Summa Teologica - I

Indice

Articolo 3 - Se a Dio convenga la vita

C. G., I, cc. 97, 98; IV, c. 11; In Ioan., c. 14, lect. 2; In 12 Metaph., lect. 8

Pare che a Dio non convenga la vita.

Infatti:

1. Abbiamo detto [ aa. 1,2 ] che alcune cose vivono perché si muovono da sé.

Ma a Dio non si addice il moto.

Quindi neppure la vita.

2. In tutti gli esseri che vivono si deve trovare un principio vitale.

Infatti Aristotele [ De anima 2,4 ] scrive che « l'anima è il principio del corpo vivente ».

Ma Dio non ha principio.

Quindi a lui non compete la vita.

3. Il principio vitale dei viventi che noi conosciamo è [ sempre ] un'anima vegetativa, la quale non si trova che negli esseri corporei.

Quindi negli esseri incorporei non ci può essere vita.

In contrario:

Dice il Salmo [ Sal 84,3 ]: « Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente ».

Dimostrazione:

A Dio la vita appartiene nel senso più rigoroso del termine.

Per vederlo chiaramente è necessario considerare che, siccome alcuni esseri si dicono vivi in quanto si determinano da sé all'azione e non sono come mossi da altri, quanto più perfettamente questa spontaneità compete a un soggetto, tanto più perfettamente dovrà trovarsi in esso la vita.

Ora, negli esseri che muovono e in quelli soggetti al movimento si distingue per ordine un triplice movimento.

Innanzi tutto il fine muove l'agente; poi viene l'agente principale, che opera mediante la sua forma; e infine quest'ultimo talora opera mediante uno strumento, il quale non agisce in virtù della propria forma, ma in forza dell'agente principale: e a questo strumento compete soltanto di eseguire l'azione.

Ora, vi sono degli esseri che si muovono da sé senza riferimento a una forma o a un fine, che hanno dalla natura, ma solo in quanto svolgono un moto; la forma però grazie alla quale agiscono e il fine verso cui tendono sono stati fissati loro dalla natura.

Tali sono le piante le quali, in forza della forma che hanno dalla natura, muovono se stesse col moto di sviluppo e di decrescenza.

Altri esseri vanno più in là, e muovono se stessi non soltanto quanto all'esecuzione di un moto, ma anche quanto alla forma che è il principio del loro movimento, che acquistano da se stessi.

Tali sono gli animali, nei quali il principio del movimento è la forma non già infusa dalla natura, ma acquistata mediante i sensi.

Per cui, quanto più perfetti hanno i sensi, tanto più perfettamente si muovono da sé.

E infatti gli animali che possiedono soltanto il senso del tatto hanno il solo movimento di dilatazione e di contrazione, come le ostriche, che superano di poco il movimento delle piante.

Quelli invece che hanno facoltà sensitive perfette, e capaci di conoscere non soltanto ciò che è a contatto con essi, ma anche le cose distanti, si muovono verso oggetti remoti spostandosi da un punto all'altro.

Però, sebbene questi animali acquistino mediante i sensi la forma che è il principio del loro movimento, tuttavia non si prestabiliscono da sé il fine della loro operazione o del loro movimento, ma questo è loro dato dalla natura, sotto il cui impulso si muovono a compiere questa o quella operazione mediante la forma appresa con i sensi.

Quindi al disopra di tali animali vi sono quelli che muovono se stessi anche riguardo al fine, che da se stessi si prestabiliscono.

E ciò avviene precisamente in forza della ragione e dell'intelletto, di cui è proprio conoscere la proporzione tra il fine e i mezzi, e ordinare una cosa all'altra.

Quindi il modo di vivere più perfetto è quello degli esseri che sono dotati di intelligenza: poiché si muovono più perfettamente.

E un segno di ciò è che in un solo e medesimo uomo l'intelletto muove le facoltà sensitive, e le facoltà sensitive muovono col loro comando gli organi, i quali eseguono il movimento.

Come anche nelle arti vediamo che l'arte di usare la nave, cioè l'arte del navigare, comanda a colui che ha il compito di progettare la nave, e questi a sua volta comanda a colui che ha soltanto il compito dell'esecuzione, cioè di disporre il materiale.

Tuttavia, sebbene la nostra intelligenza si determini da sé ad alcune cose, altre le vengono prestabilite dalla natura, come i primi principi, dai quali non può dissentire, e il fine ultimo, che non può non volere.

Quindi, sebbene essa muova se stessa riguardo ad alcune cose, quanto ad altre tuttavia richiede di essere mossa da altri.

E così quell'essere la cui natura è lo stesso suo intendere, e al quale nessun altro determina ciò che possiede per natura, dovrà possedere il supremo grado della vita.

Ora, tale essere è Dio.

Quindi in Dio la vita è al sommo grado.

Per cui il Filosofo [ Met. 12,7 ], dopo aver dimostrato che Dio è un essere intelligente, conclude che deve avere in sé una vita perfettissima ed eterna: perché il suo intelletto è perfettissimo e sempre in atto.

Analisi delle obiezioni:

1. Vi sono due specie di azioni, dice Aristotele [ Met. 9,8 ]: le une [ transitive ], che passano su un oggetto esterno, come scaldare e segare, ecc., le altre [ intransitive ], che restano nell'operante, come intendere, sentire e volere.

E tra le une e le altre vi è questa differenza, che le prime non sono un perfezionamento dell'agente che muove, ma dell'oggetto che è mosso, mentre le seconde costituiscono un perfezionamento dell'agente.

Quindi, essendo il moto un atto [ o perfezione ] dell'ente mobile, le azioni della seconda specie, che sono un atto del soggetto operante, possono dirsi moto di quest'ultimo secondo questa analogia: come il moto è l'atto dell'ente mobile, così l'operazione è l'atto dell'agente, sebbene il moto sia l'atto di una cosa imperfetta, cioè in potenza, e l'operazione [ immanente ] invece sia l'atto di una cosa perfetta, cioè [ non in potenza ma ] in atto, come dice Aristotele [ De anima 3,7 ].

Ora, dato che l'intendere può essere detto moto, possiamo dire che chi intende se stesso si muove.

Ed è in questo senso che anche Platone [ Phaedri 24 ] affermò che Dio muove se stesso, non nel senso rigoroso del moto che è l'atto di una cosa imperfetta.

2. Come Dio si identifica con il suo essere e il suo intendere, così si identifica con il suo vivere.

E per questo motivo la sua vita è tale da non richiedere alcun principio.

3. La vita negli esseri di quaggiù si trova in nature corruttibili, che abbisognano sia della generazione per la conservazione della specie, sia dell'alimento per la conservazione dell'individuo.

E per questo motivo negli esseri di quaggiù non si trova la vita senza l'anima vegetativa.

Ciò però non ha luogo nei viventi incorruttibili.

Indice