Summa Teologica - II-II

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Articolo 8 - Se al dono dell'intelletto corrisponda come frutto la fede

In 3 Sent., d. 34, q. 1, a. 5

Pare che al dono dell'intelletto non corrisponda come frutto la fede.

Infatti:

1. L'intelletto è un frutto della fede, poiché sta scritto in Isaia [ Is 7,9 ]: « Se non crederete, non intenderete », secondo la lezione dei Settanta, mentre nella Volgata latina si legge: « Se non crederete, non persisterete ».

Quindi la fede non può essere frutto dell'intelletto.

2. Ciò che viene prima non può essere frutto di ciò che viene dopo.

Ma la fede viene prima dell'intelletto essendo essa, come si è detto sopra [ q. 4, a. 7, ob. 4; I-II, q. 67, a. 2, ad 2; q. 89, a. 2, ad 2 ], il fondamento di tutto l'edificio spirituale.

Quindi la fede non è un frutto dell'intelletto.

3. I doni di ordine intellettivo sono più numerosi dei doni di ordine appetitivo.

Invece tra i frutti uno solo è di ordine intellettivo, cioè la fede, mentre tutti gli altri riguardano l'appetito.

Perciò la fede potrebbe corrispondere alla sapienza, o alla scienza, o al consiglio, non meno che all'intelletto.

In contrario:

Il frutto non è che il termine finale di ciascuna cosa.

Ora, il dono dell'intelletto è ordinato principalmente alla certezza della fede, che è enumerata tra i frutti quale « certezza delle realtà invisibili », secondo l'espressione della Glossa [ interlin. su Gal 5,22 ].

Perciò tra i frutti la fede corrisponde al dono dell'intelletto.

Dimostrazione:

In un trattato precedente [ I-II, q. 70, a. 1 ] abbiamo detto che vengono chiamati frutti dello Spirito Santo certe operazioni terminali e piacevoli che provengono in noi dallo Spirito Santo.

Ora, ciò che è terminale e piacevole ha natura di fine, e il fine è l'oggetto proprio della volontà.

Perciò quanto è ultimo e piacevole per la volontà deve essere in qualche modo frutto di tutto quanto appartiene alle altre potenze.

Perciò possiamo determinare due tipi di frutti per ogni dono o virtù che arricchisce una data facoltà: uno che viene colto dalla facoltà propria e un altro, quasi finale o ultimo, che viene colto dalla volontà.

E in base a ciò possiamo concludere che al dono dell'intelletto corrisponde come frutto proprio la fede, cioè la certezza della fede, mentre gli corrisponde come frutto ultimo la gioia, che appartiene alla volontà.

Analisi delle obiezioni:

1. L'intelletto è frutto della fede in quanto virtù.

Ma la fede enumerata tra i frutti non è presa in questo senso, bensì nel senso di una certezza di fede che l'uomo raggiunge appunto col dono dell'intelletto.

2. La fede non può precedere l'intelletto in tutto e per tutto: infatti un uomo non potrebbe aderire, credendo, alle verità proposte, se in qualche modo non le intendesse.

Invece la perfezione dell'intelletto è successiva alla virtù della fede, e a questa perfezione dell'intelletto segue una particolare certezza della fede.

3. Il frutto della conoscenza pratica non può maturare in essa: poiché tale conoscenza non viene ricercata per sé, ma per altri fini.

Invece la conoscenza speculativa ha un frutto in se stessa, che è la certezza di quanto si conosce.

E così al dono del consiglio, che si riferisce alla sola conoscenza pratica, non corrisponde direttamente alcun frutto, mentre ai doni della sapienza, dell'intelletto e della scienza, che possono anche appartenere alla conoscenza speculativa, corrisponde un solo frutto, che è la certezza indicata col termine fede.

Vengono invece elencati frutti molteplici per la parte appetitiva poiché, come si è detto [ nel corpo ], l'aspetto di fine, che è implicito nel termine frutto, appartiene più alla facoltà appetitiva che all'intellettiva.

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