Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio )

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Castità

La Regola dei Fratelli dice: « La loro prima e principale occupazione quanto all'esterno è di far risplendere in sé la castità al di sopra di tutte le altre virtù » ( Cap. 18, art. 2 ).

Ad essere sinceri, bisogna confessare che il « risplendere » della castità è dono concesso a pochi, anche fra gli ottimi che ne osservano fedelmente tutti i doveri; è proprio solo di quelli che l'hanno portata a un grado totalmente elevato, da farla tralucere pur attraverso il velo della carne.

Di questi pochi era appunto il Fratel Teodoreto.

Un confratello disse di Lui, dopo la morte: « Molte cose mi hanno colpito nell'indimenticabile Fratel Teodoreto; ma più di tutto il suo sguardo.

Aveva nelle pupille qualche cosa di divino che incoraggiava, che illuminava » ( Fr. Anastasio ).

Non era scrupoloso, no; ma delicato assai.

Ed esigeva delicatezza intorno a sé.

« Un giorno, in un gruppo di Fratelli, uno di questi uscì in una frase piemontese molto corrente ma grossolana, di cui probabilmente ignorava il senso letterale.

Passava Fratel Teodoreto.

Fu l'unica volta che lo vidi intervenire, non chiamato, per invocare, con tono di voce a Lui non solito, una maggiore castigatezza di linguaggio » ( Fr. Felice ).

L'ottima infermiera, Suor Anselmina Celotto, attesta ch'era riservatissimo, ma si comportava con semplicità, quanto ai medicamenti e alle cure prescritte o necessarie.

E racconta:

"Un giorno Egli si trovava nella saletta dell'infermeria, quando venne un ragazzo, forse sgambucciato più del conveniente, a farsi curare un bubù.

Mentre io attendevo alla medicazione, Fratel Teodoreto continuò a sgranare la Corona; poi, allontanatosi il piccolo convittore, mi disse: - Suora, se per caso nel modo di vestire di qualche ragazzo riscontra qualcosa che La turbi, me lo dica: provvederò a farlo osservare a chi di dovere.

- E la sua voce aveva un accento di paterna trepidazione".

Fratel Teodoreto era fedelissimo a tutte le precauzioni suggerite dalla Regola per non provocare tentazioni o sensazioni pericolose: non vedersi o lasciarsi vedere in atteggiamenti poco decenti, non toccare i ragazzi, non trattenersi isolati con essi, non trattare familiarmente con persone d'altro sesso, evitare letture o spettacoli anche per poco leggeri, ecc.

Ed ebbe una assoluta padronanza dei suoi occhi.

Lo notavano tutti, alunni, Confratelli, persone esterne.

Il Fr. Gottardo lo dice con qualche minuzia, ed ecco perché preferisco fra tante, la sua testimonianza:

"Nel marzo 1950 venni un giorno a prenderlo in Collegio, per portarci insieme a S. Pelagia, a consultare registri e documenti che servivano a me per un articolo.

Era verso sera. Il tragitto fu breve, ma ebbi modo di accorgermi della sua padronanza sui sensi, del freno assoluto che Egli imponeva agli occhi.

Camminandogli accanto, ammirai confuso quel suo dominio totale: incedeva con naturalezza, mentre parlavamo, ma il suo sguardo non aveva che la portata di pochi passi.

Tutto però era in Lui spontaneo e naturale, ché la virtù aveva già da tempo messo il suggello nei suoi atti, divinizzandoli".

Il suo andare ricordava proprio la « predica muta » dei fioretti di S. Francesco.

Ci fu un novizio che, con la pia curiosità dei giovani religiosi, osservò particolarmente il suo contegno a Rivalta, e ne ricavò più frutto che da una esortazione.

Ascoltiamolo: "Volli osservare quello che faceva, e un giorno lo seguii attentamente: il suo comportamento era semplice, proprio quello di un umile religioso.

Il volto sereno e tranquillo faceva intravedere la grande pace e serenità dell'anima sua.

Il capo leggermente inclinato in avanti, lo sguardo fisso a terra.

Sulle labbra un lieve sorriso, che incitava silenziosamente ed effondeva coraggio.

Molto umile nel vestire, ma di un ordine e di una nettezza straordinaria.

I suoi occhi brillavano di una inconfondibile gioia spirituale, e tutto il suo atteggiamento dimostrava che il suo spirito era rapito in quello dell'Amore Divino cui serviva fedelmente.

Non ebbi mai colloqui con Lui; ma a me bastava il suo atteggiamento, il suo contegno, la sua figura, il suo lieve passaggio.

Parlava al mio cuore con il suo comportamento, e quella piccola predica, se vogliamo chiamarla così, valeva ogni altra esortazione e ogni altro insegnamento.

Col suo esempio mi era guida e mi faceva amare di più la mia bella vocazione" ( Fr. D. S. ).

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