Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se sia necessario che ogni essere sia stato creato da Dio

Infra, q. 65, a. 1; In 2 Sent., d. 1, q. 1, a. 2; d. 37, q. 1, a. 2; C. G., II, c. 15; De Pot., q. 3, a. 5; Comp. Theol., c. 68; Opusc. 15, De Angelis, c. 9; In Div. Nom., c. 5, lect. 1

Pare non necessario che ogni essere sia stato creato da Dio.

Infatti:

1. Nulla impedisce che si trovi una cosa senza un elemento che non rientra nella sua essenza, p. es. un uomo senza la bianchezza.

Ora, il rapporto di causalità non rientra fra gli elementi essenziali delle cose: poiché molte di esse possono essere concepite indipendentemente dalla loro causa.

Quindi possono esistere senza di essa.

Quindi nulla impedisce che vi siano degli esseri non creati da Dio.

2. Una cosa ha bisogno di una causa efficiente proprio per esistere.

Quindi ciò che non può non essere non ha bisogno di causa efficiente.

Ma nessun necessario può non essere: poiché quanto è necessario che esista, non può non esistere.

Siccome dunque tra le cose se ne trovano molte di necessarie, è chiaro che non tutti gli esseri vengono da Dio.

3. Se alcune cose dipendono da una data causa, si devono poter fare delle dimostrazioni partendo da essa.

Ma nel campo delle entità matematiche non si possono fare dimostrazioni partendo dalla causa efficiente, come prova Aristotele [ Met. 3,2 ].

Quindi non tutte le cose derivano da Dio come dalla loro causa efficiente.

In contrario:

Dice l'Apostolo [ Rm 11,36 ]: « Da lui e per lui e in lui sono tutte le cose ».

Dimostrazione:

È necessario affermare che ogni cosa, in qualsiasi modo esista, viene da Dio.

Se infatti in un essere troviamo una data realtà [ soltanto ] come partecipata, necessariamente essa deve dipendere causalmente da ciò a cui conviene per essenza: come il ferro [ nell'essere ] infuocato dipende dal fuoco.

Ora, abbiamo già dimostrato [ q. 3, a. 4 ], trattando della semplicità divina, che Dio è l'essere stesso per sé sussistente.

E si è anche dimostrato [ q. 7, a. 1, ad 3; a. 2 ] che di esseri sussistenti ne può esistere uno solo: come se ci fosse la bianchezza sussistente non potrebbe essere che unica, poiché il fatto che ci siano molte bianchezze è dovuto soltanto alla pluralità dei soggetti che le ricevono.

Rimane dunque che tutti gli enti distinti da Dio non sono il loro essere, ma partecipano l'essere.

È quindi necessario che tutte le cose che si diversificano secondo una diversa partecipazione dell'essere, così da risultare esistenti in modo più o meno perfetto, siano causate dall'unico primo ente, il quale perfettissimamente è.

- Per cui anche Platone [ Parmen. 26 ] disse che prima di ogni moltitudine è necessario porre l'unità.

E Aristotele [ Met. 2,1 ] afferma che ciò che è sommamente ente e sommamente vero è la causa di ogni ente e di ogni vero: come ciò che è caldo in sommo grado è la causa di ogni calore.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene il rapporto con la propria causa non entri nella definizione dell'ente causato, tuttavia è intimamente connesso con ciò che forma la sua essenza: poiché dal fatto che una cosa è ente per partecipazione segue che sia causata da altro.

Per cui un tale ente non può esistere se non è causato: come non si dà un uomo che non sia capace di ridere.

- Tuttavia, siccome l'essere causato non è proprio della natura dell'ente come tale, per questo si trova un ente non causato.

2. Alcuni furono spinti da questo ragionamento ad affermare che quanto è necessario non ha causa, come riferisce Aristotele [ Phys. 8,1 ].

Ma questa opinione appare chiaramente falsa nelle scienze che fanno uso della dimostrazione, poiché in tali scienze abbiamo delle premesse necessarie che sono causa di conclusioni anch'esse necessarie.

Per cui Aristotele [ Met. 5,5 ] dice che esistono dei necessari che hanno una causa della loro necessità.

Quindi la causa agente non è richiesta solo perché l'effetto è tale che può anche non essere, ma perché l'effetto non esisterebbe se non esistesse la causa.

Infatti questa proposizione ipotetica è vera sia che l'antecedente e la conseguente siano possibili, sia che siano impossibili.

3. Le entità matematiche vengono prese come realtà astratte secondo la ragione, ma non sono astratte nella realtà.

Ora, ogni cosa deve avere una causa efficiente secondo che ha l'essere.

Sebbene dunque le realtà matematiche abbiano [ in natura ] una reale causa efficiente, tuttavia non cadono sotto la considerazione del matematico per il rapporto che hanno con la causa efficiente.

E così nelle scienze matematiche non si dimostra nulla in base alla causa agente.

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