Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio )

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Umanesimo cristiano

Oggi si parla di umanesimo cristiano un po' da tutti e non senza qualche confusione sul significato vero da dare all'espressione.

Quindici anni fa l'espressione cominciava appena ad affacciarsi timidamente ai cancelli dell'ascetica, non senza qualche rischio di essere ricacciata indietro o sospettata come novità pericolosa ...

E fu proprio a quei tempi, esattamente nel 1941, che - in un mio passaggio a Torino per la festa dei Santi - invitato a tenere la Conferenza alla Comunità del Collegio S. Giuseppe, mi fu naturale parlare della santità.

Ricordandomi di essere anche Postulatore, volli tentare una nuova « formula di santità » - nuova nell'enunciazione, intendiamoci bene!  - presentandola come l'anelito nostro costante a « portare il talento d'umanità che Dio ci ha dato al suo massimo e armonioso sviluppo - modellandoci sull'uomo Cristo Gesù - per assecondare il disegno di Dio medesimo nei nostri riguardi - ben inteso, con l'aiuto della sua santa grazia ».

Svolsi soprattutto il primo concetto, quello cioè di « sviluppare in noi al massimo grado il talento - anzi tutti i talenti - di umanità che Dio ci ha dato »; e ne ebbi felicitazioni da parecchi tra i Fratelli di maggior valore.

Ma a me premeva il giudizio di Fratel Teodoreto che avevo visto tanto attento e, a quanto pareva, consenziente alle mie parole.

Non ebbi da aspettare molto, perché egli stesso spontaneamente, finiti appena gli esercizi del mattino, mi si avvicinò per ringraziarmi di quanto avevo detto e pregarmi di farne partecipi quanti più potevo, col pubblicare al conferenza.

Senza questo suo insistente invito credo non avrebbe visto la luce quel mio fascicolo: « Una formula di santità », che si meritò - fra molti complimenti - anche qualche graffiata da autorevoli voci e penne, alle quali talune affermazioni parvero forse un po' troppo d'avanguardia ( o che, semplicemente, avrebbero avuto bisogno di qualche maggiore chiarimento a completamento ).

Fratel Teodoreto, così abitualmente assorto in Dio, come vedremo in seguito, non si era invece per nulla spaventato di quel vigoroso richiamo a non dimenticare la nostra umanità, attraverso la quale, solamente, possiamo tentare l'alta impresa della nostra divinizzazione.

E s'accordava in questo con il gentiluomo santo, Francesco di Sales, quando proclamava l'aspirazione sua ad essere « tant homme que rien plus »  ( tanto uomo quanto è possibile ) .

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