Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se la volontà sia mossa dall'intelletto

I, q. 82, a. 4; C. G., III, c. 26; De Verit., q. 22, a. 12; De Malo, q. 6

Pare che la volontà non sia mossa dall'intelletto.

Infatti:

1. S. Agostino, nel commentare il versetto del Salmo [ Sal 119,20 ]: « Io mi consumo nel desiderio dei tuoi precetti », scrive: « L'intelletto vola avanti, l'affetto lo segue, o tardo o inesistente: conosciamo il bene, ma non ci piace l'operare ».

Ora, ciò non accadrebbe se la volontà fosse mossa dall'intelletto: poiché il moto del soggetto mobile accompagna la mozione del movente.

Quindi l'intelletto non muove la volontà.

2. L'intelletto rispetto alla volontà ha la funzione di mostrare l'oggetto appetibile, come l'immaginazione lo mostra all'appetito sensitivo.

Ma l'immaginazione mostrando l'oggetto appetibile non muove l'appetito sensitivo, anzi, talora noi ci comportiamo verso le cose immaginate come verso quelle da noi viste in pittura, secondo l'osservazione di Aristotele [ De anima 3,3 ].

Quindi neppure l'intelletto muove la volontà.

3. Una cosa non può essere insieme movente e mossa sotto il medesimo aspetto.

Ma la volontà muove l'intelletto: infatti noi esercitiamo l'intelligenza quando vogliamo.

Quindi l'intelletto non muove la volontà.

In contrario:

Il Filosofo [ De anima 3,6 ] insegna che « l'oggetto appetibile conosciuto dall'intelletto è un motore non mosso, mentre la volontà è un motore mosso ».

Dimostrazione:

Un ente in tanto esige una mozione da parte di un altro in quanto è in potenza a più cose: è necessario infatti che gli enti potenziali siano resi attuali da enti già in atto; e ciò equivale a una mozione.

Ora, una facoltà dell'anima può essere in potenza a più cose in due modi: primo, in rapporto all'agire o al non agire; secondo, in rapporto al compimento di una cosa o di un'altra.

La vista, p. es., talvolta è nell'atto di vedere e talvolta non vede; talvolta poi vede il bianco e talvolta vede il nero.

Quindi ha bisogno della mozione per due motivi: per l'esercizio dell'atto e per la determinazione dell'atto.

Rispetto alla prima cosa dipende dal soggetto, il quale non sempre è in atto; rispetto alla seconda invece dipende dall'oggetto, dal quale appunto l'atto viene specificato.

Ora, la mozione del soggetto stesso deriva da una causa agente.

E siccome ogni agente agisce per un fine, come si è già dimostrato [ q. 1, a. 2 ], così il principio di questa mozione dipende dal fine.

E da ciò consegue che l'arte a cui appartiene il fine muove e dirige le altre arti che hanno per oggetto le cose ordinate al fine: « come l'arte nautica », scrive Aristotele [ Phys. 2,2 ], « dirige l'arte di fabbricare le navi ».

Ma il bene nella sua universalità che si presenta come fine è oggetto della volontà.

Quindi sotto questo aspetto la volontà muove le altre potenze dell'anima verso i loro atti: per cui ci serviamo delle altre facoltà quando vogliamo.

Infatti i fini e le perfezioni di tutte le altre potenze rientrano sotto l'oggetto della volontà come beni particolari: ora, è sempre l'arte o la facoltà avente per oggetto il fine universale che muove ad agire le arti o le facoltà aventi per oggetto i fini particolari compresi sotto quel fine più universale: come il capitano di un esercito che ha di mira un bene più vasto, cioè l'ordine di tutto l'esercito, muove col suo comando questo o quel tribuno, il quale ha di mira l'ordine di una schiera determinata.

L'oggetto invece muove specificando l'atto secondo il modo del principio formale dal quale nelle realtà naturali le operazioni vengono specificate, come il riscaldamento dal calore.

Ora, il primo principio formale è l'ente e il vero nella sua universalità, oggetto dell'intelligenza.

Quindi in questo tipo di mozione l'intelletto muove la volontà, in quanto presenta ad essa il proprio oggetto.

Analisi delle obiezioni:

1. Da quel passo non si rileva che l'intelletto non muove, ma che non muove in maniera necessitante.

2. Come la presenza di un'immagine nella fantasia senza la percezione del suo aspetto di oggetto conveniente o nocivo non muove l'appetito sensitivo, così la percezione del vero non muove senza la ragione di bene e di appetibile.

Quindi la mozione non viene dall'intelletto speculativo, ma dall'intelletto pratico, come dice Aristotele [ De anima 2, cc. 9,10 ].

3. La volontà muove l'intelletto quanto all'esercizio dell'atto: poiché lo stesso vero, che è la perfezione dell'intelligenza, è contenuto nel bene universale come un bene particolare.

Quanto però alla specificazione dell'atto, che dipende dall'oggetto, è l'intelletto che muove la volontà: poiché il bene stesso viene appreso come ragione particolare compresa sotto l'universale ragione di vero.

E così è evidente che non abbiamo un'unica entità che sarebbe insieme movente e mossa sotto il medesimo aspetto.

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