Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la speranza sia una virtù

In 3 Sent., d. 26, q. 2, a. 1; De Virt., q. 4, a. 1

Pare che la speranza non sia una virtù.

Infatti:

1. « Nessuno usa male della virtù », insegna S. Agostino [ De lib. arb. 2, cc. 18,19 ].

Invece c'è chi usa male della speranza: poiché nella passione della speranza, come nelle altre passioni, c'è il giusto mezzo e ci sono gli estremi.

Perciò la speranza non è una virtù.

2. Nessuna virtù deriva dai meriti poiché, come dice S. Agostino [ Enarr. in Ps. 119,121; De gratia et lib. arb. 17.33 ], « la virtù Dio la produce in noi senza di noi ».

Ora la speranza, secondo l'espressione del Maestro delle Sentenze [ 3,26 ], « deriva dalla grazia e dai meriti ».

Quindi la speranza non è una virtù.

3. Come insegna Aristotele [ Phys. 7,3 ], « la virtù è la disposizione di un essere perfetto ».

Invece la speranza è la disposizione di un essere imperfetto, cioè di uno che non ha ciò che spera.

Quindi la speranza non è una virtù.

In contrario:

S. Gregorio afferma [ Mor. 1,27 ] che le tre figlie di Giobbe stanno a indicare le tre virtù della fede, della speranza e della carità.

Quindi la speranza è una virtù.

Dimostrazione:

Secondo il Filosofo [ Ethic. 2,6 ], « in tutti gli esseri è virtù ciò che rende buono il soggetto che la possiede e l'azione che esso compie ».

Perciò dove troviamo un atto umano buono, là ci deve essere una virtù umana corrispondente.

Ora, in tutte le cose soggette a una regola o misura la bontà viene desunta dalla loro adeguazione alla propria regola: come diciamo che è buona quella veste che non eccede e non è al disotto della giusta misura.

Ma gli atti umani, come sopra [ I-II, q. 71, a. 6 ] si disse, hanno due sorta di misure: la prima, prossima e connaturale, è la ragione; la seconda, suprema e trascendente, è Dio.

Quindi ogni atto umano che si adegua alla ragione, o a Dio medesimo, è buono.

Ora, l'atto della speranza della quale parliamo si adegua a Dio.

Come infatti si è detto sopra [ I-II, q. 40, a. 1 ] trattando della speranza passione, l'oggetto della speranza è un bene futuro, arduo e possibile da raggiungere.

Ma una cosa è per noi possibile in due modi: primo, direttamente da noi stessi; secondo, per mezzo di altri, come spiega Aristotele [ Ethic. 3,3 ].

In quanto dunque speriamo qualcosa come raggiungibile da noi mediante l'aiuto di Dio, la nostra speranza si adegua a Dio stesso, sul cui aiuto essa si fonda.

È quindi evidente che la speranza è una virtù: in quanto rende l'atto umano buono e adeguato alla debita misura.

Analisi delle obiezioni:

1. Nelle passioni il giusto mezzo della virtù viene determinato in base all'adeguazione di esse alla retta ragione: e in ciò si riscontra l'aspetto di virtù.

Per cui anche nella speranza il bene proprio della virtù si ha nel fatto che l'uomo, sperando, raggiunge la debita misura, cioè Dio.

Quindi nessuno nel raggiungere Dio con la speranza può abusare di essa, come non può abusare di una virtù morale chi si adegua alla ragione: poiché l'adeguazione stessa è il buon uso della virtù.

Sebbene la speranza di cui ora parliamo non sia una passione, ma un abito dell'anima, come vedremo [ q. 18, a. 1 ].

2. Si dice che la speranza proviene dai meriti nel senso che essi rientrano fra le cose stesse che si attendono: in quanto cioè uno spera di raggiungere la beatitudine con la grazia e con i meriti.

Oppure l'espressione va riferita all'atto della speranza formata.

Ma l'abito stesso della speranza, mediante il quale uno aspetta la beatitudine, non viene causato dai meriti, bensì esclusivamente dalla grazia.

3. Chi spera è in uno stato di imperfezione rispetto a ciò che spera di raggiungere e che ancora non possiede, ma è già perfetto per il fatto che già si adegua alla propria misura, cioè a Dio, sull'aiuto del quale si fonda.

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