Summa Teologica - I-II

Indice

Articolo 2 - Se le virtù morali siano distinte dalle virtù intellettuali

In 3 Sent., d. 23, q. 1, a. 4, sol. 2; De Virt., q. 1, a. 12; In 1 Ethic., lect. 20

Pare che le virtù morali non siano distinte dalle virtù intellettuali.

Infatti:

1. Scrive S. Agostino [ De civ. Dei 4,21; 22,24 ] che « la virtù è l'arte di vivere bene ».

Ma l'arte è una virtù intellettuale.

Quindi le virtù morali non sono distinte dalle virtù intellettuali.

2. Molti parlano di scienza nel definire le virtù morali: alcuni, p. es., dicono che la perseveranza è « la scienza o l'abito delle cose in cui si deve o non si deve persistere »; e dicono che la santità è « la scienza che rende fedeli e osservanti rispetto ai diritti di Dio ».

Ora, la scienza è una virtù intellettuale.

Perciò le virtù morali non devono essere distinte da quelle intellettuali.

3. S. Agostino [ Solil. 1,6.12 ] scrive che « la virtù è la ragione retta e perfetta »

Ma questo è proprio delle virtù intellettuali, come dimostra Aristotele [ Ethic. 6,13 ].

Quindi le virtù morali non sono distinte da quelle intellettuali.

4. Nessuna cosa è distinta da ciò che fa parte della sua definizione.

Ma le virtù intellettuali rientrano nella definizione delle virtù morali: infatti il Filosofo [ Ethic. 2,6 ] insegna che « la virtù morale è un abito che ha il compito di scegliere stando nel giusto mezzo fissato dalla ragione, secondo che l'uomo saggio avrà determinato ».

Ora, tale retta ragione che determina il giusto mezzo della virtù morale, sempre secondo Aristotele [ Ethic. 6,13 ], appartiene a una virtù intellettuale.

Quindi le virtù morali non si distinguono da quelle intellettuali.

In contrario:

Aristotele [ Ethic. 1,13 ] ha scritto: « Le virtù si dividono secondo questa differenza: alcune di esse si dicono intellettuali e altre morali ».

Dimostrazione:

Il primo principio di tutto l'agire umano è la ragione, e qualsiasi altro principio in qualche modo deve obbedire alla ragione: però in maniera diversa.

Infatti alcune potenze obbediscono pienamente alla ragione, senza contraddire, come accade per le membra del corpo se si trovano nelle loro condizioni naturali: la mano e il piede infatti si muovono subito ad agire sotto il comando della ragione.

Per questo il Filosofo [ Polit. 1,2 ] afferma che « l'anima governa il corpo con un dominio dispotico », cioè come uno schiavo, il quale non ha il diritto di contraddire il suo padrone.

Ora, ci furono alcuni i quali sostennero che tutti i princìpi operativi dell'uomo si trovano in queste condizioni rispetto alla ragione.

Se dunque ciò fosse vero basterebbe, per agire bene, che fosse perfetta la ragione.

Per cui, essendo la virtù l'abito che ci rende perfetti in ordine al ben operare, essa verrebbe a trovarsi nella sola ragione: e così non esisterebbero altro che virtù intellettuali.

E questa fu l'opinione di Socrate, il quale insegnava che « tutte le virtù sono saggezza », come riferisce Aristotele [ Ethic. 6,13 ].

Per cui riteneva che un uomo provvisto di scienza non può peccare, e che chiunque pecca, pecca per ignoranza.

Ma ciò deriva da una falsa supposizione.

Infatti la parte appetitiva non obbedisce pienamente alla ragione con assoluta docilità, ma con una certa opposizione: per cui il Filosofo [ Polit. 1,2 ] può scrivere che « la ragione comanda alla parte appetitiva con un dominio politico », come quello sugli uomini liberi, i quali hanno il diritto di contraddire.

E S. Agostino [ Enarr. in Ps. 119,20 ] nota che « spesso l'intelletto precede, ma l'affetto si attarda o non segue affatto »: fino al punto che talora le passioni e le abitudini della parte appetitiva ostacolano l'uso della ragione nel giudicare dei singolari.

E in questi casi è vero in qualche modo quanto diceva Socrate, cioè che la presenza del sapere avrebbe impedito il peccato: purché ciò si estenda all'uso della ragione nell'atto di scegliere un bene particolare.

Perché dunque uno possa agire bene non si richiede soltanto che la ragione sia predisposta dagli abiti delle virtù intellettuali, ma altresì che le potenze appetitive siano ben disposte mediante gli abiti delle virtù morali.

Perciò, come l'appetito è distinto dalla ragione, così le virtù morali sono distinte da quelle intellettuali.

Per cui, come l'appetito è principio degli atti umani in quanto partecipa della ragione, così gli abiti morali sono virtù umane in quanto conformi alla ragione.

Analisi delle obiezioni:

1. S. Agostino prende il termine arte nel significato vago di retta norma.

E allora nell'arte è inclusa anche la prudenza, che è la retta norma delle azioni da compiere, come l'arte è la retta norma delle cose da fare.

E in questo senso l'affermazione che la virtù è l'arte di vivere bene si riferisce essenzialmente alla prudenza; può però estendersi a tutte le altre virtù in quanto sono regolate secondo la prudenza.

2. Queste definizioni, da chiunque siano state usate, derivano dall'opinione di Socrate; e vanno spiegate come si è fatto per l'arte [ a. 1 ].

3. Così si risponde anche alla terza obiezioni.

4. La retta ragione, che è legata alla prudenza, entra nella definizione delle virtù morali non come parte essenziale, ma come elemento integrativo di tutte le virtù morali, in quanto la prudenza le dirige tutte.

Indice