Summa Teologica - I-II

Indice

Articolo 6 - Se il timore possa causare atti involontari in senso assoluto

In 4 Sent., d. 29, q. 1, a. 1; Quodl., 5, q. 5, a. 3; In 2 Cor., c. 9, lect. 1; In 3 Ethic., lect. 1, 2

Pare che il timore possa causare l'involontarietà in senso assoluto.

Infatti:

1. Il timore sta al male futuro che ripugna alla volontà come la violenza sta a quanto contrasta la volontà come cosa presente.

Ma la violenza causa atti involontari in senso assoluto.

Quindi anche il timore causa l'involontarietà in senso assoluto.

2. Ciò che di per sé ha una data qualità rimane tale qualunque cosa gli si aggiunga: come ciò che è caldo di per sé rimane sempre caldo finché non cessa di esistere, qualunque sia la cosa a cui viene congiunto.

Ma un'azione compiuta per timore è involontaria di per sé.

Quindi rimane involontaria anche se interviene il timore.

3. Ciò che ha una data qualifica in forza di una condizione è tale sotto un certo aspetto [ secundum quid ]; altrimenti è tale assolutamente parlando [ simpliciter ].

Come il necessario ipotetico è necessario sotto un certo aspetto, mentre ciò che è essenzialmente necessario è tale assolutamente parlando.

Ora, un'azione compiuta per timore è essenzialmente involontaria, e non è volontaria se non in forza di una condizione, cioè per evitare il male che si teme.

Quindi ciò che si compie per timore è involontario assolutamente parlando.

In contrario:

S. Gregorio Nisseno [ Nemesio, De nat. hom. 30 ] e il Filosofo [ Ethic. 3,1 ] insegnano che le cose fatte per timore sono « più volontarie che involontarie ».

Dimostrazione:

Come insegnano concordemente il Filosofo [ l. cit. ] e S. Gregorio Nisseno [ Nemesio, l. cit. ], le azioni compiute per timore « sono un misto di volontarietà e di involontarietà ».

Infatti l'azione compiuta per timore, considerata per se stessa, non è volontaria, ma diventa volontaria nella contingenza particolare, cioè per evitare il male che si teme.

Se però si considera la cosa attentamente, queste azioni sono più volontarie che involontarie: poiché sono volontarie assolutamente parlando e involontarie sotto un certo aspetto.

Infatti si dice che una cosa esiste in senso assoluto secondo che esiste in atto, mentre in quanto esiste nella sola considerazione astratta ha un essere soltanto relativo.

Ora, un'azione compiuta per timore esiste in atto nel modo in cui viene compiuta; e poiché gli atti consistono in fatti singolari, e il singolare come tale è una realtà ben circostanziata, così l'azione che viene compiuta esiste in atto in quanto è definita nelle circostanze di tempo e di luogo, con tutte le altre condizioni individuanti.

Ed è per questo che l'azione compiuta per timore è volontaria, proprio in quanto è un fatto concreto, cioè in quanto nel caso determinato è un rimedio a un male maggiore che si temeva: come gettare la merce in mare diviene un atto volontario durante la tempesta, per paura del pericolo.

Quindi è evidente che, assolutamente parlando, è un atto volontario.

Perciò a una tale azione va attribuito anche il carattere proprio della volontarietà: poiché il suo principio è interiore.

- Considerare invece l'azione compiuta per timore come avulsa dalle sue circostanze determinate è soltanto un'astrazione.

E così essa è un fatto involontario in senso relativo, cioè in quanto supposto esistente fuori delle circostanze concrete.

Analisi delle obiezioni:

1. Le azioni compiute per timore differiscono da quelle dovute alla violenza non soltanto per il loro rispettivo rapporto a una cosa futura o presente, ma anche per il fatto che quanto si compie sotto la violenza è del tutto contrario alla mozione della volontà, mentre l'azione compiuta per timore diviene volontaria inquantoché la volontà si muove verso di essa, sebbene non abbia di mira tale azione, ma un'altra cosa, cioè la fuga del male che si teme.

Infatti per avere la volontarietà basta che una cosa sia voluta in vista di un'altra: per cui è volontaria non soltanto l'azione che vogliamo per se stessa come fine, ma anche quella che vogliamo in vista del fine.

È quindi evidente che la volontà interiore non prende parte in alcun modo a ciò che è dovuto alla violenza, mentre ha la sua parte nell'azione che si compie per timore.

Quindi, come fa osservare S. Gregorio Nisseno [ Nemesio, l. cit. ], per escludere dalla definizione del violento le azioni compiute per timore non si dice soltanto che « la violenza è una cosa che ha il suo principio al di fuori », ma si aggiunge: « senza alcuna cooperazione del paziente »: proprio perché la volontà di chi teme coopera in qualche modo all'azione compiuta per timore.

2. Le cose che sono tali in senso assoluto, come il colore e la bianchezza, rimangono tali qualunque cosa ad esse sopravvenga, ma le cose che sono tali solo in senso relativo cambiano se vengono riferite a realtà diverse: infatti ciò che è grande in rapporto a questo oggetto è piccolo se viene paragonato a un altro.

Ora, un fatto può essere volontario non solo per se stesso, in senso assoluto, ma anche in rapporto a un altro fatto, cioè in senso relativo.

Quindi nulla impedisce che ciò che in rapporto a una data cosa non sarebbe volontario diventi volontario in rapporto a un'altra.

3. L'atto compiuto per timore, prescindendo da ogni condizione, cioè in quanto viene posto attualmente, è volontario; è involontario invece in rapporto a una data condizione, cioè se non incombesse quel dato timore.

Stando perciò all'argomento bisognerebbe piuttosto concludere il contrario.

Indice