Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se la perfezione nella vita presente consista nell'osservanza dei precetti o dei consigli

C. G., III, c. 130; De Virt., q. 2, a. 11, ad 5; Quodl., 4, q. 12, a. 2, ad 2; Contra Retr., c. 6; In Matth., c. 19; In Hebr., c. 6, lect. 1

Pare che la perfezione nella vita presente non consista nell'osservanza dei precetti, ma dei consigli.

Infatti:

1. Nel Vangelo [ Mt 19,21 ] si legge: « Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi ».

Ma questo è un consiglio.

Quindi la perfezione consiste nei consigli e non nei precetti.

2. All'osservanza dei comandamenti sono tenuti tutti, essendo essi necessari per salvarsi.

Se quindi la perfezione della vita cristiana consistesse nell'osservare i comandamenti, anch'essa sarebbe necessaria per salvarsi, e tutti vi sarebbero tenuti.

Il che è falso.

3. La perfezione della vita cristiana consiste nella carità, come si è visto [ a. 1 ].

Ora, la perfezione della carità non consiste nell'osservanza dei comandamenti: infatti la perfezione della carità è preceduta dal suo inizio e dal suo aumento, come dimostra S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 9, su 4,18 ]; ma la carità non può iniziare prima dell'osservanza dei comandamenti, poiché nel Vangelo [ Gv 14,23 ] si legge: « Se uno mi ama, osserverà la mia parola ».

Quindi la perfezione non consiste nell'osservanza dei comandamenti, bensì dei consigli.

In contrario:

Sta scritto nel Deuteronomio [ Dt 6,5 ]: « Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore ».

E nel Levitico [ Lv 19,18 ]: « Amerai il prossimo tuo come te stesso ».

Ora, a proposito di questi due precetti il Signore [ Mt 22,40 ] afferma: « Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti ».

Ora la perfezione della carità, che rende perfetta la vita cristiana, consiste nell'amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come noi stessi.

Quindi la perfezione consiste nell'osservanza dei comandamenti.

Dimostrazione:

In due sensi si può dire che la perfezione consiste in una data cosa: essenzialmente e accidentalmente.

Essenzialmente la perfezione della vita cristiana consiste nella carità: in maniera principale nell'amore di Dio e in maniera secondaria nell'amore del prossimo, su di che vengono dati i principali comandamenti della legge divina, come si è appena visto [ s. c. ].

Ora, l'amore di Dio e del prossimo non sono comandati secondo una certa misura, così da lasciare il di più come consiglio: come risulta dalla stessa formulazione del precetto, che mira alla perfezione: « Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore » - infatti, secondo il Filosofo [ Phys. 3,6 ], « tutto e perfetto sono la stessa cosa » -; e così pure dalle parole: « Amerai il prossimo tuo come te stesso », poiché ciascuno ama se stesso in grado sommo.

E questo perché, come dice S. Paolo [ 1 Tm 1,5 ], « il fine del precetto è la carità », e d'altra parte la misura non si applica al fine, bensì ai mezzi, secondo l'insegnamento del Filosofo [ Polit. 1,3 ]: come il medico non misura la guarigione da produrre, ma la medicina e la dieta da usarsi per la guarigione.

È chiaro quindi che la perfezione consiste essenzialmente nei precetti.

Per cui S. Agostino [ De perf. iust. 8.17 ] insegna: « Perché non comandare all'uomo questa perfezione, sebbene nessuno la possieda in questa vita? ».

Secondariamente invece e strumentalmente la perfezione consiste nei consigli.

I quali, come anche i precetti, sono ordinati alla carità, ma in maniera diversa.

Infatti i precetti distinti dalla carità sono ordinati a togliere ciò che è incompatibile con la carità, mentre i consigli sono ordinati a togliere quegli ostacoli all'esercizio della carità che non sono incompatibili con essa, come il matrimonio, le occupazione secolari e altre cose del genere.

Da cui le parole di S. Agostino [ Enchir. 121 ]: « Tutto ciò che Dio comanda, come "non commettere adulterio", e tutto ciò che consiglia senza imposizione, come "è bene per l'uomo non toccare donna", viene osservato a dovere quando è riferito all'amore di Dio, o all'amore del prossimo in ordine a Dio, sia nella vita presente che in quella futura ».

E l'Abate Mosé [ Coll. Patr. 1,7 ] diceva: « I digiuni, le veglie, la meditazione delle Scritture, la nudità, la privazione di tutti gli agi non sono la perfezione, ma suoi strumenti: poiché il fine del loro esercizio non consiste in essi, ma con essi si raggiunge il fine ».

E sopra [ ib. ] aveva detto che « noi cerchiamo di elevarci alla perfezione della carità per mezzo di questi gradini ».

Analisi delle obiezioni:

1. In quelle parole del Signore bisogna distinguere due parti: la prima indica il cammino che conduce alla perfezione, espresso con la frase: « Va', vendi quello che possiedi e dallo ai poveri »; la seconda invece forma il costitutivo della perfezione: « Poi vieni e seguimi ».

Infatti S. Girolamo [ In Mt 2, su 19,27 ] afferma che, « non essendo sufficiente abbandonare, Pietro aggiunge ciò che è perfetto », cioè: « Ti abbiamo seguito ».

E S. Ambrogio [ In Lc 5 ], spiegando l'espressione evangelica: « Seguimi » [ Lc 5,27 ] scrive: « Comanda di seguirlo non con i passi del corpo, ma con l'affetto dell'anima », cioè con la carità.

Perciò dalla stessa espressione evangelica appare che i consigli sono dei mezzi per giungere alla perfezione: « Se vuoi essere perfetto, va', vendi », ecc., come se dicesse: « Facendo questo, raggiungerai questo fine ».

2. Come nota S. Agostino [ De perf. iust. 8 ], nella vita presente all'uomo è comandata la perfezione perché « non si può correre bene se non si conosce la meta.

E come potrebbe essere conosciuta se non venisse mostrata da alcun precetto? ».

Dal momento però che quanto è di precetto può essere eseguito in più modi, uno non diventa trasgressore per il fatto che non lo osserva nel migliore dei modi, ma basta che lo osservi in qualche maniera.

Ora, la perfezione dell'amore di Dio cade sotto il precetto in tutta la sua estensione, così da includere la perfezione stessa della patria, come nota S. Agostino [ Enchir. 121 ]; tuttavia evita la trasgressione del precetto chiunque in qualche modo raggiunge la perfezione della carità verso Dio.

Ora, il grado più basso dell'amore verso Dio consiste nel non amare nulla più di lui, o contro di lui, o al pari di lui: e chi non raggiunge questo grado di perfezione non osserva il precetto in alcun modo.

C'è poi un grado di carità così perfetto che non può essere raggiunto in questa vita, come si è detto [ a. 2 ]: e chi non lo raggiunge è chiaro che non trasgredisce il precetto.

Parimenti non lo trasgredisce chi non raggiunge i gradi intermedi della perfezione, purché raggiunga il grado infimo.

3. Come l'uomo fin dalla nascita ha una certa perfezione della propria natura, che è essenziale alla specie, e quindi una seconda perfezione a cui giunge col crescere, così esiste anche una perfezione della carità che ne costituisce la specie, e che consiste nell'amare Dio sopra tutte le cose, senza amare nulla di contrario a lui, e c'è una seconda perfezione della carità, anche nella vita presente, a cui si giunge con una crescita spirituale: come quando uno si astiene anche da certe cose lecite per attendere più liberamente al servizio di Dio.

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