Summa Teologica - I

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Articolo 4 -Se l'uomo nello stato primitivo poteva essere ingannato

In 2 Sent., d. 23, q. 2, a. 3; De Verit., q. 18, a. 6

Pare che l'uomo nello stato primitivo potesse essere ingannato.

Infatti:

1. L'Apostolo [ 1 Tm 2,14 ] insegna: « Fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione ».

2. Secondo il Maestro delle Sentenze [ 2,21 ], « la donna non si spaventò alle parole del serpente perché pensò che esso avesse ricevuto da Dio l'incarico di parlare ».

Ma ciò era falso.

Quindi la donna fu ingannata prima del peccato.

3. È naturale che quanto più una cosa è lontana, tanto più piccola appaia.

Ma la natura dell'occhio non fu minorata dal peccato.

Quindi lo stesso fenomeno si sarebbe verificato nello stato di innocenza.

E così l'uomo si sarebbe ingannato sulla grandezza degli oggetti visti, come accade ora.

4. S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,2.3 ] scrive che « nel sonno l'anima scambia le immagini con le cose ».

Ma l'uomo nello stato di innocenza avrebbe mangiato, e per conseguenza avrebbe dormito e sognato.

Quindi si sarebbe ingannato, scambiando le immagini con le cose.

5. Il primo uomo avrebbe ignorato i pensieri degli altri uomini e i futuri contingenti, come si è detto sopra [ a. prec. ].

Se quindi uno avesse detto il falso su tali cose, egli sarebbe stato ingannato.

In contrario:

S. Agostino [ De lib. arb. 3,18.50 ] insegna: « Prendere per vere le cose false non proviene dalla natura del primo uomo appena creato, ma dalla pena conseguente alla condanna ».

Dimostrazione:

Alcuni ritengono che col termine inganno si possono intendere due cose: o una qualsiasi supposizione in forza della quale uno aderisce al falso come se fosse vero, senza l'assenso del credere; oppure il fermo atto del credere.

Se quindi ci riferiamo alle cose che Adamo prima del peccato conosceva, l'uomo non si sarebbe potuto ingannare in nessuno dei due modi.

Se invece ci riferiamo alle cose da lui ignorate, prendendo in senso largo la parola inganno, in quanto indica una qualsiasi supposizione che non includa l'assenso del credere, allora l'uomo si sarebbe potuto ingannare.

E così dicono perché ritenere il falso in tale materia non è nocivo all'uomo, e dal momento che non si dà un assenso inconsiderato non c'è colpa.

Ma tale opinione è inconciliabile con l'integrità dello stato primitivo: poiché in esso, come dice S. Agostino [ De civ. Dei 14,10 ], « perdurava un'astensione tranquilla dal peccato che impediva assolutamente qualsiasi male ».

Ora, è evidente che, come il vero è il bene dell'intelletto, così il falso è il suo male, secondo l'espressione di Aristotele [ Ethic. 6,2 ].

Non poteva quindi succedere che, perdurando l'innocenza, l'intelletto dell'uomo aderisse a un errore come se fosse una cosa vera.

Come infatti nelle membra del primo uomo mancava qualche perfezione, p. es. la chiarezza del corpo glorioso, ma non per questo vi potevano essere dei difetti, così al suo intelletto poteva mancare qualche conoscenza, ma senza l'accettazione del falso.

E ciò appare anche dalla rettitudine dello stato primitivo in forza del quale, finché l'anima fosse rimasta soggetta a Dio, le potenze inferiori dell'uomo sarebbero state sottoposte alle potenze superiori, e queste non sarebbero state ostacolate dalle prime.

Ora, dalle cose già spiegate [ q. 17, a. 3; q. 85, a. 6 ] risulta che l'intelletto è sempre nel vero quando si volge al suo oggetto proprio.

Quindi di per sé non si inganna mai; gli capita invece di ingannarsi solo a causa delle facoltà inferiori, quali la fantasia e simili.

Per cui vediamo che la facoltà naturale di giudizio non si lascia mai ingannare dalle immaginazioni quando non è vincolata, ma solo quando è impedita, come avviene nel sonno.

È perciò evidente che la rettitudine dello stato primitivo non ammetteva inganno alcuno nell'intelletto.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene la seduzione della donna abbia preceduto l'azione esterna del peccato, tuttavia venne dopo un peccato interno di superbia.

Dice infatti S. Agostino [ De Gen. ad litt. 11,30.38 ]: « La donna non avrebbe creduto alle parole del serpente se nella sua anima non avesse già sentito l'amore del proprio potere e una certa presunzione orgogliosa di se stessa ».

2. La donna pensò che il serpente compisse questo ufficio di parlare non per natura, ma per un intervento soprannaturale.

- Si noti però che non è necessario accettare l'autorità del Maestro delle Sentenze su questo argomento.

3. Anche se ai sensi e alla fantasia del primo uomo una cosa fosse stata presentata in maniera diversa dalla sua realtà, egli non sarebbe stato tratto in errore: poteva infatti con la ragione giudicare secondo verità.

4. L'uomo non è responsabile di ciò che avviene nel sonno, poiché non ha allora l'uso della ragione, che è l'atto specifico dell'uomo.

5. Se uno avesse detto il falso sui futuri contingenti o sui segreti del cuore all'uomo nello stato di innocenza, questi non gli avrebbe creduto sulla parola, ma avrebbe pensato che la cosa era possibile; e questo non significa accettare la falsità.

Oppure si può pensare che egli sarebbe stato soccorso da Dio, per non sbagliare su cose che non conosceva.

- Né vale replicare, come fanno alcuni, che nella tentazione non ebbe un tale aiuto per evitare l'errore, sebbene ne avesse proprio allora il massimo bisogno.

Infatti in questo caso il peccato era già stato compiuto nel suo spirito, ed egli non aveva fatto ricorso all'aiuto divino.

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