Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se era conveniente che l'uomo fosse tentato dal demonio

Pare sconveniente che l'uomo fosse tentato dal demonio.

Infatti:

1. Al peccato dell'angelo e a quello dell'uomo è dovuto lo stesso castigo finale, poiché nel Vangelo [ Mt 25,41 ] si legge: « Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli ».

Ma il primo peccato dell'angelo non fu provocato da alcuna tentazione esterna.

Quindi neppure il primo peccato dell'uomo doveva dipendere da una simile tentazione.

2. Dio, conoscendo il futuro, sapeva che l'uomo sarebbe stato vinto dalla tentazione del demonio: e così sapeva bene che essa non gli avrebbe giovato.

Non era quindi ragionevole permettere che l'uomo fosse tentato.

3. Essere aggrediti è piuttosto un castigo, come al contrario è un premio la cessazione di ogni ostilità, secondo le parole dei Proverbi [ Pr 16,17 ]: « Quando il Signore si compiace della condotta di un uomo, riconcilia con lui anche i suoi nemici ».

Ora, il castigo non può precedere la colpa.

Perciò non era giusto che l'uomo ancora innocente fosse tentato.

In contrario:

Sta scritto [ Sir 34,10 ]: « Chi non è stato tentato, che cosa sa? ».

Dimostrazione:

La sapienza divina, come dice la Scrittura [ Sap 8,1 ], « dispone tutte le cose con soavità »: in quanto cioè con la sua provvidenza dà a ciascuna di esse ciò che le spetta secondo la sua natura, poiché secondo Dionigi [ De div. nom. 4 ] « la provvidenza non mira a distruggere la natura, ma a conservarla ».

Ora, la natura umana è tale che può essere aiutata od ostacolata da altre creature.

Quindi era ragionevole che da una parte Dio permettesse che nello stato di innocenza l'uomo fosse tentato dagli angeli cattivi, e dall'altra parte lo facesse aiutare dagli angeli buoni.

Tuttavia per un particolare dono di grazia era stato concesso all'uomo che non ci fosse alcuna creatura a lui esterna che potesse nuocergli contro la sua volontà, con la quale egli poteva resistere anche alla tentazione del demonio.

Analisi delle obiezioni:

1. Sopra la natura dell'uomo esiste una natura in cui è possibile la presenza della colpa; non invece sopra la natura dell'angelo.

Ora, tentare per indurre al male è solo di chi è già stato depravato dalla colpa.

Perciò era ragionevole che l'uomo fosse tentato al male da un angelo cattivo, come anche secondo l'ordine naturale è aiutato nel bene da un angelo buono.

Invece l'angelo può essere aiutato nel bene da chi gli è superiore, cioè da Dio, ma non può da lui essere indotto a peccare, poiché sta scritto [ Gc 1,13 ]: « Dio non tenta nessuno al male ».

2. Come Dio sapeva che l'uomo con la tentazione sarebbe caduto nel peccato, così anche sapeva che con il libero arbitrio avrebbe potuto resistere al tentatore.

Ma la condizione della sua natura esigeva che l'uomo fosse lasciato alla propria volontà, secondo le parole della Scrittura [ Sir 15,14 ]: « Dio ha lasciato l'uomo in balìa del suo proprio volere ».

Per cui S. Agostino [ De Gen. ad litt. 11,4.6 ] scrive: « Mi pare che non sarebbe stato di grande lode per l'uomo se fosse potuto vivere bene solo perché nessuno lo esortava al male, avendo dalla natura la facoltà e in questa facoltà la volontà di non acconsentire alla tentazione ».

3. È un castigo l'assalto a cui si resiste con obiezioni.

Ma l'uomo nello stato d'innocenza poteva resistere alla tentazione senza obiezioni.

Perciò l'assalto del tentatore non era per lui un castigo.

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