Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se Cristo possa pregare

Supra, q. 13, a. 4, ad 3; infra, q. 43, a. 2, ad 2; In 3 Sent., d. 17, q. 1, a. 3, sol. 1; In 4 Sent., d. 15, q. 4, a. 6, sol. 1, ad 2; sol. 2, ad 1; In Ioan., c. 11, lect. 6; In De Trin., q. 3, a. 4

Pare che Cristo non possa pregare.

Infatti:

1. Secondo la definizione del Damasceno [ De fide orth. 3,24 ], « la preghiera è la domanda di cose convenienti rivolta a Dio ».

Ma non era ragionevole che Cristo, potendo compiere da se stesso ogni cosa, chiedesse qualcosa ad altri.

Quindi Cristo non poteva pregare.

2. Pregando non si possono chiedere cose che certamente accadranno: non si prega, p. es., che domani sorga il sole.

E neppure si può chiedere nella preghiera ciò di cui si è certi che non avverrà in alcun modo.

Ma Cristo conosceva tutto il futuro.

Quindi non aveva nulla da chiedere con la preghiera.

3. Secondo un'altra definizione del Damasceno [ib. ], « la preghiera è l'elevazione della mente a Dio ».

Ma l'intelligenza di Cristo non aveva bisogno di elevarsi a Dio: poiché era sempre unita a lui, non solo a motivo dell'unione ipostatica, ma anche secondo la fruizione della beatitudine.

Quindi Cristo non poteva pregare.

In contrario:

Il Vangelo [ Lc 6,12 ] attesta che « in quei giorni Gesù si recò sul monte a pregare, e trascorse la notte in orazione a Dio ».

Dimostrazione:

Come si è detto nella Seconda Parte [ II-II, q. 83, aa. 1,2 ], la preghiera è una certa manifestazione della nostra volontà a Dio, perché egli la adempia.

Se dunque in Cristo ci fosse un'unica volontà, cioè quella divina, in nessun modo gli si potrebbe attribuire la preghiera, poiché la volontà divina è da sola capace di attuare ciò che vuole, secondo le parole del Salmo [ Sal 135,6 ]: « Tutto ciò che vuole, il Signore lo compie ».

Ma poiché in lui ci sono due volontà, la divina e l'umana, e la volontà umana non è capace di realizzare da sé ciò che vuole senza il ricorso alla potenza divina, ne segue che Cristo, in quanto uomo dotato di volontà umana, può pregare.

Analisi delle obiezioni:

1. Cristo poteva fare tutto ciò che voleva in quanto Dio, ma non in quanto uomo, poiché in quanto uomo non aveva l'onnipotenza, come si è detto [ q. 13, a. 1 ].

Tuttavia, essendo insieme Dio e uomo, volle rivolgere la preghiera al Padre non per una sua impotenza, ma per nostra istruzione.

Primo, per farci capire che egli procede dal Padre.

Per cui egli stesso dichiara [ Gv 11,42 ]: « Ho detto queste cose », cioè le parole della preghiera, « per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato ».

E S. Ilario [ De Trin. 10,71 ] commenta: « Non aveva bisogno di pregare, ma lo fece per noi, perché non ignorassimo il Figlio ».

- Secondo, per darci l'esempio.

Per cui scrive S. Ambrogio [ In Lc 5, su 6,12 ]: « Cerca di non fraintendere, pensando che il Figlio di Dio preghi come un debole per impetrare ciò che non può fare.

Essendo infatti autore del potere e maestro di obbedienza, ci forma con il suo esempio ai precetti della virtù ».

E S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 104 ]: « Il Signore nella sua forma di servo avrebbe potuto pregare in silenzio, se fosse stato necessario.

Invece volle mostrare apertamente che pregava il Padre, per ricordare in tal modo che era nostro maestro ».

2. Cristo sapeva che tra le cose future a lui note alcune sarebbero avvenute per la sua preghiera.

E di queste appunto era conveniente fare domanda a Dio.

3. L'elevazione è un movimento verso l'alto.

Ma il moto, come dice Aristotele [ De anima 3,7 ], può essere preso in due sensi.

Primo, in senso proprio come passaggio dalla potenza all'atto, quale « atto di un ente imperfetto ».

E in questo senso l'elevazione spetta a chi è in alto potenzialmente e non attualmente.

Sotto questo aspetto dunque, come nota il Damasceno [ l. cit. ], « l'intelligenza umana di Cristo non ha bisogno di salire a Dio, poiché è sempre unita a Dio per l'unione ipostatica e la contemplazione beata ».

- Secondo, il moto può significare « l'atto di un ente perfetto », cioè esistente in atto, ossia come si dicono moto il conoscere e il sentire.

E in questo senso l'intelligenza di Cristo si eleva sempre verso Dio: poiché egli lo contempla sempre come superiore a se stesso.

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