Seminari e vocazioni sacerdotali Introduzione 1. - Il recente cammino delle nostre Chiese per l'evangelizzazione Il momento storico nel quale viviamo è particolarmente significativo per la missione della Chiesa. Obbediente allo Spirito del Signore, che nel recente Concilio le ha additato le vie di una più profonda e organica comprensione del suo mistero, la Chiesa in Italia si è raccolta con rinnovato impegno attorno al suo compito costitutivo di predicare il Vangelo. È questa « la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda » ( EN 14 ) La predicazione della parola evangelica, accompagnata dalla forza dello Spirito, ( Cfr. 1 Ts 1,5 ) convoca e costituisce il popolo di Dio, chiamato da ogni parte della terra per rendere a lui il culto spirituale, cioè l'offerta totale della vita, spesa nell'obbedienza al Padre e nel servizio dei fratelli. Questo culto spirituale deriva dall'offerta pasquale di Gesù, che si rende presente nell'Eucaristia e negli altri sacramenti. In questa luce è stata rimeditata la vita sacramentale della Chiesa e ne è stata innovata la relativa azione pastorale. ( Cfr. C.E.I., Evangelizzazione e ministeri, 1977 ) Nell'offrire il culto spirituale, la Chiesa, adunata dalla Parola e generata dai sacramenti, è continuamente messa in atteggiamento di servizio dell'uomo, viene stimolata e insieme abilitata a capirlo nella luce di Cristo, ad amarlo come Cristo l'ha amato, a orientare nella giusta direzione gli sforzi che egli compie per dare senso e pienezza alla propria vita. In questa linea è stato assunto il tema della promozione dell'uomo e ne è scaturita una multiforme e generosa iniziativa di testimonianza a favore del suo destino temporale ed eterno, perché - come crediamo con fede integra - solo nell'annuncio del Cristo, venuto a salvarlo, l'uomo conosce davvero se stesso e riceve la grazia di realizzarsi appunto come uomo. ( Cfr. Redemptor hominis, 10-11-12 ) Il recente cammino della riflessione e dell'azione pastorale della Chiesa in Italia, sollecitato e insieme confermato dal cammino della Chiesa universale, così come si è venuto progressivamente delineando nei Sinodi dei Vescovi e nel magistero del Papa, ha cercato di attuare una costante e amorosa partecipazione alla condizione storica delle nostre comunità e del nostro popolo, valorizzando le tradizioni cristiane e cogliendone i problemi più tipici e urgenti. 2. - La vita del presbitero come 'figura di valore' Nella prospettiva del servizio evangelico alle nostre popolazioni, oggi frequentemente chiamate a rifare o, in ogni caso, a maturare una scelta cristiana nel modellare l'esistenza dei singoli e della comunità, si è richiamato all'attenzione delle nostre Chiese quanto siano indispensabili i protagonisti per l'evangelizzazione. ( Cfr. C.E.I.,Evangelizzazione e ministeri, 1977) E se a tutta la Chiesa « per mandato divino incombe l'obbligo di andare in tutto il mondo a predicare il Vangelo ad ogni creatura », ( AG 1; cfr. LG 5 e DH 13 ) tuttavia questo compito esige la funzione propria che compete - per volontà del Signore - ai ministeri ordinati del Vescovo, del presbitero e del diacono. 3. - Per quanto riguarda i presbiteri, meritevole di attenzione è il richiamo del Vaticano II, il quale ha affermato che essi trovano proprio nella loro condizione ecclesiale di presbiteri la via che li può condurre alla perfezione, all'attuazione piena della carità, ad una forma originale di vita cristiana: « I presbiteri sono ordinati alla perfezione della vita in forza delle stesse sacre azioni che svolgono quotidianamente, ma anche di tutto il loro ministero, che esercitano in stretta unione con il Vescovo e tra di loro ». ( PO 12 ) E ancora: « Anziché essere ostacolati alla santità dalle cure apostoliche, dai pericoli e dalle tribolazioni, ascendano piuttosto per mezzo di esse ad una maggior santità, nutrendo e dando slancio con l'abbondanza della contemplazione alla propria attività, per il conforto di tutta la Chiesa di Dio ». ( LG 41 ) Il Concilio presenta dunque il ministero presbiterale - là dove ne discorre sotto il profilo della vocazione cristiana, della vita dedicata alla missione, della persona che unifica il proprio vissuto esperienziale attorno alle esigenze del ministero - come un modo non solo plausibile, ma intenso e creativo di tradurre in atto le caratteristiche specifiche della vita cristiana, nella quale sono integrate anche le esigenze della vita umana. Essere preti, quindi, è un modo caratteristico di essere cristiani e, ancor prima, uomini. La vita presbiterale è una 'figura di valore', cioè una realtà carica di un profondo senso cristiano e capace di riuscire vittoriosa, quando è pienamente attuata, dei dubbi, dei sospetti, degli interrogativi circa la sua effettiva ricchezza di significato. 4. - In gran parte i sacerdoti delle nostre comunità, forti di questa intuizione, si sono impegnati con sapiente coraggio nel faticoso sforzo di mantenersi fedeli al senso genuino della missione, alla quale Cristo li ha chiamati. Altri, in questi anni travagliati, sono stati assaliti da dubbi, sviati da gravi crisi di identità o da emotive improvvisazioni. Pensiamo che una ripresa attenta degli spunti del Vaticano II possa fornire valido sostegno per dissipare molte recenti crisi del prete e per preparare a lui una più consapevole accoglienza nella comunità cristiana. 5. - Scopi e interlocutori del nostro appello Collegandoci al magistero del Concilio Vaticano II, di Paolo VI, del terzo Sinodo dei Vescovi e di Giovanni Paolo II, richiamiamo alcune motivazioni e proponiamo alcuni indirizzi sull'aspetto spirituale e vitale del ministero ordinato. Ricaveremo di qui alcune linee per una adeguata e unitaria pastorale vocazionale, per un impegno vigoroso nei riguardi dei nostri seminari, per una più attenta cura della formazione permanente del clero. Il nostro appello comprende due parti: a) nella prima parte, descriveremo l'immagine del sacerdote che il Signore vuole presente nella sua Chiesa; b) nella seconda parte, sul fondamento offerto dalla conoscenza di tale immagine, potremo riflettere sui temi pastorali che affidiamo alla preghiera e alla responsabilità delle nostre comunità diocesane: - l'attenta e generosa disponibilità ad accogliere la chiamata del Signore; - l'educazione delle vocazioni nel seminario; - la formazione permanente che il dono del Signore esige. 6. - Vorremmo che la nostra parola fosse guida ed incoraggiamento ai sacerdoti nel loro arduo e prezioso ministero; fonte d'orientamento e di fiducia per i seminaristi che già hanno accolto la chiamata del Signore; appello ai ragazzi e ai giovani che si interrogano sulla loro vocazione e sull'avvenire della società e dell'uomo; esortazione alle famiglie, ai catechisti, ai gruppi ecclesiali, alle associazioni, alle parrocchie, perché diano spazio nella loro opera educativa alla proposta e all'ascolto della chiamata di Dio, all'attenzione per il suo discernimento, alla cura per la sua crescita. Ci conforta la speranza che una chiara e genuina presentazione della figura sacerdotale possa aiutare anche coloro che, per motivi diversi, provano difficoltà o nutrono pregiudizi dinanzi a questo argomento. Ci sono infatti famiglie sinceramente cristiane, che si mettono in stato d'allarme quando un figlio manifesta la vocazione sacerdotale. Ci sono giovani generosi, animati da un profondo desiderio di fare qualcosa di decisivo e di geniale nella comunità cristiana, ma diffidenti o svogliati di fronte all'ideale sacerdotale, giudicato angusto, inquadrato burocraticamente, sacralmente distaccato dalla vita concreta. Ci sono seminaristi non solo giustamente pensosi sulla loro scelta, ma improvvisamente dubbiosi ed inquieti per un offuscamento dell'ideale, al quale, invece, potrebbero essere realmente chiamati. Ci sono sacerdoti che vivono senza slanci il proprio ministero, perché stentano a ridargli vigorose motivazioni; altri, invece, che lottano silenziosamente contro la tentazione di lasciarlo, aggrappandosi ad un ascetismo volontaristico, che finisce col logorarli e isolarli dalle loro comunità; altri, ancora, che cercano di ridare credibilità alla loro missione lasciandosi 'catturare' dalle loro comunità e diluendo in un indistinto affratellamento i precisi compiti pastorali del servizio che spetta loro rendere ai fratelli; altri, infine, che cercano di colmare il distacco dalla vita concreta della gente, riempiendo il loro ministero di contenuti, che non provengono da una rinnovata comprensione del ministero stesso, ma dall'accoglimento emotivo delle richieste più immediate di un certo contesto sociale. Ci sono gruppi di fedeli intensamente affezionati, ma solo per simpatia umana, al loro prete; altri, all'opposto, scoraggiati o polemici, ma sempre per motivi semplicemente psicologici; altri, ancora, desiderosi di assicurare un fraterno aiuto cristiano ai loro pastori, ma incerti sul modo di offrirlo, perché non pienamente illuminati sulla realtà profonda del prete. 7. - A questi fratelli in difficoltà o in ansia, come ai tanti che cercano più pacatamente e più serenamente la volontà di Dio sul cammino da percorrere, desideriamo riproporre il valore e la gioia di essere preti nella Chiesa di oggi. Oltre le formulazioni teoriche sul ministero presbiterale, offriamo quelle integrazioni e quelle indicazioni pratiche, che ci paiono utili a conferire alla figura del prete una credibilità concreta, attenta ai segni dei tempi, recettiva delle più sane esperienze spirituali dei cristiani e dei presbiteri d'oggi. Ne verrà una riflessione feconda e confortante, serenamente dissipatrice delle ombre addensatesi sull'identità del prete e umilmente vittoriosa - perché radicata nella fede - delle contestazioni derivanti dalla cultura attuale. Parte I - L'immagine di sacerdote, ideale di vocazione I. - Il Ministero presbiterale nella fede della Chiesa 8. - La prospettiva conciliare sul ministero ordinato « Mettere a contatto con le energie vivificanti e perenni del Vangelo il mondo moderno »: ( Cfr. Humanae salutis ) da questa primaria intenzione missionaria e apostolica, il Concilio Vaticano II trasse anche l'impulso per completare, circa il ministero ordinato, la prospettiva del Concilio Tridentino, che lo riferiva essenzialmente all'Eucaristia, sottolineando prevalentemente l'aspetto sacrificale e cultuale. ( Cfr. Conc. Trid., Sess. 13 ) Il riferimento essenziale all'Eucaristia, corpo reale-sacramentale del Signore, viene oggi confermato, ma anche integrato con quello, ugualmente essenziale, al corpo ecclesiale del Signore. Il ministero ordinato è così più unitariamente compreso nella sua destinazione a costruire - invitandovi e conducendovi gli uomini - la Chiesa quale luogo della alleanza e della comunione con Dio: alleanza e comunione, che l'Eucaristia celebra e realmente opera, e che sono il dono dell'amore di Dio verso l'uomo. Il Vaticano II ha così liberato un'istanza, che era implicita nel Tridentino. Questa visione più chiara e completa del ministero ordinato dischiude la strada a una comprensione più articolata e aperta del ministero stesso. Essa pone anche problemi nuovi. In particolare, ripresenta beneficamente, ma problematicamente, una tensione che nel Tridentino rimaneva latente e che ora si manifesta in alcuni binomi ricorrenti nel linguaggio cristiano: per esempio, liturgia dei sacramenti - liturgia della vita, culto - evangelizzazione, consacrazione - missione. Non sono certamente aspetti inconciliabili. Ma la loro conciliazione, che può avvenire secondo sottolineature diverse, non è esente dal rischio dell'unilateralità o della giustapposizione. Alcune suggestioni recenti sull'identità sacerdotale chiaramente lo dimostrano. E anche certe soluzioni pratiche hanno frainteso l'intenzione e il disegno del Concilio, allontanandosi più o meno pericolosamente dalla linea complessiva, entro la quale soltanto è possibile comporre accentuazioni e prospettive differenti. 9. - La figura del sacerdote è certamente ricca e complessa; per questo, anche il Vaticano II l'ha presentata con titoli e con immagini diverse e complementari. ( Cfr., in particolare, PO 4-6; LG 28 ) Alcune di esse si dispongono attorno al compito di annunciare la parola: ed ecco le immagini del maestro, del profeta, del testimone. Altre rievocano il linguaggio cultuale e si riferiscono soprattutto alla celebrazione dei sacramenti della nuova alleanza e all'impegno vitale che ne deriva. Altre, infine, alludono al ministero in quanto si esercita nella guida autorevole e nella unificazione del popolo di Dio: questa idea si rifrange nelle immagini del pastore, del servo, del presidente, del padre. Tutte le diverse prospettive offerte dalle molteplici immagini rivelano come la coscienza di fede della Chiesa non è mai esaurientemente espressa e come essa richieda una comprensione sempre più adeguata e un'espressione sempre più aderente. In ogni modo, per una riflessione corretta e chiarificatrice del ministero sacerdotale, è importante tenere presenti questi tre punti: - il significato unico e originale che acquistano, in Gesù Cristo, la predicazione profetica della parola di verità, la celebrazione del culto sacerdotale, l'esercizio regale della missione pastorale; - il rapporto tra la modalità 'comune' e la modalità 'ministeriale-gerarchica', con cui la missione profetica, sacerdotale, regale di Gesù suscita, mediante lo Spirito e i sacramenti, le corrispondenti forme della missione della Chiesa; - la speciale relazione tra il ministero episcopale e il ministero presbiterale. 10. - Gesù Cristo profeta, sacerdote, pastore Quando il linguaggio della fede cristiana ricorre alle parole che alludono all'insegnamento, al sacerdozio, al ministero e all'autorità, cioè alle diverse funzioni esercitate in una comunità, ha come imprescindibile punto di riferimento la figura di Gesù Cristo. Il fatto è testimoniato da tutto il Nuovo Testamento e dalla tradizione della Chiesa circa i ministeri, compresi i recenti documenti del magistero. Il nostro intento, ora, è di aiutare a capire che cosa esprima la fede cristiana, quando professa che le funzioni ecclesiali sono radicalmente e totalmente relative a Gesù Cristo. 11. - Gesù Cristo, unico 'mediatore' Queste funzioni - che appartengono alla tradizione religiosa dell'umanità e particolarmente alla storia del popolo veterotestamentario - trovano l'inveramento e il superamento nella storia di Gesù. Gesù è la verità tutta intera, il fine e insieme la fine delle figure dell'Antico Testamento. La Lettera agli Ebrei, riflettendo con singolare intensità sulla novità del sacerdozio di Cristo, giunge a una visione sintetica assai ricca della missione di Gesù. Il sacerdozio di Cristo, nel quale convergono i compiti del profeta e del pastore, viene illustrato con così densi rapporti alla vita trinitaria e alla vicenda della salvezza, da risultare come il mistero centrale e inesauribile della storia umana. ( Cfr. Eb 1 ) La mediazione salvifica di Gesù è per sempre inscritta nel mirabile arco che culmina nella Pasqua, intesa come amorosa ubbidienza al Padre fino alla morte ( Cfr. Eb 4-5 ) e, al tempo stesso, come chiamata del Padre a entrare nel tempio eterno per la gloriosa intronizzazione. ( Cfr. Eb 8-9 ) Cristo, nel presentare il sangue della nuova alleanza, rivela anche il suo rapporto particolare con lo Spirito, mosso dal quale egli si è offerto al Padre come sacrificio perfetto per l'umanità intera. ( Cfr. Eb 9,14; Eb 10,29;Eb 11-12 ) 12. - La Lettera agli Ebrei, poi, proprio delineando la figura di Cristo unico sacerdote, suggerisce nitidamente la ragione per la quale tutto ciò che nella Chiesa si opera non aggiunge nulla a Gesù Cristo, ma si pone come una radicale relazione a lui, una testimonianza a lui nella fedeltà al suo mistero, un'espressione di lui piena e attuale. In lui, infatti, si è inaugurata l'alleanza nuova ed eterna, si sono compiuti il progetto di Dio sulla storia e la comunione con Dio, nella quale soltanto l'uomo trova il senso della propria vita e la radice della comunione con gli altri uomini. In lui ogni uomo può conoscere di essere aperto all'infinito mistero per il quale è stato creato e sa di poter vincere tutti gli egoismi, le inerzie, le grettezze individualistiche, i ripiegamenti orgogliosi o disperati, le paure e le aggressioni tra individui e tra popoli. La storia di Gesù, che pienamente appartiene alla storia umana - avendo egli condiviso in tutto, fuorché nel peccato, la condizione dell'uomo - è tuttavia assolutamente 'unica', perché è la storia del Figlio di Dio. Egli è il 'Mediatore' dell'alleanza nuova ed eterna, ( Cfr. 1 Tm 2,5; Eb 12,24 ) e in lui « abita corporalmente tutta la pienezza della divinità ». ( Col 2,9 ) Nella sua persona tutto, poi, si svolge secondo i ritmi e le leggi di una storia che, benché singolare, in quanto appartiene al Figlio eterno di Dio, è pur sempre storia: ha quindi un inizio, uno svolgimento, un dispiegamento in gesti sempre nuovi, un paziente e faticoso intreccio con la storia degli altri uomini, fino all'« ora » definitiva, alla pienezza del gesto pasquale, quando il Figlio è costituito pienamente Figlio mediante l'obbedienza al Padre fino alla morte, ( Cfr. Rm 1,4; Rm 5,12-19 ) ed è per questo glorificato mediante la risurrezione. Dalla donazione filiale di Gesù, soprattutto dal momento culminante della Pasqua, scaturisce il dono dello Spirito, in grazia del quale ogni uomo può venire a contatto col mistero dell'ineffabile immediatezza filiale, con cui Gesù vive il suo rapporto col Padre, in una totale condivisione del suo amore per gli uomini. 13. - La missione escatologica di Gesù La missione compiuta da Gesù è definitiva e ultima, e non sarà seguita da altre. In lui, infatti, ci è stata data la pienezza della rivelazione del Padre, ( Cfr. DV 2 ) il quale ci ha amato fino a immolare il suo Figlio unigenito. ( Gv 3,16 ) In Gesù Cristo, tutto abbiamo ricevuto. D'altra parte, Dio ha preparato l'umanità ad accogliere la pienezza del suo dono attraverso una pedagogia, umile e potente, fatta di figure e di ombre. Tra esse spicca Mosè, che nella sua persona assume la mediazione profetica, sacerdotale e regale tra Jahvè e il suo popolo, per poi distribuire queste tre funzioni a persone diverse. Ora, in Gesù, noi non troviamo solo il compimento di tutte le prefigurazioni antiche, ( Cfr. Mt 5,17 ) ma il superamento di ogni previsione, perché nel Figlio di Maria venne a noi il Figlio di Dio e la nostra adozione filiale per il dono dello Spirito. ( Cfr. Gal 4,4-6 ) Così il ministero di Gesù rimane per sempre ed è unico rispetto a tutti i tempi: Gesù non ha successori. 14. - Egli è il profeta, il maestro e il legislatore per eccellenza, perché non dice parole di Dio, ma è la Parola di Dio fatta carne; ( Cfr. Gv 1,14 ) non insegna soltanto come uno che ha autorità, ma è la verità; ( Cfr. Gv 14,6 ) non impone nuove leggi, ( Cfr. Lc 10,26-27 ) ma riversa nei cuori la legge nuova dello Spirito. ( Cfr. Gv 15,26 ) Egli è il sacerdote, il sacrificio, la vittima, non in senso rituale ma vitale. Gesù viene per compiere la volontà del Padre ( Cfr. Eb 10,7 ) e offre liberamente se stesso per noi. ( Cfr. Gv 10,18 ) Davvero egli fu « la vittima del suo sacerdozio e il sacerdote della sua vittima »; ( « Ipse … victima sacerdotii sui, et sacerdos suae victimae fuit », Paolino da Nola, Ep 1,8 in PL 61, 196 ) mentre, per il dono dello Spirito Santo, l'esercizio del suo sacerdozio e del suo sacrificio viene comunicato a coloro che egli sceglie, affinché ogni uomo possa offrire se stesso come sacrificio a Dio gradito. Egli è il pastore, la guida e il re, perché nella sua Pasqua consacra la sua missione e realizza la nuova alleanza, rivelandosi insieme « sommo sacerdote » ( Cfr. Eb 3,1 ) e « pastore grande delle pecore in virtù del sangue di un'alleanza eterna ». ( Eb 13,20 ) Sicché in Gesù Cristo la funzione pastorale si fonde con il sacerdozio e ne appare come la manifestazione visibile e storica. Cristo dunque è il sacerdote-pastore, che fa di sé la vittima per il suo popolo ( Cfr. Gv 10,14-15 ) e, con lo Spirito di verità, guida coloro che ha riscattati. 15. - Il ministero della Chiesa Da Cristo si comunica a tutto il suo corpo, che è la Chiesa, il profetismo, il sacerdozio, la regalità, funzioni queste del nuovo popolo di Dio e tuttavia sempre azioni di Cristo, perché è lui che continuamente parla, battezza, e conduce il suo gregge. Gesù ha tutto compiuto nella sua Pasqua, e nella sua persona è l'alleanza per sempre. ( Cfr. Is 42,6 ) Egli è il Figlio che dona lo Spirito. Proprio per la comunicazione dello Spirito di Cristo, la Chiesa opera nel mondo come il segno visibile della sua azione invisibile e i gesti ecclesiali, ricchi e vari, manifestano la trascendente ed inesauribile ricchezza di lui, che è il capo. Da Cristo alla sua Chiesa, allora, non proviene una tripartizione nella missione e nel ministero, come da Mosè al popolo ebreo, bensì un'armonica ed articolata varietà di funzioni nella unità del medesimo corpo. ( Cfr. 1 Cor 12,4-6 ) Il molteplice dunque non divide l'uno, ma lo rivela e lo comunica. 16. - Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio gerarchico dei pastori Uno degli insegnamenti più illuminanti e stimolanti, riproposto dal Vaticano II, è l'affermazione che tutto il popolo di Dio, in tutti i suoi membri, è investito della missione profetica, sacerdotale e regale di Gesù Cristo. Tale missione - sottolinea il Concilio - si attua secondo due modi, essenzialmente diversi, eppure tra loro complementari: il sacerdozio comune, fondato sul Battesimo; il sacerdozio gerarchico, conferito dal sacramento dell'Ordine. ( Cfr. LG 10-12 ) Qui non solo viene introdotto il tema dei fondamenti sacramentali del sacerdozio, ma si offrono anche gli spunti decisivi per dare risalto all'identità del prete. Nell'approfondita comprensione di queste precisazioni, il presbitero trova il vero senso della sua originale diversità e insieme della sua piena fratellanza con i fedeli. Il Concilio, anche quando insegna che la distinzione tra il sacerdozio comune e il sacerdozio gerarchico non è solo di 'grado' ma di 'essenza', ( Cfr. ivi. ) lascia intendere che il rapporto di Cristo con la Chiesa è correttamente rispecchiato non dalla immagine di una scala discendente, nella quale il sacerdozio gerarchico occuperebbe una posizione intermedia tra Cristo e i fedeli, ma dall'immagine di un innesto immediato di tutti in Cristo, operato dallo Spirito e dai sacramenti. Il sacerdozio comune ed il sacerdozio gerarchico, per quanto 'essenzialmente' e non solo 'gradualmente' diversi, esprimono l'immediata presenza di Cristo nella sua Chiesa e la dipendenza diretta della Chiesa da Cristo. 17. - Il sacerdozio gerarchico, segno di Gesù capo e pastore Il modo specifico, con cui il sacerdozio gerarchico esprime l'immediata dipendenza della Chiesa da Cristo, è precisato in numerosi insegnamenti del magistero, ricchi di risonanze bibliche e patristiche. Tutti questi testi poggiano sulla certezza che Cristo ha istituito un ministero che rappresenta e realizza nella Chiesa il suo carattere originario e fondante di capo e pastore. ( Cfr. LG 10-12 ) Per questo gli Apostoli, che sono « germe e origine » della Chiesa, nuovo popolo di Dio, ( Cfr. AG 5 ) sono stati scelti, chiamati e stabiliti da Gesù Cristo e da lui consacrati ed inviati come pastori-servi del gregge. ( Cfr. Sinodo dei Vescovi, 1971, Il sacerdozio ministeriale, I ) Insegna ancora il Vaticano II: « La missione affidata da Cristo agli Apostoli durerà fino alla fine dei secoli … per questo gli Apostoli, in questa società gerarchicamente ordinata, ebbero cura di costituirsi dei successori … lasciarono quasi in testamento ai loro immediati cooperatori l'ufficio di completare e consolidare l'opera da essi incominciata, raccomandando loro di attendere a tutto il gregge nel quale lo Spirito Santo li aveva posti a pascere la Chiesa di Dio … Quelli costituiti nell'Episcopato, per successione che decorre ininterrotta dall'origine, possiedono il tralcio del seme apostolico ». ( LG 20 ) Così « i Vescovi per divina istituzione sono succeduti al posto degli Apostoli quali pastori della Chiesa ». ( Ivi. ) 18. - Dunque, nel legame misterioso della successione apostolica, il sacramento dell'Episcopato efficacemente e permanentemente ripresenta, nello Spirito, il servizio pastorale di Gesù. La figura del Vescovo diviene così esemplare per capire che ogni grado di partecipazione dell'Ordine sacro è un segno e una testimonianza dell'unico e perenne servizio di Cristo capo, che dona la sua vita per fare bella e immacolata la Chiesa, suo corpo e sua sposa. ( Cfr. Ef 5,25-27 ) Mentre, quindi, il sacerdozio battesimale dei fedeli esprime e rende presente l'azione di Gesù, che nella Chiesa illumina, interpreta e salva tutte le condizioni della vita umana, il sacerdozio ministeriale dei pastori continua il carisma apostolico e rende perenne l'opera essenziale degli Apostoli nella costruzione della Chiesa. Per questo la comunità dei credenti non può mai rimanere chiusa in se stessa, ma è sempre soggetta a Cristo come alla propria origine e al suo capo. ( Cfr. Sinodo dei Vescovi, 1971, Il sacerdozio ministeriale, I, 4 ) 19. - Dall'insegnamento sul sacerdozio di Cristo, sulla sua partecipazione ai fedeli ed ai pastori, sul rapporto tra ministero episcopale e ministero presbiterale, ricaviamo lo spunto per suggerire l'immagine del pastore come prospettiva sintetica sul sacerdozio ministeriale. Non si escludono, in tal modo, gli aspetti profetici e sacerdotali, ma si intende evidenziare nella figura del ministro ordinato la relazione al carisma apostolico originario. Possiamo così ascoltare con risonanza più intensa alcune pagine bibliche e i recenti documenti del magistero. 20. - La figura del 'pastore' nella Bibbia Come nell'immagine di Gesù 'buon pastore' ( Cfr. Gv 10,1-16 ) appare una sintesi del suo sacerdozio, del suo sacrificio e del suo ministero, così nel 'carisma pastorale' possiamo individuare l'elemento fondamentale ed unificante del ministero e della vita del presbitero. Difatti, proprio nel sacerdote si perpetua e si attualizza il ministero stesso di Cristo buon pastore, e il sacerdote si definisce nella Chiesa per la sua originale relazione a Cristo, poiché da Cristo egli trae il suo essere e la sua missione per il gregge. L'identità del sacerdote pastore, per il suo rapporto con Cristo buon pastore, viene a collocarsi nella più viva tradizione biblica, nella quale l'esperienza e l'attesa prefigurativa del « Pastore » è continua e intensa. 21. - Il « Pastore » è innanzitutto Jahvè; ( Cfr. Gen 48,15; Sal 23,1 ) egli sta alla testa del suo gregge, ( Cfr.Sal 68,8 ) lo guida, ( Cfr. Sal 23,3 ) lo conduce ai pascoli, ( Cfr. Is 40,11 ) lo protegge, ( Cfr. Sal 23,4 ) chiama e raduna le pecore disperse. ( Cfr. Ger 23,3 ) Egli annunzia pure a Israele pastori che pasceranno il gregge e non se stessi; ( Cfr. Ivi 23,4; Ez 34,2 ) promette il Messia-pastore che sarà il « pastore unico per tutti », capace di fare un'alleanza eterna, offrendo se stesso in espiazione e intercedendo per i peccatori. ( Cfr. Is 53,10-12 ) Gesù è il pastore promesso, unico e inconfondibile, il 'buon pastore' ( Cfr. Gv 10,11 ) in cerca dei peccatori e intento a radunare le pecore « perdute della casa di Israele ». ( Mt 15,24 ) Egli per le pecore offre la sua vita, ( Cfr. Gv 10,11 ) per poi « riprenderla di nuovo ». ( Gv 10,18 ) 22. - La figura del 'pastore' nel recente magistero Cristo, ai suoi Apostoli, affida la sua stessa missione di pastore. ( Cfr. Mt 28,18-20; Mc 3,13-15; Gv 15-16 ) In questa fede, diventano suggestivi alcuni documenti magisteriali che, mentre richiamano i vari aspetti della missione di Gesù ripresentati nella missione del Vescovo e del presbitero, assegnano un posto privilegiato alla dimensione 'pastorale'. Parlando dei Vescovi, la costituzione Lumen Gentium riassume nell'idea della presidenza pastorale i compiti relativi all'insegnamento, al culto e al governo: « I Vescovi dunque assunsero il servizio della comunità con i loro collaboratori, sacerdoti e diaconi, presiedendo in luogo di Dio al gregge, di cui sono i pastori, quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo della Chiesa ». ( LG 20 ) Paolo VI così presenta l'identità dei ministri ordinati: « Ecco un tratto della nostra identità che nessun dubbio dovrebbe mai incrinare, nessuna obiezione mai eclissare: come pastori, siamo stati scelti dalla misericordia del sovrano Pastore nonostante la nostra insufficienza, per proclamare con autorità la parola di Dio, per radunare il popolo di Dio che era disperso, per nutrire questo popolo con i segni dell'azione di Cristo, che sono i sacramenti, per condurlo sulla via della salvezza, per conservarlo in quella unità di cui noi stessi siamo, a differenti livelli, strumenti attivi e vitali, per animare incessantemente questa comunità raccolta attorno al Cristo secondo la sua più intima vocazione. « E quando, nella misura dei nostri limiti umani e secondo la grazia di Dio, adempiamo tutto questo, noi realizziamo un'opera di evangelizzazione: noi come pastori della Chiesa universale, i nostri fratelli nell'Episcopato alla guida delle Chiese particolari, i sacerdoti e i diaconi uniti con i propri Vescovi, di cui sono collaboratori, mediante una comunione che ha la sua sorgente nel sacramento dell'Ordine sacro e nella carità della Chiesa ». ( EN 68 ) E Giovanni Paolo II ribadisce: « … Grazie al carattere sacerdotale, partecipate al carisma pastorale, il che è segno di una peculiare relazione di somiglianza a Cristo, buon pastore … Il sacerdozio di Gesù Cristo è la prima sorgente e l'espressione di un'incessante e sempre efficace sollecitudine per la nostra salvezza, che ci permette di guardare a lui proprio come al buon pastore. « Le parole "il buon pastore offre la vita per le sue pecorelle" non si riferiscono forse al sacrificio della croce, al definitivo atto del sacerdozio di Cristo? Non indicano forse a noi tutti, che Cristo Signore, mediante il sacramento dell'Ordine, ha reso partecipi del suo sacerdozio, la via che anche noi dobbiamo percorrere? Queste parole non ci dicono forse che la nostra vocazione è una singolare sollecitudine per la salvezza del nostro prossimo? Che questa sollecitudine è una particolare ragione d'essere della nostra vita sacerdotale? ». ( Giovanni Paolo II,Lettera ai sacerdoti, il Giovedì Santo 1979, 5 ) 23. - La missione caratteristica del sacerdozio gerarchico In questa luce comprendiamo le modalità caratteristiche con cui i presbiteri partecipano alla missione profetica, sacerdotale e regale di Gesù. La predicazione della parola trova in essi l'accento dell'autorevolezza, cioè del legame sicuro con la parola originaria di Gesù, trasmessa dagli Apostoli come fondamento della comunità cristiana. Il culto spirituale li qualifica 'presidenti' del popolo sacerdotale, che assicurano il rapporto tra la vita dei cristiani ed il sacrificio pasquale di Gesù, mediante la celebrazione dell'Eucaristia, nella quale essi agiscono « in persona Christi ». Il servizio regale li costituisce ministri autorevoli della comunione ecclesiale; essi, col dono del discernimento dei carismi e dei ministeri, conducono tutti verso l'edificazione del corpo di Cristo . ( Cfr. Ef 4,12 ) In una parola, i presbiteri, come collaboratori dell'Ordine episcopale, sono posti a pascere la Chiesa; perciò hanno il compito di servire la comunione di Dio con gli uomini e di questi tra di loro nel suo momento sorgivo, vale a dire mediante l'annuncio della parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, la guida del popolo di Dio nel cammino della fede e della carità. Un compito che potremmo definire, con il Concilio, di paternità nella fede. ( Cfr. LG 28 ) 24. - Il sacramento dell'Ordine e il carattere sacerdotale Non sarà inutile ribadire che la 'paternità' dei ministri ordinati non sostituisce, ma manifesta il sacerdozio unico ed esclusivo di Gesù. Il ministero che il sacerdote ordinato esercita nella Chiesa, non viene né dalle sue forze, né dalla sua iniziativa, ma da Cristo e dal suo Spirito, che inabita nella Chiesa animandola, poiché in essi sta la sorgente della comunione che i sacerdoti devono servire. La parola che essi annunciano, i gesti sacramentali che essi compiono, sono di Cristo. L'autorità con cui parlano ed operano, è pure essa di Cristo. Più volte il Vaticano II, facendosi eco delle parole del Vangelo, ( Cfr. Mt 28,18-20; Gv 20,21-23; Lc 10,16; Mc 16,15-20 ) ricorda che il presbitero parla ed opera « in persona Christi », ( Cfr. LG 10-28; AG 39; PO 13; SC 33) quale segno di Cristo capo e pastore. ( Cfr. LG 28; PO 2 ) Il rapporto specialissimo del presbitero con il Signore Gesù, e quindi con la Chiesa, comporta in lui una specifica definitiva configurazione a Cristo, come un segno spirituale indelebile, in vista di una specifica missione. Riprendendo un insegnamento antico della Chiesa, il Concilio ricorda che i presbiteri, mediante il sacramento dell'Ordine, « in virtù dell'unzione dello Spirito Santo, sono marcati da uno speciale carattere che li configura a Cristo sacerdote, in modo da poter agire in nome e nella persona di Cristo capo ». ( PO 2 ). 25. - Questa configurazione, sviluppando quella primigenia del Battesimo, colloca per sempre il presbitero nella sua nuova e singolare funzione entro la Chiesa, perché il presbitero partecipa al sacerdozio mediante il sacramento dell'Ordine, che è stato per sempre « impresso » nella sua anima per mezzo di un segno particolare, cioè il « carattere ». ( Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti, il Giovedì Santo 1979, 3 ) Il sacramento dell'Ordine conferisce una vera e propria consacrazione. Essa però va intesa non in un senso genericamente religioso, ma nella prospettiva di Gesù Cristo, consacrato al Padre per la missione che da lui riceve. Il Concilio dice che i presbiteri « in forza della propria vocazione e della propria ordinazione, sono in un certo modo segregati in seno al popolo di Dio, non per rimanere separati da questo stesso popolo o da qualsiasi uomo, bensì per consacrarsi interamente all'opera per la quale il Signore li ha assunti ». ( PO 3 ) La consacrazione è totalmente relativa alla missione; a sua volta la missione riceve le sue espressioni precise ed i suoi contenuti cristiani non da una generica passione per l'uomo, ma dalla consacrazione, con cui si diventa partecipi dell'amore che Dio stesso ha per noi. Inoltre, il Concilio, contrapponendo la 'segregazione' alla 'separazione', invita ancora una volta a scoprire i fecondi legami che inter corrono tra il sacerdozio dei pastori ed il sacerdozio dei fedeli e inserisce i pastori in un contesto di piena e fraterna condivisione della vita dei fedeli. Riecheggia nei testi magisteriali il senso biblico della segregazione, quale appare, per esempio, negli Atti: Un giorno, « mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: "Riservate per me ( cioè, mettetemi da parte ) Barnaba e Saulo, per l'opera alla quale li ho chiamati" ». ( At 13,2 ) 26. - Il ministero episcopale e il ministero presbiterale L'insegnamento del Vaticano II non tralascia di indicare in quale maniera i presbiteri partecipino al ministero pastorale. La Lumen Gentium afferma: « Il ministero ecclesiastico di istituzione divina viene esercitato in diversi ordini da quelli che già anticamente sono chiamati Vescovi, presbiteri, diaconi ». ( LG 28 ) Il decreto Presbyterorum Ordinis precisa: « Cristo, per mezzo degli Apostoli, rese partecipi della sua consacrazione e della sua missione i loro successori, cioè i Vescovi, la cui funzione ministeriale fu trasmessa in grado subordinato ai presbiteri, affinché questi, costituiti nell'Ordine del presbiterato, fossero cooperatori dell'Ordine episcopale ». ( PO 2 ) Alla luce della sacramentalità dell'Episcopato, i rapporti tra i Vescovi ed i presbiteri non si collocano solo sullo sfondo ristretto della giurisdizione, ma nel contesto più ampio del ministero sacerdotale e pastorale, posseduto in pienezza dal Vescovo e partecipato ai presbiteri. La figura del presbitero, lungi dall'essere vanificata dalla figura del Vescovo, ne risulta chiarita e consolidata. Le ricche connotazioni della figura episcopale diventano una radice feconda di compiti sacerdotali, diversi e complementari. Di conseguenza, tutti gli approfondimenti e le attenzioni, che si svilupperanno attorno alla figura del Vescovo, avranno una ripercussione sul ministero e sulla vita del presbitero. Pensando, da un lato, al legame del Vescovo con la mobile, ricca realtà storica della Chiesa particolare o diocesi e, dall'altro, alla corresponsabilità collegiale nei confronti della Chiesa universale, con tutti i compiti che oggi la interpellano, vediamo profilarsi un'interessante serie di impegni, di funzioni, di incarichi, con cui i presbiteri, « cooperatori dell'Ordine episcopale », ( PO 2 ) possono partecipare creativamente alla missione del Vescovo, di fronte alle provocatorie situazioni in cui vive la Chiesa d'oggi. 27. - Il presbiterio ed il Consiglio presbiterale In forza del sacramento dell'Ordine e della 'missione' del Vescovo, i preti al servizio pastorale di una medesima diocesi costituiscono un corpo ecclesiale, legato da vincoli di speciale comunione. Per questo, dovunque siano, comunque lavorino, qualunque sia il compito da loro svolto, anche modesto ed oscuro, i presbiteri sono nel presbiterio e col Vescovo. Essi non sono, quindi, isolati, ma partecipano dell'ampio respiro pastorale di tutto il presbiterio che, unito al Vescovo, è inserito nella ricca storia della Chiesa particolare ed è responsabile, per quanto di sua competenza, della sollecitudine della Chiesa universale. Il vincolo interiore, che unisce il presbiterio, deve esprimersi esteriormente non solo in gesti di comunione, ma anche in forme e strutture adeguate. Tra queste, il Vaticano II ricorda in particolare i Consigli presbiterali. ( Cfr. CD 27; PO 7 ) Essi sono strumenti per esprimere e attuare meglio l'unità dei presbiteri e la loro collaborazione col Vescovo. Li possiamo vedere in continuità con l'esigenza di dare una configurazione sempre più appropriata al rapporto di comunione del Vescovo col presbiterio. Essi corrispondono, del resto, alla sensibilità partecipativa così diffusa nel nostro tempo. Non si tratta certo di trasportare semplicemente nella Chiesa i modelli della società attuale, ma di interpretare, secondo lo spirito della comunione ecclesiale, quei valori umani che via via vengono acquisiti alla convivenza comunitaria. Tocca ai Vescovi l'impegno di dare ai Consigli presbiterali un'impronta viva e dinamica, di comunione e di collaborazione, che corrisponda ai motivi della loro istituzione e contribuisca a garantire un benefico respiro comunitario all'azione dei singoli presbiteri. II. - Il Presbiterato come forma autentica e originale di vita cristiana 28. - Il profondo rapporto tra il 'ministero' e la 'spiritualità' del presbitero Il Vaticano II insegna che la spiritualità del presbitero prende progressivamente forma dalle caratteristiche stesse del ministero e non da radici esteriori o mediante giustapposizioni accidentali di servizio ecclesiale. È certamente importante cogliere la prospettiva conciliare sul ministero ordinato e delineare la concezione del ministero presbiterale che si è maturata in questi anni nella coscienza di fede della Chiesa. ( Cfr. sopra nn. 8-27) Ma non basta. Il passaggio dalla realtà del ministero alla sua feconda espansione spirituale non è semplicemente deduttivo o applicativo; esso richiede, piuttosto, una paziente opera 'dimostrativa', tesa cioè a mostrare come un'esistenza spesa nel ministero presbiterale costituisce una figura di vita cristiana autentica e originale. Autentica, perché riunisce in sé tutti i fondamentali valori della vita cristiana. Originale, perché li unifica secondo una forma inconfondibile, mediante polarizzazioni singolari, nelle quali attua, senza snaturarle o estenuarle, ma anzi esaltandole e precisandole, le sempre intatte possibilità di imitazione offerte dal multiforme mistero di Gesù Cristo. ( Cfr. sopra nn. 28-37 ) Quest'opera dimostrativa si imbatte in numerosi problemi concreti. Gesù è la verità della storia, ma nella storia; quindi, ogni esistenza secondo lo Spirito si trova in tensione tra la storia normativa di Gesù e i mutevoli episodi della storia umana. Anche la vita spirituale del sacerdote oggi incontra istanze complesse, che richiedono un illuminato discernimento spirituale. In vista di questo discernimento, vogliamo dare, come Vescovi, il nostro contributo, proponendo alcuni orientamenti per la riflessione e l'attività dei nostri presbiteri e delle nostre comunità. ( Cfr. nn. 38-44 ) 29. - La sequela di Cristo La vita del presbitero, per la forza dello Spirito, che nel sacramento dell'Ordine specificamente la modella, come pure per i compiti grandi di ministro di Dio e della sua Chiesa e per i profondi legami sacramentali che la segnano, è tutta consegnata al Signore. Essa di sua natura consente di tendere alla santità e di raggiungerla « secondo i propri doni e uffici », ( Cfr. LG 41 ) perché ogni genere di vita e ogni ufficio inducono a vivere la fede, la speranza e la carità secondo irripetibili modalità, ( Cfr. ivi. ) che rifrangono l'unica santità di Dio. La spiritualità del presbitero nasce dal suo ministero, dal sacramento che lo fonda e dalla grazia sacramentale che l'accompagna; e di ciò si alimenta. ( Cfr. Sinodo dei Vescovi, 1971, Il sacerdozio ministeriale, II, 3 ) Anche la liturgia dell'ordinazione ricorda al candidato il rapporto intimo che intercorre tra il ministero del sacerdote e l'impegno della sua vita spirituale: « Renditi conto di ciò che farai, vivi il mistero che è posto nelle tue mani e sii imitatore del Cristo immolato per noi ». Il carattere 'cristocentrico' d'ogni autentica vita spirituale si attua, quindi, pienamente nell'esistenza sacerdotale. 30. - Il presbitero, pur essendo pastore e maestro, tuttavia è sempre pecorella del gregge di Cristo e discepolo alla sua scuola; anzi, è costituito pastore per un atto e per uno scopo che intensificano la radicale dipendenza da Cristo. Egli è maestro, presidente del culto, pastore, perché è discepolo di Cristo in un modo così decisivo, da diventare immagine e segno del modo con cui tutta la Chiesa dipende radicalmente dal suo Signore. ( Cfr. PO 14 ) E questo non è altro che vivere della fede e nella fede, essere a tal punto edificati nella fede, da edificare gli altri. Rivivono, quindi, nella vita del prete la semplicità, l'infanzia spirituale, la rinnovata meraviglia per le opere di Dio, l'affidamento trepido e gioioso al Padre, i segreti ardori dell'amicizia con Gesù, la docilità allo Spirito, che sono propri della fede: ma, insieme, si accompagnano la viva ricerca della verità, la riflessione rigorosa, la matura decisione della libertà, la saggia risposta agli interrogativi propri e altrui, l'attitudine a incarnarsi nelle mutevoli condizioni del proprio tempo, che pure sono implicate nella vita di fede. La sequela di Cristo nell'esistenza sacerdotale riceve contorni ancora più nitidi da due insostituibili fonti di concretezza storica. 31. - Il prete e la storia di Gesù La prima fonte è la vita di Gesù. Nella sua persona la predicazione, il culto e il servizio regale acquistano un senso e raggiungono un compimento definitivo. Il prete, perciò, apprende quotidianamente le leggi della sua vita sacerdotale non da modelli astratti o generici, ma da uno studio appassionato della storia di Gesù, da un'assidua meditazione dei suoi misteri, da una tale consuetudine con lui, che, a mano a mano che si approfondisce, rivela una distanza sempre più incolmabile tra il prete e Gesù, mette in guardia da emotive identificazioni con Gesù stesso, ma, nel medesimo tempo, arreca l'umile e gioiosa consapevolezza di essere amici suoi, partecipi dei suoi segreti, imitatori del suo stile di vita, in sintonia col suo modo di pensare e di agire. ( Cfr. 1 Cor 11,1 ) 32. - Il prete e la storia della comunità cristiana La seconda fonte è la storia dei credenti. La dipendenza del prete da Gesù è 'segno' della dipendenza da lui di tutta la Chiesa, sposa sempre fedele e sempre esposta alla tentazione di infedeltà. Nel medesimo tempo, dipendendo totalmente da Gesù, il prete rende presente nella Chiesa Gesù maestro e pastore, che suscita la fede, la conferma, la rafforza contro le tentazioni. Nasce così una specie di osmosi tra la fede del presbitero e la fede degli altri credenti. La fede pura dei semplici, gli slanci spirituali delle persone innamorate di Dio, le intuizioni dei mistici, le applicazioni coraggiose della fede alla vita da parte dei cristiani impegnati nei vari servizi sociali, vengono accolte dal presbitero, che, mentre responsabilmente le illumina, ne ricava un prezioso alimento spirituale. Anche i dubbi, le crisi, gli offuscamenti, le difficoltà, le impervietà intellettuali, le inadeguatezze e i ritardi di fronte alle più svariate condizioni personali o sociali, le tentazioni di rifiuto o di disperazione nel momento del dolore, della malattia, della morte: insomma, tutte le circostanze difficili, che gli uomini incontrano sul cammino della fede, vengono fraternamente vissute e sinceramente sofferte nel cuore del presbitero, che, nel cercare le risposte per gli altri, è stimolato a trovarle anzitutto per sé. 33. - Si intravvede così quale sia il modo più vero con cui i fedeli devono accogliere i loro fratelli presbiteri e possono aiutarli a svolgere la propria missione pastorale e a vivere in pienezza la propria spiritualità. La risposta che il sacerdote dà ai problemi dei fedeli non comporterà solo un chiarimento intellettuale o un'amichevole comprensione delle situazioni in cui essi vivono, ma dovrà tendere a manifestare nella vita complessiva del presbitero l'unico valore cristiano supremamente credibile, cioè l'amore di Cristo pastore che dona la vita. La dedizione a edificare la Chiesa fino al dono della vita, a immagine e con la forza di Cristo, è la modalità tipica con cui il prete attua la sequela di Cristo. Viene raggiunto così il cuore di ogni autentica vita spirituale, che è la carità 34. - La carità pastorale La tradizione spirituale cristiana indica nella carità l'elemento essenziale della perfezione evangelica. Per questo conviene soffermarci su alcuni tratti che la condizione 'pastorale' del presbitero imprime alla carità, vertice della santità e vincolo della perfezione. 35. - La carità pastorale e l'unità della vita del prete Anzitutto, la carità pastorale diventa principio sintetico e vitale delle varie articolazioni, in cui è costretta oggi a 'disperdersi' la vita dell'uomo e del credente. ( Cfr. PO 14 ) È molto interessante il fatto che il Concilio collochi questo tipico problema del prete sullo sfondo di una condizione generale, che tocca l'uomo contemporaneo: « Nel mondo d'oggi, essendo tanti i compiti che devono affrontare gli uomini e così grande la diversità dei problemi che li preoccupano, e che spesso devono risolvere con urgenza, in molte occasioni essi si trovano in condizioni tali che è facile che si disperdano in tante cose diverse ». ( Cfr. ivi. ) Nella vita del prete la dispersione si rende talvolta presente in modo drammatico: « Anche i presbiteri, immersi e agitati da un gran numero di impegni derivanti dalla loro missione, possono domandarsi con vera angoscia come fare ad armonizzare nell'unità la vita interiore con l'azione esterna ». ( Cfr. ivi. ) Il Concilio riconosce che non bastano né un'organizzazione esterna più efficiente né il solo ricorso agli esercizi di pietà. Occorre invece conformarsi su Cristo Signore e vedere in ogni gesto della vita pastorale un modo di fare la volontà del Padre sull'esempio di Cristo buon pastore, nel dono totale di se stessi per il gregge affidato. ( Cfr.ivi.) Così la carità cristiana, vissuta con questa sottolineatura pastorale, diventa la forma unificante della vita del presbitero: esercizio del ministero e ricerca della perfezione diventano la stessa cosa. Confrontando questa sintesi propria della vita del presbitero con la situazione generale delineata sopra, vediamo che essa è un'indicazione, discreta ma stimolante, sul modo con cui i credenti e gli uomini d'oggi, sia pure in condizioni e con modalità diverse, possono superare i logoramenti del ritmo dispersivo dei nostri giorni. 36. - La carità pastorale e i rapporti con i fratelli Un'altra caratteristica della carità pastorale è connessa con la 'segregazione', biblicamente intesa, da cui la persona del presbitero è qualificata. Il ministero pastorale scaturisce dal fatto di essere 'presi' e 'messi da parte' in vista di un'opera da compiere: vale anche qui l'esempio di Cristo, « che il Padre santificò e consacrò, inviandolo al mondo ». ( Cfr. PO 12 ) Il modo con cui il pastore segregato-inviato esercita la carità si manifesta in un generoso accoglimento e in un'infaticabile proposta di rapporti. Sono rapporti, da una parte, indeterminati, perché nascono da un'incondizionata dedizione a tutta la Chiesa e a tutti i suoi molteplici com piti missionari; ma, d'altra parte, essi sono suscettibili di precise e vincolanti determinazioni, perché legati alle strutture istituzionali della Chiesa, alle interpellanze della carità, ai casi di necessità. La carità pastorale si ramifica in una intensa vita interpersonale. Essa vede aprirsi spazi molto ampi d'impegno spirituale nei rapporti col Vescovo, con i confratelIi, con i fedeli e con tutti gli uomini. Immerso in Cristo e nella comunione gerarchica e fraterna della Chiesa, il presbitero vive per essa come il pastore per il gregge, come lo sposo per la sposa. C'è qui una preziosa indicazione per cogliere il significato spirituale di quella dimensione del ministero presbiterale che lo radica, in qualche modo vincolandolo, a una Chiesa locale: l'incardinazione. Per essa, il presbitero viene donato a una Chiesa locale e per suo tramite all'intera Chiesa cattolica. Egli si mette al servizio della fisionomia propria che il dono di Dio assume attraverso l'evento della Chiesa locale. E perciò ne studia la storia, ne ammira il volto spirituale, ne raccoglie l'eredità, ne sviluppa la vita, intessendo una ricca trama di rapporti con i diversi membri della comunità. 37. - Ci preme, a questo punto, illustrare quel vincolo che può suscitare l'impegno di tutti i fedeli a capire, ad accogliere e ad aiutare fraternamente i loro preti. L'esercizio della preghiera, delle scelte evangeliche, delle virtù cristiane, in quanto animato dalla carità pastorale, edificatrice del popolo sacerdotale di Dio, comporta che avvenga una specie di fusione tra la vita del pastore e la vita del gregge. La preghiera del prete, la cordialità con i confratelli, l'obbedienza al Vescovo, la castità, la povertà, l'intransigenza evangelica, l'umiltà, il coraggio, la disponibilità verso tutti e la cura preferenziale per i 'piccoli' si attuano in un intreccio caratteristico di tensioni tra le leggi obiettive della vita secondo lo Spirito, le situazioni soggettive del presbitero e le esigenze della comunità. Sono tensioni che talvolta producono pericolose e sofferte lacerazioni; ma, se vengono vissute in un contesto di fede, di consapevolezza, di libertà, di aiuto interpersonale, esse producono una benefica ed entusiasmante varietà di figure sacerdotali, che arricchiscono il presbitero e tutta la comunità cristiana. III. - Linee di testimonianza sacerdotale 38. - Alcuni problemi di spiritualità del prete diocesano La figura del sacerdote, così delineata, è soprattutto quella del presbitero diocesano, incardinato in una Chiesa particolare. Oggi, comunque, non pochi sacerdoti tendono a ispirare la loro vita a varie correnti e forme di spiritualità. Non intendiamo certo affermare inconciliabilità assoluta tra le diverse ispirazioni cui il presbitero diocesano può orientare la sua vita. Vorremmo, però, che restassero chiari due principi: - l'essere prete in una Chiesa particolare è, di natura sua, una condizione pienamente adeguata per vivere un'autentica spiritualità cristiana; - ogni eventuale ispirazione alle altre forme di spiritualità deve consentire al sacerdote di essere veramente prete diocesano, al servizio di tutta la comunità cristiana. 39. - È nostro compito di Vescovi, inoltre, individuare e suggerire i possibili modi di testimonianza sacerdotale. L'esercizio della nostra missione in ordine alle Chiese particolari ha portato in questi anni a scoprire nuove esigenze di collaborazione presbiterale al nostro ministero. Fondamentali restano le forme di collaborazione nell'attività parrocchiale o nei servizi diocesani o super-parrocchiali o inter-parrocchiali. Ma sentiamo anche l'esigenza di rendere presente il nostro ministero, mediante sacerdoti adeguatamente preparati, in quei settori della società che oggi stimolano la nostra sollecitudine pastorale: pensiamo al mondo del lavoro, alle zone crescenti e varie dell'emarginazione, al mondo della cultura, della scuola e della comunicazione sociale, per fare solo alcuni esempi espressivi della società italiana. Contemporaneamente, l'approfondimento della nostra collegiale responsabilità verso tutte le Chiese del mondo ha acuito l'esigenza di uno scambio missionario di presbiteri, sia nell'ambito delle Chiese italiane sia con le Chiese di altre nazioni. La sensibilità alle situazioni accennate ha dato origine a nuove forme di cooperazione presbiterale al nostro ministero. Talvolta l'inesplorata novità di queste forme ha reso difficile la loro configurazione oggettiva, e ha creato il rischio soggettivo della precipitazione e dell'incomprensione. 40. - A questo proposito, mentre ci è caro esprimere stima e comprensione a quei presbiteri che danno valida prova in forme nuove di ministero, chiediamo loro di congiungere l'ardimento apostolico con la prudenza cristiana, con la vicinanza cordiale e l'obbedienza serena al Vescovo, con la comprensione pacata dei problemi oggettivi e dei pericoli soggettivi di certe scelte. D'altra parte, chiediamo a tutti i presbiteri e alle comunità cristiane d'aiutare con la simpatia e con ogni possibile mezzo di sostegno quei preti che, in sintonia col loro Vescovo, stanno sperimentando nuove forme di testimonianza sacerdotale. 41. - Il presbitero e l'impegno nel mondo Un'approfondita coscienza dell'identità sacerdotale potrà contribuire ad allentare la tensione tra Chiesa e mondo, che spinge alcuni presbiteri ad entrare indebitamente nel campo degli impegni temporali, assumendo responsabilità dirette in attività politiche, sindacali o simili. Una buona intenzione soggettiva e alcune oggettive condizioni sociali difficili si congiungono, in questi casi, con un'inesatta comprensione della vocazione del prete e con una teologia incompleta della missione della Chiesa. I sacerdoti hanno il dovere di cercare una visione veramente cristiana dei rapporti tra evangelizzazione e promozione umana e di formarsi a una sincera coerenza con il loro proprio ministero. Quest'ultima richiede che il presbitero si dedichi totalmente all'edificazione della comunità cristiana e all'animazione dei carismi, attraverso i quali i laici devono affrontare gli impegni temporali. 42. - Questo non significa escludere dalla missione del presbitero un sincero interesse e un fattivo impegno nell'ordine temporale. Nella linea del suo ministero, egli può dare un grande contributo all'instaurazione di un ordine temporale più giusto, là specialmente dove i problemi umani dell'ingiustizia e dell'oppressione sono più gravi, mantenendo sempre intatta, però, la comunione ecclesiale ed escludendo la violenza, sia nelle parole, sia nei fatti, perché non è evangelica. ( Cfr. Sinodo dei Vescovi, 1971, Il sacerdozio ministeriale, I, 7 ) Il compito propriamente pastorale e apostolico del suo ministero spinge il presbitero a un profondo interesse per tutto ciò che può favorire l'unità e la fratellanza tra gli uomini, la ricerca della verità, la difesa dell'amore e della vita, la pace sociale, il sostegno e la crescita della libertà e della giustizia. In questo compito, i laici possono veramente aiutare il presbitero. Se essi assumeranno decisamente le loro responsabilità, sentiranno, da un lato, l'esigenza di trovare nel presbitero un punto di verifica e di confronto, e contribuiranno, dall'altro, a rendere più precise le relative competenze. 43. - Il ministero presbiterale: vocazione definitiva L'immagine di sacerdote che abbiamo ora presentato alle nostre comunità cristiane è un ideale di vocazione, che contiene in sé e comporta per l'esercizio del ministero un'imprescindibile esigenza di definitività. Nel nostro tempo alcune difficoltà di ordine spirituale e pratico, congiungendosi con una concezione puramente funzionale del ministero ordinato, tendono ad intaccare l'esigenza di definitività. Essa trova nella perennità del carattere sacramentale il fondamento reale e personale, ma si alimenta anche di continue motivazioni fondate sull'attenta considerazione di tutti quei tratti, anche d'ordine psicologico e storico, che delineano la figura del prete. Nella sua radicale dipendenza da Cristo, egli è il segno della fedeltà con cui Gesù, buon pastore, si unisce alla Chiesa sposa, fino al dono della vita; e nelle profonde relazioni, che intesse con tutti i fedeli, egli è segno e riferimento di tutte le modalità con cui la Chiesa, offrendo il culto spirituale, si lascia guidare dallo Spirito sulla via di una sempre più radicale fedeltà al Cristo sposo e di una decisione sempre più completa alla missione verso gli uomini. Occorre, quindi, che questa obiettiva natura della funzione presbiterale generi nella coscienza del prete un orientamento generoso all'incondizionata definitività, che diventi esemplare anche per le altre vocazioni cristiane. 44. - Un simile esempio può influire beneficamente anche oltre i confini della comunità cristiana. Il clima spirituale del nostro tempo, proprio a causa del modello di società da cui deriva e di cui è espressione, mentre da una parte favorisce l'impegno entusiastico nei più svariati settori delle esigenze sociali, dall'altra però inclina al velleitarismo per insofferenza verso programmi a lunga scadenza e verso scelte definitive. Il mondo giovanile risente spesso acutamente degli effetti di questa mentalità. Il coraggio della definitività diventa allora un segno evangelico, che i cristiani devono saper produrre davanti al mondo. Il prete, educatore della comunità nelle scelte pastorali e missionarie, deve dare per primo l'esempio nel saper correre i rischi derivanti dall'adesione coerente al Vangelo. Parte II - Il cammino della vocazione Sacerdotale: Nascita, Cura, Maturazione 45. - L'aver tratteggiato il ministero presbiterale come forma originale e indispensabile di vita cristiana, è senz'altro un'acquisizione fondamentale. Occorre anche, però, suggerire orientamenti e prevedere strumenti efficaci per proporre questa forma di vita, curarne la nascita e la crescita, accompagnarne lo sviluppo. Per risvegliare l'impegno comunitario di tutti i membri del popolo di Dio e per proporre gli opportuni interventi pastorali, illustriamo le tappe successive e organicamente collegate del cammino vocazionale verso il presbiterato: I - l'apparizione e la percezione di questa singolare grazia della vocazione e l'accoglienza che ad essa deve tutta la Chiesa; II - l'educazione e la cura della vocazione nel seminario; III - lo sviluppo di santità e di fedeltà sacerdotale e apostolica, cui il sacramento dell'Ordine abilita e sollecita. I. - Il dono della vocazione al Presbiterato 46. - Il mistero della vocazione e i suoi segni In ogni vocazione cristiana il credente rivive in un modo proprio e personale la chiamata universale alla salvezza. La vocazione al sacerdozio, per la speciale gratuità che la contraddistingue e per il servizio ecclesiale al quale la destina, diventa un segno particolarmente espressivo della convocazione di tutta la Chiesa per l'opera divina della salvezza. Per questo « il dono della vocazione è segreto di Dio », un segreto che si esprime attraverso « una voce con un accento singolarissimo, misterioso ma inconfondibile, grave e soave, … mite e potente, … che è insieme invito e comando, e dice: "vieni e seguimi" ». ( Paolo VI, Omelia, 4.11.1963 ) Come il mistero della salvezza cui essa appartiene, la vocazione ha due dimensioni: quella della grazia interiore, che bussa e invita al coraggio della decisione, e quella esterna della chiamata da parte della Chiesa, che « interpretando la voce interiore la dice divina e la dice rivolta » a un determinato battezzato. ( Così Paolo VI, citato in PO 11, nota 66 ) 47. - Chi ha inteso la chiamata interiore deve attendere che essa sia approvata da quella esteriore della Chiesa: questa a sua volta non può non fondarsi su quella. Abituarsi a vivere, a pregare e a maturare le proprie scelte di vita secondo ambedue questi modi in cui giunge la voce di Dio è indispensabile: ed è la via per non sottovalutare né la responsabilità della Chiesa né i suggerimenti profondi dello Spirito. Questa duplice e correlata modalità della chiamata del Signore si manifesta non solo nel momento del riconoscimento e della approvazione, ma anche nel cammino lungo il quale emergono e si chiariscono i segni della vocazione. Se dunque è certo che il Signore non farà mai mancare la grazia della vocazione al presbiterato, bisogna però rendere la comunità cristiana davvero attenta al passaggio di Dio e alla sua voce, capace cioè di discernere con delicatezza il 'soffio' con cui il Signore chiama. ( Cfr. 1 Re 19 ) La verifica di questa chiamata misteriosa e interiore è garantita, oltre che dalla rettitudine d'intenzione, dalle attitudini morali, intellettuali e spirituali ( Cfr. OT 6 ) e da tutti gli altri necessari segni di idoneità, ( Cfr. Paolo VI, Lettera ap. Summi Dei Verbum) che vanno attentamente esaminati e pazientemente educati. Si delinea così un itinerario, in cui le decisioni ultime vengono preparate da numerosi momenti intermedi, costituiti dal quotidiano dialogo in cui Dio variamente chiama l'uomo a seguirlo, e questi prende posizione di fronte a lui, disponendosi a chiamate più impegnative e globali. 48. - Responsabilità di tutti verso l'accoglienza della vocazione Tutta la comunità cristiana è responsabile verso la percezione, chiarificazione e maturazione della misteriosa chiamata del Signore. Proponiamo, quindi, alcune riflessioni sulle persone che sono maggiormente coinvolte in quest'opera, sui valori che devono essere coltivati e proposti, sulle iniziative che possono essere fruttuosamente avviate. 49. - Le persone maggiormente interessate alla pastorale vocazionale Circa le persone, va segnalata la necessaria compresenza e collaborazione di tutti coloro che svolgono una funzione educativa. Per la famiglia, che il Vaticano II chiama « primo seminario », ( OT 2 ) si profila il compito esaltante di collaborare con Dio anzitutto con una generosa accoglienza della vita; e poi con la sapiente attenzione a creare al proprio interno le condizioni adatte alla ricerca della vocazione: condizioni che rispettino una ben orientata libertà dei figli e stimolino al confronto con la iniziativa del Signore e con il suo progetto sul mondo. La preghiera in famiglia è elemento decisivo per la creazione di tale clima: in esso sarà possibile per i genitori accettare nella fede il distacco dal figlio che fosse chiamato, e per tutti far crescere una sincera gratitudine a Dio per il dono ricevuto. I catechisti, gli educatori, gli insegnanti non solo devono trattare esplicitamente della vocazione al presbiterato, ma curarne una familiare consuetudine, perché ciascuno sia aiutato a tenerla in viva e decisiva considerazione nelle scelte che va maturando per il suo futuro. La parrocchia, le associazioni e, più in generale, tutti i veri gruppi ecclesiali sono ugualmente corresponsabilizzati: in essi ognuno impara a vivere tra gli altri e per gli altri in una feconda motivazione di fede; per loro tramite ci si accosta sempre più al mistero della Chiesa e delle sue necessità pastorali, come pure al mistero dell'uomo, che è essenzialmente bisognoso di Dio e della sua salvezza. 50. - Una responsabilità precisa compete ovviamente ai sacerdoti: « Fa parte della stessa missione sacerdotale, in virtù della quale il presbitero partecipa della sollecitudine per la Chiesa intera », che i sacerdoti « abbiano la massima preoccupazione per far comprendere ai fedeli l'eccellenza e la necessità del sacerdozio; … e aiutino quanti considerino veramente idonei a un così elevato ministero, siano essi giovani o adulti ». ( PO 11 ) Lo zelo e la gioia interiore quali si esprimono nella vita sacerdotale rappresentano, con la forza della loro testimonianza, un'evidente e affascinante proposta vocazionale. In particolare va rispettata l'integrità dell'annuncio del Vangelo, che comprende anche l'appello a seguire Cristo nel suo ministero pastorale. Il fatto che sia lo Spirito Santo a guidare le decisioni dei singoli nulla toglie al dovere di proclamare la parola del Signore nella sua interezza. Non si dovrà temere di « scendere in mezzo ai nostri giovani e chiamare » con esplicito coraggio, secondo la raccomandazione rivoltaci recentemente dal Papa. ( Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la XVI giornata mondiale delle vocazioni, 6 gennaio 1979, 2 ) Proprio perché in servizio dell'opera di Dio, e non di progetti o gusti personali, i sacerdoti devono sempre prestare grande attenzione ad ogni segno di vocazione, prendersi cura in modo particolare di ciascun prescelto, avviarlo ad esperienze che possano meglio realizzare la sua personalità cristiana. ( Cfr. PO 11 ) 51. - I valori cristiani nella pastorale vocazionale Talvolta le nostre comunità sono sinceramente desiderose di proporre il valore cristiano della vocazione sacerdotale, ma incontrano una specie di diffusa opacità spirituale, che spegne la risonanza e vanifica i frutti della loro proposta. Si tratta allora di riscoprire i grandi valori che soggiacciono al ministero presbiterale e di saperli ripresentare in modo da renderli non solo comprensibili, ma convincenti ed entusiasmanti. Tali valori, infatti, non sono capiti e vengono perfino disprezzati da parte di molte componenti della cultura odierna. Ma quando sono vissuti con coerenza evangelica e con umile coraggio, essi rivelano ancora oggi tutto il proprio significato e il proprio fascino e trovano anche nel cuore dell'uomo contemporaneo l'eco di una lunga attesa e un'inconfessata nostalgia. 52. - La proposta dei valori cristiani, che sono presenti nella vita e nel ministero dei presbiteri, deve rendersi accorta di alcune sottolineature che le consentirebbero di giungere in modo più efficace alle nostre comunità; senza per questo dimenticare che la donazione totale di sé per Gesù e per il Regno resta una scelta assurda e scandalosa agli occhi del mondo, e solo per la grazia dello Spirito può essere compresa nella luce della pasqua e attuata nella logica nuova della fede. Ci limitiamo ad alcuni cenni. 53. - In mezzo alla perdurante tentazione di ridurre l'esistenza umana alla somma delle sue necessità materiali, si fa sempre più strada la coscienza dell'importanza decisiva dei valori spirituali. Pur tra ambiguità e incertezze, rinasce oggi in molti la convinzione del significato positivo e liberante dell'esperienza di fede e dell'impegno appassionato che ne consegue per la vita dell'uomo. Il ministero del prete, dedicato senza riserve al compito di chiamare alla fede e di educare alla maturità cristiana, risulta chiarito nel suo valore anche da questa rinascente convinzione. Quanto più gli uomini capiranno che la loro speranza non si alimenta al moltiplicarsi effimero dei beni materiali, ma deve ancorarsi a quel 'supplemento d'anima' che il mondo attende per aprirsi finalmente alla civiltà dell'amore, tanto più il 'servizio sacerdotale' sarà riconosciuto nella sua utilità e stimato come urgente e prezioso modo di spendere la vita. 54. - Mosso dall'amore di Dio e interiormente assimilato a Cristo buon pastore, il presbitero si presenta inoltre come un uomo completamente dedicato ai fratelli e alla loro salvezza in un dialogo diretto ed immediato con la loro vita, soprattutto là dove essa è segnata dall'esperienza dell'alienazione e del dubbio, della delusione, della povertà, dell'emarginazione. Molti ragazzi e giovani cominciano a sentire il fascino della vocazione sacerdotale proprio da questa possibiltà di dedizione all'uomo, di celebrazione continua della dignità della sua persona, di liberazione dal ristretto orizzonte delle cose e della loro trasformazione materiale, che rischia di divenire fine a se stessa e di servire solo al guadagno e al profitto. Essere « costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio » ( Eb 5,1 ) e proprio per questo essere abilitato, per dono del Signore e non per capacità propria, ad annunciare all'uomo la parola decisiva della sua salvezza integrale: questa è l'intuizione che può aiutare molti a capire chi è il prete e a ricevere lo stimolo vocazionale che deriva dalla testimonianza della sua vita. 55. - Un altro valore evangelico particolarmente presente nel ministero sacerdotale è la sua dimensione comunitaria. Il prete è uomo di comunione non solo perché, come ogni battezzato, appartiene alla nuova realtà del popolo di Dio, ma perché di tale popolo è guida sicura e di quella comunione è responsabile e garante. L'uomo contemporaneo, sempre più esposto al rischio di trovarsi sradicato, isolato e quasi disperso nell'anonimato delle grandi città e nella massificazione conseguente alla civiltà industriale, diventa, proprio per questo, più sensibile all'invito di chi lo richiama, in nome di Cristo, a partecipare alla trama di vere e profonde relazioni fraterne, che il peccato distrugge ma che lo Spirito di Dio tesse continuamente nella comunità cristiana. La presenza e la missione dei presbiteri può, dunque, apparire in tutto il suo valore anche dal fatto che essa, per divina disposizione, ha proprio lo scopo di favorire, di custodire e di sviluppare quella comunione tra gli uomini, fondata sul dono della rinnovata comunione con Dio, che sola può rispondere in modo adeguato all'esigenza di vero amore, innata nell'uomo. 56. - È possibile, infine, riscoprire oggi un significato profondo e nuove motivazioni della professione dei consigli evangelici che la Chiesa, specialmente nella tradizione latina, chiede ai presbiteri. Occorrerebbe mostrare che l'obbedienza al Vescovo e l'adulta e corresponsabile collaborazione nel presbiterio, anziché mortificare la libertà, le offrono un modo esigente e robusto di purificarsi dalle involuzioni e dai particolarismi, per radicarsi in Dio, fonte di ogni vera e libera carità. Occorrerebbe far capire che la scelta volontaria di una vita povera, mentre proclama che Cristo è l'unica vera ricchezza, contesta ogni legame idolatrico con i beni materiali, dispone a capire e a condividere la condizione dei poveri, diventa richiamo austero a chi si trova nell'occasione prossima di peccato determinata dalla ricchezza, crea infine le premesse per un rispetto più profondo delle energie del creato e della loro vitale armonia e, insieme, per un ordinamento più giusto nella distribuzione del benessere materiale. Occorrerebbe far percepire che la scelta della verginità cristiana ha, tra gli altri, anche il significato di testimoniare all'uomo, forse mai come oggi minacciato da squilibri e degradazioni sessuali, la liberante possibilità di esercitare sugli istinti una vera e serena signoria, riproponendo la dimensione oblativa dell'amore umano, il suo fondamento in Dio e non nel desiderio di un appagamento egoistico, il suo coronamento nell'amicizia spirituale, la sua espansione nella fraternità universale. Il celibato sacerdotale, ben lungi dall'essere una pura condizione giuridica, motivata solo da esigenze di scioltezza nell'esercizio del ministero, viene così vissuto come uno dei doni più belli e dei servizi più preziosi che il prete, che a sua volta l'ha ricevuto da Dio come un dono, può garantire alla sua comunità. La testimonianza della verginità cristiana, infatti, consente al presbitero di annunciare in modo singolarmente efficace l'amore preveniente e universale del Padre e la donazione assolutamente gratuita e incondizionata di Cristo, che sono il fondamento di quella nuova realtà di comunione che egli è mandato a suscitare nel cuore degli uomini. 57. - Alcune iniziative vocazionali La proposta della vocazione sacerdotale e dei valori cristiani che ad essa si connettono va sostenuta con iniziative efficaci. Ne segnaliamo alcune, che ci sembrano indispensabili per non esporsi, da un lato, al rischio della sterilità e, dall'altro, al rischio del proselitismo utilitaristico. 58. - Un posto importante va riconosciuto anzitutto alla catechesi sia in alcuni 'tempi forti', che preparano a ricevere i sacramenti, sia nelle normali stagioni della vita, sempre bisognose di assimilare la parola di Dio. Occorre che la catechesi relativa al ministero sacerdotale sia organicamente inserita nel piano più vasto dell'annuncio cristiano; ma si deve anche evitare il rischio di proporre solo i grandi e generali valori cristiani, senza parlare di quelle forme vocazionali di sequela di Cristo e di servizio alla Chiesa, che si usa chiamare 'di speciale consacrazione'. 59. - Ma la catechesi non basta. La proposta e la verifica della vocazione chiamano in causa quelle recondite profondità della storia personale, che possono essere esplorate solo nella forma di comunicazione della fede tipica del colloquio personale. Alludiamo alla direzione spirituale, la cui ripresa raccomandiamo calorosamente, come mezzo per discernere i doni dello Spirito che, mentre edificano personalità cristiane adulte nella fede e capaci di amore oblativo, suggeriscono anche le modalità vocazionali, con cui la storia del credente viene assunta nel mistero di Cristo e plasmata dalla forma di vita proposta da Gesù. Risultano inoltre decisive, nella vicenda personale di molti chiamati al sacerdozio, le intense occasioni di preghiera proposte ai ragazzi e agli adolescenti, i ritiri e gli esercizi spirituali nei quali un giovane o un adulto si mette in atteggiamento di ascolto di Dio, e le esperienze durevoli di un impegnativo servizio ecclesiale. L'esercizio dei vari ministeri nella comunità, soprattutto quello del catechista e dell'educatore, può essere fecondo vivaio di vocazioni al presbiterato; e in questa luce andrebbe maggiormente valorizzato. 60. - Sulla base di questa educazione globale alla vita di fede, non appariranno puramente artificiose e strumentali, ma ricche di sapienza pedagogica, altre iniziative che stanno riprendendo vigore in molte diocesi: il coinvolgimento di ragazzi e giovani nei vari servizi liturgici; mostre, dibattiti, giornate di studio sulla vocazione; tempi e luoghi di preghiera per le vocazioni sacerdotali; pellegrinaggi giovanili ai santuari di Maria Santissima, modello di ogni vita secondo lo Spirito e Regina degli Apostoli. Per un più preciso e ricco elenco di singole iniziative, è opportuno rinviare all'elaborazione dei piani pastorali delle singole diocesi che, secondo le tradizioni locali e quanto hanno già utilmente sperimentato, potranno, attraverso i Centri Diocesani Nazionali e attraverso i seminari stessi, studiare e promuovere le iniziative che giudicheranno più opportune ed efficaci. Da molti segni ricaviamo l'impressione che in questi ultimi anni nella Chiesa italiana stia riprendendo slancio e convinzione la proposta delle vocazioni di speciale consacrazione e in particolare di quelle sacerdotali. L'intelligenza e la vivacità degli operatori pastorali in questo campo, unita ad una sempre più corretta visione dei valori ecclesiali e spirituali e delle dinamiche psicologiche e pedagogiche in gioco, non dovrebbero tardare a produrre il frutto tanto atteso, già presente in altre nazioni, di una ripresa anche numerica delle vocazioni sacerdotali. 61. - Lo 'sfondo' educativo della pastorale vocazionale e l'orientamento al seminario Le indicazioni suggerite circa la pastorale vocazionale mostrano che essa è un momento di una pastorale più vasta e organica che ne costituisce lo 'sfondo' indispensabile, e che riguarda l'impegno educativo della comunità adulta verso i ragazzi e i giovani. La pastorale delle vocazioni ha il suo naturale sbocco nella comunità del seminario diocesano. È necessario, quindi, evitare sia il rischio di un ingresso prematuro, suggerito più dalla necessità di ripopolare il seminario che dall'opportunità pedagogica, sia il rischio di trasformare, di fatto, la pastorale delle vocazioni in una alternativa al seminario, con la conseguente perdita di profondità e di integralità del cammino vocazionale. 62. - La riscoperta dell'impegno educativo Si è parlato tanto, nel nostro tempo, di crisi delle vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione. In realtà, la crisi riguarda anche le vocazioni cristiane al matrimonio, perché l'educazione dei giovani alla fede viene affrontata o con pregiudiziale sfiducia o con palliativi ingenui, di impronta superficialmente psicologica e pragmatica. È necessario che i cristiani adulti riscoprano la fatica e la gioia di essere educatori dei giovani. Il rispetto che si deve alla personalità giovanile, ricca di genialità profetica e di benefiche e ancora intatte risorse di libertà, non deve fare dimenticare la condizione tipicamente evolutiva del giovane, né il facile nomadismo che talvolta si cela sotto la professione di libertà, né gli aspetti ancora immaturi dell'età giovanile. Occorre quindi superare sia la rinuncia sconsolata a educare, sia, peggio, l'assunzione di atteggiamenti 'giovanilistici' che mitizzano non i valori, ma i limiti della personalità giovanile. 63. - L'educazione cristiana deve avvalersi di alcuni interventi, che sono previ all'annuncio vero e proprio della fede e tendono, mediante una comprensione onesta e amica della situazione disorientata del giovane d'oggi, a ricostruire in lui una personalità serena, disposta a tutti i sacrifici che la ricerca della verità e la crescita dell'oblatività nell'amore comportano. In ogni caso, resta importante fare una nitida proposta della fede, sia nell'organica completezza dei suoi contenuti oggettivi, sia nelle sue implicazioni esistenziali. In questa luce va introdotta anche la prospettiva vocazionale. Anzi, la presentazione delle diverse vocazioni cristiane, nella loro varietà e nelle loro esigenze, può rompere un pericoloso circolo vizioso che si va costituendo nelle nostre comunità. Molti giovani sono tentati di isolarsi dalla comunità cristiana, perché la trovano ritardataria e reticente dinanzi ad alcuni problemi umani a cui essi sono assai sensibili; d'altra parte, l'incisività della presenza cristiana in certi settori è sminuita dalla mancanza di giovani che sappiano incarnare i valori evangelici in scelte a favore dell'uomo: di qui il collegamento tra la progressiva perdita di credibilità della comunità cristiana e il progressivo dissanguamento nel settore giovanile. Questo circolo vizioso potrà essere interrotto dal coraggio evangelico con cui alcuni giovani, illuminati e sostenuti dagli adulti, si impegneranno in scelte vocazionali sicure. E un'espressione efficace di coraggio è senza dubbio la vocazione al ministero sacerdotale. 64. - L'orientaniento al seminario Nella prospettiva generale del reciproco influsso tra la pastorale giovanile e la pastorale vocazionale può essere affrontato il problema di quando sia opportuno l'ingresso in seminario. Dire che il potenziamento della pastorale giovanile dovrebbe orientare verso un ingresso differito è affermazione astratta e gratuita. Tre punti dovrebbero essere chiari: che anche i ragazzi e gli adolescenti sono recettivi di segni e orientamenti verso una particolare vocazione; che un consenso pienamente responsabile e definitivo deve attendere uno stadio abbastanza adulto della personalità; che la fase educativa intermedia, mentre prevede l'intervento normale di più componenti educative - famiglia, parrocchia, scuola, gruppi, ecc. -, deve concedere anche l'aiuto a quelle persone che sentono una chiamata verso forme di vita oggettivamente speciali; tale appunto è l'aiuto offerto, nel caso della vocazione sacerdotale, dal seminario. 65. - Non si potranno dare soluzioni universali al problema dell'individuazione del momento giusto per l'ingresso nel seminario minore. Ogni caso andrà ponderato con molto rispetto del mistero di Dio, operante in ciascuno secondo ritmi e tempi diversi da quelli del semplice buon senso umano, e con molta attenzione alle circostanze psicologiche, ambientali, familiari, che compongono il contesto vitale di una persona. Inoltre, mentre si riconosceranno i vantaggi di una vita giovanile inserita nei più normali contesti sociali, al fine di maturare alcune doti necessarie al prete oggi, non si sottovalutino gli effetti spirituali, che vengono prodotti in chi, fin dall'adolescenza, vive in contatto con proposte di preghiera, di radicalità evangelica, di respiro ecclesiale, quali sono quelle offerte dal seminario. D'altra parte, mentre si valuteranno i possibili rischi di sottile asfissia culturale o di involontario condizionamento presenti in una comunità specializzata, non si dimentichino gli influssi negativi di un contesto sociale disarticolato, che finiscono talvolta col distogliere un giovane dalla strada del sacerdozio, non perché in lui non siano stati presenti chiari germi di vocazione, ma perché la sua personalità, generosa ma fragile, non è stata sufficientemente aiutata a darsi difesa contro le tentazioni, autonomia decisionale, robustezza psicologica. Il progetto di vita del seminario minore avrà cura, quindi, di configurarsi in modo tale da evitare rischi e rendere sempre più sicuri i vantaggi. 66. - La pastorale diocesana è invitata ad approntare un piano articolato, nel quale si prevedono e si valorizzano tutte quelle iniziative permanenti che, rivolgendosi in forme diverse ai ragazzi, ai giovani, alle famiglie e ai sacerdoti, sono un vero e proprio servizio ecclesiale di promozione delle vocazioni. I Vescovi, in ogni caso, si pronunciano chiaramente sulla preferenza da riservare all'ingresso tempestivo nel seminario minore, quando esso risponda ai criteri sopra accennati. II. - Educazione e cura della vocazione nel seminario 67. - Il seminario: comunità ecclesiale per la formazione dei presbiteri Il Vangelo ci testimonia più volte la speciale attenzione dedicata da Gesù alla formazione degli Apostoli, da lui scelti e costituiti nel simbolico numero di dodici come fondamento della Chiesa, nuovo Israele e popolo della definitiva alleanza. La tradizione riportata da Marco ( Cfr. Mc 3,13-19 ) sottolinea il profondo legame che unisce gli Apostoli con Cristo e tra loro; essi, infatti, prima di essere mandati a predicare e a guarire, sono chiamati a stare con lui. ( Cfr. Mc 3,14 ) Una prolungata e intima consuetudine di vita con Gesù appare collegata con la preparazione al ministero apostolico. Essa richiede ai dodici di realizzare in modo chiaro la 'segregazione' e il distacco, in qualche misura proposti a tutti i discepoli, dall'ambiente d'origine, dal lavoro consueto, dagli affetti familiari. ( Cfr. Mc 1,16-20; Mc 10,28;Lc 5,9-11.27-28; Lc 9,57-62; Lc 14,25-27 ) 68. - La Chiesa ha raccolto questa indicazione evangelica e l'ha tradotta in un'attenta sollecitudine per il discernimento del carisma apostolico e la formazione dei candidati al ministero ordinato. Tale sollecitudine ha assunto, nel corso della storia, forme e modalità molteplici. Ma dal Concilio di Trento in poi, in ogni Chiesa locale, la comunità voluta dal Vescovo per l'accoglienza, la verifica e la maturazione delle vocazioni sacerdotali, è stata il seminario. La volontà di garantire un'esperienza di fede ricca e organicamente collegata con le varie fasi dello sviluppo della personalità, in un clima di intenso rapporto spirituale con Gesù, di esigente vita comunitaria e di seria preparazione teologica, ha condotto la Chiesa a scegliere l'istituzione seminaristica come via necessaria per la preparazione al sacerdozio ministeriale. 69. - Sottoposto, come ogni altra istituzione umana, alle vicissitudini della storia e sollecitato perciò ad una doverosa opera di continuo aggiornamento, il seminario è anche oggi consapevole della propria funzione, e si riconosce in qualche modo come la continuazione della comunità apostolica stretta attorno a Gesù, in ascolto della sua parola, in cammino verso l'esperienza della Pasqua, in attesa della missione. Il Concilio Vaticano II ha ribadito la necessità del seminario maggiore ( Cfr. OT 4 ) e l'importanza dei seminari minori come luoghi privilegiati per coltivare i germi della vocazione. ( Cfr. OT 3 ) Anche nella Chiesa di oggi l'istituzione seminaristica si presenta come una necessaria componente della comunità ecclesiale. Anzi, essa è già in sé comunità ecclesiale in senso pieno: il Rettore, infatti, vi rende presente il Vescovo con il servizio di comunione offerto agli altri educatori e agli alunni; e i vari membri, convocati dallo Spirito in un'unica fraternità, collaborano, ciascuno secondo il proprio dono, alla crescita di tutti nella carità, perché si perpetui nella Chiesa la presenza di Cristo buon pastore. Si manifestano così, con rinnovata chiarezza, i motivi dell'importanza che ogni comunità cristiana deve attribuire al proprio seminario: da esso dipende la sua vitalità e la sua fecondità spirituale, da esso derivano gli impulsi decisivi per l'apostolato, dalle generazioni di preti che esso plasma viene a tutti i figli di Dio il pane della parola e del sacramento. Giovanni Paolo II recentemente ha affermato che « la piena ricostituzione della vita dei seminari … sarà la migliore verifica della realizzazione del rinnovamento, verso il quale il Concilio ha orientato la Chiesa ». ( Giovanni Paolo II, Lettera ai Vescovi, il Giovedì Santo 1979 ) È utile perciò che i fedeli conoscano le grandi linee e i principali problemi della vita del seminario, sia perché imparino a stimarla, formandosene un'immagine esatta e non arbitraria o convenzionale, sia perché si sentano stimolati a offrirle il contributo della preghiera e del generoso sostegno. 70. - La graduale conformazione a Cristo buon pastore Tutti gli aspetti della formazione sacerdotale devono concorrere in modo unitario a formare veri pastori d'anime, sull'esempio di Cristo maestro, sacerdote e pastore. ( Cfr. OT 4; LG 28 ) La vita del seminario è educazione a questa crescita dei futuri presbiteri nella carità pastorale, che sarà il principio unificante e il costante criterio di verifica di tutta la loro vita e del loro ministero. Il problema fondamentale dell'educazione seminaristica è appunto quello di mettere in evidenza, nella molteplicità degli interventi, dei richiami, delle sottolineature pedagogiche, l'unità profonda che fa convergere tutto verso la carità pastorale. 71. - La formazione alla maturità umana e alle conseguenti virtù che il Concilio raccomanda ai presbiteri ( Cfr.PO 3 ) dovrà educare alla generosità senza riserve, alla capacità di essere responsabili, alla difficile arte di comporre la sincerità e la saggezza, l'onestà e la prudenza, la tolleranza e la chiarezza: solo un uomo 'maturato' così sarà infatti capace di realizzare una piena disponibilità al servizio pastorale nel contesto in cui sarà inserito. Lo stesso stile educativo deve, perciò, aggiornarsi, verificando costantemente nel giovane sia il senso critico di fronte alla cultura contemporanea, sia l'equilibrio emotivo, sia la capacità di collaborare con gli altri. 72. - Nello stesso modo, anche la crescita nelle virtù propriamente cristiane non si riferirà ad un modello generico di santità, ma alla figura del buon pastore: e sarà questa a consolidare nel presbitero di domani una fede insieme umile e profondamente radicata nella vita, tale da sostenere il suo impegno di testimonianza a servizio del popolo di Dio; una fede che lo renda esempio sicuro per chi è impegnato nella ricerca, ora pacata, ora drammatica, del senso della vita. Così anche lo stimolo continuo a collocare i propri progetti per l'avvenire in un clima di speranza evangelica deve abilitare l'alunno del seminario a essere nel ministero sacerdotale non l'uomo dei 'calcoli' e delle difese, della conservazione e della paura, ma il pastore che apre al gregge il cammino verso il futuro garantito dalle promesse di Dio. Ancora più chiaramente la formazione alla carità, come disponibilità piena alla volontà del Padre per la salvezza dei fratelli, dovrà tradursi nella lucida decisione di dare la vita per il gregge, sull'esempio del buon pastore. 73. - La professione dei consigli evangelici dovrà essere preparata, nell'arco dell'educazione seminaristica, in modo che assuma una fisionomia propria e profondamente connessa con la carità pastorale. La povertà sarà vissuta come condizione di libertà apostolica, ( Cfr. Lc 9,2-3 ) testimonianza di gratuità nel ministero e disinteresse personale del pastore; ( Cfr. Mt 10,8; At 20,33-35; 1 Cor 9,7-18 ) la verginità come segno e stimolo della carità pastorale; ( Cfr. PO 16 ) l'obbedienza come libera adesione al progetto di Dio e alla sua manifestazione nella Chiesa, affinché chi pasce gli agnelli del Signore sia 'legato' solo dalla volontà del Padre. ( Cfr. Gv 21,15-19 ) La povertà, la verginità, l'obbedienza saranno vissute dal seminarista con sfumature che, mentre tengono realisticamente conto del mondo disorientato da cui egli proviene e verso il quale si richiede una più rigorosa contestazione ascetica, devono concorrere a plasmare la personalità armonica e capace di responsabilità comunitaria del futuro presbitero. Egli dovrà essere obbediente, ma assumendosi le adulte responsabilità del governo della Chiesa, nel presbiterio, in comunione col Vescovo. Dovrà essere povero, addestrandosi con spirito evangelico anche alla conduzione economica della propria vita e soprattutto aiutando le comunità cristiane, di cui sarà pastore, a rendersi evangelicamente povere. Dovrà essere vergine per il Regno, ma in un contesto di intense relazioni, che richiedono maturità e ricchezza umana, con tutte le persone che incontrerà nel suo ministero. 74. - Questo progressivo itinerario di formazione umana, cristiana e sacerdotale, verso la piena conformazione a Cristo, è facilitato dalla quotidiana e familiare attenzione, nutrita di chiara fede e di filiali sentimenti d'amore, alla madre di Gesù, Maria. A Maria, che intercede presso il Figlio, è collegata ogni grazia, anche la grazia della vocazione sacerdotale; e da lei, presente e sempre operante nella Chiesa, sono offerti l'esempio e l'aiuto per la custodia e lo sviluppo dei doni di Dio, come un tempo nella casa di Nazareth. In Maria, associata a Cristo nell'ora del sacrificio, e raccolta coi discepoli in attesa della Pentecoste, chi si prepara all'ordinazione sacra trova una fonte sublime per ispirare e confortare ogni giorno il cammino intrapreso in seminario. 75. - Strumenti e occasioni di crescita vocazionale nel seminario È facile intuire la fresca letizia di una vita giovanile, che si concede senza riserve all'assoluta purezza del Regno, alla ricerca della perla inestimabile della sequela integrale di Cristo; ma è facile anche intravvedere i tipici problemi educativi, che la formazione al ministero sacerdotale comporta. Già il compito di mantenere e promuovere l'unità della proposta educativa non è privo di difficoltà. Il seminario, da un lato, ha presente la carità pastorale come ideale cristiano da vivere nella Chiesa e nel mondo d'oggi, e propone ai seminaristi un modo di vivere, che è già un'introduzione alla vita presbiterale; dall'altro, però, è consapevole della condizione 'formativa' in cui si trovano gli alunni e, quindi, prevede uno stile di vita, che ha ritmi propri e contenuti tipici e non può ridursi ad una superficiale anticipazione, del resto artificiosa, della vita pastorale. Il progetto educativo dovrà perciò mantenere la tensione, da dosare sapientemente, tra atteggiamenti spirituali, che già sono un'iniziazione alla vita del presbitero, e impegni spirituali legati al momento formativo: il seminarista deve capire che fanno già parte della carità pastorale i momenti di attesa, di pazienza, di forte ascesi, di più intenso spazio dedicato alla contemplazione, di studio lungo e severo. Le esperienze pastorali dirette, che ovviamente offrono un'immediata gratificazione, rischiano di farsi dispersive e di porsi in alternativa al resto della vita in seminario; dovranno essere certo valorizzate e condotte con generosa apertura di cuore, ma anche dosate con prudenza e organicamente collegate, per un reciproco arricchimento, con gli altri momenti dell'esperienza cristiana del seminarista. 76. - Negli anni della formazione è necessario che si radichi nel cuore del futuro presbitero anzitutto una fedele esperienza di preghiera. Come il Cristo viene dal Padre e al Padre ritorna, così il prete, che lo ripresenta tra gli uomini e nella Chiesa, attesta, nel cuore delle umane vicende, il primato di Dio. Questo 'senso religioso' sarà l'ispirazione e la misura della sua attività pastorale, il suo interesse dominante, così che gli si riveli significativa anche l'umile cura quotidiana della sua gente, svolta in confessionale, accanto al letto degli ammalati, nell'incontro con le famiglie, con i bambini, i poveri, pregando in chiese spesso deserte, trattando con persone tante volte indifferenti e che gli propongono i loro più disparati problemi quotidiani. Un tale senso religioso non è frutto di uno stato emotivo, o tanto meno di una diserzione dal vivo dell'esistenza, ma nasce dalla 'familiarità' con Gesù Cristo, e porta ad interessarsi di ciò che sta nel profondo della vita di ogni uomo. Questo senso di Dio si esprime e si alimenta nei tempi della preghiera, che ritmano la vita del seminario. In particolare viene curata nel seminario la preghiera liturgica. I candidati al sacerdozio non si addestrano a cerimonie o a riti, ma piuttosto si educano a coglierne e a viverne il senso profondo nell'esperienza diretta e nella riflessione teologica su di essa. In un mondo attraversato da forti spinte secolarizzanti e incline, per altro verso, a forme di superstizione, è importante che il candidato al sacerdozio ministeriale scopra anzitutto per se stesso il valore della preghiera cristiana in rapporto a Dio e all'uomo, per poterlo riproporre con verità agli uomini ai quali sarà mandato. Per questo egli fa della preghiera una dimensione della vita che non potrà più essere abbandonata, nella consapevolezza che l'intercessione per il popolo è un preciso dovere del suo futuro ministero. 77. - Il seminario offre, inoltre, ai propri alunni l'insostituibile valore della vita comune in una forma molto esigente e nettamente finalizzata all'educazione di un cuore capace di vera amicizia, premessa necessaria a quell'intima fraternità sacramentale che, secondo l'espressione del Concilio, ( Cfr. PO 8 ) dovrà unire i presbiteri tra loro e nella collegialità del loro lavoro. Nella comunità del seminario, convocata dall'iniziativa di Dio, e non raccolta attorno a facili affinità o simpatie, ci si educa alla stima e al perdono vicendevole, all'accoglienza reciproca, all'umile rinuncia al proprio individualismo, per rendersi idonei a una più ampia e ricca collaborazione. ( Cfr. Rm 12,3-17 ) Con l'aiuto sapiente degli educatori mandati dal Vescovo, e non cercati per il loro fascino personale, ciascuno scopre la ricchezza irripetibile dei propri doni e impara a non considerarli un tesoro geloso, ma a metterli cordialmente a disposizione di tutti. 78. - Il progetto educativo del seminario propone, infine, un'esperienza di studio e di ricerca teologica, che si rivela decisiva per la maturazione della fede e per la crescita vocazionale dell'alunno. Essa consente di verificare la purezza delle scelte vitali, di motivarle in forma sempre rinnovata, di offrire i contenuti che la vita sacerdotale oggi esige. Per prepararsi ad essere testimone della fede, il seminarista diventa discepolo umile e appassionato della parola di Dio. Lo studio della teologia, che nel seminario maggiore occupa gran parte del tempo quotidiano, educa al rigore oggettivo nell'accostarsi alla divina rivelazione, sviluppa la coscienza riflessa della fede e la rende criterio di 'giudizio' sull'oggi dell'umanità, proprio in forza del suo tradizionale, ecclesiale, storico fondarsi sulla parola di Gesù. Lo studio della teologia non sostituisce, né riduce o attrae in sé gli altri aspetti della vita di fede, ma li motiva secondo una sintesi, che raccoglie le istanze normative della rivelazione, le esigenze del singolo credente, le provocazioni critiche dell'uomo contemporaneo. 79. - Il seminario nella comunità diocesana La presenza dei singoli seminaristi e della comunità del seminario nella più vasta realtà della diocesi non deve essere né episodica né strumentale, come talvolta rischia di apparire. Questa attenzione dovrebbe favorire sia la comunità cristiana che riceve dal seminario un prezioso arricchimento culturale, oltreché l'esempio di un'intensa vita di fede e di preghiera, sia il seminario che trae profitto dall'apporto vario e significativo dell'esperienza e della collaborazione dei preti e dei laici. I problemi suscitati dalla ricerca di una relazione corretta tra seminario e diocesi non devono far dimenticare il suo insostituibile valore. Seguendo le indicazioni del Vescovo, che di questo rapporto è promotore e garantisce l'equilibrio, i preti e i fedeli capiranno e rispetteranno le esigenze formative del seminario, si informeranno sui suoi problemi e comprenderanno le sue difficoltà. Spetta a loro promuovere una testimonianza magnanima e stimolante di vita sacerdotale ed esprimere la fede e la speranza con cui la Chiesa attende il dono di nuovi presbiteri. In vista di questa testimonianza e per una costante verifica di questa attesa, si sentano impegnati soprattutto i Consigli presbiterale e pastorale. Essi sono i luoghi privilegiati per stimolare e coordinare la collaborazione di tutta la comunità diocesana sui problemi formativi ed economici del seminario. 80. - Il giusto riferimento alla comunità diocesana offre agli alunni del seminario l'occasione per un fecondo confronto con l'umanità viva ed i suoi problemi, che essi, da preti, dovranno imparare a servire. Di qui verrà loro l'invito a comporre una vita di sincere e non strumentali relazioni comunitarie tra coloro che vivono in seminario, con una costruttiva partecipazione alle altre comunità - famiglia, parrocchia, gruppi - che completa la vita interpersonale del futuro presbitero. Un prudente clima di silenzio, di distacco, di austerità si deve conciliare con un'effettiva apertura a tutti gli aspetti del mondo contemporaneo. Non si può dimenicare il valore educativo del contatto con la società, delle visite in famiglia, dell'inserimento graduale nella vita delle parrocchie. Questo è pure il senso di una buona formazione filosofica che, unitamente a quella teologica, introduce il seminarista a un metodo di studio, alimentando in lui la ricerca della verità, e abituandolo a leggere criticamente la realtà e le varie proposte, interpretative di essa, che incontrerà nel ministero pastorale. Lo stesso accostamento delle letterature, della storia, delle scienze, deve costituire una via per un'approfondita conoscenza dell'uomo, delle sue condizioni, delle sue istanze, del suo mistero. Tutti i membri del popolo di Dio possono collaborare intensamente col seminario sia per le esperienze normali che i seminaristi vivono nei tempi trascorsi in famiglia e in parrocchia, sia in occasione di quei 'tirocini pastorali' speciali, che vengono talvolta proposti ai seminaristi per una maggiore maturazione. I genitori e i preti dei seminaristi intensifichino, con prudente discrezione, i rapporti col seminario, per contribuire, con il consiglio e la presenza, a delineare l'immagine di vita seminaristica - quale è descritta nei documenti ufficiali emanati dal Concilio, dal magistero pontificio, dalla Conferenza Episcopale Italiana - che sia sempre più aderente alle caratteristiche e alle esigenze degli alunni, della Chiesa, della società, lette nella luce del Vangelo. III. - La formazione permanente 81. - Esigenza di fedeltà e di aggiornamento Come già agli Apostoli, anche ai presbiteri appena ordinati il Maestro ripete, attraverso il Vescovo, secondo il rito della ordinazione: « Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi … ma io vi ho chiamati amici. … Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga ». ( Gv 15,14-16 ) Ai ministri, che sceglie in maniera irreversibile, Gesù rivolge l'invito a far fruttificare il dono ricevuto. La chiamata di Dio, anche dopo l'ordinazione sacramentale, esige uno sviluppo sotto la guida dello Spirito, esige un continuo lavoro: è la formazione permanente. « Una tale formazione dev'essere sia interiore, tendente cioè all'approfondimento della vita spirituale del sacerdote, sia pastorale ed intellettuale ( filosofica e teologica ) ». ( Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti, ilGiovedì Santo 1979, 10 ) Potrebbe altrimenti accadere che nel presbitero se ne attutisca la percezione, si impigrisca la risposta, quando non si giunga all'interruzione del dialogo. Di qui la necessità che la chiamata del Signore continui ad essere accolta e seguita, nelle diverse condizioni e nelle varie attività pastorali. L'amore, che il dialogo della vocazione suscita e insieme esprime, si approfondisce e matura come fedeltà. 82. - Per crescere nella fedeltà al Signore che lo ha scelto, al presbitero sono offerte occasioni e aiuti innanzitutto nei primi anni dalla sua ordinazione. Perché il passaggio dal periodo della formazione seminaristica al ministero sacerdotale sia accompagnato, oltre che dalla grazia del sacramento, anche dalla guida sapiente di presbiteri esperti, per il giovane sacerdote vengono riservati periodici e frequenti momenti, in cui possa raccogliersi nella preghiera, confrontare le sue prime esperienze, considerare le insorgenti difficoltà, illuminare la pratica pastorale in cui si va immergendo con la riflessione, favorita e arricchita da nuovi approfondimenti della teologia e delle scienze umane. Le diocesi sono tutte impegnate ad aiutare il giovane clero in questa prima fase di vita sacerdotale, dalla quale più facilmente può essere garantita quella fedeltà a Cristo e alla Chiesa che è la prima testimonianza data al popolo cristiano. 83. - La rapida evoluzione delle condizioni culturali e sociali rende urgente l'aggiornamento in tutti i settori dell'attività umana. Il presbitero, in ogni stagione della sua vita, non è sottratto a questa situazione storica, alle sue esigenze e ai suoi interrogativi. L'aggiornamento comporta una permanente formazione e nasce dall'esigenza di essere sempre più fedeli. Esso riguarda, in primo luogo, il campo conoscitivo: si deve seguire costantemente lo sforzo che la Chiesa compie per penetrare sem¬pre più a fondo il mistero del suo Signore; ci si deve aggiornare sulle varie interpretazioni che dell'esistenza danno gli uomini contemporanei, in modo da poter dialogare adeguatamente con essi. Riguarda, poi, il campo pastorale: a condizioni d'esistenza nuove, si risponde in modo nuovo; in seguito a comprensioni più profonde del mistero cristiano e dell'uomo contemporaneo, le proposte pastorali devono essere rinnovate. Riguarda, infine, il campo spirituale: non solo si approfondiscono in vari modi le motivazioni della vita sacerdotale, ma se ne derivano pure nuove espressioni per essere fedeli agli impegni originari. Questi tre livelli di aggiornamento procedono insieme, poiché si richiamano reciprocamente. ( Cfr. Sacra Congr. Clero, Circolare sulla formazione permanente, 4.11.1969, 4. 84. - La riscoperta dell'autenticità La coerenza del prete alla sua vocazione cresce in una rinnovata coscienza dei valori cristiani che caratterizzano la figura del presbitero. Quando tale coscienza si offusca, nascono le crisi d'impigrimento o di abbandono, si cercano contenuti sostitutivi, si rincorrono altre spiritualità. Perché la coscienza non si offuschi, occorre la buona volontà del presbitero e la fedele partecipazione a utili esperienze - esercizi spirituali, corsi di aggiornamento, ecc. -; occorrono rapporti personali tra Vescovo e preti, e forme nuove e più intense di cooperazione al ministero episcopale. Già abbiamo indicato nei Consigli presbiterali uno strumento per raggiungere questa meta. I presbiteri devono pure aiutarsi a vicenda, con libere iniziative, che alimentino i vincoli d'amicizia, con la programmazione di una seria cooperazione entro le unità pastorali in cui normalmente si articola la vita delle nostre Chiese particolari. Tutti i fedeli, poi, possono dare, in varia misura, un loro contributo, perché il prete, mentre è profondamente solidale col suo popolo, scopra sempre meglio le linee originali della propria spiritualità e le modalità rinnovate secondo cui attuarla. Nei Consigli pastorali, questa ricca e personale collaborazione di tutti i membri del popolo di Dio trova una forma istituzionale di sbocco, di coordinamento, di animazione. 85. - La formazione culturale e pastorale L'aggiornamento del clero comporta anche un vero e proprio studio. Affidato anzitutto al personale impegno del prete, può essere promosso anche con molteplici collaborazioni. Anzitutto è impegnato in questo servizio al clero della diocesi e della regione il seminario, con il gruppo dei docenti e degli educatori. I presbiteri ritorneranno volentieri in seminario, per ritrovarvi quasi le proprie origini e farne luogo di incontro per una formazione permanente. Così i medesimi insegnanti offrono la loro mediazione culturale sia agli studenti teologi che ai sacerdoti, favorendo il dialogo tra le varie generazioni. La cooperazione di laici credenti ed esperti può mettere a disposizione della formazione del clero le ricchezze culturali della Chiesa locale e competenze specifiche. Anche in ambito regionale potrebbe essere studiato e attuato un coordinamento di programmi per il clero, in modo da raggiungere una vasta cerchia di sacerdoti. Ai corsi di aggiornamento culturale-teologico sarà opportuno affiancare riunioni o giornate di studio a livello diocesano, per problemi pastorali locali. Le iniziative di aggiornamento del clero potranno essere avvantaggiate da quei centri di studio che, pur svolgendo un compito autonomo, possono assicurare questo servizio. Sarà pure attenzione illuminata quella di avviare i preti più adatti, compatibilmente con le esigenze del ministero, a coltivare presso centri idonei i diversi rami del sapere. Può essere utile, infine, prevedere forme di orientamento e di guida alla lettura di opere veramente valide e accessibili, accuratamente scelte nella vasta produzione teologica divulgativa. 86. - Per queste vie e con questi mezzi, il prete, sorretto dalla grazia di colui che chiama ogni giorno, testimonierà la fedeltà e la corrispondenza alla sua vocazione e la porterà a perfezione nel corso della sua esistenza e del suo servizio ecclesiale. Conclusione Invito all'impegno e alla preghiera Prima di affidare alle comunità cristiane queste riflessioni, ci rivolgiamo anzitutto ai sacerdoti: per ringraziarli del costante e paziente aiuto che prestano alla nostra opera; per confermarli nell'importanza del loro insostituibile ministero in servizio di Dio e degli uomini; per incoraggiarli nelle loro fatiche e nelle loro eventuali stanchezze; per chiedere loro che abbiano attenzione e cura per tutti i germi di vocazione, specialmente per quelli che orientano al sacerdozio. Ci rivolgiamo ai seminaristi: per sostenerli nella via generosamente intrapresa; per augurare loro gioiosa costanza, nella certezza che Dio è fedele; per chiedere loro di essere molto esigenti con se stessi nel disporsi a capire quello che Dio vorrà dalla loro vita. Ci rivolgiamo ai ragazzi e ai giovani d'oggi, che vogliono un mondo più giusto e più libero, perché si mettano in ascolto di Cristo, e scrutino se da lui venga un cenno a seguirlo nel suo cammino di donazione totale agli uomini, perché le vie del Vangelo adempiano i desideri di giustizia, di libertà e d'amore che esistono in ogni uomo. Ci rivolgiamo alle famiglie cristiane, perché mantengano viva nelle loro case la fiamma della fede; e, come un giorno hanno accolto il dono della vita, così oggi siano disponibili a offrire il dono ricevuto per il Regno di colui che è il Signore della vita, se egli un giorno chiedesse a uno di casa di seguirlo per annunciare e portare realmente agli uomini la salvezza. Consapevoli che la vocazione sacerdotale è un dono che Cristo concede alla Chiesa, affidiamo queste riflessioni ed esortazioni non solo allo studio e all'impegno, ma anche alla preghiera di tutta la comunità cristiana. Insieme con Gesù, preghiamo « il padrone della messe che mandi operai nella sua messe ». ( Mt 9,38 ) « Insieme con Maria », ( Cfr. At 1,14 ) invochiamo il dono dello Spirito, perché rinnovi nella Chiesa di oggi le meraviglie di quella stagione stupendamente fedele e creativa, in cui il carisma dell'apostolicità si pose per sempre nella storia a servizio dell'uomo che cerca salvezza.