Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se la giustizia sia una virtù

In 2 Sent., d. 27, q. 1, a. 3, ad 3; In 5 Ethic., lectt. 2, 3

Pare che la giustizia non sia una virtù.

Infatti:

1. Nel Vangelo [ Lc 17,10 ] si legge: « Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili.

Abbiamo fatto quanto dovevamo fare ».

Invece compiere atti di virtù non è inutile, poiché S. Ambrogio [ De off. 2,6 ] afferma: « Noi vediamo un vantaggio non nel prezzo di un guadagno materiale, ma nell'acquisto della bontà ».

Perciò compiere quello che uno deve fare non è un atto di virtù.

Eppure è un atto di giustizia.

Quindi la giustizia non è una virtù.

2. Ciò che si fa per necessità non è meritorio.

Ma rendere a un individuo il suo, il che è proprio della giustizia, è di necessità.

Quindi non è meritorio.

Ma con gli atti di virtù noi meritiamo.

Quindi la giustizia non è una virtù.

3. Tutte le virtù morali hanno per oggetto le azioni da compiere.

Ora, le cose che vengono costituite esteriormente non sono azioni da compiere, ma opere da fare, come spiega il Filosofo [ Met. 9,8 ].

Siccome dunque la giustizia ha il compito di fare esteriormente delle opere giuste in se stesse, pare che la giustizia non sia una virtù morale.

In contrario:

S. Gregorio [ Mor. 2,49 ] insegna che « sulle quattro virtù », cioè sulla temperanza, la prudenza, la fortezza e la giustizia, « si erge tutto l'edificio del ben operare ».

Dimostrazione:

La virtù umana è « quella che rende buono l'atto umano, e buono l'uomo che lo compie ».

Ora, ciò conviene alla giustizia.

Infatti un'azione umana è resa buona dal fatto che si adegua alla norma della ragione, che dà la rettitudine agli atti umani.

Dal momento quindi che la giustizia rettifica le azioni umane, è chiaro che le rende buone.

D'altra parte, come afferma Cicerone [ De off. 1,7 ], « gli uomini vengono detti buoni specialmente per la giustizia ».

E così, come egli aggiunge, « in essa rifulge il massimo splendore della virtù ».

Analisi delle obiezioni:

1. Quando uno fa ciò che deve non arreca un guadagno al proprio creditore, ma soltanto si astiene dal fargli un danno.

Tuttavia acquista un vantaggio per sé, in quanto compie ciò che deve con volontà pronta e spontanea, vale a dire agisce virtuosamente.

Per cui nella Scrittura [ Sap 8,7 ] si legge che la sapienza di Dio « insegna la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali in questa vita nulla è più utile agli uomini », cioè ai virtuosi.

2. Esistono due tipi di necessità.

Primo, la necessità di costrizione: e questa, essendo in contrasto con la volontà, elimina la ragione di merito.

Secondo, la necessità derivante dall'obbligazione del precetto, oppure dalla necessarietà del fine: cioè quando uno non può conseguire il fine della virtù se non facendo una data cosa.

Ora, tale necessità non esclude il merito: poiché uno compie volontariamente quanto è così necessario.

Tuttavia essa esclude la gloria delle opere supererogatorie, secondo le parole di S. Paolo [ 1 Cor 9,16 ]: « Non è per me un vanto predicare il Vangelo: è un dovere per me ».

3. La giustizia si riferisce alle cose esterne non per produrle, il che spetta alle arti, ma per servirsene in rapporto ad altri.

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