Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se sia la distinzione tra principianti, proficienti e perfetti a produrre la differenza degli stati

In Ioan., c. 8, lect. 4; In Gal., c. 5, lect. 3

Pare che non sia la distinzione tra principianti, proficienti e perfetti a produrre la differenza degli stati.

Infatti:

1. « Per generi diversi sono diverse le specie e le differenze » [ Arist., Categ. 3 ].

Ora, questa differenza tra inizio, progresso e perfezione serve a distinguere i gradi della carità, come sopra [ q. 24, a. 9 ] si è visto.

Quindi essa non serve a distinguere i vari stati.

2. Lo stato, come si è detto [ a. 1 ], ha riferimento alla condizione personale di schiavitù o di libertà, sulla quale non pare incidere la suddetta differenza tra incipienti, proficienti e perfetti.

Quindi non è giusto distinguere gli stati basandosi su di essa.

3. I principianti, i proficienti e i perfetti si distinguono tra loro come il più dal meno: il che pare riferirsi piuttosto alle differenze di grado.

Ma abbiamo già visto [ a. 3 ] che la divisione dei gradi è diversa da quella degli stati.

Quindi non è logico distinguere i vari stati seguendo la distinzione tra incipienti, proficienti e perfetti.

In contrario:

Scrive S. Gregorio [ Mor. 24,11 ]: « Triplice può essere la condizione dei convertiti: l'inizio, lo stato intermedio e la perfezione ».

E altrove [ In Ez hom. 15 ] afferma che « altra cosa è il principio, altra il progresso e altra la perfezione della virtù ».

Dimostrazione:

Lo stato viene concepito, come si è detto [ a. 1 ], in relazione alla libertà o alla schiavitù.

Ora, nell'ordine spirituale si riscontrano due tipi di libertà e di schiavitù.

C'è una schiavitù del peccato e una schiavitù della giustizia; parimenti ci sono due tipi di libertà, cioè dal peccato e dalla giustizia, come risulta dalle parole di S. Paolo [ Rm 6,20.22 ]: « Quando eravate sotto la schiavitù del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia.

Ora invece, liberati dal peccato, siete diventati schiavi di Dio ».

Si ha dunque la schiavitù del peccato o della giustizia quando uno è inclinato al male da un abito peccaminoso, o è inclinato al bene dall'abito della giustizia.

E così si ha la libertà dal peccato quando uno non si lascia vincere dall'inclinazione del peccato, e si ha la libertà dalla giustizia quando l'amore di essa non ritrae dal male.

Siccome però l'uomo dalla sua ragione naturale è inclinato alla giustizia, mentre il peccato è contrario alla ragione, è chiaro che la libertà dal peccato è la vera libertà, che coincide con la schiavitù della giustizia: poiché con l'una e con l'altra l'uomo tende a quanto è conforme alla sua natura.

Quindi la vera schiavitù è la schiavitù del peccato, che coincide con la libertà dalla giustizia: poiché così l'uomo viene a perdere ciò che propriamente gli appartiene.

Ora, l'essere schiavo della giustizia o del peccato dipende dalle occupazioni personali di ciascuno, secondo l'osservazione dell'Apostolo [ Rm 6,16 ]: « Se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell'obbedienza che conduce alla giustizia ».

Ora, in ogni occupazione umana si può distinguere l'inizio, lo stadio intermedio e il termine.

E così lo stato di servitù e di libertà spirituale può distinguersi secondo queste tre cose: secondo l'inizio, e si ha lo stato dei principianti; secondo lo stadio intermedio, e si ha lo stato dei proficienti; secondo il termine, e si ha lo stato dei perfetti.

Analisi delle obiezioni:

1. La libertà dal peccato si ottiene con la carità, che « viene riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo », come dice S. Paolo [ Rm 5,5 ]; il quale può quindi affermare [ 2 Cor 3,17 ]: « Dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà ».

Per questo la divisione della carità coincide con quella degli stati relativi alla libertà spirituale.

2. Gli uomini vengono detti principianti, proficienti e perfetti, distinguendosi così in vari stati, non già in riferimento a un impegno qualsiasi, ma in riferimento alla libertà o alla schiavitù spirituale, come si è detto [ nel corpo; a. 1 ].

3. Come si è già notato [ a. 3, ad 3 ], nulla impedisce che lo stato e il grado talora coincidano.

Infatti anche nella vita civile le persone libere non solo appartengono a uno stato diverso da quello degli schiavi, ma sono anche in un grado superiore.

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