Supplemento alla III parte

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Articolo 3 - Se la definizione agostiniana della soddisfazione riferita dalle Sentenze sia conveniente

Pare che la definizione agostiniana della soddisfazione, riferita dalle Sentenze [ 4,15,3 ], non sia conveniente.

Infatti:

1. In essa si legge che la soddisfazione consiste « nell'estirpare le cause dei peccati e nel bloccare la via alle loro suggestioni ».

Ora, la causa del peccato attuale è il fomite.

Ma nella vita presente non possiamo estirpare il fomite.

Quindi la soddisfazione non consiste « nell'estirpare le cause dei peccati ».

2. La causa del peccato ha più forza del peccato stesso.

Ma l'uomo con le sue forze non può estirpare il peccato.

Molto meno quindi potrà estirparne le cause.

3. La soddisfazione, essendo una parte della penitenza, riguarda il passato, non il futuro.

Ora, « bloccare la via alle suggestioni dei peccati » riguarda il futuro.

Perciò tale compito non va ricordato nella definizione della soddisfazione.

4. Il termine soddisfazione dice rapporto all'offesa passata.

Ma dell'offesa passata qui non si fa alcun cenno.

Quindi la suddetta definizione della soddisfazione è inaccettabile.

5. S. Anselmo [ Cur Deus homo 1,11 ] presenta quest'altra definizione: « La soddisfazione consiste nel prestare a Dio il debito onore ».

Ora, in essa non si fa alcun cenno a quanto qui ricorda S. Agostino.

Quindi una delle due definizioni è inaccettabile.

6. Il debito onore può essere prestato a Dio anche dall'innocente.

Soddisfare invece non appartiene all'innocente.

Quindi la definizione di S. Anselmo non è a proposito.

Dimostrazione:

La giustizia non tende solo a togliere una disuguaglianza precedente punendo la colpa, ma anche a custodire l'uguaglianza per l'avvenire: poiché, come dice il Filosofo [ Ethic. 2,3 ], « le pene sono medicine ».

Perciò anche la soddisfazione, che è un atto della giustizia vendicativa, è una medicina che cura i peccati passati e preserva da quelli futuri.

Infatti quando un uomo dà soddisfazione a un altro offre un compenso per i torti passati, e si impegna a evitarli in futuro.

Di conseguenza si possono dare due definizioni della soddisfazione.

Primo, in rapporto alla colpa passata, che essa ripara con una compensazione.

E sotto tale aspetto la soddisfazione è « la compensazione dell'ingiuria commessa, secondo l'uguaglianza della giustizia ».

Al che sembra ridursi la definizione di S. Anselmo, il quale dice che soddisfare consiste « nel rendere a Dio il debito onore », cioè quanto è dovuto a motivo della colpa commessa.

Secondo, la soddisfazione può essere definita sotto l'aspetto di preservazione dalla colpa futura.

E in questo senso va presa la definizione di S. Agostino.

La preservazione però da una malattia corporale avviene togliendo le cause del morbo, perché allora questo non può più derivarne.

Ma nella malattia spirituale non è così: poiché il libero arbitrio non subisce costrizioni, per cui la colpa può essere evitata, pur esistendone le cause, sebbene con obiezioni; e per quanto ne siano estirpate le cause, può ugualmente essere commessa.

E così nella definizione della soddisfazione S. Agostino pone queste due cose: primo, l'estirpazione delle cause; secondo, la resistenza del libero arbitrio di fronte al peccato stesso.

Analisi delle obiezioni:

1. Le cause di cui si parla sono quelle prossime del peccato attuale, che sono poi due: il desiderio sfrenato, prodotto dall'abitudine o lasciato dall'atto peccaminoso, accompagnato da altri strascichi del peccato commesso, e le occasioni esterne che spingono al peccato, come l'ambiente, le cattive compagnie e altre cose del genere.

E tali cause vengono eliminate in questa vita con la soddisfazione: sebbene il fomite, che è la causa remota del peccato attuale, possa essere smorzato, ma non totalmente distrutto in questa vita mediante la soddisfazione.

2. La causa del male e della privazione, nella misura in cui il male può avere una causa, non è che un bene difettoso.

Ora, il bene è più facile eliminarlo che costituirlo.

Perciò è più facile distruggere le cause della privazione e del male che togliere il male stesso, non potendo questo essere eliminato se non dalla produzione del bene.

Il che è evidente nel caso della carità e delle sue cause.

- Si noti tuttavia che le predette cause del peccato non sono cause determinanti, poiché da esse il peccato non segue in modo necessario, ma sono soltanto occasioni.

- E anche la soddisfazione non si compie senza l'aiuto di Dio: poiché essa non può compiersi senza la carità, come vedremo [ q. 14, a. 2 ].

3. Sebbene la penitenza abbia di mira per prima cosa il passato, tuttavia di conseguenza riguarda anche il futuro, quale rimedio preservativo.

E lo stesso si dica per la soddisfazione.

4. S. Agostino intende definire la soddisfazione che va data a Dio, al quale in realtà non è possibile togliere nulla, sebbene il peccatore per quanto dipende da lui sottragga qualcosa.

Perciò in tale soddisfazione si richiede più l'emenda per il futuro che la compensazione per il passato.

Per questo motivo S. Agostino ha insistito su tale aspetto nel definire la soddisfazione.

Tuttavia dalla cautela per il futuro si può arguire la compensazione per il passato, che riguarda lo stesso oggetto in senso contrario.

Guardando infatti il passato detestiamo le cause dei peccati a motivo dei peccati, iniziando dunque dalla detestazione dei peccati; invece nella cautela iniziamo dalle cause, affinché eliminate le cause possiamo evitare più facilmente i peccati.

5. Nulla impedisce che della medesima realtà vengano date definizioni diverse, secondo i vari elementi che in essa si riscontrano.

E così avviene in questo caso, come risulta dai testi riferiti.

6. Il debito di cui si parla è quello dovuto a Dio a motivo delle colpe commesse: poiché la penitenza ha per oggetto il debito, come si è già notato [ a. 2, ob. 1, s. c. 1 ].

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