Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio )

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Fortezza d'animo

Ben inteso che l'uomo si afferma tale soprattutto per il valore del suo spirito, per la fermezza del suo volere, per la costanza dei suoi propositi, per la franchezza dei suoi giudizi, per la lealtà dei suoi procedimenti, per quell'insieme di qualità che gli temprano un carattere.

Chamfort ha detto bene « Chi non ha carattere non è uomo, ma cosa ».

Eppure oseremmo dire che siano molti, anche tra i religiosi, i veri uomini di carattere? ...

Per questo appunto sono anche pochi i veri religiosi!

A temprarsi un carattere occorre soprattutto possedere la virtù della fortezza, che è, fra le quattro cardinali, quella che pare meglio d'ogni altra caratterizzare l'uomo, il vir ...

Perciò di questa virtù vogliamo qui parlare meno succintamente.

Essa si manifesta in Fratel Teodoreto soprattutto nell'assoluta padronanza sopra se stesso.

Alessandro Magno, che a trent'anni aveva assoggettato il mondo, non era riuscito ad assoggettare i propri umori e le sregolate passioni, che lo portarono prematuramente alla tomba.

Le note dei Confratelli dicono e ridicono, con varianti di forma che confermano l'identità della sostanza, questo alto dominio delle proprie facoltà di Fratel Teodoreto.

Udiamone qualche testimonianza: 

"Non aveva, credo, sortito da natura un temperamento pacifico e dolce; alcune circostanze dimostrerebbero il contrario.

Era però riuscito a lavorarsi in modo da passare per l'uomo più mite, paziente, dolce, longanime che si possa immaginare.

Non ricordo d'averlo visto una sola volta menomamente alterato o scocciato per qualche cosa che personalmente lo contrariasse, né d'averlo sentito sostenere un po' insistentemente le sue idee... ( a meno si trattasse di qualche cosa che gli sembrava offensivo per il Signore, ché allora sapeva scaldarsi e scattare, intervenendo con serietà e forza a volte impressionanti ).

Personalmente, invece, nulla valeva a scuotere la sua pace e serenità" ( Fr. Arcangelo ).

"Ho sempre ammirato nel Fratel Teodoreto una calma prodigiosa...

Ci fu chi lo trattò duramente; eppure anche dinanzi alle ingratitudini, alle incomprensioni, rispondeva con dolce sorriso, con invidiabile tranquillità" ( Fr. Anastasio ).

"Non mi è mai apparso in Lui un senso qualunque di alterazione e molto incomposto...

Nessun accesso avevano sull'animo suo sentimenti d'odio o d'invidia o d'altro meno retto...

Sempre l'ho visto sereno, tranquillo , in pace con Dio e con gli uomini" ( Fr. Fidenzio ).

"Basterebbe a caratterizzare il Santo quella uguaglianza di animo anche in circostanze particolarmente difficili e delicate, che avrebbero fatto scattare... un morto: ad es., in occasione dell'abbandono della vocazione da parte di qualche Fratello a Lui affidato; oppure sentendo giudizi tendenziosi sul conto suo o della sua Opera; o l'ironia sulle sue "pie immaginazioni"; o il contrasto di vedute anche da parte di persone o Fratelli qualificati..." ( Fr. Giovannino ).

Al Fr. Damiano, di tanto ammirata memoria, suo conterraneo e compagno nello studio del disegno, avveniva talvolta d'inquietarsi per qualche contrattempo ...

Ammirava quindi tanto più il Fratel Teodoreto, che pareva non esserne toccato e che anzi dichiarava apertamente: « No, queste cose non mi turbano, poiché non offendono il Signore ... ».

E come non lo turbava il malinteso, il contrattempo, così lo lasciava calmo l'aperta offesa.

Non avveniva spesso che si mancasse verso di Lui personalmente, tanta era la stima, anzi la venerazione, di cui godeva.

Accadeva perfino che il più sovente anche Fratelli impulsivi per temperamento e inesperienza fossero indotti a dominarsi per il fatto solo della sua presenza.

Ma un superiore, per santo che sia, non può passare del tutto indenne da qualche affronto di sudditi insofferenti di disciplina o maldisposti d'animo, o anche solo mancanti d'educazione e di buon senso.

Avvenne così che, durante una passeggiata del Ritiro di 30 giorni, un giovane Fratello - il quale non seppe profittare della Grazia, sì che abbandonò poco dopo la sua vocazione! - mentre si stava per prendere posto in torpedone, tagliò la strada al Fratel Teodoreto in atto di salire, dicendo con tono sprezzante: « Che santo! che santo! ».

Il Servo di Dio arrossì leggermente, per quello che l'offesa conteneva d'implicitamente elogioso, sorrise e alzò gli occhi al cielo, senz'altra reazione verso lo screanzato che gratuitamente lo feriva ...

Ci furono occasioni ben più gravi nelle quali Fratel Teodoreto mostrò d'avere raggiunto un davvero eroico equilibrio d'animo e una assoluta padronanza di sé.

Una di queste ce la descrive il Fr. Dante Fossati:

"Il più bell'esempio di dominio di se stesso - virtù veramente eccezionale in lui - l'ho avuto durante il bombardamento aereo su Torino, nella notte dell'8 dicembre 1942.

Eravamo rimasti pochi Fratelli al Collegio: gli altri erano sfollati a Biella.

Fr. Teodoreto, allora della Comunità di S. Pelagia, veniva a rifugiarsi, al segnale d'allarme, nella cantina, priva di qualsiasi apprestamento difensivo, del Collegio.

I bombardamenti erano terrificanti.

La notte dell'Immacolata, il Collegio fu il centro di una zona di sganciamento: molte bombe dirompenti di mille libbre demolirono quasi tutto intorno a noi ( Politecnico, Ospedale, Camera di Commercio, Scuola Tommaseo, case di fianco all'aiuola Balbo ).

Il Collegio ebbe grappoli di spezzoni e bombe incendiarie, ma nessuna dirompente e ne uscì profondamente sinistrato, nonostante il coraggio ammirevole con cui parecchi Fratelli tra i più vigorosi e coraggiosi si prodigarono a impedire il propagarsi di incendi iniziati in vari punti della casa.

Non saprei dire il panico provocato in tutti dagli scoppi e dalle scosse: ogni bomba sembrava per noi.

Ho osservato il Fratel Teodoreto pregare tutto il tempo, tranquillo e sereno, sotto al pericolo di riceversi addosso da un momento all'altro la cantina e ... il resto!".

Superiore all'offesa - a cui in generale si è così sensibili - figuriamoci un po' se Fratel Teodoreto si lasciava turbare dai mutamenti atmosferici, freddo, caldo, pioggia o vento!

Se ne mostrava anzi il vero dominatore, sopportandoli senza vane lamentele, e soprattutto senza farsene ragione di dispensa alle sue opere di bene.

dove zelo e carità lo chiamavano, non c'era ragione di tempo avverso che lo potesse trattenere!

A volte anche quelli che sono « tetragoni ai colpi di ventura », come dice il Poeta, si spazientiscono maledettamente per un volo di mosca!

Fratel Teodoreto, senza le pose eroiche del Tobia di Giusti bonanima, si mostrava padrone dei nervi anche a Rivalta e Grugliasco, dove di mosche se ne vedono persino due o tre per volta, diciamo così per non esagerare.

Un novizio confessa ingenuamente: "Certe volte mi divertivo a guardare le mosche che gli si posavano sul viso.

Egli le sopportava per qualche tempo, poi con gesto pacato le allontanava; mentre noi non aspettavamo neppure che fossero posate, per liberarcene...".

Siamo con tutta evidenza dinanzi a due età e a due stili; anche a due tempre, l'una tutta impulso istintivo e l'altra ragionevolmente composta ..

Neppure l'imprevisto coglieva sprovveduto il Fratel Teodoereto.

Ecco il racconto d'un testimone oculare:

"Una sera c'era festa nel refettorio del Noviziato; erano giunti i Postulanti.

Verso la fine della cena, si sturarono alcune bottiglie di un vinello molto frizzante.

Fratel Teodoreto era seduto alla tavola dei Superiori, a due passi dal cantiniere, che manovrava di buona lena col cavatappi.

A un tratto ( novellino il cantiniere e birichino il vino ), un colpo secco e un fuggi fuggi generale...

Intanto un bel getto di spumante aveva investito il volto di Fr. Teodoreto...

Risa e sorpresa insieme.

Egli uscì dall'inattesa doccia con la massima naturalezza, commentando che era davvero un vinello generoso!".

« Roba da matti », conclude l'anonimo narratore.

Mentre io correggerei volentieri: roba da santi, ché la virtù si prova soprattutto in contingenze imprevedibili e poco gradevoli, anche se amene per gli spettatori indenni e per i giovani imberbi!

Aggiungerò solo - ad evitare lo scandalo dei pusilli - che sarebbe opinare troppo bene delle nostre cantine in Casa di Formazione, se si pensasse che a giovani, e quasi a giovanetti, si servisse dell'autentico « spumante d'Asti » o, peggio, nientemeno dello « sciampagna »!

Ogni cantiniere, per poco esperto che sia, sa come facilmente rendere mussoso un vinello d'uva schietto, per quanto poco graduato!

Altra occasione in cui tanti ... omenoni avrebbero perduto ogni calma fu quando ebbe il primo attacco di emorragia celebrale.

Racconta il Fr. Lodovico, ch'era presente:

"Una domenica, stando alla Villa in conversazione con il Fratel Teodoreto, ci accorgemmo che stentava ad esprimersi, incespicava e smoccicava confusamente le parole.

Meravigliati, notammo la sua confusione serena, e la tendenza ad esimersi dal partecipare alla conversazione.

Gli chiedemmo:" Si sente forse male?".

Rispose: " No, no... bene!", ma le parole stentavano ad uscire.

Lo si invitò a salire in camera e coricarsi.

Balbettava poche parole, sempre sereno e sorridente.

Il dottore, subito chiamato, diagnosticò: "Principio di paralisi alla lingua e al braccio sinistro".

Tornai a vederlo spesso durante la malattia, e lo trovai sempre con l'abituale sorriso sul labbro...".

Il Fr. Arcangelo aggiunge un particolare tipico:

"Avvisato telefonicamente dell'emorragia cerebrale che paralizzava Fratel Teodoreto, salimmo tosto dal Collegio in Villa, il Fratel Direttore ed io.

Era a letto e il dottor Bodo gli stava praticando un salasso.

Al vederci, tentò ripetute volte di parlare; ma poi, non uscendogli che suoni gutturali inarticolati... sbottò in una delle sue belle risate!".

Un altro sarebbe più facilmente scoppiato a piangere, e chi avrebbe osato condannarlo?

Ma Fratel Teodoreto era talmente padrone di sé, perché così sicuro di essere nelle mani amorose di Dio, da non preoccuparsi davvero di qualsiasi cosa gli potesse accadere ...

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