti, da non preoccuparsi di quanto gli doveva succedere.

Ma, non ignorando come la vita militare rappresenta un pericolo per la virtù del giovane religioso, e conoscendo d'altra parte il diritto di ridurre la ferma - allora di due anni - a soli undici mesi, mediante il così detto « volontariato », ottenne dalla sua famiglia le 1.200 lire occorrenti per legge a tale riduzione.

Proprio perché conscio, per esperienza fattane, dei rischi della vita di caserma, una volta uscitone, egli pregherà sempre per i Fratelli costretti a passarvi lunghi mesi: parecchi di essi - tra gli altri il Fratello Ambrogio, quello che fu durante la prima guerra il Capitano Rossi - conservano vari scritti suoi, nei quali egli promette le sue preghiere per la perseveranza nel bene e nella vocazione.

Del tempo che egli personalmente passò in servizio diretto della Patria, quasi non parlano le note pervenuteci.

Peraltro il Fratello Isidoro ricorda che trascorreva molte ore - certo, tutte le ore libere dalla caserma - nella Comunità di Santa Pelagia, e aggiunge: « Anche sotto la divisa militare, io lo vidi sempre con la sua aria modesta, umile e accogliente ».

Rimane anche un ricordo curioso di quel tempo, ch'egli evocava qualche volta con un limpido sorriso.

Un ricordo ch'è al tempo stesso un problema di ... topografia psicologica.

È probabile che dalla Caserma alla Comunità la strada - tutta pianeggiante -  fosse lunga esattamente quanto la strada dalla Comunità alla Caserma.

E allora come si spiega che, pur percorrendola in linea retta, tanto nell'andata quanto nel ritorno, mettesse sempre più tempo a tornare in Caserma che non ad andare in Comunità? ( Esattamente il doppio, diceva Lui! ) ...

Proprio vero che il cuore porta meglio delle gambe!

E venne tramandata un'altra circostanza singolare di quell'epoca.

La sua « cinquina » - la famosa « cinquina » di quei tempi ch'era proprio fatta di pochi soldi! - Egli la consegnava tutt'intera ai Superiori, asserendo che, data la sua forte costituzione, non sentiva alcun bisogno di supplementi al rancio della caserma.

Ragione vera o presunta che, in ogni caso, dice chiaro quale fosse la serietà della sua vita religiosa.

Certo al Fratel Visitatore capitava più spesso di sentirsi chiedere qualche rinforzo pecuniario dai Fratelli soldati, che non di vedersi arrivare il capitaletto dei risparmi fatti sotto la divisa militare, anche se prestava servizio vicino ad una Casa Lasalliana.

Rimesse le facciole, tutta la sua vita religiosa si svolse nelle Case di Torino, da cui si allontanò di pochi chilometri e con brevi soste, per recarsi a Grugliasco o a Rivalta, sedi delle nostre Case di Formazione.

Così Fratel Teodoreto viene ad accrescere il numero di quei servi di Dio che fanno di Torino una città in qualche modo santa, e non solo perché città del Santissimo Sacramento, della consolata e dell'Ausiliatrice!

Dov'è difatti, un'altra metropoli italiana od estera, che possa elencare come cresciuti tra le sue mura, per brillare poi nei suoi cieli, nomi della grandezza di San Giovanni Bosco, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, San Giuseppe Cafasso, Santa Maria Mazzarello, San Domenico Savio, il Beato Sebastiano Valfré, ed altri ed altri ancora, per cominciare da quelli già ornati d'aureola e di nimbo?

Ai quali si aggiungono i Ven. Don Michele Rua e Don Federico Albert, i Servi di Dio Mons. Luigi Versiglia e Don Callisto Caravario, salesiani martiri in Cina; Don Murialdo, Don Balbiano, Fra Leopoldo Musso, Don Fàa di Bruno, Don  Clemente Marchisio, Suor F. G. Michelotti fondatrice delle Piccole Serve del S. Cuore, il Sig. Marcantonio Durando lazzarista, Mons. Francesco Paleari del Cotolengo, tutti sacerdoti o religiosi.

Né vogliamo tacere i bei nomi di persone vissute nel secolo, quali la Principessa Maria Clotilde di Savoia, detta « la santa di Moncalieri »; il ferroviere Paolo Pio Perazzi, le sorelle Comoglio, ecc.

Dire una « pleiade » di santi torinesi non è davvero esagerazione!

Qui mi contenterò di ricopiare - dalla « scheda » che, nell'Ufficio del Personale della Casa Generalizia di Roma e al centro del Distretto di Torino, porta il nome di Fratel Teodoreto - il seguito e la data dei suoi spostamenti, con l'impiego affidatogli.

Se la elencazione parrà monotona, il lettore non se ne stupisca: la vita del « Fratello » difficilmente conosce i colpi di gran cassa e le molle a sorpresa.

Ora, il Fratel Teodoreto fu tipico, come Fratello, anche in questo... assomigliando a tutti gli altri!

Ottobre 1892 - Torino, S. Pelagia - 2° elementare;

Ottobre 1897 - Torino, S. Pelagia -  Vice Direttore;

15 agosto - 15 novembre 1906. Secondo Noviziato a Lembecq-lez-hall ( Belgio ).

Settembre 1910 - Torino, S. Pelagia - Direttore;

Gennaio 1915 - Torino, s. Pelagia: vi rimane fino al 1937, alternando l'ufficio di vice-Direttore, Ispettore, Direttore Didattico della « ROMI » ( Regia Opera Mendicità Istruita );

Aprile 1937 - Grugliasco - Scolasticato - Pro-Direttore;

Novembre 1937 - Torino - Immacolata, in soprannumero;

Ottobre 1938 - Torino - Collegio S. Giuseppe: Scuola, assistenza, Unione del SS. Crocifisso;

Ottobre 1940 - Torino - Direttore della ricostituita Comunità di S. Pelagia, prima in Via Po 43, poi in Via Cavour 39;

Ottobre 1943 - Torino, S. Pelagia, con il solo incarico dell'Unione di Gesù Crocifisso;

Ottobre 1946 - Torino, Collegio S. Giuseppe, sino alla morte: sorveglianze, incarichi vari, Unione del Ss. Crocifisso.

Gli amanti dei romanzi d'avventure, se hanno avuto il coraggio di leggere tutta la pagina, si debbono sentir esauriti dallo sforzo di questi cinque minuti d'asfissiante monotonia.

Il Fratel Teodoreto visse invece quei più di 60 anni che la paginetta rappresenta, senza annoiarsi mai, senza desiderare o cercare mai altro, sempre contento di quanto gli si chiedesse di fare, indifferentissimo ad essere Superiore, o Vice, o Ispettore, o Direttore Didattico,o semplice inferiore, o anche solo ...  un « soprannumero », come è segnato alla Comunità dell'Immacolata nel 1937.

Per essere più esatto: di esser Direttore, carica che temeva molto a causa delle responsabilità spirituali inerenti, e che accettava solo per spirito d'ubbidienza.

Scendere o salire per lui non aveva davvero significato.

Pensiamoci un poco, se per caso fossimo di quei religiosi ai quali ogni variante che non sia una promozione pare senza altro una retrocessione, una « diminutio » della personalità, una umiliazione insopportabile dinanzi alla platea dei confratelli, degli alunni, delle famiglie.

Oh, se potessimo mai persuaderci a vivere in pienezza la formula dei nostri voti: « ... in qualunque luogo io abbia ad essere mandato e per farvi quello a cui sarò impiegato ... », come la visse il Fratel Teodoreto, avremmo imbroccato la formula della santità e al tempo stesso della felicità!

Il monotono capitolo « curricolare » ci lascia, se non altro, in eredità, questo prezioso insegnamento di cui vorremo certo fare tesoro.

Agli impieghi sopra elencati, sono sa aggiungere i vari « Ritiri di 20 e di 30 gironi » del Distretto piemontese, con la partecipazione frequente di Fratelli romani, che Fratel Teodoreto presiedè tante volte!

Rappresentavano per lui una fatica fisica, a volte una sofferenza morale ( se qualche Fratello non dimostrava sufficiente buon volere ); ma erano una sorgente cospicua di meriti personali, mentre per il Distretto costituivano una grande e invidiata fortuna.

La stessa cosa si deve dire della sostituzione che, per un certo numero di anni, agli faceva del Direttore del Noviziato, mentre questi attendeva al Ritiro spirituale annuo o a un periodo di necessario riposo.

Anche questo rappresentava per lui un ufficio compiuto con così profondo senso di responsabilità, da meritare che ne parliamo poi in un capitolo a parte.

Visto così il Fratel Teodoreto esteriormente, percorrendo di gran corsa la sua vita secondo l'estensione orizzontale nel tempo e nello spazio, ci tocca ora studiarlo un po' più adagio e da vicino, nella sua posizione verticale di creatura che ha i piedi in terra ma lo sguardo al cielo, ci tocca anzi spingere lo sguardo nell'intimo suo.

Per andare con un certo ordine, che faciliti il compito all'autore e al lettore, studieremo via via l'uomo - il cristiano - il religioso - il « fratello » - l'educatore - il catechista - il superiore - il fondatore.

D'ognuno di questi aspetti vedremo le caratteristiche quali apparivano al di fuori, cercando però d'indovinare le recondite sorgenti nella sua vita interiore.

Se il buon Angelo Custode del Fratel Teodoreto ci vorrà fare un poco di scorta, oh, quanto riuscirà più agevole e sicuro e proficuo il cammino!

E perché non lo dovremmo sperare?

Non è forse questa, che ora comincia, la sopravvita del suo Protetto?...

Questi aveva tanta fiducia in Lui.

Raccontava volentieri in ispirito di riconoscenza, il seguente episodio.

Un giorno, durante una gita a Pessinetto, non sentendosi molto in forze, si era fermato a leggere, seduto sopra una roccia.

Qualcuno, presa una scorciatoia alle sue spalle, smosse una grossa pietra che rotolò a precipizio verso di lui.

un Confratello intuì il pericolo e, terrorizzato di quel che poteva succedere, invocò l'Angelo Custode di Fratel Teodoreto, stando a vedere la fine con cuore sospeso.

E la fine fu meglio che nelle commedie a lieto fine.

Il masso, sempre rotolando e balzando con crescente velocità, giunto a poche decine di metri, batté in uno spuntone roccioso sporgente dal terreno, si frantumò in due parti che si fermarono una a destra e l'altra a sinistra del Fratel Teodoreto!

O caro Angelo suo Custode, fa che si sistemino così le cose anche in questa biografia, proprio ognuna simmetricamente al posto voluto!

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