Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio )

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Regolarità

L'osservanza della Regola è uno dei massimi doveri per un Religioso conseguente a se stesso, che sa far fronte agli impegni liberamente contratti verso l'Istituto, vestendone l'abito, e alle promesse fatte a Dio.

Una tale osservanza, quand'è animata dal grande pensiero che nel fare così si ubbidisce a Dio e Gli si dà piacere, diventa anche un grande e sicuro mezzo di santificazione.

In questo senso il Papa Benedetto XIV poté dirsi disposto a canonizzare un religioso che abbia perfettamente e costantemente osservato le sue Regole e Costituzioni.

Se tale sentenza del grande Papa, giurista e codificatore dei processi per le cause di beatificazione, avesse valore canonico, sarebbe presto finito il Processo per il Fratel Teodoreto, tanto fu esemplare nella sua totale osservanza.

Ho qui dinnanzi una deposizione del Fr. Angelo sulla regolarità del Nostro, così esauriente nel toccare i vari aspetti, che ritengo utile riprodurla integralmente, completandola poi con note più rapide di altri Confratelli.

"Io che, conoscendo il suo proposito di osservare integralmente la Regola, ad ogni occasione, gli tenevo gli occhi addosso, non per criticarlo ma per cogliere l'aneddoto edificante, posso affermare che il Fratel Teodoreto ha fatto uno studio così assiduo della Regola da conoscerla fin nei più minuti particolari, ed è riuscito a praticarla fino alle ultime sfumature.

Se ha chiesto di obbligarsi alla sua osservanza con voto, è perché si sentiva di osservarla integralmente.

Veramente ammirevole, poi, è che Egli vi sia riuscito con tanta perfezione, senza la minima ombra di pedanteria o di ostentazione, ma con la massima naturalezza e semplicità.

Ho detto che conoscevo il suo proposito, perché, oltre alle sue convinzioni personali, Egli stesso confessava d'aver ricevuto questo amore come in consegna da un certo Fr. Carlo, morto nella Comunità di S. Pelagia, del quale Egli parlava sempre con grande venerazione, come di un santo.

Questo Fr. Carlo, prima di morire, si raccomandò caldamente a Lui, perché zelasse l'osservanza regolare, e lo fece con tali accenti e lo guardò con tali occhi, come diceva lo stesso Fratel Teodoreto, che non li dimenticò più.

Io che, come ho detto, gli tenevo gli occhi addosso, osservavo con edificazione che, quando al giovedì e alla domenica era raccomandata la lettura spirituale sui libri dell'Istituto, Egli di preferenza leggeva la S. Regola; così pure, fino agli ultimi anni di sua vita, negli Spirituali Esercizi annuali, durante le lettura spirituale e gli esami di coscienza, di solito lo si vedeva con la S. Regola in mano.

Da uno studio fatto con tanto amore, è naturale che risultasse non solo una conoscenza completa, ma specialmente un'osservanza perfetta, spinta talora alle più minute particolarità.

Pochi mesi prima della sua morte, avendo bisogno di parlargli, lo trovai nella sala di studio del Collegio, seduto al suo tavolo di lavoro.

Era solo, così da sembrare quasi un simbolo: e, poiché non c'era nessuno, tentai di esporgli in loco quello che volevo dirgli; ma Egli in bel modo m'invitò a uscire in corridoi, e là mi diede ascolto.

Mi raccontava il Fratel Ernesto che, avendolo una volta invitato a scrivere alcune cose nello stesso parlatorio nel quale si trovava, il Fratel Teodoreto gli fece bellamente osservare: "A scrivere questo ci vuole un po' di tempo: andiamo in sala di studio".

Nel 1911 fui per alcuni mesi di Comunità a S. Pelagia, mentre il Fratel Teodoreto era Direttore: insieme a un altro Fratello attendevo ai lavori della cucina e del refettorio.

Se talora, trovandoci impegnati in qualche servizio, non potevamo uscire a passeggio il giovedì, ci mandava il giorno dopo, almeno fino alla villa del Collegio, affinché, in omaggio alla Regola, facessimo la nostra passeggiata settimanale.

Sebbene cosa da poco, riferirò tuttavia il piccolo episodio seguente, per il buon ricordo che mi ha lasciato.

Nel 1937, trovandomi io di Comunità all'Istituto Artigianelli di Genova, un giorno passò di là il Fratel Teodoreto e vi pernottò in una camera vicina alla mia.

Siccome fra le due celle vi era una porta di comunicazione, e riusciva perciò facile sentirlo, io stavo attento qualora nella notte avessi udito il rumore di qualche penitenza o lo slancio di qualche elevata orazione; ma non avvenne nulla di tutto questo.

Solo al mattino, al segno dell'alzata alle 4 1/2, lo udii rispondere al "Viva Gesù nei nostri cuori" con un "Sempre" così pronto, ma specialmente così affettuoso, che mi colpì e non lo dimenticai più.

Il suo amore alla regolarità il Fratel Teodoreto non lo faceva in alcun modo pesare sugli altri, accontentandosi di zelarne l'osservanza, sebbene a tempo opportuno sapesse alzare forte la voce in sua difesa.

A una muta di esercizi di 30 giorni, presieduta dal Fratel Teodoreto, io e parecchi altri Fratelli partecipavamo solo per otto giorni come a Ritiro annuale.

In una conferenza sulla Regola, Egli ebbe parole così eloquenti intorno alla sua inosservanza - o, meglio, di così vivo dolore" per questa santa Regola così calpestata" - che vidi parecchi Fratelli arrossire e abbassare il capo.

Non c'era niente da Fare: bisognava battersi il petto e riflettere seriamente.

L'efficacia del suo dire non proveniva né dalle frasi roventi, né dallo scagliarsi contro gli inosservanti, cose che a Lui, così umile e pieno di rispetto per gli altri, non si addicevano assolutamente, ma da una convinzione profonda e da un grande amore ferito nel più intimo".

Nella vita del Fr. Mutien-Marie di Malonne c'è una pagina particolarmente edificante, in cui è detto che, avendolo un giorno i Fratelli visto per qualche momento con le mani dietro la schiena - posizione contraria ai precetti contenuti nel Capitolo regolare sulla modestia - ci fu l'immediata imbastitura di un processo fra i presenti, per chiedersi come mai la cosa avesse potuto avvenire, non essendosi mai prima di allora sorpreso il santo Confratello in posa men che regolare.

Con i critici d'oggi, non riusciamo facilmente a persuadersi che tenere le mani dietro la schiena sia posizione meno composta che tenerle davanti; ma i santi non vanno per il sottile in certe cose: prendono la Regola ad litteram, sine glossa, sine glossa! ...

Se qui l'episodio venne richiamato a testimoniare l'alta regolarità del nostro santo Fratello belga, è solo per dire che un processo del genere, pur tanto singolare ed edificante, non poté avere luogo intorno al Fratel Teodoreto, perché non accadde mai a nessuno di sorprenderlo a mancare al minimo punto di Regola.

Su questo è concorde la testimonianza scritta e orale di quanti lo hanno conosciuto.

Ci sono inoltre insistenze su alcuni particolari punti di regola, che mi piace qui riferire:

"Per quanto ammalato, Egli continuò a dirigere la scuola serale.

Era così costretto a vegliare fino a ora tarda: ciò nonostante, sebbene dispensato, volle sempre trovarsi puntuale all'alzata e agli esercizi del mattino, che faceva con una pietà commovente". ( Anonimo )

E ciò ch'è detto per gli esercizi del mattino, parecchi altri precisano per quelli della sera.

In particolare il Fr. Dario Luigi afferma che Fratel Teodoreto ebbe sempre cura di fare le adunanze con i membri dell'« Unione » in ore tali che gli permettessero di trovarsi presente fin dall'inizio degli esercizi pomeridiani.

Più esplicitamente, con bel candore, Fr. Anastasio narra che, tornando a casa, la festa specialmente, da giornate di Ritiro o da pie funzioni con i giovani, egli faceva osservare che gli esercizi spirituali ne avevano già fatti ore ed ore, così da potersi dispensare da quelli di Comunità

Ma Fratel Teodoreto rispondeva: « No, no, Fratel Anastasio; dobbiamo dare il buon esempio ai Fratelli e ottenere benedizioni sui giovani dell'Unione! .. ».

Non si può dire che siano esattamente questi i criteri seguiti da parecchi anche buoni religiosi; né si potrebbe sostenere l'illegittimità di qualche attenuazione ad una norma così assoluta, che non cessa peraltro di essere edificante al sommo.

ci ricorda il Fr. Arcangelo che, durante l'estate, dai pochi Fratelli rimasti a godersi il caldo della città, si faceva dopo cena sul terrazzo un poco di ricreazione libera.

Fratel Teodoreto, sovente del numero, godeva di trattenersi con qualcuno che gli parlasse direttamente e forte, essendo Egli duro d'orecchio e, negli ultimissimi anni, quasi sordo.

Ma appena arrivava il Fr. Vice Direttore, e faceva cenno di avviare il gruppo regolare, tosto Egli chiedeva permesso e si accodava al gruppo medesimo « per stare, diceva, con l'Autorità.

se ne andava per tal modo su e giù tutto il tempo della ricreazione, pur senza sentire nulla o quasi nulla, tranquillo e sereno sempre ».

Passi santi e meritori, come quelli affrettati che muoveva ad ogni suono della campana.

Lo attesta in forma tipica il Fr. Silvio Caraffa:

"Si può dire che per sette anni gli stetti sempre alla calcagna e vidi come " al suono della campanella" pareva corresse per andare al nuovo esercizio, tanto ci si recava con sollecitudine".

Il Fratel Teodoreto non metteva certo sullo stesso piano di apprezzamento il punto di Regola che comanda « lo spirito di fede e di zelo » e quello che dice di « chiudere senza strepito le porte della casa ».

D'accordo. Ma non era per questo meno fedele a osservare anche le minuzie, anche le pratiche « implicite », anche i soli usi tradizionali.

La sua estrema regolarità peraltro non pesava sui Confratelli, se non come tacito e discretissimo richiamo agli obliosi

Ecco come lo dice il Fr. Arrigo di Maria, che trascorse con Lui gli ultimi anni:

"Vivere in una casa dove la Regola, pur osservata integralmente dal complesso della comunità, subiva talora nell'individuo, per forza di cose, fluttuazioni varie, doveva essere alquanto penoso per Lui; eppure non è mai intervenuto direttamente o fuori dell'ambito contemplato dal dovere.

Questa sua discrezione era tanto saggia quanto ammirata.

Per questo la sua virtù non fu mai di peso a nessuno, anzi la sua compagnia tornava così gradita che si era gioiosi d'averlo in comunità.

Invece parlava in Lui a gran voce l'esempio, da tutti ammirato, compreso e anche seguito".

E sì che, passando ad altra testimonianza:

"Soffriva moltissimo per le mancanze di regolarità: faceva preghiere e si mortificava per ripararle.

Quando gli competeva, non mancava di avvertire i Fratelli dei loro mancamenti, e lo faceva con tanta bontà!

Personalmente fui in particolare da Lui avvertito di un difetto, ma con tale delicatezza che subito lo ringraziai, impegnandomi a emendarlo". ( Fr. F. )

Il Fr. Luigi, Vice Direttore, particolarmente incaricato di seguire la Comunità, annota con garbo e non senza un pizzico di sale:

"Allorquando qualche Fratello della ... minore osservanza trovava il Vice troppo esigente nel far osservare qualche punto di Regola, il Fratel Teodoreto, accorgendosene, s'ingegnava di confortarlo con la sua approvazione e l'incoraggiamento a perseverare".

Se lo ricordino gli interessati e, anche per amore di Fratel Teodoreto, non si diano facilmente il tono di fare i recalcitranti alle doverose esigenze di chi sovrasta.

Due ultime testimonianze mi sembrano proprio adatte a chiudere questo paragrafo. Eccole:

"Non ho fatti specifici da ricordare, come miracoli o giù di lì.

Il "fatto" monumentale per me è quello di un Fratel Teodoreto che osservò la Regola con la semplicità e naturalezza con cui l'uomo respira.

In Lui v'era la "seconda natura" creata con l'esercizio l'abito al bene; aveva la virtù della Regola" ( Fr. Candido di Maria ).

E finalmente:

"Di Lui si poteva dire come già si diceva di un suo Confratello beatificato: "Se per caso si smarrisse la Santa Regola, la si potrebbe riscrivere perfettamente, ricopiandola dalla regolarità del Fratello Benildo" " ( Fr. Anastasio ).

Ed è un elogio grandissimo, se si pensa che qui di retorica non ce n'entra proprio né molta né poca!

La vita comune costituisce per i Religiosi la massima loro penitenza; « Maxima penitentia vita communis » e tanto più per i Fratelli delle Scuole Cristiane, la cui Regola è così minuta nelle sue esigenze, e la vita comune assai più stretta che in moltissime altre Congregazioni.

così fu per Fratel Teodoreto.

Il che peraltro non gli vietò di mortificarsi anche in altri modi, con astinenze e penitenze non prescritte dalla Regola.

Ne diciamo qui una parola, dato che lo spirito di penitenza è di quelli che più caratterizzano i buoni Religiosi.

Ecco, per cominciare.

Fratel Teodoreto passò parecchi anni al Collegio san Giuseppe dove, per ragione dei Convittori soprattutto, abbastanza spesso si davano spettacoli cinematografici.

Ad alcuni di questi erano autorizzati ad assistere anche i Fratelli non addetti alla sorveglianza dei ragazzi.

Fratel Teodoreto non ci andò mai, neppure quando aveva la stanza che dava direttamente sulla tribuna del salone cinematografico stesso, e vi giungeva quindi, molestissimo, il rimbombo degli altoparlanti.

Dal buio del cinema, passiamo ad altro spettacolo in pieno sole.

Ce lo descrive un'anonima penna di ex novizio:

"Bastava guardare il balcone della sua camera, al Noviziato di Rivalta, in certi giorni di estate.

Sovente vi erano stese delle camicie così pesanti e grossolane, che al solo vederle si provava l'impressione di scoppiare dal caldo!

Per lui, invece, era come se l'agosto canicolare non esistesse!

Le indossava, le lavava da sé e poi le sbandierava al sole.

Non pensava certo che i modestissimi novizi avevano occhi anche per il balcone di Fratel Teodoreto!...".

Il balcone, aggiungo a chiarimento, dava sull'orto interno della casa.

E non potevano quindi quelle famose camicie, cagionare i guai causati, in caso analogo, ma con ben altra esposizione, dalle camicie del Card. Mathieu, poiché ci furono dei giornalisti che, a seconda dei colori, le vollero interpretare come comunicazioni simboliche intorno ai segreti del Conclave da cui uscì eletto S. Pio X.

Ma strumenti di penitenza veri e propri ne ha usati Fratel Teodoreto?

Il Fr. Cecilio attesta di aver trovato in camera sua « disciplina, catenelle, una croce di ferro a punte usate », pur dichiarando di non essere in grado d'informare intorno alla frequenza con cui vi ricorresse.

La sig.ra Drappero Virginia di Mombresto asseriva di aver appreso dal Signor. Bioletti Giuseppe, primo custode della Villa di Pessinetto, che Fratel Teodoreto, a scopo di penitenza, metteva pezzi di legno nel letto ( Fr. Angelo ).

e io ricordo un episodio che , sulle labbra del Fr. Macedonio, da cui io intesi narrare più d'una volta, diventava ameno pur nella serietà fondamentale.

accadde un giorno - certamente prima del 1910 -  che essendo questo nostro ottimo Direttore dello Scolasticato di passaggio a santa Pelagia, vi fu sorpreso da certi suoi dolori viscerali, per i quali lo si è visto più volte torcersi come un verme ferito.

Venne portato sul letto più vicino, casualmente quello di Fratel Teodoreto.

Abbandonandovisi sopra, diede uno strillo, non già per un rincrudimento dei suoi dolori, ma perché gli si erano infitte nelle carni le punte di una così detta « noce di Santa Teresa», strumento di penitenza una volta più di oggi noto e in uso.

Il poveretto, nel narrare, concludeva che da quel giorno non volle più saperne di andar a dormire nel letto dei santi, preferendo quelli ben sprimacciati dei peccatori!

Non è il caso di insistere oltre su queste penitenze esterne, che sono ben poca cosa di fronte alla gran penitenza d'una vita tutta crocifissa ai chiodi dei voti religiosi, e alla perfetta osservanza d'una Regola che non usa fare complimenti alla natura; tale appunto fu la vita del nostro santo Fratel Teodoreto.

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