Unione/Opere/LavForVan/LavForVan.txt Lavoro Formazione Vangelo Presentazione Don Giuseppe Pollano È segno di civiltà aver collegato, nel titolo di questo libro, tre parole quali "lavoro", "formazione", "vangelo". Delle tre la prima è assolutamente predominante nelle nostre culture; la seconda è in esse completamente problematica; la terza urgentemente necessaria. Ma sono parole che, di solito, non formano un trio: proprio il congiungerle è stato merito e scommessa insieme, assunto culturale molto apprezzabile. Il lavoro, ebbe a dire Giovanni Paolo II nella Laborem exercens quasi vent 'anni fa, è una delle caratteristiche che distinguono l'uomo, e un bene dell'uomo; ciò che è evidente: ma il Papa intendeva anche affermare, con ciò, che il lavoro non è l'unica caratteristica e l'unico bene dell'uomo. Ma i nostri giovani possono invece essere indotti a ritenere, nel clima utilitaristico che contraddistingue le società avanzate, che il lavoro debba tradursi in utilità pura. Allora esso diventa un grande automatismo sociale, spesso una nevrosi professionalistica, in ogni caso un principio di decadenza umana, l'esatto contrario di ciò che dev'essere. In effetti se il lavoro non è vissuto dentro un processo formativo, e anzi addirittura non ne fa parte, diviene attività che produce molti beni, ma non produce l'uomo stesso nella sua dignità e libertà di persona. Dunque è umanità mancata. La formazione comincia quando la gente s'interroga non su come è fatto il mondo o come si fanno le cose, ma sul perché del mondo e delle cose; in altri termini, quando la gente cerca il senso della vita e, anche senza fare della filosofia, vuole rispondere che si può esistere con un fine degno, e cerca il metodo per farlo. Quanto ciò accada oggi nelle società fortemente industrializzate è ben difficile dirlo: ma si ha l'impressione che la persona, in quanto tale, tenda a scomparire, secondo la dura affermazione di Althusser: gli individui sono soltanto gli effetti della struttura, ed il soggetto non è altro che il supporto dei mezzi di produzione. E per tale minaccia diretta contro l'uomo che oggi è indispensabile, e con urgenza, il Vangelo. Gesù Cristo è stato essenzialmente l'amico dell'umanità e sa ciò che ci conviene: egli ci ha insegnato, a parole e con i fatti, che cosa significhi salvare le persone dal venire oppresse e soppresse, e orientarle fortemente all'assoluto di Dio. Senza questo assoluto stiamo per scioglierci nella completa mancanza di significato e nella grande indifferenza reciproca: siamo l'un per l'altro socius, e non proximus perché abbiamo lasciato svanire la paternità di Dio su di noi. Ecco perché il trio dei concetti legati nel titolo è di grande forza: se si riuscirà a conservarne la potente interazione, grandi frutti saranno consentiti. Premessa sulle finalità 1 - Destinatari: i collaboratori e gli amici Questo libro è la presentazione di un Ente di formazione professionale, la Casa di Carità Arti e Mestieri, attraverso i lineamenti della sua proposta formativa, e brevi cenni di storia. Esso è rivolto a chiunque intenda avere una conoscenza di quest'Opera. Tra questi, in primo luogo, i collaboratori interni ed esterni, specialmente quelli di recente assunzione. La conoscenza più piena di una data realtà o attività la si acquisisce senza dubbio immergendosi in essa, specialmente quando si tratti di acquisizione di un "carisma", di cui la Casa di Carità, quale istituzione educativa di proposta cattolica, ritiene di essere dotata. Tuttavia una preparazione propedeutica basata sull'apprendimento sistematico delle nozioni, delle motivazioni e dei tempi di realizzazione dell'Istituto può essere indispensabile, specie considerando gli sviluppi che esso ha avuto nell'ultimo decennio, con l'istituzione di nuove sedi. Per i collaboratori temporanei ed esterni la dotazione di un testo organico illustrativo dell'Opera è quanto mai necessaria, anche in considerazione delle nuove modalità di insegnamento, che prevedono lo svolgimento di attività formative all'esterno delle sedi dell'Istituto ( corsi presso gli stabilimenti, formazione a distanza, ecc … ). Ma una presentazione organica della Casa di Carità è anche necessaria per quanti seguono l'Opera a vario titolo, dagli operatori pubblici e privati della formazione professionale, ai destinatari dell'attività formativa - in primo luogo gli allievi ed ex-allievi più motivati - agli imprenditori e ai benefattori. 2 - Giubileo del 2000 e 80° anniversario L'occasione per la pubblicazione di questo libro è l'Anno Giubilare 2000, che coincide per la Casa di Carità con l'Ottantesimo della sua istituzione. Tale anniversario può avere due punti di riferimento: il primo è il 24 novembre 1919, in cui la denominazione Casa di Carità compare nel diario di fra Leopoldo, come sarà ampiamente illustrato; il secondo è il 18 ottobre 1920, in cui hanno inizio i primi corsi di formazione. La coincidenza dell'Ottantesimo con il grande Giubileo del 2000, che è un invito alla conversione e alla riconciliazione, interpella profondamente i vari operatori della Casa di Carità ad una riflessione sulle sue radici, e ad una coerenza di pensiero e di comportamento nell'assolvimento della missione educativa. 3 - Proposta formativa La traccia dei lineamenti della Casa di Carità che qui si espone ha riguardo essenzialmente alla proposta formativa, cioè agli aspetti di elevazione professionale, umana e spirituale conferiti insegnando il lavoro. Le nozioni più strettamente tecniche della formazione professionale sono presupposte e pertanto solamente accennate. Invero tutto il lavoro svolto dalla Casa di Carità, non solo con l'approntamento e lo svolgimento dei corsi di formazione, ma altresì con gli studi di ricerca in vari progetti di addestramento, di orientamento, di qualificazione per il lavoro, di monitoraggio, di certificazione della qualità, e simili, costituiscono il suo patrimonio di competenza e di professionalità. Potrebbe essere interessante anche a questo riguardo tracciare una sintesi intesa ad individuare ed a esplicitare le note specifiche dell'apporto della Casa di Carità sul piano strettamente formativo - professionale, tanto più che questo è connesso e qualificato dal carisma della proposta formativa. Ma al momento intendiamo soffermarci essenzialmente su quest'ultima, che costituisce l'anima di tutta l'Opera, e pertanto va gelosamente custodita, meditata e sviluppata. 4 - Adesione culturale e libera conversione di fede La proposta formativa della Casa di Carità, non solo, ma la stessa natura dell'Istituto, è di carattere profondamente cristiano, quindi in piena apertura alla verità e alla libertà. Teniamo presenti, tra l'altro, alcune delle parole di Gesù al riguardo: "Io sono la verità" ( Gv 14,6 ) e " La verità vi farà liberi" ( Gv 8,32 ). Si pone qui il problema del dialogo con coloro che espressamente o praticamente non riconoscono la verità del Vangelo. Il rapporto sembrerebbe difficile, o comunque delicato, poiché dal loro punto di vista un'impostazione religiosa potrebbe apparire come settoriale, se non addirittura partigiana. Al riguardo va tenuto presente che la Casa di Carità, come del resto la scuola cattolica, è luogo di evangelizzazione, proprio ponendosi come luogo di cittadinanza e di apprendimento, cioè di scambio di opinioni e di proposte. Una delle prime missioni della Casa di Carità è appunto quella di smentire il pregiudizio della pretesa settarietà, aprendo il dialogo con tutti in termini di carità. È una costante questa, con varie esperienze significative: per riportarne una di una certa rilevanza, ricordiamo quella di una classe di allievi malesi islamici ai quali, su loro richiesta, è stata messa a disposizione una sala perché potessero effettuare i loro riti. L'annuncio evangelico in questo caso è stato il garantire, in un ambiente cattolico, la libertà di ogni uomo, che è figlio di Dio. Ciò che si intende qui dichiarare è che tale orientamento religioso si pone, nei confronti dei collaboratori, per lo meno come un'adesione di carattere culturale, nel senso che chi opera e insegna nella Casa di Carità deve avere come riferimento ideologico e morale il Vangelo. Naturalmente l'auspicio è che l'incontro con la Casa di Carità possa essere una conversione sul piano della fede, ed è questa la prima testimonianza che la nostra Opera intende svolgere nei confronti del suo personale, prima ancora che nei confronti degli allievi. Ma è evidente che una svolta di fede, di conversione e di approfondimento può essere solo proposta, non certamente esigila o imposta. 5 - Caratteristiche intrinseche all'Istituto Questo libro espone idee, concetti e obiettivi propri e caratteristici della Casa di Carità, per cui l'autore si è limitato ad un'opera di raccolta e, si augura, di esposizione sistematica. Ma tali requisiti appartengono all'Istituto, al suo carisma intrinseco, nonché alle esplicitazioni che si sono gradualmente sviluppate attraverso le ispirazioni di fra Leopoldo, gli scritti e l'opera di fr. Teodoreto, la graduale attuazione e sistematizzazione da parte dei Catechisti, dei Fratelli e dello stesso personale della Casa di Carità. Per questi motivi nel testo vi è un'ampia appendice, con lo stralcio di alcuni scritti dei suddetti fra Leopoldo e fr. Teodoreto, con l'esposizione della proposta formativa degli anni 70, redatta a cura del dr. Domenico Conti e del prof. fr. Secondino Scaglione, e con altri dati sull'Opera. Sarebbe doverosa un'attestazione di riconoscenza nei confronti di tutti coloro che hanno operato, con il pensiero e con l'azione, all'elaborazione e all'attuazione del messaggio della Casa di Carità Arti e Mestieri. Nel testo ci si è limitati a ricordare solo i fondatori, altrimenti la parte storica avrebbe dovuto avere più ampio respiro. 6 - Dediche A tutti gli artefici dell'Opera è dedicato questo libro. E non solo a quelli del passato, ma anche agli operatori attuali, che con la loro dedizione, e sovente abnegazione, portano avanti il cammino educativo, nel disimpegno quotidiano di delicate responsabilità, quali quelle di votarsi alla formazione di giovani e di lavoratori, nel contatto diretto, o in quello mediato dell'elaborazione di progetti o di adempimento di servizi. In ultimo mi sia consentita una sola dedica esplicita, perché doverosa, a mia moglie Irene, per il suo generoso coinvolgimento nel mio modesto servizio nella formazione professionale. Affido questo libro a Maria Immacolata, "protettrice e direttrice" della Casa di Carità Arti e Mestieri. "Casa di Carità" come proposta formativa 1.1 - Nozione della Casa di Carità Arti e Mestieri La Casa di Carità Arti e Mestieri è un ente di formazione professionale di proposta cattolica, o, secondo l'odierna dizione, un'agenzia formativa. Agenzia infatti è il termine attualmente impiegato per significare un ente o un'impresa che compie un determinato servizio per la collettività. Il servizio prestato nel nostro caso è la formazione professionale. La formazione professionale è un'educazione all'addestramento e al perfezionamento delle capacità tecniche e lavorative del giovane e del lavoratore, mediante corsi che li rendano idonei all'esercizio di una professione, o che conferiscano delle competenze professionali. Trattandosi di un servizio educativo, e non solo di un addestramento manuale o tecnologico, la formazione professionale incide sulla persona. Conseguentemente la proposta cattolica cui si ispira la Casa di Carità ha un suo spazio operativo non solo per il servizio che offre all'allievo formandolo alla professionalità, ma soprattutto per il contenuto della azione formativa impartita, che si ispira al Vangelo in ordine alla concezione della professionalità, del lavoro, dell'educazione e della persona umana. 1.2 - La denominazione compendia la natura dell'Opera La natura e le finalità dell'Opera sono compendiate nella stessa denominazione: Casa di Carità Arti e Mestieri. Come sarà più ampiamente illustrato in seguito, questa denominazione non è scaturita dalla proposta di qualche esperto, né è la risultante di un gruppo di lavoro, ma compare nel diario spirituale di fra Leopoldo Maria Musso, un frate francescano laico, di professione cuoco, che non si era mai occupato di istruzione, né di addestramento al lavoro ( § 2.5.1 ). In data 24 novembre 1919 nel suddetto diario troviamo questa frase, dal frate attribuita a Gesù Crocifisso: "Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità, per insegnare ai giovani Arti e Mestieri". Il riferimento alle arti e mestieri è l'indicazione specifica del tipo di insegnamento che deve essere impartito, per cui si tratta di una scuola non in senso generico, ma che deve mirare a rendere abile l'allievo all'esercizio di un'arte o di una professione, sia conferendogli le capacità tecniche e lavorative, sia ponendolo nella situazione concreta di poterle esercitare, cioè in una ragionevole prospettiva di sbocco occupazionale. Ma l'ente che conferisce tale formazione è denominato Casa di Carità, con riguardo a due concetti, "casa" e "carità", la cui portata è densa di significati e di applicazioni. 1.3 - Casa "Casa" richiama famiglia e comunità, cioè un ambiente fortemente umanizzato in cui la caratteristica dell'essere insieme è costituita dal rapporto umano, prima e al di là di ogni altra relazione ( di insegnamento, di scambio, di produzione, di convenienza, anche di mutua assistenza ). I rapporti che caratterizzano un ambiente che si ispira alla famiglia sono quelli della paternità, della filiazione, della fraternità: con riferimento all'ambiente scolastico - formativo, il rapporto insegnante - allievo va di conseguenza ispirato a tali relazioni, senza peraltro far venir meno le necessarie esigenze gerarchiche proprie di un ambiente scolastico - lavorativo, peraltro implicite nello stesso rapporto di paternità. In questa atmosfera l'allievo è soggetto, e non oggetto, del processo formativo. In sintesi, si ha un ambiente familiare per un cammino condiviso dell'allievo e del formatore. 1.4 - Carità "Carità" richiama essenzialmente amore di Dio e del prossimo, con esplicito riguardo alla virtù teologale. Vedremo come su questa parola "carità" si sia verificata sin dai primi tempi dell'Opera una situazione di crisi, poiché non tutti ne avevano colto l'autentico significato, circoscrivendolo a quello di elemosina. Occorre pertanto approfondirne la nozione. 1.4.1 - Gratuità e beneficenza Peraltro anche sotto il profilo dell'elemosina, il concetto di carità riveste pur sempre un valore profondo a significare che: a) Di regola la formazione viene conferita gratuitamente nella Casa di Carità, nei confronti di tutti i giovani e i lavoratori che non avrebbero diversamente agio e possibilità di frequentare corsi professionali. b) La Casa di Carità deve sempre basarsi sulla beneficenza, pubblica e privata, per coinvolgere le comunità civile ed ecclesiale nella sua missione di elevare i lavoratori, anche come concreta attestazione della fiducia nella Provvidenza. In altri termini, non deve mai cessare di chiedere la carità. 1.4.2 - L'amore di Cristo. Solidarietà e formazione L'approfondimento del concetto di "carità", anche attraverso le sollecitazioni da parte della Gerarchia ecclesiastica ( si pensi solo al recente Convegno della Chiesa Italiana svoltosi a Palermo nel novembre 1995, il cui tema è stato "Il Vangelo della Carità per una nuova società in Italia", ha notevolmente illuminato e chiarito la validità e il carattere profetico dell'inserimento di tale termine nella denominazione dell'Opera. La parola "carità", riferita alla formazione per il lavoro, è diretto richiamo a Gesù, al suo insegnamento e alla sua persona. Una scuola, che è "casa", di carattere professionale, poiché rivolta alle "arti e mestieri", viene ad essere animata dalla carità, cioè dall'amore di Cristo, perché: a) Aiuta i giovani e i lavoratori, conferendo loro una professionalità o competenze professionali, elevandoli pertanto nella loro personalità, consentendo loro di trovare un'occupazione e di conseguire un'autonomia economica, con tutti i benefici effetti che ciò comporta anche sul piano economico, politico e sociale. b) Li educa cristianamente mediante un mestiere. È questa una delle caratteristiche più specifiche e singolari dell'Opera, direttamente dedotta dalla denominazione "Casa di Carità", e comporta annuncio del Vangelo insegnando il lavoro, il che significa che il lavoro, alla luce di Gesù il Crocifisso Risorto, è strumento anche di cultura e di catechesi. Così si esprime il ven. fr. Teodoreto f.s.c., l'apostolo dell'opera ( § 2.5.2 ), a questo riguardo: "Essa scuola deve dare non solo una formazione cristiana alla gioventù operaia, ma deve liberare per tale mezzo ogni cuore umano dalla schiavitù della materia, mediante la santificazione del lavoro". Questi concetti saranno ripresi e approfonditi nel capitolo 3°, con riguardo alle modalità, anche di ordine didattico, con cui annunciare il Vangelo mediante il lavoro. Qui ci limitiamo per ora, su questo punto focale della proposta formativa della Casa di Carità, ad affermare come il lavoro non può essere relegato a semplice mezzo di produzione, ma è altresì strumento di espressione personale, occasione di solidarietà e di fraternità, imitazione della potenza creatrice di Dio. "Senza Gesù il mestiere non ritrova compiutamente il suo complesso senso umano e tanto meno quello divino", ha scritto uno dei discepoli di fr. Teodoreto, acutamente cogliendone gli insegnamenti sulla Casa di Carità. 1.4.3 - Annuncio della carità di Cristo in ogni situazione c) Su un piano più generale, la Casa di Carità è un messaggio per i nostri giorni. Infatti "il tempo storico nel quale viviamo è povero e aridissimo in fatto di carità; esso fa grande uso dell' "eros ( come l'intendeva Schopenhauer ) e ben poco dell'agape; in questo modo non riesce ad afferrare il segreto di una comunione che desidera e in cui intuisce consistere ogni possibilità di società gioiosa". Il messaggio della nostra scuola, riferendo l'animazione del lavoro e del suo apprendimento alla carità, si innesta in questa spinta verso l'agape, dando il proprio contributo affinché il mondo possa soddisfare la sua aspettativa di carità. "La carità della quale Gesù è sorgente non ha ne misura ne parola, né qualità umana. È la manifestazione di Dio fatto uomo, il che lo colloca nel mistero della libertà e nel crogiuolo della generosità, dove non solo non giungono più i giudizi, ma neanche i più nobili palpiti del più fine sentimento terreno". Appare da questa riflessione che - la Casa di Carità realizza la pienezza della sua missione su un plano soprannaturale, e pertanto tale piano va costantemente tenuto presente nell'opera formativa; peraltro i limiti insiti nelle attività umane, nonché la varietà delle situazioni concrete possono comportare gradualità di proposte e adattamenti ai singoli interlocutori ed allievi. Per chiarezza si pensi al caso limite dei corsi per allievi di altre religioni, come gli islamici, nei cui riguardi peraltro un'operatività nel senso della carità è pur sempre valida, ma ovviamente va adattata all'aspettativa ed alla recettività del destinatario. In questo caso specifico la nostra proposta potrà essere espressa nel rispetto disinteressato della libertà di coscienza, a imitazione di quanto operava Madre Teresa di Calcutta verso i derelitti indiani. 1.4.4 - Incontro tra carità e cultura Altro aspetto di tale messaggio per il nostro tempo è una proposta per il superamento della separazione tra fede e cultura, il che costituisce una delle criticità, anzi il dramma della nostra epoca, come più volte denunciato dal Magistero, e in particolare da Paolo VI e Giovanni Paolo II. Se la distinzione tra fede e cultura, cioè tra la rivelazione cristiana e le scienze umane o, per dirla nei termini dell'enciclica "Fides et ratio", tra fede e filosofia, è un' esigenza di chiarezza, con rilevanza ad un tempo religiosa e umana, viceversa la separazione tra questi due versanti, o addirittura l'opposizione, è posizione critica e nociva. La Casa di Carità da il contributo al superamento di tale separazione così nefasta del nostro tempo, additando con la sua testimonianza come le arti e i mestieri, cioè la scienza e la tecnica, se si pongono in opposizione alla carità, risultano apportatrici di egoismo e di morte, come è ampiamente attestato dai tristi fenomeni di sfruttamento, oppressione, belligeranza, razzismo e simili, che traggono la loro forza, se non proprio la loro motivazione, dal distacco e dall'indifferenza al bene degli altri e alla solidarietà, cioè in definitiva alla carità. 1.5 - Arti e Mestieri Il riferimento della carità alle arti e ai mestieri attesta che il servizio educativo della Casa di Carità è di formazione professionale, come già detto sopra al paragrafo 1.1. Qui intendiamo ulteriormente sviluppare l'aspetto culturale della formazione professionale. Questa infatti non è semplicemente un'iniziazione ad esercitare un determinato lavoro col solo apprendimento dell'uso di una macchina, o dell'esercizio di determinate funzioni. Chi entra in bottega ad imparare a lavorare imitando quelli che sono già abili, senza dubbio apprende un lavoro, ma non fa formazione professionale. E questo perché, come risulta dalla definizione che abbiamo esposto, la formazione è essenzialmente un'educazione, pertanto un'attività che opera sulla persona in quanto tale e non solo sulle facoltà manuali e sulla competenza tecnologica. Infatti apprendere un lavoro è indubbiamente acquisire non solo abilità, ma anche nuove conoscenze e nuovi abiti di vita, requisiti questi che incidono in modo del tutto specifico sull'intelligenza e sulla volontà, cioè sulla parte spirituale della persona. 1.5.1 - Formazione e apprendistato In certa misura la suddetta situazione si verifica anche in chi si limita a fare dell'apprendistato, perché impara pur qualcosa, e indubbiamente in tal modo accresce le sue cognizioni e modifica il suo comportamento. Ma nel semplice apprendistato questi aspetti intellettivi e comportamentali non necessariamente vengono sottolineati e sviluppati per farne un elemento di crescita personale, e pertanto di educazione, il che viceversa avviene nella formazione professionale. La formazione professionale valorizza tale apprendimento ed addestramento, per farne un elemento specifico di crescita culturale, tanto che si parla di "cultura del lavoro" o del "lavoro come forma di cultura". Perché queste espressioni non si limitino a degli slogan privi di contenuto, occorre che ci soffermiamo un momento su di esse. 1.5.2 - Cultura del lavoro Per cultura s'intende il "complesso di cognizioni, tradizioni, provvedimenti tecnici, tipi di comportamento e simili, trasmessi e usati sistematicamente, caratteristico di un dato gruppo sociale, o di un popolo, o di un gruppo di popoli, o dell'intera umanità". Si noterà che nella definizione vengono riportati, tra ciò che concorre a costituire tale insieme di dati culturali, anche i provvedimenti tecnici, che riguardano appunto il lavoro. Pertanto, diversamente da quanto si può essere indotti a pensare istintivamente, che la cultura riguardi solo cognizioni teoriche, sicché di persona colta si dice che è persona di profonda cultura, a rigore la cultura riguarda anche altro: i procedimenti tecnici appunto, oltre agli altri vari elementi della definizione sui quali non ci soffermiamo. Si comprenderà allora perché il lavoro, cioè il complesso di procedimenti tecnici attuati dall'uomo - operaio, lavoratore o imprenditore - per realizzare una determinata opera o servizio, concorre a fare cultura, e può essere una data forma di cultura. Occorre solo che il lavoro sia analizzato e studiato nelle sue varie componenti, cioè operatori, materie prime, macchinari, procedure operative, prodotti e simili ( analoghe indicazioni possono essere date per i lavori che consistono in servizi ) e, più in generale, sulle sue ripercussioni sul piano politico, sociale, familiare e personale, per farne un vero e proprio elemento culturale, quindi una materia di studio e di apprendimento. Sul lavoro si basa la formazione professionale, in un'impostazione e una prospettiva incentrata sull'apprendimento. Cosa vuoi dire ciò? È evidente, dai semplici cenni sopra esposti, come il lavoro possa costituire materia di studio ad ogni livello, anche universitario, e pertanto su basi rigorosamente dottrinali. Nella formazione professionale, la base è costituita dall'approccio pratico ed operativo ai procedimenti tecnologici, perché l'addestramento al lavoro resta pur sempre l'elemento ineludibile. Ma per tutto quello che abbiamo detto sulla rilevanza culturale del lavoro, non può mancare anche l'approccio teorico, sebbene questo avvenga prevalentemente con riguardo alle procedure operative ( e non per via di astrazioni, come si avrebbe privilegiando le nozioni teoriche e le regole ). Per sintetizzare in modo semplice e intuitivo, evidenziamo la differenza dell'approccio culturale della formazione professionale rispetto alla scuola propriamente detta. Mentre in quest'ultima i dati culturali di base sono quelli ricavati dalle varie discipline ( italiano, matematica, storia, scienze ecc … ), nella formazione professionale gli elementi culturali sono costituiti dai procedimenti tecnici del lavoro, anche se supportati, integrati ed esplicitati dalle nozioni tecnico - scientifiche e in parte anche dalle materie "culturali" in senso tradizionale. Non è infatti possibile oggi offrire competenze professionali senza un discreto bagaglio di cultura generale. Se il lavoro può costituire una forma di cultura con cognizioni specifiche e rilevanza sul comportamento, appare evidente come la formazione professionale incida direttamente sulla persona e costituisca una forma di educazione, come abbiamo già sopra notato. E poiché l'educazione riguarda tutto l'uomo, non solo la sua abilità tecnica, ma anche il suo cuore e la sua mente, per essere completa non può prescindere dall'aspetto morale e religioso, come già osservato in merito al concetto di carità ( § 1.4.2 ). Ma ecco anche a questo riguardo la particolarità della formazione professionale. Il messaggio del Vangelo viene proposto essenzialmente attraverso l'insegnamento del lavoro. È una visuale molto importante e particolarmente indicata per la nostra epoca così secolarizzata, cioè caratterizzata dalla separazione della fede rispetto alla cultura, cioè in altri termini dal fatto che la nostra società in sue varie manifestazioni non è più permeata dal Vangelo. Questi concetti sono stati già esposti con riguardo alla tematica della carità sul piano umano generale ( § 1.4.3 ). Il riproporli con riferimento alla cultura del lavoro attesta il legame intrinseco tra i concetti di lavoro, formazione professionale, cultura, annuncio evangelico e carità: da ciò deriva l'eccellenza della formazione professionale come missione educativa. 1.6 - Salvare le anime, e formare nuove generazioni Se attraverso il titolo emerge in modo chiaro ed esaustivo la natura della Casa di Carità, la sua finalità appare ancora più evidente considerando il messaggio iniziale con cui essa è stata rivelata, che così inizia: "Per salvare le anime, per formare nuove generazioni" ( § 1.2 ). Le due suddette proposizioni, ad un esame rigoroso, esprimono distinte sfumature del concetto di base. Esaminando la seconda, "formare nuove generazioni", appare come una delle finalità dell'Opera sia quella essenzialmente di operare sui giovani, offrendo loro una proposta educativa, morale e sociale, oltre che di formazione professionale. Sotto questo aspetto i destinatari sono prevalentemente i giovani, e tale finalità è confermata, tra l'altro, dal detto del diario di fra Leopoldo del 9 ottobre 1920, in cui si parla di "Scuole di Arti e Mestieri modellate su quelle di Torino per la riforma del mondo, cominciando dalla gioventù, educandola cristianamente". Con riguardo alla prima espressione, "salvare le anime", si tratta di un messaggio squisitamente spirituale e religioso, ed è rivolto a tutti senza differenza di età, di sesso, di razza e di credo religioso. Ci siamo soffermati sopra sulla rilevanza religiosa della proposta della Casa di Carità e sul metodo con cui accostare gli allievi di altre fedi. Il dato inequivocabile è che il messaggio è rivolto a tutti ed ha una dimensione anche di carattere spirituale, concernendo la salvezza delle anime. Anche a questo riguardo abbiamo conferma in un altro detto del diario di fra Leopoldo del 23 luglio 1920, in cui, circa la necessità per la Casa di Carità di chiedere aiuti, viene riportata questa affermazione, pure attribuita a Gesù: "Non è per arricchire nessuno, ma per le anime redente con il mio preziosissimo sangue. Infine è la mia misericordia divina che vuole così. In primo luogo ricordino l'accettazione dei figli poveri". Anche senza volere troppo sottilizzare, i due distinti aspetti evidenziano le ampie finalità dell'Opera. Peraltro, sotto altra visuale, le proposizioni "salvare le anime" e "formare nuove generazioni" potrebbero considerarsi i termini di un'endiadi che significhi evangelizzazione e promozione umana. E chiaro comunque che la Casa di Carità deve rivolgersi a tutti coloro che si preparano al lavoro, o che già lavorano, con una tipologia ampia e diversificata di allievi quale è quella che attualmente la frequenta. Cenni storici 2.1 - Aspettative e intervento provvidenziale Abbiamo già riportato sopra ( § 1.2 ) una data che può essere considerata la nascita della Casa di Carità Arti e Mestieri, e precisamente il 24 novembre 1919. Potremmo anche indicare l'ora, le 21,30, poiché tutti questi dati compaiono segnati, in una pagina del Diario di fra Leopoldo, che riteniamo opportuno riportare ancora: "Lunedì, 24 novembre 1919, sera, ore 9,30. Nella santa Adorazione - Divozione al SS. Crocifisso, quando incominciai l'adorazione alla Piaga della Mano sinistra. Gesù disse: "Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità, per far imparare ai giovani Arti e Mestieri". Gesù soggiunse: "Non bisogna lesinare, si richiede qualche milione." Quanto riportiamo è storia, nel senso che: 1. Ognuno può verificare la veridicità consultando gli originali dal Diario di fra Leopoldo. Notisi che questo frate non era umanamente un dotto ( la sua sapienza gli veniva dall'amore a Gesù Crocifisso ), né si era mai occupato di scuola né di addestramento al lavoro, tanto meno di questioni sociali, poiché era un cuoco, anche se esperto nel suo lavoro e soprattutto dotato di una profondissima carica umana e spirituale: l'impatto che di lui avevano i suoi interlocutori era quello di un uomo di Dio. 2. Vi è la testimonianza dei contemporanei di fra Leopoldo che, sulla base delle ispirazioni di questo frate, si sono mobilitati per realizzare la Casa di Carità, tutte persone ragguardevoli, tra cui professionisti, docenti universitari, educatori: tra questi, in primo luogo, fr. Teodoreto, che ha sempre prestato pieno credito al francescano, sottoponendogli i suoi progetti e le sue attività apostoliche, e sappiamo che fr. Teodoreto è stato dichiarato venerabile. 3. In effetti la Casa di Carità si è realizzata partendo senza una preventiva scorta finanziaria, senza mezzi umani, ma nella fiducia nella Divina Provvidenza, che si è servita della dedizione, anzi della abnegazione e della generosità dei suoi artefici e dei suoi benefattori. Peraltro, per individuare le origini della Casa di Carità, occorre risalire prima di questa data, poiché sussisteva nell'ambiente lasalliano la viva aspettativa e il desiderio di realizzare una grande opera per l'educazione e la formazione professionale dei giovani e dei lavoratori. Tale aspettativa era marcata particolarmente in alcuni Fratelli, tra cui il ven. fr. Teodoreto. L'intendimento di istituire una scuola di formazione professionale ha avuto in tale ambito un'espressa formulazione in una delibera degli ex allievi lasalliani del 29 agosto 1919, di sostenere la scuola popolare gratuita e di carattere professionale. Il progetto però non sarebbe decollato per la scarsità degli insegnanti tecnici e per la mancanza degli ingenti mezzi finanziari occorrenti, se non fosse intervenuta l'ispirazione a fra Leopoldo. 2.2 - La questione sociale È necessario collocarsi nella situazione di quel tempo, con una rapida scorsa alla questione sociale, scoppiata in tutta la sua gravita negli anni '20, successivi alla prima grande guerra mondiale, per comprendere pienamente le motivazioni che hanno portato all'istituzione della Casa di Carità. In varie zone industriali d'Italia, ma a Torino con una particolare accentuazione, anche per le dimensioni dell'industria in questa città, si verificano gli scontri tra gli imprenditori e i prestatori d'opera, per rivendicazioni salariali, di orario e di condizioni di lavoro, sotto l'incubo della grave crisi economica conseguente alla guerra. Dagli scioperi si passa alle sommosse e purtroppo anche alle sparatorie, con spargimento di sangue fraterno. La contrapposizione di ideologie e l'odio di classe vengono alimentati da dottrine estremiste, non sempre animate da autentiche esigenze di giustizia, e talora inquinate dall'insorgere di falsi profeti. 2.3 - Contributo cattolico I cattolici si sono sentiti interpellati e chiamati in causa da tali problematiche di portata non solo epocale, ma potremmo dire esistenziale, tali cioè da condizionare la stessa sussistenza della società civile. Il loro contributo si è sviluppato in varie direzioni. Sul piano teorico e dottrinale, con il Magistero della Chiesa, segnatamente con l'enciclica Rerum Novarum risalente al 1891, ma la cui influenza negli anni che consideriamo era di piena attualità. Tale magistero è stato approfondito da autorevoli sociologi e pensatori cristiani, tra cui ci limitiamo a ricordarne due, Antonio Toniolo e don Luigi Sturzo. Sul piano pratico ed operativo si è verificata una graduale partecipazione dei cattolici alla vita sociale e politica attraverso vari enti, quali l'Opera dei Congressi, l'Azione Cattolica, ed altri sodalizi ed associazioni a livello nazionale e locale. Anche sul piano più strettamente politico si è determinata una presenza cattolica attraverso il Partito Popolare. Ma ciò che preme più sottolineare sono le opere di evangelizzazione e promozione umana verso i giovani e i lavoratori, sorte sin dall'ottocento, ad opera di apostoli animati dallo zelo delle anime e da un senso profetico nel cogliere i segni dei tempi e le necessità emergenti dal nuovo assetto sociale. Tra questi, con riguardo ai Santi torinesi, ci limitiamo a ricordare S. Giovanni Bosco, che attraverso gli Oratori ha anche curato l'avvio dei giovani all'esercizio di un mestiere, e San Leonardo Murialdo, per l'attività svolta verso i giovani lavoratori, nell'opera degli Artigianelli. 2.4 - I Fratelli delle Scuole Cristiane per gli operai in Piemonte Tra coloro che hanno operato in Piemonte per la formazione degli operai vanno però ricordati anche i Fratelli delle Scuole Cristiane, chiamati a Torino nel 1829 per la strutturazione e l'esercizio dell'insegnamento elementare. Sin d'allora i Fratelli istituirono corsi professionali serali e festivi per operai, non solo per impartire l'istruzione elementare, ma altresì per ravviamento all'esercizio di una professione. I Fratelli pertanto sono tra i precursori della formazione professionale in Italia, anche se tale loro attività non è sufficientemente nota e passa inosservata. I corsi istituiti dai Fratelli si svolsero non solo a Torino, ma anche a Pinerolo, Susa, Vercelli, Vigevano ed Acqui. 2.4.1 - La Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane I Fratelli delle Scuole Cristiane sono una Congregazione religiosa fondata in Francia nel 1680 da S. Giovanni Battista de La Salle, per l'istruzione dei giovani, e diffusa in tutto il mondo. A questo Istituto è appartenuto il ven. fr. Teodoreto, fondatore dell'Unione Catechisti e promotore della Casa di Carità. I Fratelli delle Scuole Cristiane, con i Catechisti, sono i soci fondatori della Casa di Carità nella struttura giuridica attuale, come sarà detto in seguito ( § 2.6 ). I Fratelli hanno operato per istituire alcune sedi della Casa di Carità: in Piemonte a Grugliasco ( TO ) presso il Centro Ricreativo Pinifarina, a Torino presso l'Istituto Arti e Mestieri e a Giaveno ( TO ), per un periodo limitato; in Veneto a Romano d'Ezzelino ( VI ) e in Sardegna ad Olzai ( NU ) presso l'Istituto Mesina. 2.4.2 - S. G. B. de La Salle S. Giovanni Battista de La Salle ( Reims 1651 - Rouen 1719 ), sacerdote di nobile famiglia, è il fondatore della Congregazione religiosa dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Aprì le prime scuole nel 1682. Fondò numerose istituzioni scolastiche per i ragazzi poveri che non potevano accedere alle scuole a pagamento. Per dedicarsi totalmente alla sua missione rinunciò al suo cospicuo patrimonio per la sua Congregazione e per l'educazione cristiana dei giovani. Attento alla formazione cristiana, volle per i suoi ragazzi un insegnamento in lingua francese e non più in latino. La sua proposta formativa era semplice: condurre l'allievo dal noto all'ignoto, dal facile al difficile, dal concreto all'astratto. Agli insegnanti raccomandava di conoscere, amare, studiare l'allievo nelle sue disposizioni individuali. Tali innovazioni scolastiche furono definite rivoluzionarie per quei tempi, per cui subì forti opposizioni alle quali seppe sempre resistere con pazienza e fortezza cristiana. Attraverso l'insegnamento scolastico e professionale il de La Salle effettuava l'annuncio evangelico, la catechesi e la proposta di vita cristiana agli allievi. Con particolare riguardo agli ambiti operativi della Casa di Carità, vanno tenuti presente questi settori specifici di attività educative. Il de La Salle ha operato anche nel campo della formazione professionale, e con iniziative specifiche mirate a sollevare il gravissimo disagio economico e morale in cui versavano i giovani di Parigi e sobborghi nella crisi economica che ha contrassegnato l'ultima parte del governo di Luigi XIV, il Re Sole, alla fine del 1600 e agli inizi del 1700. Il de La Salle è stato quindi un precursore non solo in campo scolastico, ma anche in quello della formazione professionale. Tra le sue iniziative educative, vi è stata anche l'opera di redenzione e recupero dei giovani "ristretti" ( noi oggi diremmo i ragazzi della "generala" ), attività che tra l'altro gli ha procurato negli ultimi giorni di vita incomprensioni e molestie, anche dalle autorità religiose, peraltro poi chiarite e superate. 2.5 - Gli inizi della Casa di Carità Come abbiamo detto, a seguito dell'ispirazione di fra Leopoldo furono superate le perplessità e si diede inizio all'attuazione dell'Opera. Venne istituito il primo comitato per la costituzione della Casa di Carità Arti e Mestieri, composto da 12 laici, tra cui due Fratelli delle scuole cristiane ( fr. Isidoro, direttore della Comunità delle scuole di via delle Resine 14, in Torino, e il ven. fr. Teodoreto ). La prima riunione ebbe luogo il 12 gennaio 1920. Le scuole si aprirono il 18 ottobre 1920, in Torino, via S. Massimo 21 bis, nei locali del complesso di S. Pelagia, e iniziarono con due classi diurne, riguardanti complessivamente 60 allievi, e due classi serali, per 70 allievi, con un totale pertanto di 130 allievi, che costituirono la prima scolaresca della nostra Opera. I corsi ebbero il carattere di scuola professionale post-elementare, ma furono subito presi contatti con alcune aziende per instaurare laboratori nel campo della maglieria, della meccanica e della chimica. Diamo ora qualche cenno sugli artefici dell'Opera, in primo luogo fra Leopoldo M. Musso e fr. Teodoreto. 2.5.1 - Il Servo di Dio fra Leopoldo Maria Musso O.F.M. Luigi Musso, in religione fra Leopoldo Maria, nacque a Terruggia Monferrato ( AL ) il 30 gennaio 1850, e ricevette dalla famiglia un'educazione profondamente cristiana. Fin da bambino manifestò grande amore per Gesù sofferente, con particolare predilezione per l'Eucaristia e con filiale devozione alla SS. Vergine: questa pietà lo aiutò a conservare in tutta la vita l'innocenza battesimale, nonostante molti pericoli, tentazioni e prove. Frequentò appena le prime due classi elementari e quindi fu subito collocato al lavoro, che non abbandonò più e a cui rivolse tutte le sue forze, con orari estenuanti. La dedizione al lavoro, una grande sobrietà ed una vivissima pietà divennero i segni caratteristici della sua vita. Nei mistici colloqui da lui riportati nel suo Diario, viene attribuita a Gesù questa frase, che è come la sintesi del suo stile di vita: "Per tE, mio Leopoldo, ho scelto di darti il mio immenso amore, sofferenze e lavoro: questa è la via che hai da seguire". Prestando servizio presso famiglie nobili e istituti, apprese in poco tempo l'arte del cuoco, vi divenne peritissimo, e durante tutta la vita esercitò questa professione, anche quando rimasto solo, dopo la morte dei genitori, poté seguire la sua vocazione facendosi frate francescano. Il 18 gennaio 1902 vestì l'abito di S. Francesco come semplice fratello converso, e venne destinato al convento di S. Tommaso in Torino, dove rimase sino alla morte. Dovunque visse, da secolare o da religioso, si sforzò di compiere tutto l'apostolato consentito dalla sua condizione e lasciò con l'esempio, le virtù e i modi affabilissimi e distinti, una profonda impressione e un edificante ricordo. La sua vita spirituale ha per centro Gesù Crocifisso. Ancora nel secolo, sempre a quanto fra Leopoldo annota nel suo Diario, la SS. Vergine Addolorata, durante una visione, lo aveva ammonito: "Ricordati di ciò che ha sofferto mio Figlio!", e Gesù Crocifisso gli aveva detto: "Tra me e tè, in avvenire, ci sarà una grande intimità". Ma soprattutto in religione si manifestò il suo amore per Gesù Crocifisso. Nel convento di S. Tommaso dedicava parecchie ore della notte all'adorazione del Crocifisso, avendo singolari esperienze mistiche, secondo le testimonianze di molte persone d'ogni ceto e condizione, alcune particolarmente ragguardevoli, come il ven. fr. Teodoreto. Durante queste esperienze, Gesù e Maria si rivelavano con la voce, parlandogli famigliarmente. La raccolta delle parole udite e da lui annotate costituisce il suo Diario spirituale, che riempie voluminosi quaderni. Il compendio della sua spiritualità, attraverso i suddetti colloqui, confluisce nella preghiera da lui composta, la "Devozione Adorazione a Gesù Crocifisso", che iniziò a propagare e che consegnò ai Fratelli delle Scuole Cristiane per ordine di Gesù stesso, affinché la diffondessero in tutto il mondo, con i Catechisti dell'Unione. Fra Leopoldo divenne il consigliere di molte persone, appartenenti ad ogni ceto, che ricorrevano ai suoi lumi straordinari, e fra queste anche Fratel Teodoreto, che egli incoraggiò e guidò nella fondazione dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata. Patrocinò pure il sorgere di centri di formazione professionale di proposta cristiana da denominarsi, con titolo programmatico, "Casa di Carità Arti e Mestieri", ma ciò gli procurò molte incomprensioni,cui seguì un abbandono quasi generale. In tale momento di tribolazione e di amarezza, fra Leopoldo morì, il 27 gennaio 1922. L'esempio della sua vita e le sue virtù, prima conosciute nella cerchia dei suoi conoscenti, rifulsero in breve tempo. Nel mese di febbraio 1941 fu introdotta la sua causa di beatificazione. Il 27 aprile 1948 la sua salma, dal cimitero di Torino, venne traslata nella Chiesa di S. Tommaso, in Via Pietro Micca, e tumulata nella cappella di Nostra Signora del S. Cuore, dove aveva passato tante notti in adorazione e in dolci colloqui con Gesù e Maria. 2.5.2 - Il ven. fr. Teodoreto F.S.C. Fr. Teodoreto, al secolo prof. Giovanni Garberoglio, nacque a Vinchio d'Asti il 9 febbraio 1871, ed entrò nell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane l'11 ottobre 1887 sottomettendosi alla regola con straordinario fervore ed eroica fedeltà fin nelle più minute prescrizioni, tanto da divenire ben presto il modello e l'edificazione dei confratelli, con l'esempio costante di una vita di pietà e d'ininterrotta unione con Dio. Di temperamento molto sensibile, di raro buon senso ed indomita energia, si studiò di uniformare allo spirito di fede, caratteristico del suo Istituto, tutte le sue azioni ed intenzioni, in perfetta umiltà, carità ed abnegazione di sé stesso. Sempre uguale di carattere, sincero, sereno, affabile, sorridente, pieno di bontà con tutti ed in tutto, egli recava nel volto ascetico e negli occhi dolcissimi la traccia della continua presenza di Dio nella sua anima. Dedicò la maggior parte della sua attività apostolica alle scuole popolari di via delle Rosine in Torino, con annesse scuole serali gratuite, prima come insegnante e poi come direttore, con l'autorità ed il prestigio che gli venivano dal suo equilibrio interiore e dalla sua fama di santità. La fiducia dei superiori gli affidò per molti anni la direzione dei corsi di ritiro spirituale di 20 e 30 giorni per i giovani religiosi della sua Congregazione, durante i quali egli andò esplicando le sue mirabili doti di uomo di Dio e di sapiente direttore di anime. Nel 1906, nel corso del suo secondo noviziato presso la casa madre della Congregazione, concepì il proposito di attendere al perfezionamento di un'opera di perseveranza che seguisse gli alunni al termine della scuola, guidandoli alla pienezza della vita cristiana in mezzo al mondo. Conosciuto nel 1912 Fra Leopoldo Maria Musso in fama di santità e di soprannaturali rivelazioni, ebbe incoraggiamenti e consigli a proseguire in tale proposito e ne ricevette la "Devozione a Gesù Crocifisso" da diffondersi nel suo Istituto ed in tutto il mondo. Guidato da eminente spirito di fede e di umiltà e da illuminata prudenza, seppe in tal modo riconoscere i segni del Cielo istituendo l' "Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata", che diresse fino alla sua approvazione canonica in istituto religioso secolare, occupandosene poi come assessore generale fino alla morte. Ebbe pure il conforto di veder sorgere la "Casa di Carità Arti e Mestieri", fondata dai Catechisti sotto la sua assistenza, a vantaggio della gioventù operaia. Trascorse gli ultimi anni nella pratica di una angelica vita interiore e di una serena sopportazione della sofferenza, vittima di olocausto per la gioventù e per le opere che la Provvidenza gli aveva affidato, largo del suo consiglio e della sua preghiera a favore dei molti che a lui continuamente si rivolgevano. Si spense in silenzio ed in umiltà la notte del 13 maggio 1954 al collegio San Giuseppe in Torino. I funerali avvennero a spese del Comune, che successivamente gli avrebbe dedicato una via cittadina, ad attestazione della commozione e riconoscenza della città che lo invocava come un santo. Il 27 febbraio 1959 la sua bara è stata traslata dalla tomba dei Fratelli nel cimitero monumentale di Torino, nella Cappella dell'Unione Catechisti, all'ultimo piano dell'edificio che è la sede centrale della Casa di Carità. Il processo canonico è iniziato, a livello informativo diocesano, l'il gennaio 1961, e si è concluso, presso la Congregazione per le cause dei Santi, con il decreto del 3 marzo 1990, con cui il Papa riconosce l'eroicità delle virtù di fr. Teodoreto e lo dichiara venerabile. 2.5.3 - "Casa di Carità": segno di contraddizione Abbiamo delineato come è sorta la Casa di Carità Arti e Mestieri. Senonché siamo ancora ai primi albori, poiché altri eventi si sono verificati, prima che essa assumesse la sua definitiva configurazione. E in questi eventi vi furono anche delle incomprensioni sulla stessa denominazione dell'Opera, dato che proprio alcuni membri del Comitato costitutivo non intesero recepire le parole iniziali "Casa di Carità", limitando il titolo ad "Arti e Mestieri". Il termine "Carità" diveniva così segno di contraddizione, senza dubbio per una limitativa concezione del concetto, inteso solo come sinonimo di elemosina. Ma la circostanza, sotto molti aspetti dolorosa, è stata occasione perché emergesse più netta e più limpida la forza e la provvidenzialità del termine "Carità", da recepire nella pienezza del suo significato, cioè come virtù teologale, come amore di Dio, e facente parte del titolo come qualificazione dell'Opera, e non come semplice accessorio nominale. Fra Leopoldo avvertì la delicatezza della questione e fu molto amareggiato dell'esclusione della parola "Carità" dalla denominazione dell'incipiente Opera. Nei suoi scritti, tra l'altro, troviamo questa annotazione, riconducibile al maggio 1921: "O Carità, nome dolcissimo, come risuoni bene in bocca dell'umile. Eppure in quest'opera di Casa di Carità, voluta da Dio, quanta guerra ti fanno gli uomini di poca fede e poco umili. Se noi sapessimo tutte le cose del mondo e non avessimo la carità, a che gioverebbe avanti a Dio, il quale ci deve giudicare secondo le opere?" Non mancò di richiamare il Comitato ad attenersi alla formula originaria dell'ispirazione, purtroppo con il risultato che alcuni membri di questo sollevarono le loro rimostranze, facendogli vietare, a lui primo promotore dell'Opera, di ulteriormente occuparsi delle vicende di questa. Fu la dolorosissima prova suprema per fra Leopoldo, vedersi estromesso da ciò che lui aveva ispirato, ma egli la superò nel pieno abbandono e nella confidenza in Gesù Crocifisso. Peraltro il Comitato dopo qualche tempo, di fatto, si sciolse, anche per la difficoltà di attuare l'ampio e costoso progetto che nel frattempo era stato elaborato per la realizzazione del piano dell'Opera. I Fratelli delle Scuole Cristiane, da parte loro, pur a malincuore per la mutilazione della denominazione, si sentirono in dovere di continuare l'Opera, procurando di conservarne lo spirito. Diedero seguito ai corsi professionali, per vari anni nei locali di S. Pelagia in via San Massimo, finché l'accresciuto numero degli allievi impose la realizzazione di una nuova sede. Provvidero pertanto alla costruzione del grandioso edificio in C. so Trapani 25, frutto di uno sforzo finanziario notevole, sostenuto con l'aiuto della Provvidenza tramite generosi benefattori. La scuola fu denominata Istituto Arti e Mestieri, e svolse per vari anni corsi professionali, e successivamente corsi di scuola media inferiore, magistrale e di perito. Fr. Teodoreto considerò questo Istituto come uno dei frutti del messaggio di fra Leopoldo - e suo, aggiungiamo noi - relativo alla Casa di Carità Arti e Mestieri.^ 2.5.4 - La "Casa di Carità - Scuola Professionale Festiva e Serale" Il fuoco originario di questo messaggio, incentrato radicalmente sulla Carità, non era però spento, ma covava sotto la cenere. E ciò non solo per il riferimento spirituale a questa virtù teologale, che caratterizzava i corsi professionali in svolgimento prima a S. Pelagia, poi nella sede di C.so Trapani, ma per gli sviluppi che avrebbe avuto in altre provvidenziali iniziative. Nel 1925, i Catechisti dell'Unione del Crocifisso e dell'Immacolata, animati da fr. Teodoreto, aprirono una scuola festiva di formazione professionale presso la parrocchia di Nostra Signora della Pace, sempre in Torino, alla barriera di Milano, e fu denominata quasi subito "Casa di Carità". Recepito tale titolo, l'iniziativa si incrementò rapidamente, per l'alto numero di iscrizioni e per le offerte ricevute, sicché si dovette pensare ad una nuova sede. Questa fu realizzata nel 1929, nello stesso rione, in via Feletto 8, e l'edificio fu acquistato con il generoso concorso degli abitanti della zona. Il nome fu "Casa di Carità - Scuola Professionale Festiva e Serale". Nell'ottobre del 1931 la scuola serale di tipo industriale di S. Pelagia fu trasferita e unita alla suddetta scuola di via Feletto. Il germe dell'Opera, incentrato sulla Carità, poté così esplicitarsi e svilupparsi, tanto che dopo un decennio si dovette pensare ad una nuova sede, poiché la popolazione scolastica, costituita in prevalenza da operai, saliva da 370 iscritti nel '32 a 800 iscritti nel '39. A tale scopo i Catechisti acquistarono un'area, il 3 settembre 1939, sulla quale poi, dopo il secondo conflitto mondiale, sarebbe sorta l'attuale sede centrale di C.so Brin 26. Nella stessa circostanza i Catechisti adottarono il titolo intero della Opera: "Casa di Carità Arti e Mestieri". 2.5.5 - Adozione di tutto il titolo. Nuova sede Nella graduale ripresa della normalità nella vita sociale dopo il conflitto, ha Inizio la costruzione della nuova sede, e il 29 giugno 1947 fr. Teodoreto firma la pergamena per la posa della prima pietra, presente il card. Maurilio Fossati. Nel frattempo nella sede di via Feletto, in data 13 maggio 1948, si iniziano i corsi diurni teorico-pratici, per cui la Casa di Carità assume la sua configurazione di centro di formazione professionale a tempo pieno. Nell'ottobre del 1950 è inaugurata la nuova sede in corso B. Brin 26, con denominazione: "Casa di Carità Arti e Mestieri", e tutti i corsi in svolgimento in via Feletto vengono ivi trasferiti. Sotto l'aspetto giuridico, la Casa di Carità era un'attività dell'Unione Catechisti, avendola questa realizzata sotto la propria titolarità legale. Ma i tempi erano ormai maturi per un'autonomia, il che si sarebbe verificato qualche anno dopo. A questo punto occorre dare qualche cenno sull'Unione Catechisti, e su alcuni dei catechisti che si sono impegnati per la realizzazione dell'Opera. 2.5.6 - L'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata L'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata è un Istituto secolare, fondato dal ven. fr. Teodoreto nel 1913. I suoi membri, denominati Catechisti, vivono nelle loro famiglie, proponendosi una vita intensamente cristiana e impegnandosi in attività catechistiche e sociali. I Catechisti vivono nel mondo e consacrano la propria vita a Dio, alcuni praticando i consigli evangelici con i voti di castità, di povertà e di ubbidienza ( catechisti consacrati ), altri vivendo lo spirito di tali consigli, generalmente attraverso il sacramento del matrimonio ( catechisti associati ). Sono aggregati all'Unione i giovani e gli adulti che costituiscono il Movimento Adoratori di Gesù Crocifisso, e si propongono di recitare l'Adorazione e di diffonderla. Spiritualità e carisma dell'Unione sono: - la particolare devozione a Gesù Crocifisso, mediante l'Adorazione composta da fra Leopoldo; - l'apostolato catechistico, educativo e sociale, rivolto soprattutto ai giovani. Oltre che nel settore catechistico e sociale ( in quest'ultimo tramite la Casa di Carità Arti e Mestieri ), l'Unione Catechisti è impegnata nell'apostolato familiare ( Gruppi Famiglia ), nell'assistenza e nella catechesi ai più poveri e disagiati ( Messa del Povero ), nell'assistenza e catechesi ai bambini e ai giovani ( corsi catechistici in Torino, Colonia climatica Pio XII di Camanà in Perù, e Centro di Carità ad Asmara in Eritrea ), nonché nella coltivazione e nell'approfondimento della spiritualità catechistica ( Centro La Sorgente nella collina torinese ). 2.5.7 - Catechisti promotori. Rag. Cesone e dr. Tessitore È sempre imbarazzante dover fissare l'attenzione su uno o due nominativi di un gruppo impegnatesi coralmente per una determinata iniziativa, come è avvenuto per i Catechisti dell'Unione, tutti dedicatisi alla Casa di Carità. Dovendo comunque limitarci solo ad alcuni di essi, ricordiamo quelli che sono stati Presidenti dell'Unione, anche per il ruolo rivestito nell'istituzione dell'Opera, e per le responsabilità dirette che hanno assunto. Il rag. Giovanni Cesone ( Torino 1898 - S. Maurizio Can.se 28 novembre 1964 ) catechista dalla fondazione dell'Unione, ne è stato il primo Presidente. Ha costantemente operato per la realizzazione e lo sviluppo della Casa di Carità, impegnandosi strenuamente per la ricerca di benefattori e l'acquisizione di fondi. Di fiducia illimitata nella Divina Provvidenza, sapeva affrontare i momenti più difficili con serenità e fortezza d'animo, che comunicava anche agli altri. Appassionato di Gesù Crocifisso e devotissimo dell'Immacolata, frequentò assiduamente fra Leopoldo e fu uno dei più stretti e devoti discepoli di fr. Teodoreto. Il dr. Carlo Tessitore ( Orlo Can.se 4 ottobre 1902 - Torino 2 ottobre 1995 ) è stato Presidente dell'Unione Catechisti dal 1933 al 1966, e della Casa di Carità per oltre un ventennio. Particolare impegno ha profuso per la realizzazione della sede di Corso B. Brin. È stato un Catechista illuminato e zelante, un uomo di preghiera assidua e di volontà tenace e fondamentalmente buona, e si è contraddistinto per le sue doti di dirigente anche nella professione civile, nella dirigenza centrale di un Istituto di Credito. Ha operato, accanto a fr. Teodoreto, per la stesura delle Costituzioni e delle Regole dell'Unione Catechisti, illustrandone poi, in conferenze e in vari scritti, gli aspetti e le caratteristiche. È stato infaticabile nel diffondere la conoscenza dell'Unione Catechisti e della Casa di Carità, con quel suo stile e atteggiamento semplice ma dignitoso, sempre intraprendente e positivo nelle sue iniziative. 2.6 - La struttura definitiva: Associazione dei Catechisti e dei Fratelli Come abbiamo detto sopra, i tempi erano maturi perché la Casa di Carità assumesse un'autonomia sotto l'aspetto giuridico. Questo è avvenuto il 24 novembre 1969, con la costituzione in per-sona giuridica dell'Associazione Casa di Carità Arti e Mestieri. Ne sono soci fondatori l'Unione Catechisti del Crocifisso e dell'Immacolata, e la Provincia religiosa di Torino dei Fratelli delle Scuole Cristiane. La struttura associativa viene così a tradurre la confluenza degli apporti che gradualmente hanno concorso alla configurazione e alla costituzione dell'Ente di formazione professionale di proposta cattolica: dalle prime realizzazioni dei Fratelli nella tradizione pedagogico-formativa lasalliana, all'istituzione delle prime scuole "Casa di Carità" da parte dei Catechisti, il tutto come risposta al messaggio spirituale e apostolico di fra Leopoldo e fr. Teodoreto, recepito nella stessa denominazione dell'Ente. Potremmo dire che a questo punto si conclude la storia delle origini della Casa di Carità e ne inizia un'altra, quella del suo consolidamento e del suo sviluppo, quella che appunto stiamo vivendo come parti in causa, ognuno nel ruolo che gli è stato assegnato dalla Provvidenza. Prima di concludere è però opportuno un accenno ad un altro aspetto della Casa di Carità, quello delle sedi periferiche. 2.7 - Le sedi periferiche Presso il Collegio S. Giuseppe di Torino, fr. Cecilie, successore di fr. Teodoreto come assessore dell'Unione Catechisti, apre una scuola serale per operai, il 17 ottobre 1953. Analoghe scuole serali vengono aperte presso l 'Arti e Mestieri di Corso Trapani, 25 a Torino, nonché presso gli Istituti dei Fratelli a Biella e a Parma. A Giaveno ( Torino ), il 17 maggio 1962, viene inaugurata la Casa di Carità Arti e Mestieri intitolata a Luchino e Rosetta Sartorio, promotori e benefattori dell'Opera. Si svolgono per alcuni anni corsi serali per operai. A Grugliasco, nella cintura torinese, viene inaugurato il 28 giugno 1964 il "Centro Scolastico Ricreativo Pininfarina", opera della generosità di Battista Pininfarina, destinato a divenire Casa di Carità, e vi funzionerà per alcuni anni una scuola serale per operai. La finalità viene raggiunta il 1 "ottobre 1974, allorché viene aperta una sede periferica della Casa di Carità Arti e Mestieri con corsi diurni e serali. Nel 1991 viene istituita una sede della Casa di Carità a Romano d'Ezzelino ( VI ), presso l' Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Successivamente è trasferita a Bassano del Grappa, e pur tra alterne vicende, è tuttora in funzione. Nel 1993, su richiesta del Vescovo di Acqui, mons. Livio Maritano, e del Parroco di Ovada, don Giovanni Valorio, la Casa di Carità è chiamata ad aggregarsi il locale centro di formazione professionale "Oratorio Votivo", gloriosa istituzione fondata da mons. Cavanna, quale offerta votiva della popolazione durante l'ultima guerra. Qualche anno dopo, nel 1997, si è costituita una dipendenza di tale sede, presso l'Istituto San Giorgio di Novi Ligure. Nel 1995 viene assorbito l'Istituto Magda de' Lazzari di Torino, scuola di taglio e cucito, su richiesta delle Suore del Cenacolo domenicano, che in precedenza lo gestivano. Nel frattempo, nell'anno formativo 1995/96, la Casa di Carità istituisce una sede in Sardegna, ad Olzai, in provincia di Nuoro, su richiesta della locale comunità dei Fratelli delle Scuole Cristiane, e con sollecitazioni del Vescovo di Nuoro, mons. Pietro Melloni, caldeggiate dal card. Giovanni Saldarmi, arcivescovo di Torino. Tale sede viene trasferita nel 1998 a Nuoro. Su espressa richiesta del card. Saldarini, sempre nell'anno formativo 95/96, la Casa di Carità è chiamata a gestire i corsi di formazione professionale presso la Città dei Ragazzi in Torino, e tale dipendenza si occupa prevalentemente della formazione di ragazzi a rischio. Nel 1997 l'ISAP ( Istituzioni Scolastiche Addestramento Professionale ) di Ivrea, su sua richiesta, viene aggregata alla Casa di Carità, con l'assenso del Vescovo, mons. Luigi Bettazzi. Nel 1998, su varie sollecitazioni, viene istituita una sede in Susa, presso l'Istituto mons. Rosaz. In essa confluisce il personale di un centro di formazione locale che stava cessando la sua attività. Dell'iniziativa è stato interessato il vescovo, mons. Vittorio Bernardetto, che ha dato il suo compiaciuto assenso. Altra importante aggregazione è stata operata nei confronti del Centro di Formazione Professionale Piemontese, l'ente che da anni gestisce corsi di formazione professionale nelle carceri, con presenza in numerosi stabilimenti di pena in Piemonte e Valle d'Aosta. Dopo una collaborazione iniziale caratterizzata dall'ispirazione di tale centro alla proposta formativa della Casa di Carità, si è pervenuti nel '98 alla consociazione dell'Ente con la Casa di Carità, pur serbando questo l'autonomia giuridica. Da segnalare altresì un'affiliazione all'estero in Asmara ( Eritrea ), lo Charity Center, tuttora in fase di allestimento, ma nel quale sono già in svolgimento alcune attività formative nei settori agricolo e del cucito. Contatti e progettazioni sono in corso, per altre eventuali sedi all'estero. Educare formando al lavoro Abbiamo esaminato in precedenza, nel capitolo di apertura, i lineamenti salienti della proposta formativa della Casa di Carità, direttamente espressi e dedotti dalla stessa denominazione dell'Opera ed essenzialmente miranti alla formazione professionale, umana e cristiana attraverso l'insegnamento del lavoro. Dobbiamo ora riprendere questi elementi sotto l'aspetto didattico per far emergere le modalità di metodo più indicate per conseguire l'obiettivo di formare i giovani e i lavoratori che seguono i nostri corsi. 3.1 - Formazione professionale per apprendere competenze professionali Questo punto è basilare per tracciare la fisionomia della Casa di Carità e della sua proposta formativa, poiché attiene proprio alla natura del servizio impartito: formare gli allievi ad un lavoro. Esso costituisce l'aspetto materiale - nel senso di elemento primo e sostanziale - della nostra attività. Su tale elemento si innesta il progetto educativo specifico del nostro Ente, che rappresenta il termine formale, ossia il carisma spirituale che lo anima e qualifica. La trattazione dell'aspetto materiale della formazione professionale dovrebbe riguardare tutte le sue componenti, dai settori di addestramento tecnico-professionale alle competenze di base ( cioè ai percorsi culturali e operativi generali, connessi alle varie attività lavorative ), dalla metodologia di apprendimento agli strumenti tecnologici impiegati, dai sistemi di valutazione a quelli di certificazione, dall'equipe dei formatori ai collegamenti con l'esterno, e così via. Non è questa la sede per tale esame, dato che esso dovrebbe comprendere le varie nozioni della formazione professionale, per cui ci limitiamo solo a pochi cenni introduttivi sui percorsi formativi, che d'altra parte ogni formatore, per la stessa sua qualifica di docente, teorico o pratico, già conosce. In precedenza ci siamo intrattenuti sulla definizione di formazione professionale ( § 1.1 ), abbiamo evidenziato alcune sue caratteristiche, come l'aspetto educativo e culturale, che la distinguono dall'apprendistato ( § 1.5.1 ), e ci siamo soffermati sulla sua rilevanza culturale, con una specifica articolazione sulla cultura del lavoro ( § 1.5.2 ) Approfondendo il discorso sotto l'aspetto più strettamente tecnico, la formazione professionale è costituita da processi e funzioni lavorative, concernenti un dato mestiere, un' arte, una professione, un settore merceologico o industriale. Tali processi riguardano l'addestramento personale, per l'apprendimento della manualità e dell'abilità, nonché le nozioni conoscitive del percorso lavorativo, degli strumenti di produzione, e del prodotto o dei servizi realizzati. Ma essi concernono, altresì, l'operazione di gruppo, per i necessari collegamenti, le relazioni e le comunicazioni. Con riguardo al taglio conoscitivo, e non solo operativo dell'apprendimento, rileviamo ancora come esso sia qualificante della stessa nozione di formazione professionale, non solo, ma si rende di tanto più necessario per consentire la flessibilità della professionalità che si deve conferire all'allievo, flessibilità che consente il miglioramento e la trasferibilità di tale professionalità in specifici ambiti artigianali, industriali o di servizi. Ciò è conseguente alla variabilità delle attività produttive, commerciali e terziarie, sempre più proiettate all'automazione, come caratteristica del nostro tempo, e ancor più dei tempi futuri. Stante questa situazione di fatto per lo sviluppo tecnologico, informatico, commerciale e di globalizzazione, appare chiaro come l'obiettivo della professionalità debba essere inquadrato nello scenario più ampio delle competenze professionali, scenario peraltro che va costantemente verificato e arricchito in un continuo aggiornamento. È un traguardo non facile, ma certamente suggestivo, che richiede da parte degli insegnanti una ricerca e una sperimentazione senza sosta. La strutturazione del processo formativo si pone con modalità proprie a seconda dello specifico settore professionale. Ad ogni modo una traccia base da tenere presente è quella che incentra l'apprendimento su base operativa, con la metodologia del "problema da risolvere", che passa attraverso varie fasi quali, di massima: 1. l'accertamento della situazione di fatto; 2. il programma progettuale degli interventi; 3. il compimento dell'opera o del servizio; 4. il controllo e l'eventuale modifica. Le suddette fasi vanno inquadrate in un processo formativo che ha come premessa l'enunciato di un principio o di una procedura operativa da fare apprendere, e come conclusione l'acquisizione da parte dell'allievo della conoscenza e della capacità di esecuzione del principio o della procedura. Altro momento importante e caratterizzante del processo formativo è lo stage operativo in ambienti esterni di lavoro, a conoscenze e capacità acquisite, per l'impatto di verifica e di esecuzione nel luogo effettivo di lavoro. Vi sono altri aspetti qualificanti che ci limitiamo a indicare non potendo, come già detto, ulteriormente soffermarci su questioni tecniche che richiederebbero una trattazione adeguata di più ampio respiro, da sviluppare nelle sedi idonee. Tali tematiche in sintesi sono: a) Un sistema di orientamento, per la scelta del percorso formativo, in base alle richieste del contesto lavorativo e alle attitudini ed aspirazioni dell'allievo. b) Le aree di conoscenze teoriche, pur nel taglio operativo proprio della formazione professionale, incentrate sulla cultura e sull'etica del lavoro ( con tutte le implicazioni organizzative, sociali, politiche, storiche, di sicurezza, di qualità ecc … ), sulle nozioni logico-matematiche, scientifiche e sulle nozioni linguistiche. È questo l'ambito nel quale la proposta formativa della Casa di Carità, con le sue componenti spirituali e religiose, può avere sistematica esposizione, al di là dell'annuncio evangelico intrinseco ad un particolare modo di erogare la formazione professionale, come sarà detto in seguito. c) Le aree delle competenze comuni all'attività lavorativa in genere, o competenze trasversali ( con riferimento, ad esempio, all'abilità come dote personale, alle fasi proprie di ogni progetto, alle relazioni con gli altri, ecc … ). d) I moduli di sostegno e quelli di approfondimento, a seconda delle qualità specifiche dei singoli allievi, di particolari obiettivi da raggiungere. e) Il sistema di valutazione e di certificazione delle competenze, allo scopo di tenere sempre sotto controllo l'effettiva recezione da parte degli allievi della formazione erogata con tutte le applicazioni e gli adempimenti che ciò comporta, perché il controllo sia attendibile e non solo dovuto ad impressioni. 3.2 - Formazione professionale e sbocchi occupazionali A rigore questo aspetto della formazione potrebbe essere un altro punto di quelli enunciati al paragrafo precedente, quale caratteristica qualificante. Se lo evidenziamo a parte, è per sottolinearne l'importanza e l'indefettibilità. Una formazione che non conduca all'esercizio effettivo di una attività lavorativa, non è autentica formazione, e ciò non solo per il riflesso negativo che porta sul giovane allievo, ma altresì per la ripercussione deleteria sul piano economico e sociale. Basti pensare che non c'è programmazione di sviluppo che non consideri ( o per lo meno menzioni ) tra i fattori di crescita la formazione professionale. Ma se a questa non seguono i risultati preventivati, può significare che in effetti la formazione erogata non era quella occorrente, o comunque che non è stata sufficientemente valida ( a parte le vicissitudini congiunturali o gli imprevisti, che possono alterare piani e progetti oculati ). Per questo la formazione professionale necessita di uno stretto collegamento con il fabbisogno del contesto territoriale, attraverso contatti con il mondo del lavoro (le singole imprese, gli istituti di promozione economica e di ricerca, i sindacati ), oltre che, naturalmente, con gli Enti pubblici territoriali, segnatamente le Regioni, competenti in materia in via istituzionale, le Province e i Comuni. Per sbocchi occupazionali non s'intende solo l'assunzione in imprese con rapporto di lavoro subordinato, anche se questo è, generalmente, il canale consueto e di naturale accesso. Vi è anche l'attività in proprio, o in associazione con altri, magari in équipes scaturite da corsi di formazione. La ricerca del lavoro, o la promozione di esso, è un altro dei settori in cui il Centro di formazione si vede coinvolto, e che costituisce un mezzo efficace per continuare a mantenere i contatti con gli allievi, nell'esercizio di quella promozione umana che non si esaurisce nel periodo formativo 3.3 - Formazione professionale ed educazione alla vita La formazione professionale animata dalla carità, oltre a conferire e valorizzare le competenze professionali, ed essere mirata agli sbocchi occupazionali, è scuola di educazione di vita e di elevazione dello spirito. 3.3.1 - Superamento del lavoro come alienazione Poiché, come abbiamo più volte sottolineato, la formazione professionale incide sulla persona, e non solo sulle sue capacità lavorative, essa è altresì una scuola di educazione, e in un modo specifico, peculiare e tutto suo proprio. Come noto, è in atto un movimento di liberazione del lavoro, e perciò del lavoratore, dalle forme di oppressione, di insicurezza e talora di alienazione. Ciò implica che il lavoro debba concorrere ad elevare il lavoratore, indipendentemente dalla natura e dalle caratteristiche dell'impegno e della fatica che esso richiede. Le modalità dell'esecuzione del lavoro tendono a eliminare, o per lo meno a circoscrivere, non solo le condizioni di criticità per la sicurezza e per l'incolumità fisica, ma anche quelle incidenti sulla dignità e sul decoro della persona, e se determinate forme di avvilimento del lavoratore, strettamente connesse alla durezza e alla penosità di certe attività, purtroppo non sono del tutto superate, è tuttavia incontestabile come la cultura del lavoro, su scala nazionale ed internazionale, tenda a strutturare un'organizzazione del lavoro che salvaguardi la dignità del lavoratore. Tutto ciò si riflette sulla sua persona e pertanto sul suo modo di vivere e sul suo atteggiamento. La formazione professionale deve quindi riguardare anche la buona educazione del giovane e del lavoratore, nel senso di buona creanza e di comportamento corretto e urbano nei rapporti sociali. Dovremmo auspicare che sia definitivamente superato il tempo in cui per apostrofare la maleducazione o la poca urbanità e delicatezza di qualcuno, si usi come epiteto dispregiativo la denominazione di un dato mestiere, comportante una certa durezza o un qualche disagio, come ad esempio carrettiere. 3.3.2 - Il lavoro scuola di vita Ora perché questa inversione di tendenza, che sotto certi aspetti è un'autentica rivoluzione culturale, si verifichi, occorre che proprio il lavoro sia considerato come scuola di vita, e pertanto anche di buone creanze. È sufficiente porre mente alle caratteristiche del lavoro, cioè all'applicazione che esso comporta, all'attenzione che richiede, alla particolare esperienza e maestria necessarie per il suo svolgimento, alla creatività ad esso connessa, alla genialità e all'innovazione occorrenti per il suo miglioramento, alla precisione, alla costanza ed alla pazienza indispensabili in molte circostanze, all'inconciliabilità con esso della pigrizia, dell'inerzia e dell'indolenza, limitandoci solo ad alcuni requisiti, per evidenziare come il lavoro costituisca, o per lo meno possa costituire, un'autentica palestra per la formazione del carattere e perciò del modo di comportarsi del lavoratore. In questi paragrafi intendiamo essenzialmente soffermarci sul comportamento corretto e urbano nei rapporti sociali, cioè in definitiva sulla buona educazione. 3.3.3 - Formazione alla buona educazione L'interessamento dell'insegnante e, in genere, di tutto il personale di un centro di formazione, per l' educazione degli allievi risponde essenzialmente, come detto sopra, all'esigenza della crescita umana e spirituale di questi. Non si tratta pertanto di volere affermare principi di comportamento solo per l'esigenza e il decoro dell'ambiente: anche per questo, ma sempre in vista della crescita e dell'elevazione dell'allievo. Va pertanto subito eliminato un possibile equivoco, ossia che l'invito al giovane, e all'occorrenza anche all'adulto, a comportarsi in un certo modo, sia una sorta di imposizione e di interferenza nella sua libertà: è questo pregiudizio che in genere costituisce la remora e l'ostacolo per riprendere i giovani nei loro comportamenti inurbani. Si tratta viceversa di aiutarli a perfezionarsi proprio in considerazione dell'alta stima, anzi dell'amore nutrito nei loro confronti, ed in vista di uno sviluppo più pieno e completo della loro libertà. 3.3.4 - Missione formativa dell'insegnante Che un insegnante, oltre che maestro di dottrina e di professionalità, debba essere anche maestro di vita, è un auspicio radicato nei principi educativi dell'umanità, ed elevato a finalità apostolica dal cristianesimo che, ponendo in Gesù l'unico Maestro ( Mt 23,8 ) innesta ogni forma di educazione e di formazione nella sua luce e nella sua azione. Il secolare proverbio: "Si deve imparare non per la scuola, ma per la vita", ha certamente come presupposto che l'insegnante sia soprattutto maestro di vita. Ciò comporta che egli, docente teorico o istruttore, sia partecipe non solo delle aspettative professionali dell'allievo, ma altresì delle sue aspirazioni di vita, pertanto che lo conosca, che sia coinvolto nei suoi problemi - naturalmente nel rispetto della debita discrezione verso ogni persona - lo aiuti nelle necessità, gli sia di supporto nelle difficoltà, lo assecondi nei suoi progetti. Divenire confidente e compagno di viaggio dell'allievo è l'obiettivo ideale cui tendere per un percorso formativo ispirato alla solidarietà, tenendo presente che l'insegnante, proprio per il bagaglio e la competenza dottrinale e professionale che lo contraddistingue, è soggetto privilegiato per incidere in profondità sull'allievo, per essere un sostegno sicuro, un riferimento ineludibile, un modello luminoso. Le tematiche del nostro Istituto, incentrate sui concetti di casa, cioè di famiglia, e di carità, cioè di amore di Dio, come abbiamo più volte sottolineato, dovrebbero non solo facilitare, ma animare questa prospettiva. In questa luce il discorso sull'educazione, intesa come buona creanza di comportamento, viene ad essere non solo valorizzato, ma in qualche modo superato dall'attenzione e dalla premura per l'allievo, inteso come figlio spirituale da elevare nella mente e nel cuore, per introdurlo nella vita con sicurezze sul piano psicologico e morale. È una missione per la quale ogni insegnante non può non sentirsi profondamente affascinato. 3.3.5 - Educare i "figli di Dio", secondo S. G. B. de La Salle Concludiamo queste considerazioni richiamando alla nostra attenzione una motivazione di fondo che ci deve guidare nella formazione del giovane alla sua educazione, cioè l'alta stima di lui come persona. Torna opportuna qui la citazione della denominazione che S. Giovanni Battista de La Salle usava per indicare i suoi allievi: "i figli di Dio". Se questa espressione, in senso generale, è consueta per significare il rapporto di figliolanza di ogni uomo rispetto al Padre che è nei cieli, è indubbio che in un contesto riferito ai giovani da educare, quale è quello appunto in cui compare la suddetta dicitura negli scritti del de La Salle, assume una lucentezza e una valenza tutta particolare, intesa a far emergere la grande dignità di ogni allievo, e la delicatezza e l'importanza della missione educativa affidata ai formatori, come direttamente proveniente da Dio, e afferente i suoi figli. Ecco un breve saggio di come il de La Salle esortava i suoi Fratelli nella missione educativa: "La prima cosa che dovete ai vostri alunni è l'edificazione e il buon esempio. Siete stati sempre virtuosi dinanzi ad essi, coll'intento di edificarli? Avete pensato che dovete essere i modelli viventi di quelle virtù che chiedete loro di praticare? Durante tutto l'anno siete stati buoni insegnanti?". 3.4 - Formazione professionale e formazione dello spirito Per conseguire l'obiettivo della formazione spirituale dei nostri allievi attraverso il conferimento della formazione professionale, la linea di orientamento ci viene di nuovo offerta, e in modo del tutto particolare, dalla denominazione dell'Opera, che ne è anche il programma, cioè l'animazione dell'apprendimento del lavoro mediante il Vangelo della carità. Si tratta di una proposta di conversione inferiore per una vita cristiana, caratterizzata dall'innesto in Gesù, vita dell'anima, che dovrebbe scaturire spontanea e intrinseca nello stesso insegnamento e addestramento al lavoro, condotti in modo tale da costituire un'autentica formazione. A ciò concorrono l'ambiente della Casa di Carità, il corpo docenti, anzi il complesso del personale, la comunità degli allievi, se in essi scaturisce la coscienza di appartenere ad un'opera cristiana, le proposte religiose esplicite, come la S. Messa celebrata nell'istituto, le lezioni di religione, i momenti di preghiera e di attività religiosa, le conferenze. È chiaro però che tutti questi elementi devono apparire agli allievi come naturale innesto nell'attività di formazione professionale, e non come momenti estrinseci e staccati, per quanto eccellenti e insostituibili. Ritorniamo al punto focale, ad un tempo di partenza e di arrivo della proposta formativa della Casa di Carità, cioè l'annuncio evangelico insegnando il lavoro. In tale orientamento le singole discipline mantengono la loro autonomia e la loro "laicità". Imparare come far funzionare una fresa, o come operare al computer, restano pur sempre procedimenti tecnici compiuti in se stessi, al di là della fede e delle ideologie. Ma è altrettanto pacifico che un conto è fare apprendere una tecnologia, o una data disciplina, prescindendo da un riferimento trascendente, come se Dio non esistesse, un altro conto è collocarsi nell'addestramento al lavoro e nello studio nella consapevolezza di essere figli del Padre che è nei cieli, redenti da Gesù, santificati dallo Spirito. Questo è il sublime messaggio di cui la Casa di Carità deve farsi portatrice verso i suoi allievi, secondo le finalità della scuola cattolica e del suo carisma in particolare. In questa missione educativa un ruolo determinante è svolto dall'insegnante e dall'istruttore, perché sono essi che con i loro insegnamenti e con il loro stesso modo di essere possono comunicare quei principi di formazione cristiana attraverso il lavoro, che stiamo cercando di mettere in rilievo. Per facilitare questo compito, illustriamo alcuni punti che consentono il diretto collegamento tra l'addestramento educativo al lavoro e la crescita morale e spirituale dei nostri allievi, riprendendo ed ampliando tematiche già toccate, e introducendone di nuove. 3.4.1 - Dignità di chi apprende un lavoro e dignità dell'uomo Formare professionalmente un giovane o un lavoratore sta ad attestare attenzione e cura della persona umana e pertanto riconoscimento della sua dignità. E questo riconoscimento viene concretamente manifestato insegnando il lavoro. Il lavoro viene quindi assunto come strumento di elevazione dell'uomo, in netta contrapposizione a quelle opinioni o a quelle prassi operative che nel lavoro scorgono un elemento di alienazione o addirittura - per lo meno in certi lavori - di imbrutimento a carico di chi li eserciti. Oltre a quanto abbiamo esposto in precedenza al riguardo ( § 3.3.1 ), intendiamo qui sottolineare la rivalutazione della qualifica di prestatore di lavoro, con uno specifico riguardo alla condizione di operaio. Si tratta di superare l'umiliazione sovente ancora collegata a tale stato, se lo si intende quale fase anonima e spersonalizzata di un processo produttivo. Occorre vincere il disagio per il confronto con un impiego di più gratificanti mansioni o con la libera professione. Soprattutto va rettificata l'erronea concezione che considera i lavoratori dipendenti di serie inferiore rispetto agli altri, concezione che talora si annida nell'intimo della coscienza dei nostri allievi e serpeggia nelle loro famiglie. Questa mentalità va superata, dato che ne constatiamo residue resistenze nel modo di valutare e classificare le persone a seconda della loro posizione lavorativa. Per contro il conferimento di competenze professionali che diano qualificazione e abilità, contribuisce ad elevare la dignità della persona. La ragione per cui nei nostri corsi di formazione professionale si da adito anche alle materie culturali, come cultura, etica ed organizzazione del lavoro, educazione civica, lingue straniere, e simili, oltre alle nozioni teoriche nei settori tecnici, non è solo quella di trattare i multiformi aspetti che la professionalità riveste, sotto il profilo politico, economico, sociale, culturale e spirituale, ma altresì quella di concretamente assecondare l'allievo nella sua elevazione umana. Torna opportuno al riguardo citare le parole del Papa nel discorso ai lavoratori del 19 marzo 1997: "La Chiesa, di fronte alle insidie presenti in certe manifestazioni della cultura e dell'economia con- temporanea, non cessa di annunciare la grandezza dell'uomo, immagine di Dio, e il suo primato nella creazione". Il riconoscimento della dignità dell'uomo come lavoratore, conduce pertanto alla stima dell'uomo in sé, come persona e come creatura di Dio. Sono facili e intuitive al riguardo le possibili applicazioni nei vari ambiti della vita morale e sociale su cui richiamare l'attenzione dei nostri allievi. Al concetto di dignità dell'uomo, acquisito elaborando la nozione del lavoro, possono collegarsi vari corollari, quali ad esempio: a) l'uomo non sia considerato strumento di piacere, come avviene nella nozione immorale della sessualità; all'opposto l'uomo e la donna vanno intesi come termine, come finalità di amore, avendo come obiettivo il loro bene, il che si realizza nella sua pienezza nel matrimonio; b) nessun essere umano venga sfruttato, come può verificarsi in una concezione del lavoro che preveda un'anomala subordinazione di una persona ad un'altra, in cui il prestatore d'opera sia trattato alla stregua di uno strumento; c) l'uomo non sia considerato come un antagonista da eliminare, un impedimento da abbattere, o peggio un nemico da vincere o da distruggere. Il competitore va stimato e apprezzato nel suo intrinseco valore. I contrasti e le reciproche interferenze che si riscontrano nella vita di relazione vanno affrontate e risolte rispettando la sfera dell'altrui libertà e soprattutto continuando ad amare l'altro come se stesso. Potremmo continuare in questa rassegna, ma ai fini della presente trattazione è sufficiente avere rilevato il collegamento della dignità propria di ogni lavoratore con quella che deriva dal concetto di persona umana. 3.4.2 - Dignità di ogni lavoro La dignità di ogni essere umano porta alla conseguenza della dignità di ogni lavoro, al di là delle sue qualità intrinseche, quali la rilevanza economica, sociale, retributiva, e le modalità operative, se manuali o intellettuali. Però deve trattarsi di un lavoro onesto. Non tocchiamo qui la delicata questione della utilità di una specifica attività, perché ci porterebbe lontano. Ci limitiamo ad accennare che, secondo alcuni, sarebbe comunque preferibile tenere occupate le persone ( come nel caso di operai adibiti a scavare delle buche e poi a riempirle, naturalmente dietro retribuzione, piuttosto che tenerli disoccupati ). Sono casi limite, che destano non poche perplessità, anche se non mancano di aspetti di riflessione in merito al diritto al lavoro e al dovere per la società civile di procurarlo per ogni uomo. Tornando al nostro tema, appare chiaro come la formazione professionale sia particolarmente indicata per inculcare la stima e l'apprezzamento per ogni lavoro, dato che la sua natura è appunto quella di addestrare razionalmente e metodicamente all'esercizio di un'arte, di un mestiere o di competenze professionali. E proprio per la specificità della formazione professionale a mettere in risalto la dignità del lavoro, essa è il terreno privilegiato, per così dire, per fare maturare una spiritualità del lavoro negli allievi, presentandolo come scala per salire a Dio, nell'incontro con Gesù, come sarà detto in seguito, con espressi riferimenti biblici e al magistero della Chiesa. 3.4.3 - Il lavoro come solidarietà Tra gli elementi che danno dignità al lavoro vi è indubbiamente quello di essere un servizio, una utilità per gli altri. Occorre coltivare tale caratteristica, che il lavoro non è solo strumento per la propria sopravvivenza e realizzazione, ma altresì attività ed opera a vantaggio del prossimo e della società. Questo concetto è talmente ovvio, che rischia di passare inosservato: infatti se si riceve una retribuzione, è perché un altro trae un'utilità dal risultato lavorativo. Si tratta di evidenziare che il compenso non è tutto: ciò che è intrinseco al lavoro è l'opera di cui fruisce il destinatario, e tale fruizione va appunto evidenziata per il suo valore di servizio per gli altri. Si prospetta a questo riguardo un vero itinerario spirituale, di cui la solidarietà cristiana e la stessa carità sono l'anima. Anche il nostro tempo pullula di esempi mirabili di lavoratori che nella loro scala di valori pongono queste finalità, animati dallo zelo e dalla solerzia di soddisfare le aspettative del destinatario del loro servizio, sia questo il cliente, o l'acquirente, o il datore di lavoro, o l'allievo o più in generale la società. Ma la solidarietà specifica del lavoro ha pure un altro versante delicatissimo verso cui esercitarsi, ed è quello della vicinanza e della comprensione per chi non ha lavoro e per i più deboli. La formazione professionale, proprio perché facilita lo sbocco lavorativo, deve fare maturare negli allievi questa sensibilità per i disoccupati e per gli indigenti, il che è il primo passo per contribuire tutti insieme alla soluzione degli spinosi problemi della disoccupazione e della povertà, problemi che oggi si presentano con requisiti nuovi e diversi dal passato, ma non per questo meno gravi e drammatici. Anche insegnando a lavorare dobbiamo ispirarci ad uno dei comandamenti fondamentali, di amare il prossimo come noi stessi ( Mt 22,39 ). E poiché, come la storia della nostra scuola ce lo attesta, molti allievi possono diventare imprenditori, l'animazione dell'attività lavorativa e imprenditoriale con il Vangelo della carità sarà garanzia perché i rapporti con i dipendenti siano impostati in una solidale collaborazione. La sensibilizzazione del giovane e dell'adulto alla solidarietà attraverso l'apprendimento del lavoro non si esaurisce certo percorrendo gli scarni filoni orientativi che abbiamo tracciato. Sono molteplici gli altri aspetti di promozione umana e di giustizia sociale insiti nella formazione professionale, che sta alla nostra premura comunicare e far recepire dagli allievi come valori evangelici. Limitandoci anche a questo riguardo a toccare solo le tematiche - d'altra parte alcuni spunti di queste sono già emersi nelle considerazioni sin qui esposte - possiamo raggruppare sistematicamente gli effetti benefici della formazione professionale, rilevando che essa si pone: a) come prospettiva costante nello scenario della lotta contro la fame e la povertà; b) quale strumento efficace contro la disoccupazione, specie giovanile, e contro il pericolo di una rapida obsolescenza professionale di chi lavora; c) quale difesa dalle minacce di alienazione conseguenti ad uno sviluppo economico e tecnologico che si rivela di sempre più difficile comprensione; d) quale mezzo valido perché nella società si operi sempre più in termini di valorizzazione delle risorse umane; e) in definitiva perché in un futuro in cui si profila sempre più marcata la spersonalizzazione delle attività economiche, produttive e di scambio, per gli sviluppi dell'automazione e dell'informatica, il lavoro resti sempre umanizzato, e perciò suscettibile di un'autentica spiritualità, secondo quanto auspicato a più riprese dal Magistero e dai Vescovi. 3.4.4 - La formazione professionale rivelatrice di Dio Come abbiamo già richiamato ( § 1.2 ), nel "detto" del diario di fra Leopoldo istitutivo della Casa di Carità Arti e Mestieri, è dichiarato in modo esplicito che la finalità dell'Opera è "formare nuove generazioni", non solo, ma in via primaria "salvare le anime". Questa finalità specifica, e l'espresso riferimento alla Carità, postulano in modo inequivocabile che la formazione impartita nei nostri centri abbia come elemento intrinseco l'annuncio evangelico e, pertanto, costituisca per gli allievi una proposta di vita cristiana. Si tratta, particolarmente a questo riguardo, di sapere ricavare, dalle nozioni e dalle esercitazioni proprie della formazione professionale, spunti per tale annuncio e per tale proposta. 3.4.4.1 - Dal laboratorio all'esistenza di Dio Che la scienza, e perciò la tecnica, possano costituire occasione per dimostrare l'esistenza di Dio, è elemento noto ed acquisito. Anche se alcuni scienziati dichiarano che l'esistenza di Dio non sarebbe dimostrabile: ma è chiaro come in queste prese di posizione non c'entri per nulla la scienza, quanto piuttosto il libero arbitrio dell'uomo. Vediamo come i processi tecnologici propri della formazione professionale consentano di innestare tale discorso, e diamo un esempio su come un addestramento usuale nei nostri corsi possa portare ad una prova dell'esistenza di Dio; questo esercizio è di tanto valido e opportuno, considerando che alcuni giovani si dichiarano atei, non so con quanta consapevolezza, comunque come risultato del clima culturale in cui viviamo. Consideriamo le esercitazioni al computer. Per chi vi opera è lampante che senza un programma predeterminato il computer, o la macchina a controllo numerico, non può funzionare. Il programma invece può considerarsi come l'idea del progettista, che viene tradotta in termini numerici nel floppy disk, e in tal modo consente al computer di dare i risultati che ci si attende. Alla base di tutto pertanto vi è il pensiero, l'idea del programmatore, per cui quando si afferma che i computer "ragionano", o si usa questa espressione in senso metaforico, o si dice un'inesattezza. Il computer ci conferma il principio che "senza una mente il mondo è inconcepibile". Infatti se le cose materiali, per quanto perfette, non solo non sanno agire senza una traccia e una guida prestabilita, ma non sanno neppure di esistere a se stesse, bisogna pure che esistano rispetto ad altri. Questo altro non può essere che Dio, poiché non basta asserire che la materia esiste rispetto all'uomo, poiché l'uomo oggi c'è, ma una volta non c'era. Quindi se non si vuole cadere nell'assurdo di affermare che le cose esistenti, per non esistere a se stesse, in quanto inconsapevoli, non esistono del tutto, occorre riconoscere l'esistenza di una Mente assoluta, che conosca tutto l'universo, non solo, ma che l'abbia creato. 3.4.4.2 - Riferimenti biblici del lavoro I riferimenti biblici al lavoro possono costituire l'anima della nostra missione formativa, oltre che rappresentare un efficace sussidio sotto l'aspetto didattico. Nel lavoro vi è la componente della fatica e del dovere da assolvere. A questo riguardo torna opportuno richiamare il versetto delle prime pagine della Genesi: "Ti procurerai il pane con il sudore del tuo volto" ( Gen 3,19 ), ad attestare la situazione in cui si trova l'uomo dopo la ribellione a Dio con il peccato originale. Alla luce della redenzione operata da Gesù, che ci ha rivelato che Dio è Padre, e ci ama più di quanto possiamo immaginare, certamente più di quanto ognuno di noi ami se stesso, queste parole, che suonano come castigo, contengono un anelito e una prospettiva di emendazione e di elevazione: siamo noi che dobbiamo realizzarci il nostro spazio nella vita, che dobbiamo perfezionarci, crescendo non solo fisicamente, ma moralmente nello spirito, e per ottenere ciò occorre sforzo e fatica. È quanto viene dichiarato, in altri termini, da S. Paolo: "Chi non vuoi lavorare, non deve neanche mangiare" ( 2 Ts 3,10 ). La formazione professionale è un'ottima scuola per considerare l'importanza, direi la sacralità del dovere di lavorare, disponendo l'allievo a riconoscerlo, ad accettarlo e a compierlo con buona inclinazione d'animo, con umiltà, all'occorrenza con sacrificio, ma nella certezza che adempiendolo si assolve ad uno dei principali doveri della vita. In tal modo educhiamo l'allievo a considerare la vita come un impegno morale. Ma vi è l'altro aspetto del lavoro nella Sacra Scrittura, non meno importante del precedente, anzi costituente come il suo completamento, quello della realizzazione di se stesso, in adempimento della volontà di Dio: "Governate la terra e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e su tutti gli animali che si muovono sulla terra" ( Gen 1,28 ). Con il lavoro pertanto l'uomo adempie le sue aspirazioni sul piano esistenziale, o per lo meno ha la possibilità di adempirle. Lo sa bene chi non ha lavoro perché purtroppo lo sperimenta sopra la propria pelle, non solo in ordine al proprio mantenimento, ma altresì per quanto concerne lo sviluppo della propria personalità ( ma Iddio, ricco di misericordia, dona anche in questi casi occasioni di sviluppo e di crescita: la nostra solidarietà deve però affiancare questi fratelli disagiati, come abbiamo già in precedenza affermato ). La Bibbia quindi ci dice che questa realizzazione di sé attraverso il lavoro è adempimento del comando di Dio e pertanto è, o può essere, preghiera, quale continuazione, in certo senso, della sua opera creatrice. Vi è quindi tutto un orientamento spirituale da valorizzare, ed al quale indirizzare gli allievi, purché si presti attenzione alla ricchezza dell'insegnamento biblico e alla profondità del messaggio della Casa di Carità, il cui carisma è in grado di illuminare e di animare tutti gli aspetti dell'attività formativa, sempreché non gli si oppongano ostacoli e difficoltà. 3.4.4.3 - Santificazione del lavoro in Gesù "Ora si compie il disegno del Padre: fare di Cristo il cuore del mondo": così canta la Chiesa in un'antifona dell'Ufficio liturgico. "Il mondo è stato fatto per mezzo di Lui ( cioè del Verbo )", leggiamo nell'introduzione al Vangelo di S. Giovanni ( Gv 1,10 ). Quindi anche il lavoro trova la sua ultima ragione e il suo compimento in Gesù, il Verbo fatto uomo. La formazione professionale deve condurre gli allievi a tale traguardo, e il messaggio della Casa di Carità è particolarmente idoneo per tale prospettiva. Indichiamo anche a questo riguardo specifici spunti di riflessione e di approfondimento. Gesù, prima di intraprendere la sua missione di predicazione e di redenzione, ha lavorato come fabbro nella bottega di Giuseppe. Anzi, anche questi anni nascosti, che sono stati come durata la maggior parte della sua vita terrena, rientrano nel piano della salvezza. Teniamo presente, secondo l'insegnamento del Papa Giovanni Paolo II, che "Gesù stesso era l'uomo del lavoro, del lavoro artigiano, come Giuseppe da Nazareth. Egli appartiene al mondo del lavoro, ha per il lavoro umano riconoscimento e rispetto: si può dire di più, guarda con amore questo lavoro e le sue diverse manifestazioni" ( discorso ai lavoratori del 19 marzo 1997 ). Occorre educare i nostri allievi a sentire la presenza di Gesù accanto ad essi mentre apprendono il lavoro. Sono pie aspirazioni o velleità spirituali queste? Certo per comunicare questi atteggiamenti inferiori è necessario esserne profondamente convinti. Che non siano fantasie ce lo attesta la parola di Gesù: "Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" ( Mt 18,20 ). 3.4.4.4 - La Casa di Carità e l'Adorazione a Gesù Crocifisso Risorto Queste ultime considerazioni sul lavoro incentrato in Gesù ci inducono a ulteriormente indicare la connessione della Casa di Carità con il sacrificio salvifico di Cristo. La salvezza di tale sacrificio è di carattere universale, per cui per rilevare una particolare connessione con la Casa di Carità occorre considerare la storia dell'Opera, e le caratteristiche della spiritualità che la contraddistinguono. Come abbiamo già visto ( § 2.5.1 ) fra Leopoldo Maria Musso, oltreché destinatario delle ispirazioni sulla Casa di Carità, è altresì l'autore dell'Adorazione a Gesù Crocifisso, la devozione basata nella meditazione sulle piaghe sanguinanti e gloriose del Redentore. Questa preghiera è stata diffusa dal ven. fr. Teodoreto, dai suoi confratelli e dall'Unione Catechisti di Gesù Crocifisso e di Maria Immacolata da lui fondata. Anzi la spiritualità dell'Unione Catechisti è incentrata sull'amore a Gesù Crocifisso, quale viene espresso in modo peculiare in questa devozione. Anche la Casa di Carità è basata su questa spiritualità, per ragioni storiche e teologiche, che brevemente sintetizziamo: a) come più volte richiamato, dal diario di fra Leopoldo risulta che l'ispirazione a istituire Case di Carità è avvenuta mentre egli adorava Gesù Crocifisso, secondo la preghiera da lui formulata. In altri passi del diario, le ispirazioni e i suggerimenti sull'Opera sono generalmente attribuiti al Crocifisso; b) la storia della Casa di Carità è contrassegnata dalla costante preghiera impetratoria al Crocifisso Risorto, specialmente nei momenti di prova e di difficoltà; c) nel Crocifisso il dolore e la morte, il male e il peccato sono trasfigurati nella risurrezione e nella vita, nella gioia e nel bene. Così anche il lavoro, che può essere inficiato da strutture di peccato, viene ad essere rigenerato e santificato in questa offerta divina, e la formazione professionale, che ad esso conduce, va vivificata in questo orientamento vitale; d) il Crocifisso ci rivela il volto di Dio ( Gv 8,28 ), e pertanto la realtà profonda delle cose. tra cui il lavoro; e) il Crocifisso attrae tutto e tutti a sé ( Gv 12,32 ), quindi anche il lavoro e i suoi artefici. L'adorazione al Crocifisso Risorto, ispirandosi alla formula della devozione di fra Leopoldo, costituisce pertanto il contrassegno della Casa di Carità, la garanzia per restare fedeli all'animazione delle Arti e dei Mestieri secondo il Vangelo della Carità. 3.4.4.5 - Maria Immacolata, "protettrice e direttrice" In una casa è essenziale la presenza e la figura della madre. La Casa di Carità ha come madre Maria Immacolata. Questo non solo per aspirazione e offerta dei suoi fondatori e del suoi membri. Ma per diretta elezione della Santissima Vergine, Madre di Dio e della Chiesa. Attingendo sempre alla fonte dell'Opera, il diario di fra Leopoldo, troviamo in data 6 gennaio 1920 questo consolante detto, attribuito a "Maria SS. Nostra Signora": "Anch'io voglio essere la protettrice della grande opera Casa di Carità Arti e Mestieri". In altri passi, la Madonna è indicata anche come "direttrice". In quanto è "direttrice", spetta a Maria la conduzione e la direzione dell'Opera, per cui tutte le incombenze e le cariche formali attribuite ai dirigenti vanno considerate vicarie, e inquadrate nell'orientamento di una spiritualità e devozione mariana. In quanto è "protettrice", Maria accoglie e rifugia sotto la sua tutela la nostra Opera, offrendoci la garanzia del suo Cuore materno sull'efficacia della nostra missione formativa, purché ci lasciamo ricolmare del suo amore. Origini Fonti e Dati - Appendici 1 - Stralci dal diario di fra Leopoldo Detti e annotazioni dal 24 novembre 1919, al 28 aprile 1921 "Lunedì, 24 novembre 1919, sera, ore 9,30' Nella santa Adorazione - Divozione al SS. Crocifisso, quando incominciai l'adorazione alla Piaga della Mano sinistra. Gesù disse: "Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità per far imparare ai giovani Arti e Mestieri". Gesù soggiunse:" Non bisogna lesinare, si richiede qualche milione". Detti del Signore per dare mano all'opera voluta per bontà somma di Dio nostro Redentore Gesù, cioè scuole Casa di Carità Arti e Mestieri Nome dato e voluto da Dio. 1° Detto "Ormai è ora che manifesti la mia volontà. Voglio, disse Gesù, una Scuola Casa di Carità Arti e Mestieri" ( 2 dicembre 1919 ). 2° Detto 27 Dicembre 1919 - sera ore 9,30. "Nelle Case di Carità che si edificheranno, tutto l'andamento splenda cristianamente, cattolicamente". 3° Detto 31 Dicembre 1919. Disse Gesù: "Dì ( loro ) che si sbrigano e non aspettino che tutto vada in sfacelo". Questo detto è rivolto a tutti quelli che si interessano della Casa di Carità Arti e Mestieri. Non devono lasciarsi vincere da tiepidezza. È cosa voluta da Dio. Continua: 31 dicembre: La SS.ma Vergine si offre per protettrice della grande opera. 4° Detto Disse Gesù: "Dunque si procuri di avere un buon indirizzo per la grande opera di Casa di Carità." Gesù si offrì di essere Lui l'indirizzo della Santa Opera. Io gli dico: "Ma Gesù vuoi proprio essere tu il protettore?" Gesù SS. mo Crocifisso disse queste precise parole: "Io debellerò ogni artifizio diabolico e di gente malvagia che si farà contro". Sabato 10 Gennaio 1920 - sera ore 9,20. 5° Detto 13 Gennaio 1920 - ore 5 mattina in cella. Maria SS.ma: "Che nessuno vada a sconsigliare l'Opera di Dio". 6° Detto Martedì 20 gennaio 1920 - sera - Gesù raccomanda ai ricchi di venire in aiuto all'Opera di Carità Arti e Mestieri. 7° Detto 30 Gennaio 1920 - sera ore 10. Detto di Gesù Crocifisso: "Per l'opera nessuno deve rifiutarsi a costo di fare un sacrificio, e il sacrificio che faranno è sempre poco a confronto del bene che ne verrà" 8° Detto 31 Gennaio 1920 - sera ore 9,30. Detto di Gesù Crocifisso: "Fra poco la Casa di Carità Arti e Mestieri prenderà uno sviluppo da far meravigliare". 9° Detto 5 Febbraio 1920 - ore 7 sera, nel Santuario. Detti di Gesù: "Tu devi sempre spingerli, incoraggiarli". 10° Detto continua: "Nulla si deve cambiare; si osservi il detto del 27 Dicembre 1919, essere fedeli ai detti di Dio", detto di Gesù; 11° Detto 13 Febbraio 1920 - Gesù Sacramentato. Il Sig. Ingegnere Sella mi disse di far domanda a Gesù per il sig. generale Vialardi se deve andare da lui per diverse ragioni. "Sì, disse Gesù, ma non deve trascurare, né si precipiti". 12° Detto 16 Febbraio 1920 - sera ore 10 - in cella. Detto del SS.mo Crocifisso: "Dirai all'ing. Sella di stendere pure le cose con moderazione. Per ora fa così come hai fatto fin'ora e come lo ti conduco ogni giorno e vedrete che le cose si accomoderanno e sarete tutti contenti. Ci vuole un po' di tempo, tutto sta che si incammini". 13° Detto 22 Febbraio 1920 - Il buon fratello Prof. Teodoreto disse di domandare a Gesù come dobbiamo rispondere al Municipio se ci fa domanda, cosa ne vogliamo fare del locale sì grande di S. Croce. Gesù rispose: "Dicano che è per rigenerare l'Italia". Ma, mio Gesù, sarà prudenza a dirgli subito così? Gesù disse: "Questa è la verità". 14° Detto 3 Marzo 1920 - sera ore 7 3/4 nel Santuario. Gesù disse: "Di' ai figli che lavorino, lavorino ( lo disse due volte ), questa è la via del Paradiso". Gesù con questo ha voluto indicare tutti quelli che si interessano della Casa di Carità e che verranno in aiuto. 15° Detto 5 Marzo 1920 - Gesù ci incoraggia e dice di ricordare la sua potenza, e ho inteso che l'opera sua verrà contraddetta. 16° Detto 7 Marzo 1920 - Appena ricevuta la santa Ostia disse Gesù distintamente: "Ciapin lo facciano fuggire". 17° Detto 8 Marzo 1920 - "Di' un po' all'ingegnere Dematteis che si faccia coraggio e non si lasci stordire". 18° Detto 4 Aprile 1920 - "Si faccia premurosa cura di aprire le Case di Carità Arti e Mestieri. Si parli ai Vescovi di questa cosa in ogni città; inculcare ai ricchi di profondere le loro ricchezze a questo scopo e non aspettare di pagare nel pericolo la loro esistenza colla morte immatura". Dettò e comandò di segnarlo Gesù Crocifisso. 19° Detto 1 Giugno 1920 Detti di Gesù: "Quando la Casa di Carità Arti e Mestieri sarà in esecuzione farò anche prodigi, tanto per incoraggiarli". 20° Detto 2 Giugno 1920 Avanti al SS.mo Sacramento: "Non badare a quelli che sono scoraggiati perché è una fiaccola che deve sempre essere accesa". Gesù vuoi significare che la Casa di Carità Arti e Mestieri deve sempre sussistere. 21° Detto 23 Luglio 1920 - sera ore 10. Gesù Crocifisso prese a dire: "Questa Casa di Carità Arti e Mestieri andrà avanti di buon conto come voglio io? Si deve sempre domandare la carità affinché vengano in aiuto". 22° Detto 30 Luglio 1920 - Venerdì in cella. Per chi parla debolmente contro la Casa di Carità Arti e Mestieri Gesù Crocifisso disse: "Scrivi così: Non è per arricchire nessuno. È un monumento alle anime redente col mio preziosissimo sangue. Infine è la mia misericordia divina che vuole così". Continua Gesù a manifestarsi nella S. Adorazione: "Nessuno vada spigolando. Io sono Iddio, so tutto, vedo tutto. Leopoldo, faremo una cosa che farà strabiliare il mondo. Vi sarà tempo, fatiche e anche intrighi che non fanno per noi". Gesù dettò fin qui - 30 Luglio ore 10 di sera. 23° Detto 10 Settembre 1920 - sera ore 9 3/4. Detto di Cesù: "Di' loro che non si spaventino se di questi tempi non vengono le offerte, come si vorrebbe, per la Casa di Carità. Ha da fare la figura di un fuoco spento, ma se mettono la mano sotto la cenere la brucia". 24° Detto "I Vescovi d'ogni città devono interessarsi per erigere le scuole di Carità Arti e Mestieri, che sarà la riforma del mondo, incominciando dalla gioventù coll'educarla cristianissimamente al volere di Dio". Spero nel SS.mo nostro Signore Gesù Crocifisso, che il suo Vicario il S. Padre il Papa venga a conoscenza della grande opera di Dio e dica una parola. 25° Detto 11 Ottobre 1920 - sera - ore 7,30 nel Santuario. Nelle Scuole di Carità Gesù vuole siano pure nobili e secolari ossia borghesi e Gesù aggiunge queste precise e caritatevoli parole: "Questi carissimi giovani voglio trarli tutti a me". Detto di Gesù Sacramentato. 26° Detto 16 Ottobre 1920 Detti di Gesù Crocifisso: "Chi non crede ai miei detti crederà bene alle mie opere". 27° Detto - "Chi aspira alla vita celeste offra alla Casa di Carità Arti e Mestieri volenteroso. Le offerte vanno in buone mani e spese in fiore di carità secondo il Cuore di Dio". 28° Detto - Gesù continua un altro detto: "Non vorrei che la Casa di Carità Arti e Mestieri venga ostacolata per opera d'uomo". 29° Detto Giovedì sera 4 Ottobre 1920. Gesù stende la sua divina benedizione sopra le Scuole di Carità; e con Lui la sua divina Madre, sotto il titolo di Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù nel suo Santuario. 30° Detto - Gesù approva i documenti della Casa di Carità Arti e Mestieri messi vicino alla porticina del SS.mo Signore Crocifisso, per volere del pio Sig. Ingegnere Dematteis Filippo, professore della Casa di Carità Arti e Mestieri. 31° Detto 22 Dicembre 1920 Gesù conta sui figli suoi, sui cari giovani della Casa di Carità Arti e Mestieri, che essi pure, quando saranno fatti uomini, verranno in aiuto a portare in trionfo il santo nome di Dio per tutto il mondo. 32° Detto 17 Febbraio 1921 Gesù SS. mo Crocifisso ci esorta di nuovo di ricordare di sempre domandare la carità. Gesù soggiunse: "Digli che l'ho detto tre volte di aver fede in me, nei miei detti e fiducia nel cooperare". 33° Detto - La SS. ma Vergine con dolce accento disse: "Non è mica l'ultimo l'assalto che ebbe per il nome di Carità; delle noie ve ne saranno sempre, e tu fa come atto di distoglierti dalle mosche". 34° Detto 8 Marzo 1921 - ore 10 - sera. Detto di Gesù Crocifisso: "Non temere, tu sei nelle mie mani e nelle mie mani sono le Scuole". 35° Detto 10 Marzo 1921 - mattino ore 6 nella S. Adorazione: "Difendimi, Leopoldo, di' loro così: che io non voglio una cosa umana. Voglio una cosa divina. Voglio nella Casa di Carità un andamento secondo il mio cuore . 36° Detto 13 Marzo 1921 ore 10 sera nella SS. ma Adorazione. Detti del SS.mo nostro Signore Gesù Crocifisso: "A scorno della malvagità degli uomini saranno sfasciate le loro malvagie imprese". Nel nome santo di Dio, Gesù Crocifisso e con Lui la sua divina Madre Maria SS. ma, protettrice e direttrice della grande opera, Casa di Carità Arti e Mestieri. Gesù SS. mo nella sua bontà e carità vuole benedire solennemente. La sera della Santa Epifania del Signore 6 Gennaio 1921 alle ore 9,30. Prostrato ai piedi della Croce per l'adorazione al SS. mo Crocifisso, al termine della preghiera Gesù prese a dire: "Preparati". Io non ho compreso subito cosa voleva Gesù da me. "Si, disse Gesù, prepara i nomi, perché io voglio dare una grande benedizione". Oh, carità ineffabile di Dio Gesù Crocifisso. Il Signor Cav. Dematteis mi portò i nomi per segnarli. Gesù benedice: "Benedico la Casa di Carità Arti e Mestieri. Benedico i Maestri dei Fratelli delle Scuole Cristiane e tutta la loro santa Congregazione sparsa per tutto il mondo. Benedico i loro scolari e artigiani. Benedico il cappellano Marenco di Moriondo Mons. Bernardo. Benedico Arborio Mella Conte Alessandro, presidente. Benedico Avogadro di Collobiano e della Motta Conte Emiliano, vice presidente. Benedico Dematteis Ing. Professore, segretario. Benedico Airaldi Comm. Avv. Celidonie, tesoriere. Benedico Bosco di Ruffino Ing. Aleramo consigliere. Benedico Bonacossa Prof. Ing. Alessandro. Benedico Buscagliene Ing. Cav.Silvio. Benedico Della Chiesa di Cervignasco Nob.Cav.Norberto. Benedico Gianotti Barone Romano. Benedico Rovasenda di Rovasenda Marchese Amedeo. Benedico Ruffoni Ing. Enrico. Benedico Sella Comm. Ing. Rodolfo. Benedico Sella Cav. Avv. Riccardo. Benedico Fratel Teodoreto Prof. Garberoglio. Benedico Vialardi di Sandigliano Comm. Gen. Tommaso. Benedico Zambelli Comm. Andrea. Benedico Fratel Isidoro Prof. Molinarl - direttore. Benedico il Comitato Esecutivo e tutti quelli che verranno dopo di loro. Benedico il Comitato Onorario e tutti quelli che si interessano per la Casa di Carità Arti e Mestieri. Benedico tutti i Benefattori e Benefattrici. Benedico anche le loro Famiglie". La benedizione di Dio Gesù Crocifisso avvenne Domenica 6 gennaio 1921, mattino ore 9,30. La sera poi alle ore 6,30 porto lo scritto nel Santuario, vicino alla porticina del Santo Tabernacolo ove si conserva il SS. mo Sacramento, affinché il buon Gesù compisse vieppiù il suo divin volere. Siano rese grazie a Dio ora e sempre. Questa volta il Signore ci fa dolce rimprovero. Fra i nomi che hanno fatto domanda vi sono sempre state piccole difficoltà ( di scelta ). Questa sera 11 gennaio 1921 alle ore 9,10 minuti, pregai il SS.mo Crocifisso a voler dirmi il nome da imporre riguardo alla Scuola. Il SS. mo nostro Signore Gesù Crocifisso disse di mettere Casa di Carità Arti e Mestieri. "Digli che questi nomi non l'hanno mica da portarli sulle spalle". Secondo me ai detti del Signore non si dovrebbe cambiare sillaba. Loro intendono di mettere Scuola invece di Casa, e glielo ho detto a Gesù. "Sì lo facciano pure, ma intanto i ricchi, se vogliono mettere i loro figli domanderanno bene C.C.". F.L.O. Perché non dare subito valore e fede ai detti inestimabili di Dio? Qui non c'entra opera umana. 18 Marzo 1921 - Vigilia di S. Giuseppe. "Leopoldo fa coraggio, le cose si aggiusteranno secondo il cuore del mio figlio e mio, che anch'io sono la direttrice e protettrice dell'opera di Carità". Una parte del Comitato si è opposta al nome dato da nostro Signore SS.mo Gesù Crocifisso. Martedì 29 Marzo 1921 - sera - ore 6,30 Il mio buon padre Guardiano, padre Vittorio de Laurenti, mi chiamò a sé e mi disse: "Dica un po', vanno sparlando di lei; avrei bisogno di sapere come sono queste cose per poterla difendere. È vero che lei ha voluto dare il nome alle scuole dirette dai Fratelli?"- "Ma padre Guardiano, io ho voluto seguire il volere di Dio, Gesù Crocifisso". - "Ma lei poteva dirlo senza dire che era il Signore". "Ma se così è volontà di Dio". Nei quaderni Gesù manifesta che ciò che verrà, cadrà tutto sulle mie spalle, cioè sopra di me. Ora si è sciolto un vero vespaio, pazienza, siano pure contro di me, usino pure delle malvagità; sono peccatore; ma trattare Gesù, mio dolce Gesù con modi ben poco di rispetto, ciò mi addolora molto. Giovedì 28 Aprile 1921 - sera - ore 10,30 Il Signor Direttore Fratel Isidoro di Maria, mi fece fare domanda a Gesù se debbono far pagare i giovani per le scuole di Carità Arti e Mestieri. Facendo la S. Adorazione, finito la preghiera della sacra piaga della mano destra. Gesù prese a dire: "Se stanno ai detti che sono preparati tutto andrà bene, ma se vogliono fare diversamente, si lamentano dopo. È compreso tutto, scuole e Arti e Mestieri. Quelli che vogliono dare, li prendine pure, non a scopo di paga, ma di carità. Sta tranquillo Leopoldo ne verrà di più l'aiuto così, che se li dovessi far pagare". Detti di Gesù Crocifisso. 2 - Stralci da "Nella intimità del Crocifisso" di fr. Teodoreto Capitolo XVIII - Casa di Carità Arti e Mestieri Le scuole per operai Intervento provvidenziale Nuovi impulsi Accenni di contraddizioni Avvisi e incoraggiamenti Una visione Inizio della Scuola Incomprensioni Crescenti difficoltà Purificazione spirituale Capitolo XXIII - La fioritura delle opere Istituto Arti e Mestieri Scuola serale e festiva Nuovo terreno della scuola festiva e serale 3 - La prima proposta formativa della Casa di Carità Arti e Mestieri Presentazione della Casa di Carità Arti e Mestieri ( a cura di D. Conti e fr. Secondino Scaglione ) Novembre 1979 ( aggiornata nell'aprile 1994 ) Presentazione dell'opera L'insegna è programmatica e dichiara l'animazione, il clima e gli intendimenti costitutivi dell'Opera. L'Opera in quanto Casa di Carità ripropone il valore fondamentale della carità di Cristo, ritrovando in essa il principio e il senso della rigenerazione e della comunione universali e della trasformazione del mondo del lavoro e della società. Perciò l'Opera si radica nel Signore Gesù che attira a sé tutti gli uomini, le loro attività, le loro speranze e il loro impegno per una vita migliore e per un mondo più giusto e solidale. L'Opera è Casa perché deve esprimersi in rapporti di reale condivisione e fraterna solidarietà attuandosi in modo comunitario e partecipato con l'apporto di tutte le sue componenti: docenti, allievi ed ex allievi, famiglie. L'Opera è aperta a tutti coloro che intendono collaborarvi in proporzione delle possibilità e dei talenti. In quanto tale l'Opera si costituisce come nucleo al centro di un vasto movimento aperto alla società nel suo complesso e ai vari ambiti in cui si articola e si esprime la vita. L'Opera è volta alle Arti e Mestieri perché mira a riaffermare il valore e la funzione della professionalità come autentica manifestazione culturale mediante il lavoro e come riferimento essenziale per una nuova forma di lavoro; un nuovo modo di produrre, per un nuovo modo di sviluppo della società. L'Opera è tipicamente lasalliana e ripropone, al mondo di oggi, la fecondità del carisma del Santo de La Salle. Carattere lasalliano della Casa di Carità Arti e Mestieri L'Opera si fonda sul carisma e sulla tradizione lasalliana, riproponendone orientamenti, esperienze e prospettive. In quanto tale, l'Opera ripropone l'universale validità del radicamento nel mistero del Cristo crocifisso e risorto per la realizzazione di valori atti a definire strategie educative e formative necessarie per rispondere ai bisogni e alle attese dell'uomo nella società e della società in cui l'uomo vive. Secondo questo orientamento viene riaffermata l'esigenza di un rapporto organico e dinamico tra Centri di formazione e società, tra iniziativa educativo - formativa e comunità ecclesiale. Tale rapporto è inglobato nell'obiettivo formativo fondamentale dell'Opera costituito dall'inserimento o dal reinserimento dinamico, vale a dire in quanto soggetti, dei giovani e dei lavoratori nella realtà lavorativo - produttiva e sociale e nella realtà ecclesiale. In questo senso viene configurata la rilevanza fortemente "professionalizzante" dell'obiettivo formativo ed educativo dell'Opera. Parimenti, viene riaffermata la laicità del Centro di Formazione Professionale e degli educatori che vi partecipano, assumendo come punto di riferimento le intuizioni del Santo de La Salle che con arditezza profetica propone ai suoi laici la partecipazione all'ufficio sacerdotale, regale e profetico di Cristo nel e mediante il loro impegno professionale, fra evangelizzazione e promozione umana in vista di obiettivi, indisgiungibilmente congiunti, di pienezza cristiana e di servizio educativo e formativo. Secondo la concezione lasalliana l'ambiente formativo si produce come comunità educante, come "sistema" e "processo" educativo - formativi. Come tale richiede l'attiva partecipazione, nella distinzione e integrazione dei ruoli, di tutte le sue componenti per lo sviluppo delle strutture e delle metodologie formative in stretto rapporto con la realtà sociale e territoriale. La proposta e l'esercizio della carità di Cristo sono essenziali come fondamento, animazione e punto di riferimento per la autenticità e l'efficacia del processo professionalizzante inteso come fatto educativo. La professionalità dunque, come fatto educativo non si pone unicamente per soddisfare esigenze, sia pure imprescindibili, di necessità o di convenienze economiche e sociali. Essa si pone come fattore di rapporti e di relazioni interindividuali e sociali conformi alla dignità della persona umana, alla sua non riducibilità, pur appartenendovi, al mondo, alla società, alla storia, ma chiamata alla comunione con Dio e in Dio. Tappe del Messaggio Lasalliano 1699 S. Giovanni Battista de La Salle fonda a Parigi, nella Parrocchia di S. Sulpizio una scuola domenicale che chiama "Accademia cristiana" per la formazione professionale di tipo commerciale, industriale, agricolo e artistico degli artigiani e degli operai, desiderosi di perfezionare la loro cultura intellettuale e di migliorare così la loro situazione sociale. 1705 S. Giovanni Battista de La Salle fonda una eguale scuola a Rouen di tipo commerciale e agricolo. Sull'esempio del loro Santo Fondatore i Fratelli delle Scuole Cristiane aprono scuole diurne, festive, serali per la formazione professionale degli artigiani e degli operai, in ogni parte del mondo in cui portano la loro opera. 1829 Ottobre: giungono a Torino dalla Francia i primi 4 Fratelli per iniziare la loro missione presso i fanciulli della città nelle scuole Municipali a loro affidate: le scuole iniziano nel gennaio 1830. 1831 Ottobre: i Fratelli iniziano a Torino, accanto alle scuole elementari, una scuola festiva per operai. 1846 Gennaio: inizia in Contrada delle Resine, presso la Scuola dei Fratelli di S. Pelagia, la prima scuola serale in Torino e in Italia, per gli artigiani e gli operai "per migliorare la condizione delle classi industriose del popolo, col somministrare a coloro che per la loro età adulta e i giornalieri lavori non possono frequentare le scuole elementari, un mezzo comodo di acquistare le cognizioni più necessarie per l'esercizio delle arti e mestieri". ( Dal Manifesto del 3 dicembre 1845 ). 1847 18 febbraio: inaugurazione a Pinerolo della scuola serale e festiva ad opera dei Fratelli. Così avviene negli anni successivi a Susa, Vercelli, Vigevano, Acqui. 1849 17 dicembre: il Municipio di Torino istituisce esso pure Scuole serali e le affida ai Fratelli, proclamandole "Scuole serali modello". Nell'ottobre 1850 le classi sono 10. 1904 La legislazione laicista propugnata dal Combes provoca la chiusura di tutte le opere educative cattoliche e lo scioglimento di tutte le Congregazioni religiose che vi si dedicano. 1906 Fr. Teodoreto frequenta il secondo noviziato presso la Casa Generalizia dei Fratelli, trasferita da Parigi a Lembeq-lez-Halles nel Belgio. Ai Fratelli viene raccomandato di lavorare alla formazione di un laicato cattolico militante dando continuità e sviluppo al processo educativo operato dalle Scuole Cristiane mediante fatti associativi specifici. Fr. Teodoreto concepisce l'idea di organizzare una associazione intesa ad aiutare i giovani a realizzare nel mondo, nella concretezza dei loro ambienti professionali, familiari e civili, una vita intensamente cristiana e catechisticamente operante. 1911 Avviene il primo incontro di Fratel Teodoreto con Fra Leopoldo, francescano laico. La comunione spirituale dei due Servi di Dio costituirà il terreno fecondo dal quale fioriranno iniziative e opere tra cui la stessa Casa di Carità Arti e Mestieri, destinate a ripresentare al mondo di oggi la centralità operante del Cristo crocifisso e perciò risorto ( Ap 22,13 ). 1914 9 maggio: Fratel Teodoreto delle Scuole Cristiane ottiene dal Card. Agostino Richelmy, Vescovo di Torino, che venga canonicamente eretta l'Unione del SS. Crocifisso. Vi partecipano giovani allievi ed ex allievi delle Scuole Cristiane, ai quali presto si aggregano giovani di diversa provenienza. I giovani dell'Unione incentrano la loro formazione nel Cristo Crocifisso e perciò Risorto, in Colui che ha affermato di sé: "Allorquando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me" ( Gv 12,32 ). Via via si sviluppano partecipazioni sempre più vaste ai catechismi parrocchiali, a varie forme di educazione e formazione per giovani, specie se appartenenti agli strati popolari. 1914 17 maggio: in via delle Resine 14, presso le Scuole di S. Pelagia dei Fratelli viene inaugurata l'Unione del SS. Crocifisso. 1919 24 novembre: Fra Leopoldo o.f.m. riporta nel suo Diario quanto gli ha ispirato Gesù Crocifisso: "Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità per far imparare ai giovani Arti e Mestieri". 1920 18 ottobre: i Catechisti dell'Unione del SS. Crocifisso collaborano con i Fratelli di S. Pelagia nella Scuola serale di formazione professionale di tipo industriale. 1925 Ottobre: i Catechisti aprono una scuola festiva di formazione professionale a Poirino e a Torino presso la Parrocchia di N. S. della Pace, alla Barriera di Milano. 1928 Ottobre: l'Opera si estende tanto che è necessario trovare un locale più ampio e i Catechisti trasferiscono la Scuola Festiva in via Feletto 8. 1929 Ottobre: nello stabile di via Feletto 8, acquistato dai Catechisti e adattato al suo scopo, viene inaugurata la "Casa di Carità - Scuola professionale Festiva e Serale" per operai. 1933 23 giugno: il Card. Maurilio Fossati, vescovo di Torino, erige canonicamente l' "Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata". 1948 13 maggio: nella sede di via Feletto 8, si iniziano i corsi diurni teorici - pratici e il Centro viene denominato "Casa di Carità Arti e Mestieri". 1948 24 giugno: l' "Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata" viene canonicamente eretta in Istituto Secolare dal Card. Maurilio Fossati. 1950 Ottobre: a Torino in corso Benedetto Brin n. 26, viene inaugurata la nuova sede della "Casa di Carità Arti e Mestieri" dai Catechisti dell'Unione. 1953 17 ottobre: Fr. Cecilie Ughetto, successore di Fr. Teodoreto, apre a Torino presso il Collegio San Giuseppe, una Scuola Serale per operai. Scuole Serali vengono aperte anche presso l'Istituto Arti e Mestieri di Corso Trapani 25 a Torino, a Parma e a Biella. 1962 17 maggio: a Giaveno viene inaugurata la "Casa di Carità Arti e Mestieri" intitolata a buchino e Rosetta Sertorio, promotori e benefattori dell'Opera: vi funzionano per alcuni anni corsi serali per operai. 1964 28 giugno: a Grugliasco viene inaugurato il "Centro Scolastico Ricreativo Pininfarina": la sua finalità è di essere: "Casa di Carità Arti e Mestieri". Vi funziona per alcuni anni una Scuola serale per operai. 1969 24 novembre: la "Casa di Carità Arti e Mestieri" viene costituita in Ente giuridico autonomo in forma di Associazione: ne sono Soci Fondatori l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata e la Provincia Religiosa di Torino dei Fratelli delle Scuole Cristiane. 1974 1 ottobre: a Grugliasco viene aperta una Sezione della Casa di Carità Arti e Mestieri con i corsi diurni e serali: di essa è programmato un graduale sviluppo fino al completamento dei corsi. 1991 Viene aperta una sede della Casa di Carità Arti e Mestieri a Romano d'Ezzelino ( Vicenza ), presso la Villa S. Maria dei Fratelli delle Scuole Cristiane. I primi corsi, definiti dopo opportuni contatti con gli Enti e gli operatori del territorio e la Regione Veneto, sono diurni e preserali e interessano qualifiche professionali relative al CAD/CAM e al Controllo Numerico, secondo le esigenze dell'automazione presso le piccole e medie industrie. 1993 La Casa di Carità Arti e Mestieri gestisce in proprio, su richiesta del Parroco e del Vescovo della Diocesi, il Centro di formazione professionale "Oratorio Votivo" di Ovada ( Alessandria ). Tale sede annovera corsi di primo livello e post-diploma, rivolti alle esigenze professionali dell'automazione e dell'amministrazione informatizzata. Proposta formativa La proposta formativa della Casa di Carità Arti e Mestieri trova il suo fondamento e la sua ispirazione nel messaggio espresso sinteticamente dall'insegna programmatica di Casa di Carità Arti e Mestieri. La proposta formativa della Casa di Carità Arti e Mestieri è il frutto di una continua ricerca, di una costante elaborazione e sperimentazione, che alla luce del messaggio dell'Opera procede a interpretare e a corrispondere ai bisogni e alle esigenze umane e sociali emergenti dal mondo del lavoro, dai giovani, dai lavoratori. Nel piano di superamento dell'inadeguatezza e disfunzione dei sistemi formativi in atto e delle crisi e contraddizioni della società, l'Opera propone di assumere come punto di riferimento la professionalità delle nuove generazioni, dei lavoratori. L'Opera infatti assume come intento dominante la professionalità, come fattore ed espressione di evangelizzazione e di promozione umana, di libertà e di socialità, di sviluppo globale nella solidarietà, per la partecipazione e cooperazione. Su questa base la Casa di Carità opera in riferimento alla dimensione politica economica sociale spirituale e culturale pedagogica e didattica. Aspetti della Proposta Formativa Politico La professionalità viene proposta come concretizzazione dei diritti civili, del diritto al lavoro, alla libertà ed eguaglianza per la partecipazione alla vita politica, economica e sociale. La generalizzazione e la qualificazione della professionalità viene considerata come misura del livello di vita civile e democratica. La salvaguardia della professionalità con il relativo potenziamento deve operare contestualmente per adozione dei provvedimenti di programmazione sia globali che settoriali. Solo così si sviluppa una politica attiva del lavoro capace di concorrere a formare la stessa domanda di lavoro nei suoi aspetti localizzativi, tecnologici, economici, organizzativi e gestionali. Economico La professionalità viene propugnata come punto di riferimento per uno sviluppo economico basato sulla valorizzazione delle risorse umane secondo criteri di produttività globale, nell'intento di superare le condizioni di sottosviluppo, di sottoccupazione, disoccupazione e obsolescenza della forza - lavoro: fenomeni che costituiscono un fatto non solo umanamente e socialmente inaccettabile, ma anche deleterio dal punto di vista economico. La professionalità viene assunta come fattore di correlazione delle funzioni dell'uomo in ordine alla vita economica ( produttore, lavoratore, distributore, consumatore ). Ciò al fine di riaffermare, nel concreto del fatto formativo, che nell'uomo e per il dover essere dell'uomo, la vita economica trova il suo fondamento, la sua funzione, il suo significato. Sociale La professionalità tende a interessare organicamente tutti i settori tutti i livelli e gradi di attività lavorative e ogni forma di lavoro dipendente e autonomo in un quadro culturalmente organico nella diversità dei ruoli e delle funzioni, per rendere possibile con l'interscambio tra i livelli e tipi professionali e la mobilità professionale, la ricostruzione di un tessuto di valori e di linguaggi che esprima e consenta quella identità e unità di popolo senza la quale tutto degenera e si corrompe nelle conflittualità radicali, nello spirito di sopraffazione o di indifferenza, nello sfruttamento e nell'emarginazione anche se operanti con forme diverse e magari contrapposte. La professionalità tende a modificare in modo dinamico e progressivo i rapporti e l'organizzazione del lavoro e il modo di produrre verso forme di partecipazione e cooperazione che promuovano l'essere soggetto di cultura e di vita mediante l'essere soggetto del lavoro produttivo di beni e di servizi. Culturale Spirituale La professionalità viene proposta come apertura sulla totalità, come espressione manifestativa della persona e della sua socialità che si attualizza e si costruisce mediante il fatto lavorativo produttivo nel porre e realizzare ogni cosa in relazione al tutto, nel riproporre e riaffermare il tutto operando e costruendo ogni cosa. Secondo detta prospettiva sono riproposti i valori di dignità personale, di verità e di libertà, di eguaglianza nella giustizia, di sviluppo integrale e solidale, di visione organica e dinamica, di religiosità, pienezza espressiva delle realtà umane e mondane: valori che sono propri del pensiero e della prassi d'ispirazione cristiana. La professionalità viene proposta come modo d'essere dell'uomo, che accettando ogni positività comunque presente e avvalendosi di ogni cosa, dei suoi stessi mancamenti e frustazioni e delle difficoltà che lo circondano, si sforza di governare le realtà in cui vive per servire a se stesso e al suo prossimo come singolo e come società, mediante il fatto lavorativo - produttivo operando nella comunione e in visita della comunione con la Totalità assoluta e trascendente. Pedagogico Didattico La formazione professionale viene perseguita come processo educativo della persona, che libera e si appropria della sua potenzialità e afferma la sua identità e autenticità, mirando a conseguire, mediante e per rapporto al fatto lavorativo - produttivo l'unità dinamica dell'uomo con se stesso, la società, il mondo, superandone le contraddizioni e le tendenze riduttive e unilaterali. Secondo detti orientamenti la formazione professionale mira a favorire l'essere soggetto di cultura e di vita, mediante l'essere soggetto del fatto lavorativo - produttivo di beni e di servizi. L'obiettivo specifico è costituito dall'inserimento o dal reinserimento dinamico e dalla promozione e sviluppo della professionalità nel mondo delle attività lavorative e produttive dei giovani e dei lavoratori. Ciò secondo i criteri della mobilità professionale, della formazione ricorrente interessanti l'arco della vita di lavoro. Le strutture didattiche vengono definite e aggiornate in funzione dell'acquisizione di una professionalità che si esplica e si sviluppa come capacità operativa critica e progettuale, come ruolo, non come mera mansione. Gli obiettivi ed i contenuti didattico - formativi vengono definiti nello sforzo di conseguire la effettiva capacità di svolgere un ruolo lavorativo come sviluppo progressivo di funzioni lavorative che avvalendosi delle interdipendenze e correlazioni tra i vari fattori tecnologici economici, sociali e culturali connessi con il fatto produttivo di beni e di servizi, si producono come attiva partecipazione alla realizzazione di programmi e progetti produttivi e sociali. L'organizzazione didattica mira ad assecondare e favorire l'azione formativo - educativa come fatto comunitario, basato sull'attiva partecipazione, nella distinzione dei ruoli, di tutti i diretti soggetti del rapporto formativo - educativo specifico. I criteri a cui ci si ispira sono quelli del lavoro interdisciplinare e di gruppo e della valutazione formativa. L'evoluzione dell'organizzazione didattica mira a conseguire una capacità formativa interessante il Centro di formazione nel suo complesso, in corrispondenza con le mutevoli esigenze formative emergenti dalla dinamica evolutiva tecnologico - scientifica, economica e sociale. La conquista della professionalità per la solidarietà sempre più vasta che esige, per la fortezza che richiede, per il sacrificio e la donazione che comporta, per la fecondità a cui è chiamata, si apre al mistero di morte e di resurrezione del Cristo Signore. Lo sviluppo della professionalità, da modo di produrre dell'uomo a crescita dell'essere dell'uomo è possibile sul fondamento che è Cristo l'Uomo - Dio, che ci è stato dato perché sia la via delle nostre vie la verità delle nostre verità la vita delle nostre vite per il mistero della sua morte e risurrezione a cui partecipiamo mediante il lavoro. La conquista della professionalità del lavoro per la professionalità della vita, incontra nel Cristo Crocifisso e Risorto, contemplato nelle sue piaghe sanguinanti e gloriose, la luce che illumina i compiti e i gesti lavorativi di potenzialità e significati nuovi verso orizzonti ultimi di verità, di libertà e di giustizia; la speranza per la costruzione definitiva dell'uomo nella riconciliazione con Dio; la forza per prodursi nel superamento dell'egoismo, come servizio; il calore vivificante della più profonda solidarietà e condivisione nell'amore; il dinamismo che tutto ricompone ed elevando unisce per la comunione totale, che costruita nel tempo, mediante l'impegno quotidiano, si celebra in pienezza nell'eternità.