Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se sia giusto determinare sei specie nel peccato contro lo Spirito Santo

Infra, q. 36, a. 4, ad 2; In 2 Sent., d. 43, q. 1, a. 3; In Matth., c. 12; In Rom., c. 2, lect. 1

Pare che non sia giusto determinare sei specie nel peccato contro lo Spirito Santo, e cioè: la disperazione, la presunzione, l'impenitenza, l'ostinazione, l'impugnazione della verità conosciuta e l'invidia della grazia altrui; specie poste dal Maestro delle Sentenze [ 2,43 ].

Infatti:

1. È proprio dell'incredulità negare la giustizia e la misericordia di Dio.

Ora, con la disperazione si rinnega la divina misericordia e con la presunzione la divina giustizia.

Quindi questi due peccati sono specie dell'incredulità piuttosto che del peccato contro lo Spirito Santo.

2. L'impenitenza riguarda i peccati passati, l'ostinazione invece i peccati futuri.

Ma il passato e il futuro non bastano a distinguere le specie della virtù e del vizio: è infatti identica la fede con la quale noi crediamo che Cristo è nato e quella con la quale gli antichi credevano che egli sarebbe nato.

Perciò l'ostinazione e l'impenitenza non vanno considerate due specie del peccato contro lo Spirito Santo.

3. Come dice S. Giovanni [ Gv 1,17 ], « la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo ».

Perciò l'impugnazione della verità conosciuta e l'invidia della grazia altrui appartengono più alla bestemmia contro il Figlio dell'uomo che alla bestemmia contro lo Spirito Santo.

4. S. Bernardo [ De disp. et praec. 11 ] ha scritto che « non volere obbedire è resistere allo Spirito Santo ».

La Glossa [ ord. di Esich. su Lv 10,16 ] insegna inoltre che « il pentimento simulato è una bestemmia contro lo Spirito Santo ».

E anche lo scisma pare opporsi direttamente allo Spirito Santo, dal quale dipende l'unità della Chiesa.

Perciò pare che le specie del peccato contro lo Spirito Santo sopra indicate non siano sufficienti.

In contrario:

S. Agostino nel De fide ad Petrum [ 3 ] scrive che chi dispera del perdono dei peccati e chi presume della divina misericordia senza i meriti pecca contro lo Spirito Santo.

Nell'Enchiridion [ 83 ] poi afferma che « chi chiude nell'ostinazione dell'animo i suoi giorni, è reo di un peccato contro lo Spirito Santo ».

Altrove [ Serm. 71, cc. 12,13,21 ] insegna ancora che l'impenitenza è un peccato contro lo Spirito Santo.

In un'altra opera [ De serm. Dom. in monte 1,22.73 ] dichiara che « opporsi all'amore fraterno con le fiaccole dell'invidia » è peccare contro lo Spirito Santo.

Finalmente nel libro De unico baptismate [ De bapt. contra Donat. 6,35.67 ] parla di « colui il quale disprezza la verità, o è invidioso verso i fratelli ai quali essa viene rivelata, oppure è ingrato verso Dio, dalla cui ispirazione la Chiesa viene istruita », come di uno che pecca contro lo Spirito Santo.

Dimostrazione:

Le specie suddette convengono bene al peccato contro lo Spirito Santo preso nel terzo significato.

Esse infatti sono desunte dall'eliminazione o dal disprezzo di quanto può trattenere l'uomo dal peccato.

E questa remora può venire o dalla parte del giudizio di Dio, o dalla parte dei suoi doni, o dalla parte del peccato stesso.

Infatti l'uomo viene stornato dallo scegliere la colpa in seguito alla considerazione del giudizio di Dio, nel quale la giustizia è unita alla misericordia, sia grazie alla speranza, che nasce dal considerare la misericordia che rimette il peccato e ricompensa il bene - e questa viene eliminata dalla disperazione -, sia grazie al timore, che nasce dal considerare la divina giustizia che punisce i peccati: e questo viene eliminato dalla presunzione, cioè dal fatto che uno presume di raggiungere la gloria senza i meriti o il perdono senza la penitenza.

I doni di Dio poi che allontanano dal peccato sono due.

Il primo è la conoscenza della verità: e contro di esso sta l'impugnazione della verità conosciuta, che consiste nell'impugnare le verità di fede conosciute, per peccare con maggiore licenza.

Il secondo è l'aiuto della grazia: e contro di esso sta l'invidia della grazia altrui, che consiste nel fatto che uno non solo invidia il fratello come persona, ma invidia anche la grazia di Dio che cresce nel mondo.

Dalla parte infine del peccato due sono le cose che possono trattenere l'uomo dalla colpa.

La prima è il disordine e la bruttezza dell'atto, la cui considerazione suole indurre l'uomo a pentirsi del peccato commesso.

E contro di essa abbiamo l'impenitenza: non nel senso di durata nel peccato fino alla morte, come sopra [ a. prec. ] si è detto ( in tal caso infatti non sarebbe un peccato speciale, bensì una circostanza del peccato ), ma in quanto proposito di non pentirsi.

La seconda è la meschinità e la brevità del bene che uno cerca nel peccato, secondo le parole di S. Paolo [ Rm 6,21 ]: « Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? ».

E questa considerazione è fatta per indurre l'uomo a desistere dal peccato.

Ma ciò viene eliminato dall'ostinazione, cioè dal fatto che un uomo stabilisce il suo proposito nell'adesione al peccato.

- E di queste due cose si parla in quel passo di Geremia [ Ger 8,6 ]: « Nessuno si pente della sua malizia dicendo: Che ho fatto? », quanto all'impenitenza; e « Ognuno segue senza voltarsi la sua corsa, come un cavallo che si lancia nella battaglia », quanto all'ostinazione.

Analisi delle obiezioni:

1. I peccati di disperazione e di presunzione non consistono nel non credere nella giustizia e nella misericordia di Dio, ma nel disprezzarle.

2. L'ostinazione e l'impenitenza non differiscono soltanto per l'opposizione tra passato e futuro, ma anche per certe ragioni formali desunte dalla maniera diversa di considerare i vari aspetti del peccato, come si è detto [ nel corpo ].

3. Cristo ha prodotto la grazia e la verità mediante i doni dello Spirito Santo, offerti da lui a tutti gli uomini.

4. Il non voler obbedire si riduce all'ostinazione, la simulazione del pentimento all'impenitenza e lo scisma all'invidia della grazia altrui, dalla quale grazia sono compaginate le membra della Chiesa.

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