Supplemento alla III parte

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Articolo 3 - Se i santi nel vedere Dio per essenza vedano tutto ciò che Dio vede in se stesso

Pare che i santi nel vedere Dio per essenza vedano tutto ciò che Dio vede in se stesso.

Infatti:

1. Come insegna S. Isidoro [ De summo bono 1,10 ], « gli angeli nel Verbo di Dio conoscono tutte le cose prima che avvengano ».

Ma i santi, come dice il Vangelo [ Mt 22,30 ], « saranno uguali agli angeli ».

Quindi anche i santi vedendo Dio vedranno tutte le cose.

2. S. Gregorio [ Dial. 4,33 ] scrive: « Poiché allora tutti vedranno Dio con l'identica chiarezza, che cosa non conosceranno conoscendo chi sa tutto? ».

Ora, egli si riferisce ai beati che vedono Dio per essenza.

Perciò chi vede Dio per essenza conosce ogni cosa.

3. Come nota Aristotele [ De anima 3,4 ], « quando un intelletto conosce le cose più grandi può conoscere ancora meglio le più piccole ».

Ora, Dio è l'intelligibile massimo.

Egli perciò fa aumentare al massimo la virtù dell'intelletto nel conoscere.

Perciò l'intelletto che vede lui vede ogni cosa.

4. L'intelletto non trova ostacolo a intendere una cosa se non in quanto quest'ultima gli è superiore.

Ma nessuna creatura è superiore all'intelletto che vede Dio, poiché, come dice S. Gregorio [ Dial. 2,35 ], « per l'anima che vede Dio diventa angusta qualsiasi creatura ».

Quindi coloro che vedono Dio per essenza conoscono tutte le cose.

5. Ogni potenza passiva che non passa all'atto è imperfetta.

Ora, nell'intelletto possibile dell'anima umana c'è come una potenza passiva a conoscere tutte le cose: poiché l'intelletto possibile « è quello fatto per diventare ogni cosa », come dice Aristotele [ De anima 3,5 ].

Se quindi in quella beatitudine esso non conoscesse tutte le cose, rimarrebbe imperfetto.

Il che è assurdo.

6. Chi vede uno specchio vede le cose che vi si riflettono.

Ora, nel Verbo di Dio si riflettono come in uno specchio tutte le cose: poiché egli è la ragione e l'archetipo di ogni cosa.

Quindi i santi che vedono il Verbo per essenza vedono tutte le creature.

7. Nei Proverbi [ Pr 10,24 ] si legge che « il desiderio dei giusti è soddisfatto ».

Ora, i santi desiderano conoscere tutte le cose: poiché « tutti gli uomini per natura desiderano di conoscere », e d'altra parte la natura non viene distrutta dalla gloria.

Perciò Dio concederà loro di conoscere tutte le cose.

8. L'ignoranza è una delle penalità della vita presente.

Ma la gloria toglierà ai santi ogni penalità.

Quindi anche qualsiasi ignoranza.

Quindi essi conosceranno ogni cosa.

9. La beatitudine dei santi sarà prima nell'anima che nel corpo.

Ma i corpi dei santi verranno trasformati nella gloria a somiglianza del corpo di Cristo, come insegna S. Paolo [ Fil 3,21 ].

Perciò anche le anime saranno perfette a somiglianza dell'anima di Cristo.

Ora, l'anima di Cristo vedrà nel Verbo tutte le cose.

Quindi anche tutte le anime dei santi vedranno nel Verbo tutte le cose.

10. L'intelletto, al pari del senso, conosce tutto ciò di cui riceve la forma.

Ma l'essenza di Dio esprime qualsiasi cosa meglio di qualunque altra sua immagine.

Siccome quindi in quella visione beata l'essenza divina diviene quasi la forma del nostro intelletto [ a. 1 ], sembra che i santi nel vedere Dio vedano tutte le cose.

11. Averroè [ De anima 3,36 ] afferma che se l'intelletto agente fosse la forma dell'intelletto possibile, noi conosceremmo ogni cosa.

Ora, l'essenza divina rappresenta tutte le cose più chiaramente dell'intelletto agente.

Quindi l'intelletto che vede Dio per essenza conosce tutte le cose.

12. Gli angeli inferiori vengono adesso illuminati da quelli superiori sulle cose che ignorano in quanto non conoscono tutte le cose.

Ma dopo il giorno del giudizio gli angeli non avranno più queste illuminazioni, poiché allora, come dice la Glossa [ ord. su 1 Cor 15,24 ], « cesserà ogni superiorità ».

Perciò gli angeli inferiori conosceranno tutte le cose.

E per la stessa ragione le conosceranno tutti gli altri santi che vedranno Dio per essenza.

In contrario:

1. Come insegna Dionigi [ De cael. hier. 6,3 ], gli angeli superiori purgano gli inferiori « dalla loro nescienza ».

Ma gli angeli inferiori vedono anch'essi l'essenza divina.

Quindi un angelo che vede l'essenza di Dio può non sapere qualcosa.

Ora, le anime non vedranno Dio più perfettamente degli angeli.

Quindi non è necessario che vedendo Dio le anime vedano tutte le cose.

2. Solo Cristo « possiede lo Spirito senza misura » [ Gv 3,34 ].

Ora, a Cristo spetta di conoscere ogni cosa nel Verbo in quanto possiede lo Spirito senza misura; per cui l'Evangelista [ Gv 3,35 ] aggiunge: « Il Padre ha riposto tutto nelle sue mani ».

Quindi a nessun altro all'infuori di Cristo spetta di conoscere nel Verbo tutte le cose.

3. Quanto più perfettamente si conosce un principio, tanto più numerosi sono gli effetti che di esso si conoscono.

Ma alcuni di coloro che per essenza vedono Dio, che è la causa di tutte le cose, lo conoscono più perfettamente di altri.

Quindi alcuni conoscono più cose di altri.

Perciò non tutti conosceranno ogni cosa.

Dimostrazione:

Dio vedendo la propria essenza conosce tutte le cose che sono, che saranno o che sono state: e ciò si dice che egli lo conosce « con la scienza di visione » [ cf. I, q. 14, a. 9 ], poiché a somiglianza della vista corporale conosce queste cose come presenti.

Inoltre vedendo la propria essenza egli conosce tutte le cose che può compiere, anche se non le ha fatte e non le farà mai: altrimenti non conoscerebbe perfettamente la propria potenza.

Non si può infatti conoscere una potenza se non si conoscono i suoi oggetti.

E questo si dice che egli lo conosce « con la scienza di semplice intelligenza » [ I, q. 14, a. 9 ].

Ora, è impossibile che l'intelletto creato vedendo l'essenza divina conosca tutte le cose che Dio può fare.

Poiché quanto più perfettamente si conosce un principio, tante più cose si conoscono in esso: come in un principio dimostrativo chi ha un ingegno più perspicace vede più conclusioni di quante ne veda chi è di ingegno più limitato.

Essendo quindi la grandezza della potenza divina pari alle cose di cui essa è capace, se un intelletto vedesse nell'essenza divina tutto ciò che Dio può fare, ne verrebbe che la misura della sua perfezione nell'intendere sarebbe identica alla grandezza della potenza divina nel produrre gli effetti: e così esso avrebbe la comprensione dell'essenza divina.

Il che è impossibile a qualsiasi intelletto creato.

Invece tutte le cose che Dio conosce con la scienza di visione un certo intelletto creato, cioè l'anima di Cristo, le conosce nel Verbo.

Circa gli altri poi che sono ammessi a vedere l'essenza divina ci sono due opinioni.

Alcuni infatti dicono che tutti, vedendo Dio per essenza, vedranno tutte le cose che Dio vede con scienza di visione.

- Ma ciò è incompatibile con le affermazioni dei Santi Dottori, i quali affermano che gli angeli non conoscono alcune cose; e tuttavia è certo, secondo la fede, che essi vedono tutti Dio per essenza.

E così altri sostengono che i beati, a eccezione di Cristo, pur vedendo Dio per essenza, non vedono tutto ciò che Dio vede, appunto perché non hanno la comprensione della sua essenza.

Infatti non è necessario che chi conosce una causa ne conosca tutti gli effetti, a meno che non ne abbia la comprensione: il che non compete a un intelletto creato.

Perciò vedendo Dio per essenza ognuno vedrà tanti più oggetti quanto più chiaramente vedrà l'essenza divina.

Così dunque uno potrà dare istruzioni ad altri.

E così la scienza degli angeli e quella delle anime sante potrà crescere fino al giorno del giudizio: come anche le altre perfezioni che rientrano nel premio accidentale.

Ma dopo non ci sarà più aumento: poiché allora avremo lo stato definitivo di tutte le cose.

E in quello stato sarà possibile che tutti conoscano tutte le cose che Dio conosce con la sua scienza di visione.

Analisi delle obiezioni:

1. L'affermazione di S. Isidoro secondo cui « gli angeli nel Verbo di Dio conoscono tutte le cose prima che avvengano » non si può riferire alle cose che Dio conosce con la scienza di semplice intelligenza, poiché queste non avverranno mai, ma va riferita solo alle cose che Dio conosce con la scienza di visione.

A proposito delle quali egli dice anche che non tutti gli angeli le conoscono tutte, ma forse alcuni.

E anche quelli che le conoscono non le conoscono tutte perfettamente.

Infatti in ciascuna cosa si possono considerare molteplici ragioni intelligibili, come le sue diverse proprietà e le relazioni con le altre cose; ed è possibile che di due individui che conoscono insieme la medesima cosa uno percepisca più nozioni dell'altro, e che uno le riceva dall'altro.

Per cui anche Dionigi [ De div. nom. 4 ] afferma che gli angeli inferiori apprendono da quelli superiori le ragioni conoscibili delle cose.

Perciò anche gli angeli che conoscono tutte le creature non è detto che scorgano in esse tutto ciò che può essere conosciuto.

2. Le parole di S. Gregorio dimostrano che in quella visione beata l'essenza divina, nella quale Dio vede tutte le cose e della quale noi ci serviremo per vedere, è sufficiente a far vedere tutte le cose.

Ma il fatto che non si vedano tutte dipende dalla limitazione dell'intelletto creato, che è incapace di comprendere l'essenza divina.

3. L'intelletto creato non vede l'essenza divina secondo la capacità di Dio, ma secondo la capacità propria, che è finita.

Perciò dalla visione suddetta non segue che la sua efficacia nel conoscere venga ampliata all'infinito, così da poter conoscere tutte le cose.

4. La mancanza di conoscenza può dipendere non solo dall'eccesso del conoscibile sull'intelletto, ma anche dal fatto che all'intelletto non viene a unirsi la ragione dell'oggetto conoscibile: come la vista talvolta non vede la pietra per il fatto che l'immagine della pietra non si trova in essa.

Ora, sebbene all'intelletto che vede Dio sia unita la stessa essenza divina, tuttavia questa non gli viene unita in quanto ragione di tutte le cose, ma solo di alcune: e queste saranno tanto più numerose quanto più completa sarà l'intuizione della divina essenza.

5. Quando una potenza passiva è perfettibile da varie perfezioni tra loro ordinate, se viene perfezionata dalla sua ultima perfezione non può dirsi imperfetta, anche se certe predisposizioni precedenti sono venute a mancare.

Ora, ogni conoscenza con la quale viene a perfezionarsi l'intelletto creato è ordinata come al suo fine alla conoscenza di Dio.

Perciò chi vede Dio per essenza, anche se non conoscesse altro, avrebbe l'intelligenza in istato di perfezione.

Né questa è più perfetta per il fatto che vede altre cose oltre a Dio se non in quanto vede Dio più perfettamente.

Da cui le parole di S. Agostino [ Conf. 5,4 ]: « Infelice l'uomo che conosce tutte quelle cose », cioè le creature, « senza conoscere te [ o Signore ].

Beato invece chi conosce te, anche se non conosce quelle.

Chi poi conosce te e quelle, non è più felice per quelle, ma è felice e beato solo per te ».

6. Lo specchio suddetto è dotato di volontà: perciò come si mostra a chi vuole, così mostra in sé ciò che vuole.

La cosa è invece diversa per uno specchio materiale, il quale non ha la facoltà di mostrarsi o di non mostrarsi.

Oppure si può rispondere che in uno specchio materiale tanto la cosa quanto lo specchio sono visti nella loro forma propria: sebbene lo specchio sia visto mediante la forma che esso riceve dalla cosa, mentre la pietra ivi riflessa è vista mediante la sua forma che si riflette in un'altra cosa.

Per cui è identica la ragione per cui si conosce l'uno e l'altra.

Nello specchio increato invece le cose sono viste mediante la forma dello specchio medesimo, come l'effetto è visto mediante la similitudine della causa, e viceversa.

Quindi non segue che chiunque contempla lo specchio eterno veda tutto ciò che si riflette in esso.

Infatti non è necessario che chi vede la causa veda tutti i suoi effetti, a meno che non ne abbia la comprensione.

7. Il desiderio dei santi di conoscere tutte le cose sarà colmato per il solo fatto che vedranno Dio; come il loro desiderio di possedere ogni bene sarà colmato per il fatto che possederanno Dio.

Come infatti Dio sazia la volontà in quanto possiede la perfetta bontà, cosicché il suo possesso assicura in qualche modo il possesso di tutti i beni, così la sua vista sazierà l'intelligenza, secondo le parole evangeliche [ Gv 14,8 ]: « Signore, mostraci il Padre, e ci basta ».

8. L'ignoranza in senso proprio implica privazione, e quindi penalità: infatti così intesa l'ignoranza è il non sapere cose che si dovrebbero sapere, o che è necessario sapere.

Ora, nella patria non mancherà nulla di tutto ciò.

Talora invece l'ignoranza sta a indicare qualsiasi nescienza.

E in questo senso gli angeli e i santi ignoreranno certe cose nella patria: per cui Dionigi afferma che gli angeli vengono purificati dalla « nescienza ».

Ma in questo senso l'ignoranza non è una penalità, bensì solo una deficienza.

E non è detto che ogni deficienza del genere sia eliminata dalla gloria: allora infatti si potrebbe dire che c'è una deficienza in S. Lino per il fatto che non ha raggiunto la gloria di S. Pietro.

9. Il nostro corpo sarà reso conforme al corpo di Cristo nella gloria secondo una somiglianza, non secondo una perfetta uguaglianza: sarà infatti splendente allo stesso modo, ma non nello stesso grado del corpo di Cristo.

E similmente la nostra anima avrà la gloria a somiglianza dell'anima di Cristo, ma non alla pari.

E così pure avrà la scienza come l'anima di Cristo; però non con la stessa misura, in modo cioè da conoscere ogni cosa come l'anima di Cristo.

10. L'essenza divina, pur essendo la ragione o archetipo di tutte le realtà conoscibili, tuttavia non si unisce a ciascun intelletto creato quale ragione o archetipo di esse.

Perciò l'argomento non regge.

11. L'intelletto agente è la forma proporzionata all'intelletto possibile, come anche la potenza della materia è proporzionata alla virtù della causa agente naturale: cosicché tutto ciò che è nella potenza passiva della materia o dell'intelletto possibile è anche nella potenza attiva dell'intelletto agente o della causa agente naturale.

Per cui se l'intelletto agente diventasse la forma dell'intelletto possibile, l'intelletto possibile verrebbe necessariamente a conoscere tutte le cose alle quali si estende la virtù dell'intelletto agente.

Ma l'essenza divina non è una forma proporzionata in questo modo al nostro intelletto.

Perciò il paragone non regge.

12. Nulla impedisce di affermare che dopo il giorno del giudizio, quando la gloria degli uomini e degli angeli sarà del tutto completa, tutti i beati conosceranno tutto ciò che Dio conosce con la scienza di visione: però non nel senso che tutti vedano tutte le cose nell'essenza divina.

L'anima di Cristo infatti vedrà in essa pienamente ogni cosa, come già la vede adesso; gli altri invece vedranno in essa più o meno cose secondo il grado della loro visione di Dio.

Cosicché l'anima di Cristo illuminerà tutte le altre circa le cose ad esse nascoste che egli vede nel Verbo: per questo nell'Apocalisse [ Ap 21,23 ] si legge che « la gloria di Dio illumina la città dei beati, e la sua lampada è l'Agnello ».

E in modo analogo i santi superiori illumineranno gli inferiori: non già con una nuova illuminazione, così da accrescerne la scienza, ma per un certo prolungamento dell'illuminazione, come il sole in riposo illumina l'aria.

Per questo Daniele [ Dn 12,3 ] afferma che « coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre ».

Si dice poi che allora verrà a cessare ogni superiorità degli ordini angelici quanto ai ministeri subordinati l'uno all'altro che essi attualmente esercitano verso di noi, come risulta dalla Glossa citata.

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