Apostolos Suos

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L'unione collegiale tra i Vescovi

8 Nella universale comunione del Popolo di Dio, al cui servizio il Signore ha istituito il ministero apostolico, l'unione collegiale dell'Episcopato manifesta la natura della Chiesa la quale, essendo in terra il seme e l'inizio del regno di Dio, « costituisce per tutta l'umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza ».22

Come la Chiesa è una e universale, così anche l'Episcopato è uno e indiviso,23 si estende tanto quanto la compagine visibile della Chiesa e ne esprime la ricca varietà.

Principio e fondamento visibile di tale unità è il Romano Pontefice, capo del corpo episcopale.

L'unità dell'Episcopato è uno degli elementi costitutivi dell'unità della Chiesa.24

Infatti per mezzo del corpo dei Vescovi « è manifestata e custodita la tradizione apostolica in tutto il mondo »;25 e la condivisione della stessa fede, il cui deposito è affidato alla loro custodia, la partecipazione agli stessi Sacramenti, « dei quali con la loro autorità organizzano la regolare e fruttuosa distribuzione »,26 l'adesione ed obbedienza ad essi, quali Pastori della Chiesa, sono le componenti essenziali della comunione ecclesiale.

Tale comunione proprio perché attraversa tutta la Chiesa, struttura anche il Collegio episcopale, ed è « una realtà organica, che richiede forma giuridica e insieme è animata dalla carità ».27

9 L'ordine dei Vescovi è collegialmente, « insieme con il suo capo il Romano Pontefice, e mai senza di esso, soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa ».28

Come è a tutti ben noto, il Concilio Vaticano II, nell'insegnare questa dottrina, ha parimenti ricordato che il Successore di Pietro « conserva integralmente il suo potere primaziale su tutti, pastori e fedeli. Infatti il Romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente ».29

La suprema potestà che il corpo dei Vescovi possiede su tutta la Chiesa non può essere da loro esercitata se non collegialmente, sia in modo solenne radunati nel Concilio ecumenico, sia sparsi per il mondo, purché il Romano Pontefice li chiami a un atto collegiale o almeno approvi o liberamente accetti la loro azione congiunta.

In tali azioni collegiali i Vescovi esercitano un potere che è loro proprio per il bene dei loro fedeli e di tutta la Chiesa, e rispettando fedelmente il primato e la preminenza del Romano Pontefice, capo del Collegio episcopale, non vi agiscono tuttavia come suoi vicari o delegati.30

Vi appare con chiarezza che sono Vescovi della Chiesa cattolica, un bene per tutta la Chiesa, e come tali riconosciuti e rispettati da tutti i fedeli.

10 Una pari azione collegiale non si ha a livello di singole Chiese particolari e dei loro raggruppamenti da parte dei rispettivi Vescovi.

A livello di singola Chiesa, il Vescovo diocesano pasce nel nome del Signore il gregge a lui affidato come Pastore proprio, ordinario e immediato ed il suo agire è strettamente personale, non collegiale, anche se animato dallo spirito comunionale.

Egli inoltre, pur essendo insignito della pienezza del sacramento dell'Ordine, non vi esercita tuttavia la potestà suprema, la quale appartiene al Romano Pontefice e al Collegio episcopale come elementi propri della Chiesa universale, interiori ad ogni Chiesa particolare, affinché questa sia pienamente Chiesa, cioè presenza particolare della Chiesa universale con tutti i suoi elementi essenziali.31

A livello di raggruppamento di Chiese particolari per zone geografiche ( nazione, regione, ecc. ), i Vescovi ad esse preposti non esercitano congiuntamente la loro cura pastorale con atti collegiali pari a quelli del Collegio episcopale.

11 Per inquadrare correttamente e meglio comprendere come l'unione collegiale si manifesta nell'azione pastorale congiunta dei Vescovi di una zona geografica, giova ricordare, pur brevemente, come i singoli Vescovi, nella loro cura pastorale ordinaria, si rapportano alla Chiesa universale.

Occorre, infatti, tenere presente che l'appartenenza dei singoli Vescovi al Collegio episcopale si esprime, nei confronti di tutta la Chiesa, non solo coi suddetti atti collegiali, ma anche con la sollecitudine per essa che, sebbene non venga esercitata con atto di giurisdizione, sommamente contribuisce tuttavia al bene della Chiesa universale.

Tutti i Vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l'unità della fede e la disciplina comune a tutta la Chiesa, e promuovere ogni attività comune a tutta la Chiesa, specialmente nel procurare che la fede cresca e sorga per tutti gli uomini la luce della piena verità.32

« Del resto è una verità che, reggendo bene la propria Chiesa come porzione della Chiesa universale, contribuiscono essi stessi efficacemente al bene di tutto il Corpo mistico, che è pure il corpo delle Chiese ».33

Non soltanto con il buon esercizio del munus regendi nelle loro Chiese particolari i Vescovi contribuiscono al bene della Chiesa universale, ma anche con l'esercizio delle funzioni di insegnamento e di santificazione.

Certamente i singoli Vescovi, in quanto maestri di fede, non si rivolgono all'universale comunità dei fedeli se non con un atto di tutto il Collegio episcopale.

Infatti, solo i fedeli affidati alla cura pastorale di un Vescovo devono accordarsi col suo giudizio dato a nome di Cristo in materia di fede e di morale e aderirvi col religioso ossequio dello spirito.

In realtà « i Vescovi quando insegnano in comunione col Romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità »;34 e il loro insegnamento, in quanto trasmette fedelmente ed illustra la fede da credere e da applicare alla vita, è di grande vantaggio a tutta la Chiesa.

Anche il singolo Vescovo, in quanto è « distributore della grazia del supremo sacerdozio »,35 nell'esercizio della sua funzione di santificare contribuisce in grande misura all'opera della Chiesa di glorificazione di Dio e di santificazione degli uomini.

Questa è un'opera di tutta la Chiesa di Cristo che agisce in ogni legittima celebrazione liturgica che viene realizzata in comunione col Vescovo e sotto la sua direzione.

12 Quando i Vescovi di un territorio esercitano congiuntamente alcune funzioni pastorali per il bene dei loro fedeli, tale esercizio congiunto del ministero episcopale traduce in applicazione concreta lo spirito collegiale ( affectus collegialis ),36 il quale « è l'anima della collaborazione tra i Vescovi in campo regionale, nazionale ed internazionale ».37

Tuttavia esso non assume mai la natura collegiale caratteristica degli atti dell'ordine dei Vescovi in quanto soggetto della suprema potestà su tutta la Chiesa.

È ben diverso, infatti, il rapporto dei singoli Vescovi rispetto al Collegio episcopale dal loro rapporto rispetto agli organismi formati per il suddetto esercizio congiunto di alcune funzioni pastorali.

La collegialità degli atti del corpo episcopale è legata al fatto che « la Chiesa universale non può essere concepita come la somma delle Chiese particolari né come una federazione di Chiese particolari ».38

« Essa non è il risultato della loro comunione, ma, nel suo essenziale mistero, è una realtà ontologicamente e temporalmente previa ad ogni singola Chiesa particolare ».39

Parimenti il Collegio episcopale non è da intendersi come la somma dei Vescovi preposti alle Chiese particolari, né il risultato della loro comunione, ma, in quanto elemento essenziale della Chiesa universale, è una realtà previa all'ufficio di capitalità sulla Chiesa particolare.40

Infatti la potestà del Collegio episcopale su tutta la Chiesa non viene costituita dalla somma delle potestà dei singoli Vescovi sulle loro Chiese particolari; essa è una realtà anteriore a cui partecipano i singoli Vescovi, i quali non possono agire su tutta la Chiesa se non collegialmente.

Solo il Romano Pontefice, capo del Collegio, può esercitare singolarmente la suprema potestà sulla Chiesa.

In altre parole, « la collegialità episcopale in senso proprio o stretto appartiene soltanto all'intero Collegio episcopale, il quale come soggetto teologico è indivisibile ».41

E ciò per volontà espressa del Signore.42

La potestà, però, non va intesa come dominio, ma le è essenziale la dimensione di servizio, perché deriva da Cristo, il Buon Pastore che offre la vita per le pecore. ( Gv 10,11 )

13 I raggruppamenti di Chiese particolari hanno un rapporto con le Chiese che li compongono corrispondente al fatto che essi si fondano su legami di comuni tradizioni di vita cristiana e di radicazione della Chiesa in comunità umane unite da vincoli di lingua, di cultura e di storia.

Tale rapporto è ben diverso dal rapporto di mutua interiorità della Chiesa universale con le Chiese particolari.

Parimenti, gli organismi formati dai Vescovi di un territorio ( nazione, regione, ecc. ) e i Vescovi che li compongono hanno un rapporto che, pur presentando una certa somiglianza, è invero ben diverso da quello tra il Collegio episcopale e i singoli Vescovi.

L'efficacia vincolante degli atti del ministero episcopale esercitato congiuntamente in seno alle Conferenze episcopali e in comunione con la Sede Apostolica deriva dal fatto che questa ha costituito tali organismi ed ha loro affidato, sulla base della sacra potestà dei singoli Vescovi, precise competenze.

L'esercizio congiunto di alcuni atti del ministero episcopale serve a realizzare quella sollecitudine di ogni Vescovo per tutta la Chiesa che si esprime significativamente nel fraterno aiuto alle altre Chiese particolari, specialmente alle più vicine e più povere,43 e che si traduce altresì nell'unione di sforzi e di intenti con gli altri Vescovi della stessa zona geografica, per incrementare il bene comune e delle singole Chiese.44

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22 Lumen Gentium 9
23 Conc. Ecum. Vat. I, Cost. dogm. Pastor aeternus, Prologus
24 Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. Communionis notio, 12 ( 28 maggio 1992 )
25 Lumen Gentium 20
26 Lumen Gentium 26
27 Lumen Gentium 26, nota esplicativa previa, 2
28 Lumen Gentium 22
29 Lumen Gentium 22
30 Lumen Gentium 22;
Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici Vaticani II, vol. III, pars VIII, Typis
Poliglottis Vaticanis 1976, p. 77, 102
31 Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. Communionis notio, 13 ( 28 maggio 1992 )
32 Lumen Gentium 23
33 Lumen Gentium 23
34 Lumen Gentium 25
35 Lumen Gentium 26
36 Lumen Gentium 23
37 Sinodo dei Vescovi del 1985, Relazione finale, II, C), 4: L'Osservatore Romano, 10 dicembre 1985, p. 7
38 Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi degli Stati Uniti d'America, 3 ( 16 settembre 1987 )
39 Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. Communionis notio, 9 ( 28 maggio 1992 )
40 Tra l'altro, come a tutti è evidente, vi sono molti Vescovi che, pur esercitando compiti propriamente episcopali, non sono a capo di una Chiesa particolare
41 Giovanni Paolo II, Discorso alla Curia Romana, 6 ( 20 dicembre 1990 )
42 Lumen Gentium 22
43 Lumen Gentium 23;
Christus Dominus 6
44 Christus Dominus 36