Summa Teologica - I

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La Teologia come scienza

II

5. Per quel che riguarda la Summa Theologiae ( e in modo speciale la parte che tratta dell'essenza di Dio ), S. Tommaso non poteva lasciare da parte quanto la tradizione gli forniva di elementi utili, anzi indispensabili per una sistemazione della sua speculazione.

Egli vuole dare, nel modo più breve e lucido, una conoscenza completa della dottrina cristiana, come si esprime nel Prologo.

E come avrebbe potuto allora trascurare la grande speculazione logico-metafisica di Aristotele che gli forniva schemi ottimi per tale lavoro?

Schemi non artificiali ed arbitrari, ma desunti da una visione netta e realistica della natura della mente umana, relativa all'essere; schemi quindi che non potevano essere sostituiti da nessun altro di uguale valore.

Oggi c'è, da qualche parte, una levata di scudi contro gli schemi aristotelici introdotti da S. Tommaso nella teologia ( vedi Charlier,187 Stolz188 ); però a torto e per un misconoscimento delle funzioni proprie di questi schemi, i quali non impoveriscono, né tanto meno soffocano la vitalità trascendente della Rivelazione; ma al contrario forniscono uno strumento utilissimo per meglio, ossia più ordinatamente, penetrarla; il che vuol dire pensarla in modo più confacente all'indole della nostra mente che non sa.

in senso vero e proprio, se non quando unifica, ossia fa l'ordine nelle sue nozioni: un ordine non estrinseco, puramente storico e di successione; ma intrinseco, logico, fondato sulla natura degli elementi propri della Rivelazione.

La teologia di S. Tommaso in questo senso si può ben dire quaedam metaphysica, anche se l'espressione spiaccia a qualcuno ( p. es., allo Stolz, cfr. op. cit., p. 71 ), poiché dev'essere veramente la metafisica, ossia studio per altissimam Causam, dell'essere rivelato, costruita non con elementi della metafisica razionale infinitamente inferiore, ma sul modello della metafisica razionale, cioè secondo la tendenza propria della ragione umana, da cui nessun teologo potrebbe prescindere.

Quelli che si agitano per un ritorno puro e semplice alla teologia dei Padri, o della santa tradizione, come dicono, non sembra che si battano per un progresso della teologia, ma per un regresso; giacché, come si è detto, i Padri non han fatto se non parzialmente opera di sistemazione delle verità della fede ( il che vuol dire di intelligibilità ); mentre quest'opera ha assunto nei teologi posteriori, e specialmente in S. Tommaso, altezze, al dire di Leone XIII, difficilmente superabili.

Essi insistono sul carattere carismatico della teologia, la quale si svolgerebbe, quindi, in forme più o meno irrazionali o soprarazionali, al di fuori degli schemi logici e delle argomentazioni che, invece, abbondano nella teologia scolastica.

Si sente in questa concezione l'influsso delle correnti teologiche eterodosse, secondo cui la mente nulla potrebbe nella penetrazione della parola rivelata.

Queste correnti eterodosse ( p. es., la Teologia dialettica di K. Barth, scuola ) dichiarano senz'altro impossibile qualsiasi costruzione scientifica che sia coerente con la parola divina e porti a un consenso con la fede.

E sono accanite contro la teologia e i metodi della Scolastica.

Ma esse rendono, per ciò stesso, innaturale e avitale, dirò così, la parola di Dio, la quale non può essere da noi assimilata se non per via della più alta nostra facoltà, che è l'intelligenza.

É chiaro poi che in queste correnti teologiche opera, visibilmente o invisibilmente, la concezione agnostica circa il potere conoscitivo della ragione, non più considerata relativa all'essere e apprensiva dell'essere, ma elaboratrice di fenomeni soggettivi di valore del tutto contingente.

6. Le polemiche inter catholicos, vigenti in questi ultimi tempi, si sono concentrate sul concetto di scienza, applicato alla teologia: concetto aristotelico, valorizzato da S. Tommaso ( vedi q. 1, a. 2 ).

Non ci è possibile riassumerle in questa introduzione.

Diremo solo che a torto si è visto in questo concetto un qualcosa come un letto di Procuste, soffocante e mortificante la straripante vitalità della dottrina rivelata.

Il concetto di scienza applicato alla teologia è un concetto analogico che esige un'applicazione suo modo, e va corretto e completato con l'altro concetto di sapienza, che conviene alla teologia non meno che il concetto di scienza.

La teologia, partecipazione della scienza di Dio in noi ( impressio quaedam divinae scientiae, q. 1, a. 3, ad 2 ), realizza veramente in sé tutto l'elemento certezza e dimostrazione « ex principiis », contenuto nel concetto aristotelico di scienza; il quale esprime bene perciò, una qualità intrinseca ed importantissima della teologia.

Essa, scienza della fede, desume i suoi principi dalla Rivelazione, ai quali aderisce per fede soprannaturale; certezza questa inevidente, sostenuta però dall'autorità della parola di Dio, che risuona nel credente con un accento non mai del tutto traducibile in parole umane.

A servizio della fede stanno i doni carismatici dello Spirito Santo, specialmente il dono di sapienza, che formano nel teologo l'animus, l'inclinatio, la connaturalità, l'istinto verso la parola di Dio ( q. 1, a. 6, ad 3 ).

Ma tutto ciò rafforza il teologo e non pregiudica in nulla la sua qualità di scienziato della fede.

Dai principi creduti, ragionando secondo il naturale modo di procedere dell'intelletto umano, incapace di penetrare con un atto solo tutto il contenuto dei principi, il teologo dedurrà, tanto più sicuramente quanto più illuminato, le verità implicite, formulando in modo organico le sue conclusioni.

É scienza della fede anche il sistemare o disporre gerarchicamente i principi rivelati stessi, mettendone in luce le relazioni intime con un principio supremo; poiché questo lavoro è fatto anch'esso per mezzo del ragionamento; ed è sovente deduzione teologica, giacché il nesso dei vari articoli di fede, che sono i principi della teologia, non è sempre oggetto di esplicita rivelazione, ma è arguito o dedotto dalla ragione alla luce della fede allora per noi, non un revelatum, ma un revelabile: un oggetto in qualche modo nuovo ( quanto alla nostra cognizione esplicita ), conosciuto in atto, come contenuto nella rivelazione stessa, per un lavoro di penetrazione fatto dalla mente.

Tutto il processo della scienza teologica avviene sotto la luce della fede; giacché essa procede ex auctoritate divina, non nel senso che tutto quello che deduce sia illuminato dall'esplicita testificazione divina, e quindi sia oggetto proprio della fede, intuito nell'atto stesso della fede; ma nel senso di un lavoro della ragione, la quale, vivendo la fede e assimilandone la luce, veramente arguisco ciò che vi è d'implicito nei singoli oggetti di fede; discorre da concetto a concetto, penetra passo passo e assimila via via l'infinita ricchezza della Parola di Dio.

Giacché la mente umana non è come la mente divina, e neppure come la mente degli angeli, totalmente intuitiva e di tale vigore da comprendere ed esaurire, con un atto unico di visione, la totalità del contenuto di un oggetto; ma è discorsiva, procede per divisione o composizione, per analisi e sintesi, unificando man mano i vari atti di visione, parziali ma intimamente connessi, in una visione sempre più vasta del soggetto della scienza.

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187 CHARLIER L.-M., Essai sur le problème théologique. Thuilles, 1938.
188 STOLZ A., Manuale Theologiae Dogmaticae, fasc. I: Introductio in S. Theo1ogiam. Friburgi Brisg., 1941.