Padri\Agostino\ContrCresc\ContrCresc.txt Contro Cresconio grammatico donatista Libro I 1.1 - Agostino si sente in dovere di rispondere alla lettera di Cresconio Ignoro, Cresconio, quando i miei libri potranno raggiungerti, ma non dispero di vederli arrivare a destinazione, poiché anche i tuoi scritti, sia pure molto tempo dopo la loro stesura, hanno potuto finalmente raggiungermi. Mi riferisco a ciò che ti sei sentito in dovere di scrivere per confutare la risposta, concisa e parziale, che ho potuto dare a Petiliano, il vostro vescovo di Cirta, il quale, cimentandosi nel sostenere la tesi della reiterazione del battesimo, anziché demolire la nostra comunione con il peso delle argomentazioni, l'ha appena scalfita con le sue malediche calunnie. Risposta parziale, perché non era ancora pervenuto fra le mie mani il testo completo della sua lettera, ma solo la breve prima parte. Reputo inutile indagare come ciò sia potuto accadere, tanto più che, quando in seguito è giunto fra le mie mani il testo completo, non mi è dispiaciuto affatto rispondere al tutto. Se d'altronde non avessi risposto alla lettera che tu mi hai inviata, forse l'avresti giudicato un gesto irriguardoso; temo comunque che quanto ti scrivo lo considererai nuovo motivo di contesa. Se poi tu, avendo constatato che la mia lettera non era indirizzata a te, in quanto sembrava confutare soltanto un vescovo del partito di Donato o il partito stesso di Donato, hai creduto tuo dovere, conscio com'eri di possedere una certa capacità, di farla tua e di pubblicare una controrisposta, dal momento che appartieni alla sua comunione, pur senza essere vincolato da una qualsiasi funzione clericale, tanto meno era lecito tacere a me, proprio in forza degli obblighi derivanti dal peso del mio ufficio, sia nei confronti di Petiliano sia di te stesso, poiché lui attaccava la Chiesa per la quale milito, e tu, con uno scritto dello stesso tipo, hai composto, presentato e redatto un testo diretto espressamente a me. 1.2 - Differenza tra la loquacità e l'eloquenza Nella prima parte dello scritto ti sei sforzato di rendere sospetta l'eloquenza agli occhi degli uomini. Infatti, lodando apparentemente la mia arte oratoria, e come se temessi in certo qual modo che io mi servissi di quest'arte per ingannare te o qualche altro inducendovi in errore, ti sei lanciato ad accusare l'eloquenza in se stessa, utilizzando contro di essa un testo delle sante Scritture, ove secondo te si dice: Nella molta eloquenza non sfuggirai il peccato. ( Pr 10,19 ) Ora, lì non è detto: nella molta eloquenza, ma nel multiloquio. La loquacità infatti è un flusso di parole superflue, cioè il vizio che si contrae per il culto eccessivo della parola. Per lo più infatti amano parlare anche coloro che non sanno che cosa dire e come dirlo, sia che si tratti di esprimere correttamente il proprio pensiero sia di rispettare i principi grammaticali per quanto attiene la retta e ordinata pronunzia delle parole. Invece l'eloquenza è la capacità di parlare, esprimendo in modo appropriato ciò che sentiamo dentro, della quale dobbiamo servirci quando pensiamo cose giuste. Non così se ne sono serviti gli eretici. Infatti, se avessero veramente pensato in maniera corretta, non solo non avrebbero potuto dire nulla di male, ma avrebbero potuto spiegare anche il bene in forma eloquente. Pertanto hai accusato a sproposito l'eloquenza richiamando alla mente queste esemplificazioni. Non si deve smettere infatti di armare i soldati in difesa della patria per il solo fatto che molti hanno impugnato le armi contro la patria; così pure i medici valenti e dotti non devono tralasciare di utilizzare gli strumenti chirurgici per salvare la vita per il solo fatto che anche gli incompetenti e i senza scrupoli se ne sono serviti per rovinare la salute. Chi non sa che, come la medicina è utile o inutile nella misura in cui persegue ciò che è utile o inutile, così l'eloquenza, cioè la conoscenza pratica e la facilità di parola è utile o inutile a seconda dell'utilità o inutilità di ciò che si dice? Suppongo che neppure tu ignori questo. 2.3 - Mestiere malefico del sofista Penso comunque che tu, constatando che molti mi considerano eloquente, per distogliere da me l'interesse del lettore o dell'ascoltatore, hai creduto bene di attaccare la mia eloquenza; così chiunque, insospettito dalla tua affermazione, non presterà più attenzione a ciò che dico; e, per il fatto stesso che mi esprimo in modo eloquente, mi prenderà per un tipo da evitare e fuggire. Vedi, dunque, se questo tuo modo di agire non appartenga a quella cosiddetta "arte perversa che molti" - secondo la tua citazione di Platone - "a buon diritto hanno giudicato bene di bandire dalla città e dal consorzio del genere umano". Qui non si tratta di quell'eloquenza, che davvero vorrei augurarmi di possedere per esprimere secondo il mio gusto ciò che sento; si tratta invece del mestiere malefico del sofista, che si propone di sostenere in tutto e per tutto i pro e i contro, non secondo la sua convinzione personale, ma per spirito di polemica o per interesse personale. Ecco che cosa ne dice la santa Scrittura: Chi parla come il sofista è odioso. ( Sir 37,23 ) Sono convinto che l'apostolo Paolo voglia distogliere da questa occupazione la giovinezza di Timoteo, quando dice: Evita le vane discussioni, che non giovano a nulla, se non alla perdizione di chi le ascolta; ma, per non dare l'impressione che gli abbia interdetto l'arte dell'eloquenza, aggiunge subito dopo: Sforzati di presentarti davanti a Dio come un operaio degno di approvazione, che tratta come si conviene la parola della verità. ( 2 Tm 2,14-15 ) È questo, senza dubbio, il sentimento che si è insinuato nel tuo animo: per il gusto di contraddire - questo infatti non era il tuo modo di sentire, ma piuttosto volevi distogliere da noi l'interesse di colui che è assetato di istruzione - tu mi hai etichettato eloquente, ma vituperando l'eloquenza. Ora, come posso credere che tu abbia agito così per intima convinzione, sapendo bene quanto ci teniate a decantare l'eloquenza di Donato, di Parmeniano e di altri membri del vostro partito? Potrebbe esserci qualcosa di più utile di essa, se riversasse le sue onde tanto copiose a favore dell'unità, della verità, della carità? Ma perché devo parlare degli altri? Non sei proprio tu la prova vivente che, non per convinzione ma per spirito di contraddizione, ti sei eretto a censore per vituperare l'eloquenza? Infatti tutto ciò che hai scritto in seguito, non lo hai forse fatto per tentare da una parte di convincere il lettore attraverso l'eloquenza, e dall'altra di accusare eloquentemente la stessa eloquenza? 3.4 - Cresconio invitato a desiderare di essere istruito Dimmi: perché mai dichiari "di non poter competere con me sul piano dell'eloquenza e di non possedere una conoscenza approfondita dei modelli della legge cristiana"? Ti ho forse costretto io a replicare ai miei scritti? È per questo motivo che cerchi di esimerti e scusarti? Se non possiedi un'adeguata preparazione, perché allora non taci, o piuttosto perché non parli come se desiderassi di essere istruito? Affermi che "io insisto e sfido continuamente i vostri a discettare con me per chiarire ulteriormente la questione della verità, mentre i vostri lo fanno con maggiore cautela e pazienza, poiché istruiscono i loro fedeli soltanto in chiesa sui precetti della Legge, senza preoccuparsi di rispondere a noi, ben sapendo che, se la Legge di Dio e tanti documenti delle Scritture canoniche non possono indurci ad accettare ciò che è più buono e più vero, giammai un'autorità umana, dissolto l'errore, potrà richiamarci alla norma della verità". Perché, allora, hai pensato bene di parlare contro di noi, mentre essi tacciono? Se essi fanno bene, perché non li imiti? E se fanno male, perché li lodi? 3.5 - Agostino e i cattolici non pretendono di definire da soli i problemi Tu affermi che io, "con arroganza intollerabile, credo di poter risolvere da solo una questione che agli altri è parsa inestricabile e quindi è stata rimessa al giudizio di Dio". Per questo, poco sopra, hai dichiarato che "io pretendo di dirimere, dopo tanti anni e dopo tante sentenze di giudici e arbitri, una questione che numerosi vescovi dotti di ambedue le parti hanno dibattuto davanti agli imperatori senza poterla risolvere". Ma è proprio vero che solo io mi do tanto da fare per questo? Io sarei l'unico che cerca di dibattere tale questione e desidera risolverla? A mio avviso, se tu avessi voluto incolpare i nostri di essere stati gli unici ad aver fatto questo tentativo, non avresti confessato che anche i vostri hanno tentato ciò. Ma, dal momento che non puoi rimproverare almeno i vostri di aver fatto quel tentativo, di aver avuto quella volontà e insistenza, neppure io voglio essere estraneo a un'opera tanto buona. Perché mi incolpi e mi rimproveri? Non sarà forse per gelosia? Questo non si deve credere temerariamente di te. Non resta allora che questo: tu mi incolpi, per puro spirito di polemica, di ciò che sei costretto a lodare anche nei vostri! 4.6 - I cattolici non hanno mai cessato di far conoscere la soluzione della questione Ma, dici, è una intollerabile arroganza presumere che uno possa risolvere da solo la questione, che molti e così qualificati individui hanno lasciato insoluta. Ti prego di non attribuire soltanto a me un simile tentativo: in molti ci adoperiamo perché essa si risolva, anzi, perché si riconosca che è già stata risolta. Infatti coloro i quali hanno sostenuto che essa non è stata ancora risolta, sono precisamente quelli che non hanno voluto accettare la soluzione e ve l'hanno tenuta nascosta, cosicché anche voi, ingannati dalla loro autorità, crediate che la questione è tuttora pendente. I nostri invece, dal momento in cui essa fu risolta, non hanno mai cessato di far conoscere tale soluzione con tutti i mezzi a loro disposizione, sia in pubblico che in privato, affinché nessuno persistesse in un errore tanto funesto e nel giorno del giudizio finale non potesse recriminare contro la negligenza dei ministri di Dio nei suoi confronti. Pertanto, non siamo noi a voler riconsiderare daccapo una questione già risolta da un pezzo, ma piuttosto vogliamo dimostrare come essa sia stata risolta, soprattutto tenendo presenti coloro che la ignorano. In tal modo, quando i difensori sono convinti del proprio errore, o anch'essi sono liberati perché si sono corretti, oppure, se questi persistono nella loro aperta ostinazione dopo essere stati confutati, coloro che amano la verità più della rivalità potranno vedere ciò che devono seguire. 5.7 - Lo sforzo di predicare la verità è sempre retribuito da Dio E questo lavoro non è senza frutto, come tu pensi. Infatti, se potessi vedere come questo errore era dilagato per l'Africa in lungo e in largo, e quanto poche sono le regioni che non si sono ancora emendate ritornando alla pace cattolica, tu non giudicheresti del tutto sterile e vano lo zelo dei difensori della pace e dell'unità cristiana! Ora, se questa medicina, applicata con tanta diligenza, qua e là non ha dato ancora risultati, è già sufficiente, per renderne conto a Dio, che non si sia tralasciato di impiegarla. Come infatti il maligno persuasore del peccato, anche se non riesce nel suo intento, incorre giustamente nella pena riservata al seduttore, così il fedele annunciatore della giustizia, anche se è rifiutato dagli uomini, non sia mai che possa essere defraudato presso Dio della ricompensa per il suo lavoro. Si tratta di un impegno certo per un risultato incerto; e chiamo incerto, non il premio di chi opera, ma la disposizione interiore di chi ascolta. Infatti non è certo per noi se colui, al quale viene annunciata la verità, darà il suo assenso, ma è certo che anche a tali individui è opportuno predicare la verità, come è altrettanto certo che una degna ricompensa attende coloro che la predicano fedelmente, sia che ricevano una buona accoglienza sia il disprezzo, sia che debbano soffrire per questo motivo ogni sorta di male per un certo tempo. Il Signore dice nel Vangelo: Quando voi entrate, dite: Pace a questa casa. Se coloro che vi abitano ne saranno degni, la vostra pace riposi su di loro; altrimenti ritorni a voi. ( Mt 10,12-13 ) Egli ha forse garantito loro la certezza che, coloro ai quali avrebbero predicato la loro pace, li avrebbero accolti? E tuttavia li rese pienamente consapevoli che avrebbero dovuto predicarla senza esitazione. 6.8 - Noi predichiamo instancabilmente nient'altro che questo: l'utilità, la pietà, la santità dell'unità cristiana Anche l'apostolo Paolo dice: Un servo del Signore non dev'essere litigioso, ma mite con tutti; atto a insegnare, paziente, dolce nel riprendere gli oppositori, nella speranza che Dio voglia loro concedere di convertirsi, perché riconoscano la verità e ritornino in sé sfuggendo ai lacci del diavolo, che li ha catturati per sottometterli alla sua volontà. ( 2 Tm 2,24-26 ) Considera bene: lui non vuole che costui disputi, vuole piuttosto che corregga con moderazione coloro che non la pensano come lui, affinché il servo di Dio non prenda la proibizione di essere aggressivo come un pretesto per essere remissivo. È vero che molti mal sopportano e con fastidio anche una leggera correzione, sia perché giustificano i loro peccati sia perché non sanno che cosa rispondere, e tuttavia non vogliono arrendersi alla verità. Costoro trattano da litigiosi e attaccabrighe coloro che si adoperano con zelo e senza mezzi termini per convincerli del loro errore. La falsità, infatti, che teme di essere scoperta e redarguita, accusa lo zelo per la verità applicandogli il nome di quei vizi che la verità condanna. Ma, è lecito per questo motivo desistere da un simile impegno? Osserva come lo stesso Apostolo pungoli Timoteo, affinché non abbassi il tono dell'annuncio solo perché ai suoi ascoltatori non è carezzevole la predicazione della verità : Ti scongiuro - dice - davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. ( 2 Tm 4,1-2 ) Chi mai, ascoltando queste parole, se è servo fedele di Dio, se non è operaio ipocrita, rallenterà il suo zelo e la sua costanza? Chi oserà, davanti a una simile dichiarazione, mostrarsi indolente? In questa faccenda, dunque, la tua parlantina non ci disturba affatto! Noi predichiamo nient'altro che questo, con l'aiuto del Signore nostro Dio: l'utilità, la pietà, la santità dell'unità cristiana; noi predichiamo, per chi lo vuole, in modo opportuno, e per chi si oppone, in modo inopportuno; e con tutte le forze possibili noi mostriamo che tale questione, sorta fra noi e il partito di Donato, è già stata risolta da molto tempo, e siamo in grado di dire a favore di chi e contro chi è stata data! 7.9 - I Donatisti offrono il loro appoggio alla falsità o con ostinata astuzia o con gelosa presunzione Riconoscano una buona volta in se stessi il nome e il crimine del loro contendere pieno di animosità, poiché o con ostinata astuzia offrono il loro appoggio alla falsità o con gelosa presunzione mettono il loro linguaggio al servizio della verità. Due modelli di contestatori che l'Apostolo ha così tratteggiato: il primo, nella persona di Alessandro, del quale dice: Alessandro, il ramaio, mi ha procurato molti mali. Il Signore gli renderà secondo le sue opere; guàrdatene anche tu, perché è stato un accanito avversario della nostra predicazione; ( 2 Tm 4,14-15 ) il secondo, in coloro di cui dice: Alcuni, al contrario, predicano Cristo anche per invidia e spirito di contesa, con intenzione non pura, pensando di aggiungere dolore alle mie catene. ( Fil 1,15-17 ) Senza alcun dubbio questi ultimi annunziavano lo stesso messaggio di Paolo, benché non con gli stessi sentimenti, con la stessa volontà, non con la stessa carità ma per invidia, come disse lui, e per spirito di contesa, volendo nel loro orgoglio primeggiare anche nella predicazione e anteporsi all'apostolo Paolo. Il quale, da parte sua, non ne soffriva, anzi, ne gioiva vedendo che quel messaggio, che desiderava intensamente di far conoscere in un raggio sempre più ampio, era predicato da loro: Ma questo - soggiunge - che importa? Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato. ( Fil 1,18 ) Essi non avevano la rettitudine del suo cuore, poiché mancavano di intenzione sincera ed agivano per spirito di rivalità; tuttavia annunziavano la verità, cioè Cristo. Tu, pertanto, non potendo farti giudice delle cose intime del nostro cuore, lìmitati a controllare se resistiamo alla verità o desideriamo con tutte le forze confutare coloro che resistono alla verità. Senza alcun dubbio, se ci sforziamo di persuadere ad accogliere la verità e respingiamo l'errore, anche se lo facessimo non con la verità della propria retta intenzione, ma per ottenere un vantaggio in questo mondo e la gloria degli uomini, gli amici della verità devono rallegrarsene, perché con questo pretesto si annunzia la verità, come dice l'Apostolo: Anche di questo io mi rallegrerò. ( Fil 1,18 ) Se al contrario - Dio lo sa benissimo, e anche tu avresti potuto saperlo, secondo la capacità umana, se vivessi con noi - noi ci dedichiamo con sollecita carità alla fatica che reclama questo servizio, penso che sia ingiusto biasimare il nostro ministero, se lottiamo con fervore di spirito per la verità contro qualsiasi avversario della verità. 8.10 - Non è contestatore o seminatore di discordie chi si impegna ad aprire o sostenere contro qualcuno una disputa animata Se voi considerate contestatore e violento seminatore di discordie chi si impegna ad aprire o sostenere contro qualcuno una disputa animata, considerate allora che cosa si deve pensare dello stesso Signore Gesù Cristo e dei suoi servi, i Profeti e gli Apostoli! Il Signore stesso, il Figlio di Dio, tenne forse discorsi sulla verità solo con i discepoli o le folle che credevano in lui, oppure anche con i nemici che gli tendevano insidie, lo criticavano, l'interrogavano, lo combattevano, lo maledivano? Egli ha forse disdegnato di discutere perfino con una donna sola la questione della preghiera contro il parere o l'eresia dei samaritani? ( Gv 4,20-21 ) Ma lui sapeva in precedenza - ribatti tu - che quella avrebbe creduto. Che cosa? E quante cose non ha rinfacciato apertamente e ripetutamente contro i Giudei, i Farisei, i Sadducei che, non solo non avrebbero assolutamente creduto, ma lo avrebbero contraddetto e perseguitato con tutte le forze? Non li ha forse interrogati quando volle e su ciò che volle, per confonderli attraverso le loro risposte? Quando gli ponevano domande insidiose per metterlo in difficoltà e con la sua replica li zittiva, non ha forse risposto senza alcuna ambiguità? ( Mt 22, 15-23.41-46; Lc 20,20-27 ) Ora, non si legge da nessuna parte che, nel corso di queste sue dispute, qualcuno di loro si sia convertito e lo abbia seguito. Certamente il Signore sapeva, nella sua prescienza, che nulla di quanto diceva ad essi, o in loro favore o contro di loro, avrebbe giovato alla loro salvezza. Ma egli, forse, ci ha confortati con il suo esempio, noi che non siamo in grado di conoscere in anticipo la futura fede o mancanza di fede degli uomini; altrimenti, se talvolta predichiamo a cuori impenetrabili e corrotti senza ottenere alcun frutto di salvezza, potremmo scoraggiarci e desistere dal predicare con insistenza, perché è una pena lavorare a vuoto. Che dire poi del diavolo stesso? Non solo Dio, ma neppure alcun uomo può dubitare che lui, mai e poi mai, si convertirà alla giustizia; eppure il Figlio di Dio, di fronte ai suoi attacchi insidiosi e alle questioni capziose che gli opponeva desumendole dalle sante Scritture, gli rispose confutandolo per mezzo delle sante Scritture, né giudicò indegno di lui, il Cristo, avere un dialogo con Satana sulle sacre Scritture. ( Mt 4,3-10 ) Non prevedeva forse con certezza che le sue parole, infruttuose per i Giudei e per il diavolo, sarebbero state di grande utilità per i pagani che avrebbero creduto? 8.11 - Anche i profeti sono stati mandati per predicare la verità Leggiamo che anche i Profeti furono inviati a uomini talmente disobbedienti che Dio stesso, colui appunto che inviava i Profeti, prediceva al tempo stesso che coloro ai quali Lui li inviava non avrebbero obbedito alle loro parole. Non considero il fatto che essi, in forza dello spirito profetico, prevedessero senz'altro anche questo, e cioè che sarebbero state disprezzate le loro parole; pur tuttavia essi continuavano a parlare loro con tutto il loro veemente ardore. Lo dice in modo chiarissimo il Signore al profeta Ezechiele: Va', entra nella casa d'Israele e riferisci loro le mie parole, poiché tu non sei inviato a un popolo dal linguaggio ignoto e di lingua barbara, ma alla casa d'Israele: non a grandi popoli dal linguaggio astruso e di lingua barbara, dei quali tu non comprendi le parole. Se a loro ti avessi inviato, ti avrebbero ascoltato; ma gli Israeliti non vogliono ascoltare te, perché non vogliono ascoltare me; tutta la casa d'Israele è di dura cervice e di cuore ostinato. Ma io ti ho dato una fronte dura quanto la loro fronte e renderò forte il tuo combattimento contro il loro. ( Ez 3,4-8 ) Ecco, un servo di Dio è inviato con l'ordine di parlare a individui che non lo avrebbero ascoltato, e colui che lo inviava con l'ordine di parlare era il Signore, che prediceva anche il loro rifiuto di ascoltare. Per qual motivo, per il bene di chi, per qual frutto, per quale risultato costui viene inviato al combattimento della predicazione della verità contro coloro che lo osteggeranno e gli disobbediranno? Ci sarà forse qualcuno che avrà il coraggio di dire che i santi Profeti di Dio furono oggetto dello stesso biasimo che tu hai lanciato contro di me con quelle parole: " Se tu sai che la questione di cui si tratta non può essere risolta da te, perché ti affatichi invano? Perché ti imbarchi in una impresa inutile? Perché questa diatriba del tutto superflua e senza frutto? Non è un grossolano errore voler spiegare ciò che non sei in grado di spiegare, dal momento che anche la Legge ti avverte: Non occuparti delle cose misteriose e non indagare ciò che trascende le tue capacità; ( Sir 3,22 ) e ancora: L'uomo litigioso prepara liti e l'uomo iracondo dilata il peccato "? ( Sir 28,11 ) Certamente non dirai queste cose a Ezechiele, il quale è inviato con la parola di Dio a dar battaglia contro coloro che si rifiutano di obbedire, contro coloro che pensano, dicono e fanno sempre il contrario. Se tu infatti gli parlassi così, forse ti risponderebbe con la risposta degli Apostoli agli stessi Giudei: A chi si deve obbedire? A Dio oppure agli uomini? ( At 5,29 ) Questa è la risposta che anch'io darei a te. 9.12 - Le Lettere degli Apostoli sono state scritte anche per noi A questo punto, se mi solleciti a mostrarti quando Dio ha ordinato anche a me di fare ciò che tu mi proibisci, ricordati che le Lettere degli Apostoli non sono state scritte soltanto per coloro che le ascoltavano quando erano state composte, ma anche per noi: non per altro motivo infatti si leggono in chiesa. Considera anche ciò che dice l'Apostolo: Volete forse una prova che Cristo parla in me?, ( 2 Cor 13,3 ) e ricorda adesso, non ciò che Paolo, ma ciò che Cristo ha detto per mezzo di Paolo, un testo che ho citato poco sopra: Predica la parola, insisti a tempo opportuno e inopportuno, ( 2 Tm 4,2 ) con ciò che segue. Nota anche ciò che disse a Tito, quando spiegava i requisiti necessari per il vescovo: gli raccomandava anche la perseveranza nell'insegnamento conforme alla dottrina della parola autentica: Perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddicono. Vi sono, infatti, soprattutto fra quelli che provengono dalla circoncisione, molti spiriti insubordinati, chiacchieroni e seduttori. A questi tali bisogna chiudere la bocca. ( Tt 1,9-11 ) Non dice dunque che sono tali soltanto quelli che provengono dalla circoncisione, ma questi tali sono soprattutto loro. Tuttavia, affermò con un mandato inesorabile che il vescovo deve, secondo la sana dottrina, confutare e respingere anche i ciarlatani e gli imbroglioni. Riconosco che anche a me è stato affidato questo mandato, ed è quanto mi sforzo di fare secondo le mie forze; in questa opera insisto con perseveranza, nella misura in cui mi aiuta colui che me lo ha imposto. Perché ti opponi e fai ostruzionismo, perché proibisci e rimproveri? Si deve obbedire a te o a Dio? ( At 5,29 ) 10.13 - I precetti delle Scritture sono per tutti A meno che tu non pretenda che questi testi, i quali ho tratto dalle sante Scritture, si debbano intendere in un senso che i vostri osservano di fatto e per cui li lodi, in base al quale soltanto nella Chiesa i popoli devono apprendere i precetti della Legge. Tu pensi forse che in essa si debbano correggere e convincere coloro che la pensano diversamente, cosicché ciascun dottore si accontenti di emendare l'errore dei suoi solo attraverso la discussione e la predicazione; se invece insiste nel fare altrettanto con coloro che sono al di fuori, lo si dovrà considerare un fanatico, un attaccabrighe e un litigioso: " poiché lo stesso Ezechiele - dici tu - e gli altri profeti erano inviati con le parole di Dio al loro popolo, Israeliti cioè agli Israeliti ". 11.14 - Gesù ha offerto se stesso come esempio per tutti Anche a questo ti rispondo. L'ho già ricordato sopra: lo stesso Signore Gesù, che si propose come esempio ai suoi discepoli, non disdegnò di esporre la verità e di rispondere sopra la Legge non solo ai Giudei, ma anche ai Farisei, ai Sadducei, ai Samaritani e allo stesso Demonio, principe di tutti gli inganni ed errori. Ma, perché tu non creda che il Signore poteva permettersi questo, mentre ai suoi servi non era concesso, ascolta ciò che si legge negli Atti degli Apostoli: Un tale Giudeo, chiamato Apollo, nativo di Alessandria, versato nelle Scritture, giunse ad Efeso. Questi era stato ammaestrato nella via del Signore e pieno di fervore parlava e insegnava esattamente ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. Egli intanto cominciò a parlare francamente nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. Poiché egli desiderava passare nell'Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto colà, fu molto utile a quelli che per opera della grazia erano divenuti credenti; confutava infatti vigorosamente i Giudei, dimostrando pubblicamente attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo. ( At 18,24-28 ) Che ne dici di costui? Che ne pensi? Lo potrete forse accusare di essere un tipo litigioso, un fanatico sobillatore, un seminatore di discordia, a meno che non vogliate essere calpestati dall'autorità di un Libro così santo? 12.15 - Paolo si prese cura di parlare e correggere anche i pagani Non sarà forse perché costui, avendo creduto in Cristo pur essendo un Giudeo, doveva per questo ripudiare pubblicamente i Giudei che combattevano la fede cristiana e negavano che Gesù era il Cristo, mentre noi, perché non siamo mai stati membri del partito di Donato, non possiamo confutare il partito di Donato che lotta contro l'unità cristiana? L'apostolo Paolo è mai stato cultore degli idoli, ha mai seguito l'eresia degli Epicurei o degli Stoici, con i quali tuttavia né si vergognò né fu riluttante ad avere un dibattito sulla questione del Dio vivo e vero? Ascolta che cosa è scritto al riguardo nel medesimo libro: Mentre Paolo li attendeva ad Atene, fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli. Discuteva frattanto nella sinagoga con i Giudei, con i pagani e i credenti in Dio e ogni giorno sulla piazza principale con quelli che incontrava. Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui e alcuni dicevano: "Che cosa vorrà mai insegnare questo ciarlatano? ". E altri: " Sembra essere un annunziatore di divinità straniere ". ( At 17,16-18 ) Come vedi, l'apostolo Paolo non disdegna di intrattenersi con gli Stoici e gli Epicurei, eresie non solo diverse dalla sua dottrina, ma anche opposte fra loro. Egli discute con essi non solo al di fuori della chiesa, ma anche al di fuori della sinagoga; e le loro credenze non lo intimoriscono affatto né gli fanno abbandonare, sotto il pretesto di evitare liti e dispute, la predicazione della verità cristiana. Infatti, osserva che cosa la santa Scrittura dice nel testo che segue: Presolo con sé, lo condussero sull'Areòpago e dissero: " Possiamo dunque sapere qual è questa nuova dottrina predicata da te? Cose strane davvero ci metti negli orecchi; desideriamo dunque conoscere di che cosa si tratta ". Tutti gli Ateniesi infatti e gli stranieri colà residenti non avevano passatempo più gradito che parlare e sentir parlare. Allora Paolo, alzatosi in mezzo all'Areòpago, disse: " Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio, ( At 17,19-23 ) ed anche ciò che segue, ma sarebbe troppo lungo citarlo per intero. Comunque, per la questione che stiamo trattando, è sufficiente che tu faccia attenzione, te ne prego, a questo fatto: un Ebreo, figlio di Ebrei, un Apostolo di Cristo parla non solo all'interno di una sinagoga ebraica, o in una chiesa cristiana, ma nell'Areopago degli Ateniesi, che fra i Greci sono veri campioni in fatto di dialettica e di empietà. Da lì sorsero le sètte filosofiche più ciarlatane, di cui molte, per esempio gli Stoici che ho appena rammentato, disputano, più che sulle idee, sulle parole: esattamente ciò che l'Apostolo ha vietato a Timoteo, dicendo che questo serve solo per la rovina dei suoi uditori. ( 2 Tm 2,14 ) È di questo, tu lo sai bene, che Tullio ha detto: Le dispute verbali da molto tempo tormentano quei meschini di Greculi, più avidi di battibecchi che di verità. Nonostante ciò, il nostro Paolo si prese cura di parlare e correggere costoro, per nulla intimorito dal nome stesso del luogo in cui si trovava, che trae il suo nome da Marte, chiamato il dio della guerra. Là parlava intrepido, annunciando parole di pace a coloro che erano disposti a credergli; là, rivestito delle armi spirituali, espugnava errori nefasti. A quest'uomo mitissimo non facevano paura coloro che lo combattevano, né quest'uomo semplicissimo era intimidito dai sottili ragionatori con la loro dialettica. 13.16 - Dialettica ed eloquenza Tu sai bene come fiorì in sommo grado la dialettica presso gli Stoici, benché anche gli stessi Epicurei, che non solo non si vergognavano di ignorare le arti liberali, ma se ne compiacevano, si vantavano di possedere ed insegnare a loro volta alcuni principi della dialettica, il cui impiego avrebbe evitato ogni sorpresa. Del resto, che cosa è la dialettica, se non l'abilità nel discutere? Ho creduto opportuno fornire questa spiegazione, poiché tu mi hai rinfacciato l'uso della dialettica, quasi non sia adeguata alla verità cristiana, e pertanto i vostri dottori a buon diritto hanno pensato bene di snobbarmi, anzi di evitarmi, considerandomi un semplice dialettico, anziché pensare di confutarmi e vincermi definitivamente. Essi evidentemente non sono riusciti a convincerti, dal momento che tu non hai rinunciato a disputare con noi, anche per iscritto; tuttavia mi accusi di fare della pura dialettica al fine di confondere gli ignoranti e di lodare coloro che non hanno accettato di venire a disputare con me. Tu, naturalmente, non ti servi della dialettica scrivendo contro di noi. Ma, allora, perché ti sei cacciato in un simile pericolo di disputare, se non sai discutere? Se invece tu sai discutere, perché - come dialettico - te la prendi con la dialettica? Sei così temerario o ingrato da non riuscire a frenare una ignoranza che ti fa battere in ritirata o di accusare una scienza che ti aiuta? Io ho qui sotto gli occhi il tuo scritto, proprio quello che mi hai inviato; vedo che tu spieghi determinati concetti con stile ridondante e ricercato - diciamolo pure: eloquente - , altri invece sono sviluppati con sottile arguzia, cioè con arte dialettica, e tuttavia biasimi l'eloquenza e la dialettica. Se esse sono dannose, perché te ne servi? Se non lo sono, perché le attacchi? Ma, suvvia, non lasciamoci tormentare anche noi da una disputa sulle parole: quando si comprende bene la sostanza della cosa, non si deve penare sul nome con cui gli uomini hanno voluto chiamarla. Pertanto, se si deve chiamare eloquente non solo chi parla con parola faconda e fiorita, ma anche vera; se a sua volta si deve chiamare dialettico il filosofo che disquisisce non solo con ragionamento sottile, ma anche giusto, tu non sei né eloquente né dialettico; e non perché la tua parola sia vacua e disadorna, o la tua dialettica sia senza vigore e finezza, ma perché impieghi la stessa facondia e abilità per difendere il falso. Se, invece, si ha il diritto di parlare di eloquenza e di dialettica non solo a proposito della verità, ma anche quando si tratta una causa sbagliata in uno stile elegante e vigoroso, tu sei senz'altro eloquente e dialettico, poiché esprimi con talento idee inconsistenti e difendi con acume idee false. Ma esaminerò il tuo caso. 14.17 - Anche Paolo era un dialettico È un dato accertato che gli Stoici furono sommi dialettici. Perché dunque l'apostolo Paolo non avrebbe dovuto evitarli con la massima cautela per non imbattersi con le loro disquisizioni, dal momento che lodi i vostri vescovi perché non accettano di discutere con noi, come se fossimo dei dialettici? Se poi anche Paolo era un dialettico, e quindi non temeva per nulla di discutere con gli Stoici, in quanto non si limitava ad imbastire ragionamenti sottili come i loro ma anche veritieri, che essi non sapevano esprimere, guàrdati bene dall'incriminare chiunque perché usa la dialettica, che tu stesso riconosci essere stata usata dagli Apostoli. Infatti, se mi biasimi per questo, credo che tu non ti inganni per ignoranza, ma vuoi ingannare con astuzia. " Dialettica " è un vocabolo greco che, se l'uso lo ammettesse, si potrebbe forse chiamare in latino " disputatoria ", così come " grammatica " corrisponde in latino a " letteratura ", secondo la denominazione adottata dai migliori esperti delle due lingue. Come infatti le lettere dell'alfabeto hanno dato il loro nome alla grammatica, poiché in greco le " lettere " si chiamano ???µµata, così pure la dialettica prende il nome da " discussione ", poiché discussione si chiama in greco d?a???? o d???e???. E come il grammatico dagli antichi è stato chiamato latinamente " litterator ", così la parola greca " dialettico " si dice in latino " disputator ", vocabolo molto più usato e accolto. Non credo che ormai ti rifiuti di vedere nell'Apostolo il " disputator ", anche se rifiuti di vedere in lui il " dialettico ". Ora, riprovare in greco ciò che sei costretto ad approvare in latino, che altro è se non tentare di indurre in errore gli ignoranti e fare torto ai dotti? Se invece non vuoi vedere nell'Apostolo anche il " disputator ", che disputava in maniera così assidua ed egregia, tu non conosci né il greco né il latino, o, cosa che è più credibile, tu con una parola greca inganni coloro che ignorano il greco, e con una parola latina inganni coloro che non sanno neppure il latino. C'è qualcosa, non dico di più incolto, poiché tu non manchi di saperlo, ma di fallace dell'intendere e leggere tali e così variegati discorsi dell'Apostolo, nei quali proclama la verità e confuta l'errore, e poi negare che lui avesse l'abitudine di disputare, quando ciò non si può fare se non discutendo? 14.18 - In molti testi delle divine Scritture si legge la parola dialettica E se riconosci che lui lo ha fatto abitualmente, poiché le sue lettere ti obbligano ad ammetterlo, perché sostieni allora che esse non si devono chiamare discussioni, ma discorsi o epistole? E perché dovrei in tal caso dilungarmi su questo punto con te, in modo che coloro che ignorano queste distinzioni approvino uno di noi, e disapprovino l'altro? Ciò che insegno lo traggo dalle divine Scritture, davanti alle quali ti devi inchinare; cito alla lettera le stesse parole, gli stessi nomi delle cose. Ecco, nel medesimo testo degli Atti degli Apostoli che ho richiamato, hai a disposizione una frase proprio su Paolo: Discuteva frattanto nella sinagoga con i Giudei e sulla piazza principale con i pagani e i credenti in Dio. ( At 17,17 ) Ed ecco un altro testo: benché lui svolgesse la sua attività con il popolo cristiano in mezzo all'assemblea dei fratelli, così è scritto: Un ragazzo chiamato Eutico, che stava seduto sulla finestra, fu preso da un sonno profondo mentre Paolo continuava a conversare. ( At 20,9 ) Ed ecco ancora il libro dei Salmi: A lui sia gradita la mia discussione. ( Sal 104,34 ) Lo trovi anche nel profeta Isaia: Venite, discutiamo, dice il Signore. ( Is 1, 18 sec. LXX ) E in molti altri testi delle divine Scritture, leggi dove troverai questa parola e consulta attentamente i codici greci su queste stesse testimonianze delle sante Scritture: vedrai da dove deriva la parola " dialettica ". Anche ciò che fanno tutti i giusti con Dio, ai quali è detto: Venite, discutiamo, dice il Signore, tu non mancherai di imitare con saggezza e pietà, anziché biasimare con insulsa leggerezza. 15.19 - Chi discute, lo fa per discernere il vero dal falso Chi infatti discute, lo fa per discernere il vero dal falso. Coloro che non sono in grado di farlo, e tuttavia vogliono passare per dialettici, pongono domande insidiose per carpire il consenso degli incauti e trarre dalle loro risposte delle deduzioni, con cui ridicolizzarli per l'errore evidente in cui sono caduti, oppure li ingannano facendo loro credere un errore latente, che per lo più anch'essi scambiano per verità. Invece il vero dialettico, cioè colui che discerne il vero dal falso, comincia con il premunirsi interiormente dal fare false distinzioni: risultato che non può raggiungere senza l'aiuto di Dio. Poi, quando propone agli altri le sue acquisizioni personali, cerca di individuare prima di tutto le certezze che essi hanno già conosciuto, per condurli da qui verso ciò che essi o ignoravano o non volevano credere, mostrando loro che tutto ciò discendeva da quello che essi, per scienza o per fede, già possedevano. In tal modo, con simile procedimento, le verità su cui essi si trovano in pieno accordo li obbligano a riconoscere le altre verità che avevano negato; e così il vero che antecedentemente era ritenuto falso, si distingue dal falso, quando si scopre che è in accordo con quella verità che già antecedentemente si riteneva tale. 16.20 - Retorica e dialettica Se questo autentico dialettico fa una esposizione larga e particolareggiata, con eloquio elegante, allora riceverà un titolo più elevato: lo si chiamerà oratore piuttosto che dialettico. Ecco in proposito un testo, che l'Apostolo amplifica e sviluppa con dovizia, quando dice: In ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama. Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri; sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte; afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto. ( 2 Cor 6,4-10 ) Dove trovare facilmente qualcosa in uno stile più denso e forbito, in una parola, più eloquente di questo testo dell'Apostolo? Se invece uno ha un modo di esprimersi rapido e conciso, lo si chiama ordinariamente dialettico anziché parlatore: è lo stile dell'Apostolo, quando tratta della circoncisione e della incirconcisione del patriarca Abramo, o della distinzione tra legge e grazia. Alcuni, non comprendendolo, anzi, calunniandolo, lo accusano facendogli dire: Facciamo il male perché ne venga un bene. ( Rm 3,8 ) Comunque, che lui sia oratore o dialettico, non può esserci discorso senza dialettica, dal momento che anche una sovrabbondante eloquenza include il discernimento fra il vero e il falso, né può esistere discussione senza una dizione, poiché certamente lo stesso stile conciso del discorso si esprime per mezzo dei vocaboli e del linguaggio, sia che si faccia una esposizione ben articolata sia che si interroghi l'interlocutore, obbligandolo a rispondere ciò che è vero e da lì lo si conduca a una altra verità che si cercava: àmbito in cui si sostiene che la dialettica domina sovrana. 17.21 - Cristo vero dialettico Quando infatti uno è confutato dalle proprie risposte, se ha risposto in modo errato non deve imputar nulla all'interlocutore, ma a se stesso; se invece ha risposto bene, deve vergognarsi di continuare a resistere, non all'interlocutore, ma a se stesso. In questo settore, i Giudei, contro i quali il Signore discuteva sovente, cogliendoli in fallo attraverso le loro risposte e costringendoli ad arrendersi, non avevano seguito le vostre lezioni e non avevano appreso da voi a lanciare ingiurie, altrimenti con molto piacere e avversione lo avrebbero forse chiamato dialettico anziché samaritano. ( Gv 8,48 ) Come puoi pensare che fossero contorti e confusi, quando tentarono di coglierlo in fallo sulla base delle sue risposte e iniziarono a interrogarlo per sapere se era permesso pagare il tributo a Cesare? Gli tesero così un tranello con un dilemma molto stringente, per coglierlo in fallo in un modo o nell'altro: se rispondeva che era lecito, passava per colpevole davanti al popolo di Dio; se invece diceva che non era lecito, sarebbe stato punito come avversario di Cesare. A questo punto, egli chiese loro di mostrargli una moneta e domandò di chi fosse l'immagine e l'iscrizione che portava impressa. Ed essi avendo risposto: di Cesare, poiché la verità era tanto chiara che li costringeva a rispondere questo, immediatamente il Signore li acciuffò e li bloccò con la loro stessa risposta, dicendo: Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio. ( Mt 22,21; Lc 20,25 ) Ti chiedo: costoro furono forse veri dialettici, che tesero un tranello con le loro domande prefabbricate, cercando di sopraffarlo con l'inganno, o fu piuttosto lui che, partendo dalle loro stesse domande, gli cavò fuori la risposta vera attraverso la sua accorta interrogazione, e li costrinse a confessare direttamente la verità che pensavano di cavargli a suo rischio e pericolo? 18.22 - Cristo vuole che noi pieghiamo i nemici della verità, anche dialetticamente, a dare la loro testimonianza alla verità Se avessi inteso dire che costoro furono dialettici perché interrogandolo con il dolo, con la calunnia e con la malizia, tentavano di sorprenderlo in errore con le sue stesse parole - e così voi volete farci passare per tali ipocriti - , perché il Signore nonostante tutto rispose loro? Perché volle condurli a confessare la verità fornendo loro le ragioni? Come mai disse loro: Perché mi tentate, ipocriti? ( Mt 22,18 ) E perché non aggiunse: " Dialettici "? Perché reclamò che gli venisse mostrata una moneta per pronunciare il suo verdetto veritiero, cogliendolo direttamente dalla bocca degli ipocriti, e non disse piuttosto: " Andatevene, non devo parlare con voi, che mi presentate questioni capziose e volete trattare con me servendovi della dialettica "? Egli non ha detto nulla di tutto ciò, né ci ha offerto un solo esempio di questo tipo nei confronti di coloro che tendono insidie con le loro domande e di coloro che registrano maliziosamente le nostre parole per poterci cogliere in fallo. No, egli vuole piuttosto che noi pieghiamo anche i nemici della verità, attraverso domande accorte e ragioni inconfutabili, a dare la loro testimonianza alla verità. Facciano altrettanto i vostri con noi, se siamo maliziosi e dialettici! O, forse, costoro vogliono indicare piuttosto che temono da parte nostra una simile operazione? Se, poi, dichiari che Cristo è un dialettico, tu loderai la dialettica, che mi rinfacci come se fosse un crimine. 19.23 - Che cosa è la dialettica Per non fare ciò, già intravvedo quello che tu probabilmente vuoi dire: né i Giudei, né Cristo in quella discussione si comportarono da dialettici. Se, dunque, né coloro che fanno discorsi capziosi e insidiosi per cogliere in fallo i loro interlocutori, né coloro che li sbaragliano con le loro risposte fanno dialettica, dicci una buona volta che cos'è la dialettica, insegnaci che cosa ha di male, quanto è nociva e come la si deve evitare! Poiché tu maliziosamente fai di questa parola lo spauracchio degli ignoranti, mostra anche la sua malizia al cospetto di coloro che domandano! Non vuoi riconoscere che si comporta da dialettico colui che pone le questioni con perizia e rettitudine a coloro che avversano la verità e, attraverso le loro risposte, li conduce al vero, per non dover ammettere che Cristo stesso si è servito della dialettica con i Giudei. Così pure non vuoi ammettere che si comportano secondo lo stile dialettico coloro che tendono tranelli con domande capziose, cercando di indurre in errore l'interlocutore, perché temi che qualcuno ti mostri la prova che i Giudei agirono proprio così con Cristo, il quale però non li schivò con il silenzio, ma li sconfisse piuttosto con la parola. E così ti vedi costretto ad ammettere che non si comportano correttamente i vostri vescovi, che consideri dotti e sapienti, non volendo intavolare la discussione anche con i dialettici, che sarebbe il mezzo per insegnare l'invitta verità. Noto che sei terribilmente imbarazzato nel definire il dialettico, senza farne né un abile ragionatore, cosa che ti obbligherebbe a lodare ciò che hai biasimato, né un insidioso cavillatore, perché non ti si dica: " Come Cristo trattò quei tali, così il cristiano tratti costui ". Ebbene, se vuoi uscire da questa situazione imbarazzante, definisci così il dialettico: l'uomo con il quale i periti della legge del partito di Donato non vogliono intrattenere rapporti. Che altro si può suggerire a te, uomo che ci rimprovera la dialettica e per questo va dicendo ai suoi vescovi che si rifiutino di entrare in discussione con noi? 19.24 - Differenza nella dialettica fra gli Stoici e i Giudei Ma, forse, a proposito dei Giudei escogiterai come risposta che essi, malgrado la loro astuzia e malizia nel tendere insidie con le loro questioni, non erano in fondo dei dialettici. Certo degli Stoici non si può dire altrettanto, in quanto non solo furono dialettici, ma anche hanno superato tutte le altre scuole filosofiche in questa arte o abilità, che dir si voglia. Era uno stoico, ce lo ricordiamo bene, quel famoso Crisippo, a proposito del quale l'accademico Carneade riferiva questa sentenza: " Quando devo discutere con lui, devo purgare il mio spirito con l'elleboro; invece gli altri, anche dopo il pranzo, li supero senza difficoltà ". Se dunque i libri degli Stoici ci hanno fatto apprendere l'arte di discutere secondo le regole della dialettica, i vostri vescovi producano pure contro di noi la dottrina di Paolo; tuttavia accettino di sostenere un dibattito con noi, proprio come l'Apostolo che non ricusò gli stoici del suo tempo. 20.25 - L'arte della dialettica non è temuta in alcun modo dalla dottrina cristiana Quest'arte, dunque, che chiamano dialettica, la quale insegna nient'altro se non a dedurre le conseguenze vere dalle vere, e le false dalle false, non è temuta in alcun modo dalla dottrina cristiana, come anche l'Apostolo non temette quella degli Stoici, che non respinse quando volevano discutere con lui. ( At 17,16-31 ) È proprio essa a proclamare con assoluta verità che nessuno, nel corso di una discussione, può essere logicamente portato a una conclusione falsa, se prima non consente alle false premesse che, volente o nolente, conducono alla stessa conclusione. Per questo colui che teme di essere condotto dal proprio ragionamento ad ammettere suo malgrado false conclusioni, deve decisamente preoccuparsi di evitare le false premesse. Se invece ha aderito a premesse vere, quali che siano le conclusioni a cui perviene, anche se le credeva false o di esse dubitava, si senta invitato dolcemente ad abbracciarle, se è amico più della verità, sommamente pacifica, che non della vanità, irriducibilmente ostinata. 21.26 - La dialettica dà torto a Cresconio Avrei chiarito ben poco, se non applicassi quanto sto dicendo alla questione che stiamo trattando con la nostra conversazione. Ecco, a proposito di quella stessa questione sul battesimo, tu hai proposto il tema domandandomi dove è più conveniente per te ricevere il battesimo, se presso di noi o nel partito di Donato. E poiché la tua opinione è che convenga piuttosto farsi battezzare nel partito di Donato, hai tentato di dimostrare questa tesi partendo dal presupposto che anche noi non neghiamo che il partito di Donato possieda il battesimo. Come ben vedi, tu hai voluto partire da una nostra concessione per condurci ad ammettere una conclusione che non volevamo, cioè, poiché noi concediamo che anche il partito di Donato possiede il battesimo, siamo obbligati a concedere che anche lì un individuo possa essere battezzato. 22.27 - Non c'è consequenzialità fra la premessa e le conclusioni che tira Cresconio Considera attentamente se tale conseguenza sia logica, e dàtti tu stesso la risposta! Penso infatti che tu sia in grado di scoprire, appena questi dati sono sotto i tuoi occhi e data la vivacità del tuo ingegno, che non c'è consequenzialità fra la premessa e le conclusioni che tiri. Sì, noi diciamo che il battesimo esiste anche là; ma non diciamo che vi esiste per l'utilità, anzi, diciamo che esso nuoce. Ora, quando ci viene chiesto dove uno debba farsi battezzare, credo che lo si chieda in considerazione di questa parola del Signore: Se uno non rinasce da acqua e da Spirito, non entrerà nel regno dei cieli. ( Gv 3,5 ) Poiché dunque è in previsione di questa utilità che si deve ricevere il battesimo, quando si chiede dove si deve ricevere, non si chiede dove esso è, ma dove esso è utile per raggiungere il regno dei cieli. La conclusione sarebbe anche questa: che lo si deve ricevere ovunque risulti con certezza che esso è, se si insegna che tutti coloro che hanno qualche bene, lo hanno anche per il loro bene. Ma poiché vi sono molti, che possiedono grandi beni a proprio danno, chi non si rende conto che, quando viene chiesto dove si deve ricevere qualcosa, si intende domandare non dove è, ma dove è utile? Se tu convieni con me nell'affermare, da un lato, che l'oro è un bene, e dall'altro mi concedessi anche che i briganti hanno l'oro, non penso che saresti d'accordo con me se, da queste due premesse, concludessi: allora, chi vuol avere l'oro deve vivere in compagnia dei briganti. Così pure, quando da una parte concedo che il battesimo è un bene, e dall'altra che i Donatisti hanno il battesimo, tu non devi tirare da queste due premesse come conclusione logica: chi vuol avere il battesimo deve vivere nella società dei Donatisti! 23.28 - Anche le stesse cose in sé buone e utili, tuttavia non sono utili a tutti, ma a chi se ne serve bene Sono certo che, a questo punto, anche a te verranno in mente molte cose che, benché in sé siano buone e destinate ad un fine utile, tuttavia non sono utili a tutti coloro che le possiedono, ma soltanto a coloro che se ne servono bene. La stessa luce inonda gli occhi sani e gli occhi malati; ma essa è un aiuto per gli uni e una tortura per gli altri; lo stesso alimento nutre alcuni organismi, nuoce ad altri; la stessa medicina guarisce uno e indebolisce l'altro; le stesse armature proteggono gli uni e ingabbiano gli altri; le stesse vesti riparano gli uni e sono di impedimento agli altri. Così pure il battesimo: ai primi assicura il regno, agli altri la condanna. 24.29 - Perfino gli stessi sacramenti non giovano a tutti E qui scorgo ciò che ti potrà smuovere. Tu forse obietti che in tutti questi casi non ho fatto allusione al sacramento. Ora, il battesimo è un santo sacramento, e perciò non consegue automaticamente - se si è potuto provare dall'oro, dalla luce, dagli alimenti, dalle armature e dai vestiti che per alcuni sono convenienti, per altri non lo sono, benché siano beni istituiti per giovare in qualche modo - che anche il battesimo sia di utilità per alcuni e dannoso per altri. Resta dunque ancora da domandarsi se anche quei beni, che si riferiscono alla legge di Dio, non sempre sono utili per coloro che li posseggono. Impostata così tale questione, la nostra posizione è che anche tutti questi beni non sempre giovano a tutti i loro fruitori. Questa è la nostra tesi, ed ora osserva come la proveremo, servendoci delle vostre stesse concessioni. Voi concedete infatti che si deve credere all'apostolo Paolo su ogni questione: ed è un primo punto. Inoltre concedete che lo stesso Apostolo ha detto: La legge è buona se uno ne usa legittimamente. ( 1 Tm 1,8 ) Da queste due concessioni ne consegue che la legge è un bene, ma per chi ne fa buon uso. Se, dunque, non se ne usa bene, essa in sé non diventa cattiva, ma nuocerà sicuramente ai malvagi. 25.30 - L'unico sacrificio offerto per la nostra salvezza può procurare la morte Forse dirai a questo punto che nessuno può essere contemporaneamente nella legalità e usare male della legge; per il fatto stesso che lui vive in modo contrario alla legge è comprovato che non è in accordo con la legge. Al contrario, io affermo che si può dare il caso di uno che è soggetto alla legge, ma non se ne serve legittimamente. Lo provo sempre attraverso le vostre concessioni. Voi ammettete che l'Apostolo citato ha fatto riferimento a un testo dei Salmi per condannare coloro che si gloriavano della legge, ma vivevano contro la legge: Secondo la Scrittura - dice - non c'è nessun giusto, nemmeno uno, non c'è sapiente, non c'è chi cerchi Dio! Tutti hanno traviato e si sono pervertiti; non c'è chi compia il bene, non ce n'è neppure uno. La loro gola è un sepolcro spalancato, tramano inganni con la loro lingua, veleno di serpenti è sotto le loro labbra, la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza. I loro piedi corrono a versare il sangue; strage e rovina è sul loro cammino e la via della pace non conoscono. Non c'è timore di Dio davanti ai loro occhi. ( Rm 3,10-18 ) E per non far credere che questo si riferisse a coloro che non sono soggetti alla legge, soggiunge subito: Ora, noi sappiamo che tutto ciò che dice la legge lo dice per quelli che sono sotto la legge, perché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio. ( Rm 3, 19 ) Ed anche poco dopo: Che diremo dunque? Che la legge è peccato? No certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare. Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri. ( Rm 7,7-8 ) Poco sotto dice: Il peccato infatti, prendendo occasione dal comandamento, mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte. Così la legge è santa e santo e giusto e buono è il comandamento. Ciò che è bene è allora diventato morte per me? No davvero! È invece il peccato: esso per rivelarsi peccato mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene. ( Rm 7,11-13 ) Ti rendi conto come Paolo esalta la legge e biasima coloro che sono sotto la legge e, usandone male, da un bene ne ricavavano un male? L'Apostolo parla anche di una certa scienza che deriva dalla legge, la quale egli dice di possedere, ma che per gli altri, privi della carità, è inutile e dannosa: Quanto poi - dice - alle carni immolate agli idoli, sappiamo di averne tutti scienza. Ma la scienza gonfia, mentre la carità edifica. ( 1 Cor 8,1 ) Per cui anche questa scienza, benché si riferisca alla legge di Dio, se opera in alcuno senza la carità, gonfia e nuoce. Che dico? Dello stesso corpo e sangue del Signore, l'unico sacrificio offerto per la nostra salvezza, proprio il Signore dichiarò: Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà in sé la vita. ( Gv 6,54 ) E lo stesso Apostolo non insegna forse che esso diventa dannoso per coloro che se ne servono male? Ecco che cosa dice: Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. ( 1 Cor 11,27 ) 26.31 - Il battesimo non giova a tutti Ecco come le realtà divine e sante possono nuocere a chi le usa malamente: perché non dovrebbe essere così anche del battesimo? Perché non dire che gli eretici non sono buoni pur avendo ricevuto un buon battesimo, come nella Legge, che è buona, non sono buoni i Giudei? Certo, e l'ho già dimostrato, secondo le vostre concessioni voi credete a Paolo e ammettete che i testi biblici che ho citato sono stati pronunziati da Paolo; dunque ho già provato, secondo le vostre concessioni, che alcune cose legittime e buone nuocciono tuttavia a chi non le possiede e usa in modo legittimo. Perché non dire altrettanto del battesimo, il quale, per buono e legittimo che sia, non giova a tutti coloro che lo possiedono? Come mai tu presentavi questa conclusione come assolutamente certa e consequenziale, che cioè l'uomo deve essere battezzato nel partito di Donato, dal momento che noi concediamo che anche lì c'è il battesimo, senza attendere da noi una precisazione di questo tipo: che lì effettivamente si trova il battesimo di Cristo, ed esso è senz'altro giusto, santo e buono; ma è punibile, contrastante, pernicioso per i nemici del corpo di Cristo, che è la Chiesa, la quale secondo le promesse di Dio si espande in tutte le nazioni. 27.32 - Dalla falsa premessa la falsa conclusione Troverai qualcosa per rispondere a quanto sopra, se non che il battesimo non si deve annoverare fra quei beni che hanno un riferimento con la legge di Dio, di cui gli uomini possono fruire e non essere buoni; mentre senza dubbio la stessa legge, la scienza, il sacrificio del corpo e del sangue di Cristo sono beni tali, che gli uomini possono e avere ed essere cattivi, il battesimo invece è un bene di tale natura che chiunque lo possiede deve essere necessariamente buono? Se voi vorrete affermare questo, sosterrete un errore, pertanto fai attenzione ad un'altra falsa conseguenza, che non ricorderò per condurti dalla tua falsa premessa ad una falsa conclusione, ma perché, riconoscendo che tale conclusione è falsa, tu possa liberarti da questa ed emendarti della falsa premessa. Qual è la premessa? Tutti coloro che fra voi hanno il bene del battesimo sono buoni. Falsità manifesta. Qual è la conseguenza? Che cioè erano buoni coloro che provocavano scismi, dicendo: " Io sono di Paolo ", " Io invece sono di Apollo ", " E io di Cefa ", " E io di Cristo ". L'Apostolo li riprende dicendo: Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? ( 1 Cor 1,12-13 ) Ma è falso che costoro erano buoni, salvo quelli che dicevano: Io sono di Cristo, e tuttavia avevano ricevuto il santo battesimo di Cristo. Da dove viene dunque questa falsa conclusione? Dalla falsa premessa che tutti coloro che hanno un buon battesimo sono buoni. Dunque, si rigetti l'una e l'altra affermazione: le due sentenze devono essere corrette. È evidente che coloro che causavano scismi non erano buoni, eppure avevano ricevuto un battesimo buono; come pure è evidente che non è vero che tutti coloro che hanno un buon battesimo siano buoni. Per queste ragioni, noi non siamo tenuti a concedere la necessità di farsi battezzare nel partito di Donato, solo per il fatto di concedere che il partito di Donato, che noi diciamo malvagio, ha un buon battesimo. 28.33 - C'è un unico battesimo, anche se conferito al di fuori dell'unica Chiesa Tu, per vincolarmi con questa concessione a ciò che non ammetto, hai citato di nuovo il testo: Un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo, una sola Chiesa cattolica incorrotta e vera. ( Ef 4,5 ) Tutto ciò lo concedo, anche se la citazione è alquanto diversa. Ma, che importa? Io te lo concedo, come ho detto. In verità ciò che tentavi di conseguire con queste argomentazioni, non consegue, cioè, la conclusione che tutti coloro che non appartengono all'unica Chiesa non possono avere un unico battesimo: cosa assolutamente falsa. Tanto meglio perché proprio tu hai presentato un testo che mi offre l'opportunità di richiamare ciò che mi preme di dire. Ebbene, tu hai categoricamente affermato, a proposito delle concessioni che ho fatto e attraverso le quali vuoi indurmi verso la tua tesi, che c'è un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo, una sola Chiesa incorrotta e cattolica. E poiché fin qui siamo d'accordo, tu credi di poter tirare da quelle premesse ciò che non è consequenziale: presso coloro che non sono in quest'unica Chiesa, quest'unico battesimo non può esistere. Io invece sostengo che esso può esistere, se non lo si cambia, se si osserva questo medesimo rito, perciò non cessa di essere l'unico battesimo per il fatto che si trova anche presso coloro che non sono nell'unica Chiesa. Te lo dimostro, basandomi su ciò che hai affermato nella stessa citazione sull'unico Dio e sull'unica fede. Noi constatiamo infatti che il medesimo Dio è adorato al di fuori della Chiesa da coloro che l'ignorano, ma non per questo egli non è Dio; anche la fede, per cui si crede che il Cristo è Figlio del Dio vivo, noi riscontriamo che la professano anche coloro che non fanno parte delle membra della Chiesa, ma non per questo la fede non è unica. Così pure, quando vediamo che quelli che sono al di fuori della Chiesa praticano lo stesso rito del battesimo quando battezzano gli uomini, non per questo dobbiamo pensare che non è il medesimo battesimo. 29.34 - Non soltanto nella Chiesa c'è l'unico battesimo, ma solo in essa lo si possiede per la salvezza Forse obietterai su questo punto: è impossibile che anche al di fuori della Chiesa si adori il medesimo, lo stesso, l'unico Dio o che si incontri anche presso coloro che sono al di fuori della Chiesa la stessa fede, che ci fa riconoscere nel Cristo il Figlio di Dio e per cui Pietro è stato chiamato beato. ( Mt 16,16-17 ) Questo è ciò che mi resta da provare. Tu lo leggi nello stesso discorso del beato Paolo, che ho citato sopra dagli Atti degli Apostoli. Mentre parlava di Dio, poiché aveva trovato un altare con l'iscrizione: Al Dio ignoto, disse loro: Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. ( At 17,16-23 ) Gli ha forse detto: " Poiché lo adorate al di fuori della Chiesa, non è Dio colui che adorate "? No; ha detto invece: Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. ( At 17,23 ) Che cosa ha voluto garantire loro, se non di offrirgli la possibilità di onorare nella Chiesa con culto saggio e salutare quel Dio, che al di fuori della Chiesa adoravano senza conoscerlo e senza frutto? Anche noi vi diciamo la stessa cosa: " Vi annunciamo la pace del battesimo che voi conservate senza conoscerlo, non perché quando verrete fra noi riceviate un altro battesimo, ma perché riceviate il frutto di ciò che già avete ". Quanto alla fede, anche l'apostolo Giacomo, parlando contro coloro che pensavano fosse sufficiente avere creduto, ma non volevano ben operare, afferma: Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano. ( Gc 2,19 ) L'unità della Chiesa non comprende certo i demoni. E tuttavia non possiamo affermare che credono qualcosa di diverso, dal momento che dissero allo stesso Signore Gesù Cristo: Che c'è fra noi e te, Figlio di Dio? ( Mc 1,24 ) Per questo anche l'apostolo Paolo dice: Se possedessi la pienezza della fede, così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. ( 1 Cor 13,2 ) Ora, non credo che ci sia qualcuno così sciocco da pensare che appartenga all'unità della Chiesa chi non ha la carità. Dunque, come l'unico Dio è adorato anche al di fuori della Chiesa da coloro che non lo conoscono, senza per questo cessare di essere ciò che è; così l'unica fede è posseduta anche al di fuori della Chiesa da coloro che non hanno la carità, senza per questo cessare di essere ciò che è, così infine l'unico battesimo è posseduto anche al di fuori della Chiesa da coloro che non lo conoscono e non hanno la carità, senza per questo cessare di essere ciò che è. Infatti unico è Dio, unica la fede, unico il battesimo, unica incorrotta e cattolica la Chiesa: non in essa sola si adora l'unico Dio, ma in essa sola l'unico Dio riceve un culto giusto; né solo in essa si conserva l'unica fede, ma soltanto in essa l'unica fede è conservata con la carità; né soltanto in essa c'è l'unico battesimo, ma solo in essa si possiede l'unico battesimo per la salvezza. 30.35 - Noi correggiamo gli eretici ma approviamo ciò che costoro hanno custodito così come lo hanno ricevuto Dunque, tu hai proposto un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo, una sola Chiesa incorrotta e cattolica, e noi siamo d'accordo. Ma, non solo non sei riuscito a trarre da ciò le conclusioni che ti eri proposte, anzi, ci hai aiutato molto con ciò a richiamare alla tua mente anche ciò che noi volevamo. Considera dunque quanto probante sia il criterio che noi seguiamo, quando correggiamo ciò che gli eretici o gli scismatici hanno corrotto in coloro che rientrano fra noi dalle loro file, e quando riconosciamo e approviamo ciò che costoro hanno custodito così come lo hanno ricevuto. Noi non vogliamo lasciarci influenzare dai vizi dell'uomo al di là del giusto, e fare il minimo torto ai beni di Dio, quando vediamo lo stesso Apostolo affermare, più che negare, il nome di Dio che egli ha trovato perfino sull'altare degli adoratori di idoli pagani. ( At 17,23 ) Non è necessario cambiare o riprovare il sigillo del re nell'uomo, se è stato accordato il perdono del re per la sua colpa ed è stato reintegrato nei ranghi militari, per il fatto che tale carattere, il cui fine era di riunire i soldati intorno a sé, gli è stato impresso da un disertore; né per questo si deve cambiare il marchio alle pecore, quando sono associate al gregge del Signore, perché il sigillo del Signore fu loro impresso da uno schiavo fuggitivo. 31.36 - Anche la circoncisione, figura del battesimo, era irripetibile Ora, se temete che queste cose siano espedienti per trarvi in inganno, poiché non sono esempi di tipo ecclesiastico, benché vi sia ben noto che le Scritture contengono alcune parabole in cui si parla di pecore e di soldati, ebbene, voglio citare un esempio dagli scritti profetici, detti dell'Antico Testamento, poiché nei libri del Nuovo Testamento, né da noi né da voi si trovano esempi che facciano al caso nostro. Suppongo che non osiate negare che la circoncisione del prepuzio è stata praticata certamente dagli antichi come figura del futuro battesimo di Cristo. Ora, se un Samaritano circonciso avesse voluto farsi Giudeo, poteva essere circonciso di nuovo? Non sarebbe stato forse riprovato l'errore di quel tale, e invece riconosciuto e approvato il sigillo della fede? Anche adesso vi sono alcuni eretici, che si chiamano Nazareni, da molti invece chiamati Simmachiani, che praticano sia la circoncisione dei Giudei sia il battesimo dei cristiani. Per questo, se uno di loro passa al giudaismo, non può essere nuovamente circonciso; se poi viene da noi, non deve essere ribattezzato. Voi però direte su questo punto: "Una cosa è la circoncisione dei Giudei, un'altra il battesimo dei cristiani ". Tuttavia, poiché essa adombrava questa realtà, perché quella circoncisione poté esistere anche presso gli eretici del giudaismo, mentre questo battesimo non può esistere fra gli eretici del cristianesimo? 31.37 - Nessun caso nelle Scritture di un uomo proveniente dall'eresia che fu ribattezzato Su, dalle Scritture canoniche, di cui noi vicendevolmente riconosciamo l'autorità, presentate un solo caso, in cui chi è venuto dall'eresia sia stato ribattezzato. È vero che gli Apostoli fecero battezzare nel Cristo alcuni battezzati da Giovanni, ma qui il motivo è ben altro. Giovanni non era un eretico, lui, l'amico dello Sposo, ( Gv 3,29 ) il più grande che sia mai sorto fra i nati di donna. ( Mt 11,11 ) La questione è dunque tutt'altra. D'altra parte, se Paolo battezzò dopo Giovanni, benché ambedue fossero nell'unità di Cristo, a maggior ragione i vostri vescovi, in quanto sostengono di essere nell'unità di Cristo, devono battezzare dopo i loro colleghi, nei quali colleghi essi biasimano determinati comportamenti, poiché lo ha fatto Paolo, lui che non avrebbe avuto niente da ridire su Giovanni! È dunque un altro discorso, un altro problema che sarebbe troppo lungo trattare adesso in modo particolareggiato, e su cui abbiamo già dissertato ampiamente in altre opere. Mostrateci, dunque, nelle Scritture canoniche il caso di un uomo proveniente dall'eresia che fu ribattezzato. Per parte nostra, citiamo la parola detta a Pietro: Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi una seconda volta. ( Gv 13,10 ) Certo anche voi replicate: " Pietro non aveva ricevuto il battesimo presso gli eretici ". Allora, siccome voi non siete in grado di mostrare attraverso le Scritture, di cui noi vicendevolmente riconosciamo l'autorità, il caso di un uomo proveniente dall'eresia che sia stato ribattezzato, e neppure noi il caso che costui sia stato ricevuto così, su tale questione ci troviamo sullo stesso piano. 32.38 - La dottrina cattolica è conforme alle Scritture Noi invece siamo in grado di mostrare che una serie cospicua di beni, i quali si riferiscono anche alla legge di Dio, si riscontrano anche fra coloro che non sono nella Chiesa, e che nessuno di voi può negare. Ma perché non vogliate che questo riguardi anche il battesimo, francamente non riesco a capacitarmene in alcun modo e sono fermamente convinto che non siate in grado di dimostrarlo. Su questo punto è chiaro che seguiamo l'indiscussa autorità delle Scritture canoniche. E non si deve sottovalutare per nulla il fatto che, quando cominciò ad agitarsi tale questione fra i vescovi dell'epoca antecedente il sorgere del partito di Donato, ed avendo i colleghi opinioni diverse fra loro, salva sempre l'unità, piacque a tutta la Cattolica, diffusa nel mondo intero, osservare quanto anche noi riteniamo. Ora, anche voi presentate un concilio di Cipriano che, o non ha avuto luogo o meritò giustamente di essere abolito dai restanti membri dell'unità, dai quali lui non si separò. E non per questo siamo migliori del vescovo Cipriano, in quanto lui ha sostenuto che gli eretici devono essere ribattezzati, mentre noi giustamente non lo facciamo; come anche non siamo migliori dell'apostolo Pietro, per il fatto che noi non forziamo i pagani ai riti giudaici, cosa che egli fece secondo la testimonianza di Paolo, che in questo lo corresse, ( Gal 2,14 ) allorché la questione della circoncisione creava non poche incertezze tra gli Apostoli, simili a quelle sorte più tardi tra i vescovi intorno alla questione del battesimo. 33.39 - La prassi approvata dalla Chiesa universale, che raccomanda l'autorità delle stesse Scritture Per cui, benché su tale questione le Scritture canoniche non forniscano alcun esempio certo, tuttavia anche su questo argomento noi seguiamo la verità genuina delle Scritture, osservando la prassi approvata dalla Chiesa universale, che raccomanda l'autorità delle stesse Scritture. In tal modo, poiché la sacra Scrittura non può errare, chiunque teme di sbagliarsi per l'oscurità di tale questione, non ha che da consultare a tal riguardo la Chiesa stessa che la santa Scrittura designa senza alcuna ambiguità. Se invece tu esiti a credere che la sacra Scrittura raccomanda questa Chiesa, che si espande in numero incalcolabile fra tutte le nazioni - se tu non ne dubitassi, non saresti più del partito di Donato - ebbene, io ti demolirò con una serie cospicua di testimonianze inconfutabili, desunte dalla stessa autorità, affinché dalle tue stesse concessioni, a meno che non voglia aggrapparti alla tua irriducibile pervicacia, sarai condotto a questa conclusione. Ma prima ti voglio dimostrare che non hai neppure potuto rispondere alcunché di vero alla mia lettera che hai voluto controbattere. 34.40 - Riassunto di questo libro Per ora basti questo, poiché, per l'ostinazione ad oltranza degli uomini, ho pensato bene di doverti dire molte cose contro coloro che, difendendo sostanzialmente una causa sbagliata, vogliono indurre i giudici a non trattarla, appellandosi alla prescrizione e sostenendo che non hanno alcun obbligo di discutere con noi. Ho già dimostrato, servendomi sia della sacra Scrittura sia di argomenti di ragione i più chiari possibili, che né l'eloquenza più avvincente, né la dialettica più stringente devono intimorire i difensori della verità, impedendo loro di disputare con i sostenitori della falsità e confutarli. Ho chiarito anche quell'affermazione della mia lettera che, dicevi, ti aveva sconcertato: quanto sia illogico, se concediamo l'esistenza del battesimo nel partito di Donato, dover contemporaneamente concedere nella stessa società che ogni membro debba essere battezzato. In effetti, come il popolo giudaico, pur essendo reprobo, poté avere una legge buona, così la società degli eretici, pur essendo riprovata, può avere un buon sacramento. Ciò che viene dato in modo proprio alla Chiesa, e che non è dato assolutamente al di fuori di essa, sarà dimostrato senza alcuna difficoltà a suo luogo. In effetti, non ci comporteremmo correttamente nei confronti degli eretici che, lo riconosciamo, possiedono il battesimo, per farli entrare a tutti i costi nella Chiesa cattolica; e poi, una volta entrati, non ricevessero quel di più che altrimenti non potrebbero ricevere, e senza il quale possederebbero invano e a loro dànno tutti gli altri beni, pur appartenenti alla legge di Dio, in qualunque modo li abbiano potuti ricevere. Quale che sia questo bene, in base alle Scritture e a ragioni solidissime si potrà scoprire che non può essere dato o ricevuto se non nella santa Chiesa; esso apparterrà alla fontana sigillata, al pozzo d'acqua viva, al giardino paradisiaco ricco di frutti, ( Ct 4,12-13 ) di cui tu hai fatto menzione a modo tuo, dimostrando che non ne hai compreso la natura, supposto pure che pensi davvero trattarsi qui del battesimo visibile. Esso tuttavia, sebbene sia santo e non si debba in alcun modo omettere, poiché eccelle per la sua santissima realtà sacramentale, è ricevuto da tanti, e non solo dai buoni che secondo il disegno di Dio sono chiamati a riprodurre l'immagine del Figlio di Dio, ( Rm 8,29 ) ma anche da coloro che non possederanno il regno di Dio, fra cui l'Apostolo annovera gli ubriaconi e gli avari! ( 1 Cor 6,10 ) Sono convinto che se rifletti bene, dopo aver deposto ogni forma di pertinacia, risponderai facilmente a te stesso che io dico il vero. Allora non cercherai la fontana sigillata e il pozzo d'acqua viva se non là, dove Dio non permette che si avvicinino se non coloro che piacciono a lui. Libro II 1.1 - Quanto è stato dimostrato nel libro precedente Con il discorso così prolisso del volume precedente, penso di avere stabilito una volta per tutte che i vostri vescovi non devono essere né lodati né approvati perché rifiutano di tenere una conferenza con noi, a causa del dissenso che divide la nostra comunione. Essi sono convinti che con questa sorta di prescrizione si trovano al sicuro dal dover sostenere una causa indifendibile, la quale, se non erro, ho troncato alla radice portando argomentazioni vere e molto solide, soprattutto con gli esempi delle divine Scritture. Con essi ho messo in piena luce il comportamento dei santi predicatori e difensori della verità, che parlarono anche contro gli attuali avversari di questa verità, e non solo contro coloro che facevano parte del medesimo popolo, ma anche contro quelli di altre razze e di altri paesi, e soprattutto - cosa di cui voi vi servite tanto come spauracchio per gli ignoranti - contro coloro che sono i grandi professionisti della dialettica. Non è dunque il caso di considerare un attaccabrighe il predicatore zelantissimo né un polemista il dialettico infaticabile che insiste, secondo il precetto dell'Apostolo, in ogni occasione opportuna e inopportuna, ( 2 Tm 4,2 ) per confutare in nome della sana dottrina gli oppositori, confondere i ciarlatani, ( Tt 1,9-10 ) correggere gli inquieti, consolare gli sfiduciati, accogliere i deboli, perché, mentre difende con pazienza ( 1 Ts 5,14 ) la parola della salvezza evangelica contro tutti gli oppositori, la predica senza scoraggiarsi. Ho dimostrato anche che voi non dovete pensare di dover battezzare per il solo fatto che noi riconosciamo anche a voi la possibilità di avere e di dare il battesimo, in quanto noi diciamo che voi lo avete a vostro danno e lo date per l'altrui danno. Infatti questi sacri beni, di cui anche i cattivi possono usare, quanto più sono santi, tanto più sono amministrati da loro inutilmente e penalmente. Per questo, quando essi tornano alla Chiesa, devono subire la correzione; i buoni comunque non devono violare quei sacri beni, che anche i cattivi non hanno alterato. 1.2 - Inizia la confutazione della lettera di Cresconio Ascoltami dunque, Cresconio, mentre ti dimostrerò brevemente anche questo: che tu, in tutta la tua lettera, non hai detto nulla per confutare la mia, se eccettuamo che forse casualmente mi hai insegnato a derivare o formare le parole. Per esempio, dalla parola " Donato " tu volevi che io facessi derivare " donaziano " anziché " donatista "; ma mi concederai almeno che questa formulazione deriva dal greco, cioè che Donato forma la parola " donatista " come Evangelo forma " evangelista ". E tu dichiari di compiacerti che i vostri predicatori del Vangelo abbiano mutuato da tale vocabolo l'origine del loro nome. Rifletti dunque: chissà che non abbiano voluto essere i primi a darsi questo appellativo, dal momento che considerano Donato il loro Vangelo! Infatti, come tutti i santi non vogliono abbandonare la società del Vangelo, così costoro non vogliono abbandonare quella di Donato; e per questo si compiacciono di chiamarsi Donatisti, come si dice Evangelisti. Tu, piuttosto, fai loro torto quando scrivi che nella lingua latina non approvi se non la regola latina, in base alla quale è meglio far derivare da Donato Donaziani, come da Ario e Novato deriva Ariani e Novaziani. Ora, quando ti scrivevo, il nome era già stato diffuso così e non so da chi, perciò non mi sono preoccupato di cambiarlo, sembrandomi adatto ad esprimere la distinzione che volevo fare. Se infatti Demostene, il più celebre fra gli oratori, che posero tanta cura nella scelta delle parole, quanta ne mettono i nostri autori nelle idee, allorché Eschine gli rimproverò un neologismo, rispose che il destino della Grecia non riposava né su di lui né sull'uso di questa o quella parola, di questo o quel gesto della mano, tanto meno noi dobbiamo affaticarci sulle regole delle derivazioni delle parole, quando, dicendo una o l'altra, facciamo comprendere senza ambiguità il nostro pensiero. Non è certo la raffinatezza della lingua, ma la dimostrazione della verità che ci interessa maggiormente! Se poi è stato uno dei nostri a coniare per primo questo nome, non credo assolutamente che abbia inteso imitare qualcosa di simile al termine "evangelista ", derivato da Evangelo. Ma poiché non solo Donato di Cartagine, considerato il principale artefice di questa eresia, bensì anche Donato di Case Nere, suo antenato, che fu il primo ad erigere altare contro altare nella stessa città, provocarono un grande scandalo, così probabilmente ha voluto far derivare da Donato "donatisti ", come da scandalo " scandalisti ". 2.3 - Quello che importa è discernere la verità dalla falsità Ma io in tale questione, che non inficia minimamente la nostra causa, voglio essere magnanimo; d'ora in avanti, quando tratterò con te, li chiamerò " donaziani ": invece, trattando con altri, seguirò piuttosto l'uso corrente, che a buon diritto predomina intorno a questi vocaboli comuni. Tu, che mi hai attribuito un'eccellente eloquenza, ricorda soltanto che io non conosco ancora la formazione dei derivati, e fa' sapere ai vostri che stiano tranquilli e non comincino a temermi come dialettico, poiché vedi bene che ho ancora bisogno del grammatico. Ora, l'arte della discussione - chiamala pure dialettica o con un altro nome - ci insegna abbastanza bene ma con discrezione che, quando si è messa a punto una questione, non è più il caso di arrovellarsi il cervello intorno a un nome; per cui non mi importa proprio niente se essa si chiama " dialettica ", però pongo la massima cura possibile nel conoscere e nell'essere in grado di discutere, cioè, di parlare discernendo la verità dalla falsità, poiché se trascurerò di farlo, commetterò gli errori più perniciosi. Così, non mi preoccupo affatto se voi usate il vocabolo " donatisti " o il derivato più tecnico e letterario " donaziani ", né mi curo in fondo se si debba riconoscere a Donato il fatto che sia stato il primo ad offrire il sacrificio al di fuori della Chiesa oppure se abbia dato a questa eresia l'impulso maggiore, o ancora se si debba riconoscere a Maggiorino di essere stato ordinato per primo vescovo del vostro partito contro Ceciliano, o che noi dobbiamo coniare il vocabolo adatto quando parliamo con voi. Che voi siete eretici, e quindi occorre usare la massima cautela per evitare i vostri raggiri: ecco ciò che procurerò di dimostrare con la massima diligenza; in caso contrario incorrerò in una colpa non piccola di negligenza nei confronti dei doveri del mio ufficio. 3.4 - Definizione dello scisma e dell'eresia secondo Cresconio Benché tu creda che sia opportuno chiamare scisma, anziché eresia, quanto si è verificato tra noi e, caso raro di audacia fra i dialettici, stabilisci anche la loro differenza con definizioni, ebbene, non potrei dimostrare a sufficienza quanto tu mi aiuti in questo, se non citassi testualmente dalla tua lettera: " Che cosa significa - affermi - la tua espressione: "sacrilego errore degli eretici"? Le eresie di norma sorgono soltanto fra coloro che sostengono dottrine diverse; non è eretico se non il seguace di una religione contraria o interpretata diversamente, come sono i Manichei, gli Ariani, i Marcioniti, i Novaziani e gli altri che, ciascuno con il proprio punto di vista, si oppongono alla fede cristiana. Tra noi, per i quali lo stesso Cristo è nato, morto e risorto, una sola è la religione e identici sono i sacramenti, senza alcuna diversità nella pratica cristiana, si dice che c'è stato uno scisma, non una eresia. In effetti, l'eresia è una sètta di individui che professano dottrine diverse, lo scisma invece è una divisione fra individui che professano la stessa dottrina. Per cui ti rendi perfettamente conto in quale grossolano errore sei incorso con questa voglia di incriminarci: tu chiami eresia quello che è uno scisma ". Queste sono precisamente le tue parole, che ho preso di peso dalla tua lettera. 4.5 - Si discute la definizione di Cresconio E ora osserva attentamente, se non vuoi ostinarti ancora, come tu stesso abbia posto fine alla questione che stiamo dibattendo sintetizzandola felicemente! Se infatti, tanto per noi quanto per voi, identico è il Cristo nato, morto e risorto, unica è la religione, medesimi sono i sacramenti, non c'è alcuna differenziazione nella pratica cristiana, non è forse una perversità reiterare il battesimo? Tu poi hai dato di ciò ben tre motivazioni, mentre ne sarebbe bastata e avanzata una sola. Invece, come se combattessi lealmente contro i Donaziani, temendo che qualcuno, magari più astuto di te, tentasse di spiegare in modo diverso ciò che avevi detto con una formula unica e concisa, ti sei preoccupato di mettere bene in testa e di inculcare la tua idea nelle orecchie e nelle intelligenze anche dei più ottusi, affermando: " C'è un'unica religione, gli stessi sacramenti, nessuna differenza nella pratica cristiana ". E noi stiamo ancora a prendercela l'un contro l'altro! Su, ormai è tempo di reprimere il dissenso, ricucite la separazione, ponete fine alla lite, amate la pace! Perché riprovate, perché esorcizzate, perché ribattezzate? " Unica è la religione, identici i sacramenti, nessuna differenza nella pratica cristiana ". Ora, se tra noi e voi non c'è un unico battesimo, come può esserci un'unica religione? Ma tu hai detto: " una sola religione ", allora unico è il battesimo. Se tra noi e voi non è unico il battesimo, come possono essere identici i sacramenti? Tu però hai detto: " gli stessi sacramenti ", allora abbiamo anche lo stesso battesimo. Così pure, se tra noi e voi il battesimo è diverso, come è possibile che non ci sia alcuna differenza nella pratica cristiana? Ma tu hai detto: " nessuna differenza nella pratica cristiana ", dunque neppure il battesimo è diverso. Stando così le cose, noi legittimamente né riproviamo, né esorcizziamo, né reiteriamo ciò che è unico e identico e non diverso, ma lo riconosciamo, lo accogliamo, lo accettiamo. Voi invece quel battesimo, che è unico e identico e non diverso, fingete empiamente di riconoscerlo, ma in realtà ricusate di riceverlo, non volete accettarlo; preferite piuttosto riprovarlo, osate esorcizzarlo, non temete di reiterarlo. E mentre noi con ciò stesso accogliamo quello che non ha subìto mutazione fra noi, voi lo ripudiate; se lo date voi, noi lo accettiamo come dato; invece se lo diamo noi, voi lo ripetete come non dato. Pur seguendo dottrine così opposte, vi rifiutate di essere chiamati eretici! 4.6 - La reiterazione del battesimo è una vera eresia Fai bene attenzione a ciò che dici e a ciò che dico. Tu hai dato certamente questa definizione e hai detto: " L'eresia è la sètta di coloro che professano dottrine diverse; lo scisma, invece, è una divisione fra coloro che sostengono le stesse dottrine ". Tu hai anche affermato che " noi e voi abbiamo un'unica religione, gli stessi sacramenti, senza differenza alcuna nell'osservanza cristiana ". Se c'è un'unica religione, gli stessi sacramenti, nulla di diverso nella pratica cristiana, perché allora ribattezzi un cristiano? Se, al contrario, tu ribattezzi un cristiano e io non lo ribattezzo, certamente seguiamo dottrine differenti: perché non vuoi essere chiamato eretico? Considero un fatto non trascurabile quello per cui noi riconosciamo eretici coloro che, pur professando di avere con noi un'unica religione, gli stessi sacramenti, senza differenza alcuna nella pratica cristiana, non vogliono riconoscerci come battezzati. Siete, forse, così ostinati e resistete con tale spirito di contestazione alla verità, che separate il battesimo dalla religione, dai sacramenti, dalla pratica cristiana? Se voi fate questo, siete eretici proprio perché non volete accettare che il battesimo sia parte integrante della religione, dei sacramenti, della pratica cristiana. E se non lo fate, siete sempre eretici perché ribattezzate coloro che hanno con voi un'unica religione, gli stessi sacramenti, senza alcuna differenza nella pratica cristiana, in quanto precisamente confessate che il battesimo fa parte della religione, dei sacramenti, della pratica cristiana. Dunque, rifletti attentamente sulla tua definizione, nella quale hai detto: "L'eresia è la setta di coloro che seguono dottrine differenti ", e considera se voi non seguiate dottrine differenti, sia separando il battesimo dalla pratica religiosa dei sacramenti cristiani, ai quali noi lo colleghiamo come uno dei principali, sia ribattezzando coloro con i quali condividete un solo battesimo nella pratica religiosa dei sacramenti cristiani: cosa che noi detestiamo. 5.7 - Cosa direbbe Agostino a quelli che si apprestano a ribattezzare chi è già battezzato Oh, come vorrei, se potessi, quando i vostri seducono qualche nostro fedele per farlo perire con i loro inganni nefandi; quando, già battezzato fra noi, gli dicono che non ha neppure iniziato ad essere cristiano; quando lo esorcizzano come se fosse pagano; quando lo fanno catecumeno per prepararlo a immergerlo nuovamente nell'acqua o piuttosto a sommergerlo; sì, come vorrei sbucare all'improvviso da qualche parte tenendo la tua lettera in mano, per leggere ad alta voce questo passo nel bel mezzo della loro sfrontata impresa, presentarlo loro e gridare: " Che cosa fate? Ecco, ascoltate, vedete, leggete: noi e voi abbiamo un'unica religione, gli stessi sacramenti, nessuna differenza nella pratica cristiana. Prima informatevi in nome di chi ( 1 Cor 1,13 ) quest'uomo è stato battezzato, e solo se voi invocate nel vostro battesimo un nome migliore, dateglielo "! Allora, forse, se l'evidenza stessa dei fatti non li farà tremare, costoro manifesteranno subito il loro piano, veramente grandioso e acuto, e diranno: "Chi è mai costui per noi, di cui tu presenti la lettera? È un nostro laico; la sua vittoria sarebbe nostra, la sua sconfitta sarebbe soltanto sua ". Allora, se io fossi presente, rivolto a te direi: " Almeno tu, di grazia, dicci che cosa fanno costoro. Ecco, essi si apprestano a ribattezzare uno già battezzato fra noi. Non abbiamo forse, noi e voi, un'unica religione, gli stessi sacramenti, senza differenza alcuna nella pratica cristiana? ". E tu, allora, forse risponderai: " Ma il battesimo di Cristo non è la religione, non è un sacramento, non è una pratica cristiana "? Che Dio allontani dalla tua mente una simile demenza! Che cosa mi risponderai, dunque, se io ti incalzo con queste parole: " Noi e voi abbiamo un'unica religione; ora, coloro che non hanno un unico battesimo, non hanno un'unica religione; dunque, noi e voi abbiamo un unico battesimo. Noi e voi abbiamo gli stessi sacramenti; ora, coloro che non hanno lo stesso battesimo, non hanno gli stessi sacramenti; dunque noi e voi abbiamo lo stesso battesimo. Non vi è alcuna differenza tra voi e noi nella pratica cristiana; ora, coloro che hanno un battesimo diverso, differiscono senz'altro nella pratica cristiana; dunque fra noi e voi non c'è un battesimo diverso. Perché, allora, viene riprovato ciò che è unico? Perché si esorcizza ciò che è identico? Perché si vuole reiterare ciò che non è diverso? ". 6.8 - La verità sconfigge gli eretici, dimostrando la loro palese perversità Se io agissi così alla vostra presenza, mettendovi alle strette, voi come ve la cavereste? I tuoi certamente disprezzerebbero nella tua lettera i grammatici, tu accuseresti nella nostra i dialettici, ma la verità, appoggiandosi sull'una e sull'altra, sconfiggerebbe gli eretici, dimostrando che in essi non c'è nulla di diverso da noi, salvo la loro palese perversità. Noi infatti riconosciamo i nostri sacramenti e correggiamo l'errore altrui, mentre voi riconoscete gli stessi sacramenti, che reiterate come se fossero nulli, riprovando di fatto, come se vi fosse grande diversità, ciò che a parole concedete che non è diverso! 7.9 - Lo scisma è una divisione recente di un gruppo, l'eresia invece è uno scisma inveterato Quindi, benché fra scisma ed eresia preferisca piuttosto questa distinzione: lo scisma è una divisione recente di un gruppo, conseguente ad una certa diversità di opinioni - infatti non si può produrre uno scisma se i suoi autori non seguono un comportamento distinto - , l'eresia invece è uno scisma inveterato, tuttavia, perché mai devo affaticarmi tanto, quando le tue definizioni convalidano così bene la mia tesi per cui, se sono suffragate anche dal gruppo restante dei vostri, vi chiamerei più volentieri scismatici anziché eretici? Infatti, se lo scisma è opera di coloro che hanno in comune con quelli da cui si separano un'unica religione, gli stessi sacramenti, senz'alcuna differenza nella pratica cristiana, questo rende più condannabile la vostra pratica di ribattezzare, poiché non si può avere un altro e diverso battesimo in un'unica religione, con gli stessi sacramenti, senza alcuna differenza nella pratica cristiana. Ma poiché la divergenza che vi separa dal vincolo dell'unità è reale e non trascurabile, dal momento che dissentite da noi anche per ciò che concerne la reiterazione del battesimo, ne consegue che, in base a questa tua stessa definizione: " l'eresia è la sètta di coloro che seguono dottrine diverse ", voi siete contemporaneamente eretici e vi presentate sconfitti. Eretici certamente, non tanto perché siete divisi, quanto perché seguite una diversa prassi nel ribattezzare; e vinti, perché il battesimo conferito da noi voi lo reiterate, come se non esistesse o non fosse lo stesso, pur sostenendo che il battesimo è unico e identico e non diverso. Sono proprio tue parole: " noi e voi abbiamo un'unica religione, gli stessi sacramenti, nulla di diverso nella pratica cristiana ". 8.10 - I Donatisti sono sempre veri eretici Ecco perché, se il partito di Donato sottoscrivesse la tua lettera e poi riflettesse senza insana pertinacia o impudenza su ciò che tu e io abbiamo detto, non dovrebbe più pensare e dire nulla contro di noi. Ma poiché sei tu il mio interlocutore, credo ormai che anche tu ti renda conto come non sia stato tanto per il gusto di accusare, quanto per il desiderio di correggere un pernicioso errore, che ho detto: " L'errore sacrilego degli eretici donatisti ". Di queste quattro parole o nomi, poiché ciò piace a te o all'arte della grammatica, io correggo solo l'ultimo, e quindi muto " donatisti " in " donaziani "; invece gli altri tre, essendo convinto che anche tu consideri verissimo quanto ho detto sopra, correggeteli voi, mutateli voi! Cambiate, ripeto, e correggete l'errore sacrilego dei Donaziani, o con quale altro nome dobbiate essere chiamati, ma sempre eretici. Poiché siete anche eretici, sia perché siete rimasti in uno scisma inveterato, sia perché - secondo la tua definizione - avete idee diverse sulla Chiesa, che è il corpo di Cristo, e sulla reiterazione del battesimo cristiano; ed è errore sacrilego, non solo la separazione dall'unità cattolica, ma anche la profanazione e l'annullamento dei sacramenti che, secondo la tua confessione, sono unici e identici. Se voi correggete e cambiate questo, come potete dire che vi accogliamo così come eravate? Ecco perché hai detto tante cose a vanvera e, pur essendo di ingegno così acuto, per l'abitudine di ascoltare falsità hai reso ottusa la tua mente, tanto da farti credere che, quando essi passano dai vostri ranghi ai nostri, noi li accogliamo tali e quali erano, perché approviamo in essi il patrimonio della tradizione dei cristiani, che essi non hanno alienato alienandosi, né hanno corrotto pervertendosi. Anche tu, che pure non sei quel che noi siamo, non hai potuto fare a meno di confessare questi sacramenti come tali, e non tali in quanto somiglianti ad altri, ma in quanto assolutamente identici. 9.11 - Credere alle realtà sicure, non alle vuote parole Dimmi, ti prego, come può restare tale quale era prima, chi venera la Chiesa che bestemmiava, chi conserva l'unità che non manteneva, chi possiede la carità che non aveva, chi accoglie la pace che rifiutava, chi approva il sacramento che esorcizzava? O, forse, l'ordine del vero e del falso è capovolto a tal punto, che possono affermare di non essere mutati coloro nei quali la verità ha corretto ciò che era differente, e si dichiarano cambiati coloro nei quali la menzogna reitera ciò che era esattamente identico? Non voler sostenere, dunque, per l'avvenire idee non solo carnali, ma anche puerili in questa materia! E non credere che noi ammettiamo i vostri così come erano! No, attraverso la conversione della volontà dall'errore alla verità, dalla divisione all'unità, dal dissenso alla pace, dall'inimicizia alla carità, dall'umana presunzione all'autorità delle divine Scritture, costoro non iniziano a diventare nostri se non dopo aver cessato di essere vostri. Questa conversione della volontà, non solo ha trasformato di colpo un peccatore ( Mt 9,9-10 ) al banco delle imposte, ma anche un ladrone sulla croce. A meno che tu non creda che Cristo abbia voluto con sé in Paradiso quell'individuo sanguinario e criminale, senza che quella conversione del cuore lo avesse reso immediatamente innocente, cosicché da quel giorno, da quel luogo, da quel legno costui passasse all'immortale premio della fede, legno nel quale aveva ricevuto il supplizio della morte per la sua iniquità. ( Lc 23,40-43 ) Infatti in un breve istante l'anima è trasformata sia nel male che nel bene, ma non per questo ciò che essa merita è poco. Basta un sol colpo ad uccidere una vita, di qualsiasi età, nutrita a lungo nei beni e prosperità temporali, così come un ordine, che il Signore si degnò di dare, guarì all'istante un'infermità di trentotto anni. ( Gv 5,5-9 ) Credi alle realtà sicure, non alle vuote parole! I vostri passano fra noi dopo aver cambiato vita e non sia mai che restino ciò che erano. Ah, come vorrei che anche tu facessi altrettanto e fossi intimamente convinto quanto ciò sia vero in te! 10.12 - Il caso di Candido e di Donato Ti è sembrato di dire una gran cosa nominando " Candido di Villaregia e Donato di Macomades, che erano vescovi fra voi e restarono vescovi anche fra noi ", giungendo attraverso una vita di provata bontà al premio più onorevole della vecchiaia. Come se i sacramenti e l'invocazione del nome di Dio, in uso presso di voi, fosse detta contro di noi, mentre essa, anche in coloro che sono al di fuori della Chiesa, non appartiene assolutamente se non all'unica Chiesa! Se in tale questione mi mancassero le parole, mi verrebbero in aiuto le tue. Poiché se tu pensassi che nulla di ecclesiastico può trovarsi al di fuori della Chiesa, non avresti detto proprio tu che " noi e voi abbiamo un'unica religione, gli stessi sacramenti e nulla di diverso nella pratica cristiana ". Parole che condivido solo in parte. Infatti vi manca la Chiesa di Cristo, non avete la carità di Cristo. Quanto ai sacramenti cristiani, certo li riconosco in voi; ma in essi riprovo e respingo anche quella diversità, e cioè che, nonostante conserviate nello scisma gli stessi sacramenti, voi li esorcizzate nei cattolici. Senza dubbio la Chiesa riconosce in voi tutto ciò che è suo, e per questo non cessa di essere suo per il fatto che si trova anche fra voi. Certo, tra le vostre mani sono beni altrui, ma quando essa, alla quale questi beni appartengono, vi accoglie nel suo seno emendati, diventano anche vostri in ordine alla salvezza, mentre prima li possedevate per la vostra rovina. La discordia vi possiede sotto il titolo della pace; dunque la discordia sia espulsa e si faccia entrare la pace! Che motivo c'è per deporre il titolo?. " Egli è vescovo - dici tu - e lo accogli come vescovo; è un presbitero e lo ricevi come presbitero ". Potresti dirmi anche questo: È un uomo e lo accogli come uomo. Sì, riconosco in lui tanto i sacramenti cristiani quanto le membra del corpo umano, e non mi curo di colui che le ha seminate, ma di colui che le ha create. Se lui ne vuole usare male, diventa cattivo proprio perché offende il Creatore servendosi dei suoi beni; se invece comincerà ad usarne bene, correggerà se stesso, non cambierà quelli. 11.13 - Senza l'episcopato o il chiericato ci possiamo salvare, ma senza la religione cristiana non ci salviamo Anche l'ammissione dei vescovi o dei chierici pone, certo, un'altra questione. Infatti, benché quando sono ordinati fra voi non si invochi il nome di Donato, ma quello di Dio, tuttavia la loro ammissione è accompagnata da modalità tali che sembrano convenienti alla pace e all'utilità della Chiesa. Perché non siamo vescovi per noi, ma per coloro ai quali offriamo il ministero della parola e del sacramento del Signore; e per questo, adattandoci alle necessità di coloro che dobbiamo governare senza scandalizzarli, dobbiamo essere o non essere ciò che siamo, non per il nostro interesse, ma per il bene altrui. E, per finire, non pochi individui, ornati di santa umiltà, per certi ostacoli che scorgevano in se stessi e che li allarmavano nella loro pietà e vita religiosa, abbandonarono l'ufficio dell'episcopato non solo senza colpa, ma anche a propria lode. Costoro, se abbandonassero il nome e la fede cristiana, si meriterebbero un encomio o piuttosto una condanna? Se vi possono essere giuste cause che esimano qualcuno dall'accettare l'episcopato, non vi può tuttavia essere alcuna giusta causa che lo esima dal diventare cristiano. Perché questo, se non perché senza l'episcopato o il chiericato ci possiamo salvare, ma senza la religione cristiana non ci salviamo? 12.14 - La Chiesa cattolica riconosceva la validità del battesimo e del sacerdozio, conferiti dai Donatisti Ne consegue che i vostri vescovi o chierici di ogni grado, per quanto concerne gli uffici ecclesiastici, sono stati accolti nell'unità cattolica alle condizioni che sembravano più vantaggiose per i fedeli, la cui salvezza reclamava l'esercizio o la rinunzia al loro ufficio. Tuttavia, anche nei riguardi di coloro che ricoprirono presso di noi gli stessi incarichi, tu hai potuto affermare: " È un vescovo, tu lo accogli come vescovo ", ma avresti potuto dire altrettanto: " È un eretico, ricevi un eretico ", oppure: " È uno scismatico, ricevi uno scismatico ", oppure: " Egli è un Donaziano, tu lo ricevi come Donaziano ". Con questi termini si stabilisce una distinzione, non fra il grado gerarchico e la dignità dell'uomo comune, ma fra il crimine dell'errore e la verità cattolica. Inoltre queste funzioni, per così dire ecclesiastiche, si possono facilmente trovare anche fra gli estranei che, abbandonando voi e passando fra noi diventano nostri, ed è per il bene comune dei popoli che serviamo con questo ministero, che noi li accogliamo o rifiutiamo. Quanto poi alle irregolarità che sono esclusivamente vostre, noi le saniamo, le correggiamo, le trasformiamo; ma al tempo stesso vigiliamo perché anche presso gli eretici quei sacramenti, senza i quali l'uomo non può diventare cristiano, siano trattati in tal maniera che, quando essi ritornano alla Chiesa, si dia loro ciò che manca, si approvi ciò che è riconosciuto. Così, mentre ci adoperiamo perché non ci danneggino i mali che produssero contro la Chiesa, evitiamo di trattar male anche quei beni che essi portarono con sé uscendo dalla Chiesa. Tale è il caso del ramo spezzato: se, come dice l'Apostolo, ( Rm 11,23 ) lo si deve innestare di nuovo, gli si ridà la radice, non si cambia la forma. 12.15 - Non si può espiare ciò che è inespiabile Dici: " Tu, però, i nostri li chiami eretici e sacrileghi, crimine abominevole e inespiabile. Tali individui si devono o si possono perdonare senza imporgli una espiazione? E perché - aggiungi - non purifichi colui che viene a te? Perché prima non lo lavi e lo purifichi perché possa entrare in comunione con te? ". Che dire se, in base a queste tue parole, un altro concludesse con ben maggiore congruenza che a questi individui non si deve né si può perdonare, e dimostrasse che ti sei contraddetto sostenendo la necessità del perdono dopo una congrua espiazione, perché ciò che gli si rimprovera è un crimine inespiabile? Come si può espiare ciò che è inespiabile? Come posso sperare che tu dia ascolto a ciò che ti dico, se tu stesso non comprendi a due righe di distanza le tue stesse parole e ti contraddici subito, giudicando che si deve espiare ciò che chiami inespiabile? Noi invece dichiariamo eretico e sacrilego il vostro errore, ma senza per questo considerarlo inespiabile; altrimenti invano avremmo giudicato necessario l'impiego di ogni mezzo possibile per farvelo abbandonare, per correggervi e ricondurvi alla Chiesa cattolica. E non credere neppure, come scrivi, di usare il nostro linguaggio come se dicessimo che per questo male non c'è né rimedio né medico. È proprio quello che nel modo più assoluto non diciamo, poiché meritano il perdono coloro che si pentono di questo male, e onnipotente è il medico, il quale dice per mezzo del profeta: Se tu ti converti e piangi il tuo male, allora sarai salvo. ( Ez 18 ) Per cui, se per caso ti sei imbattuto in uno meno istruito di te su queste cose o che non riflette molto a ciò che dice, benché chi ti diceva questo abbia dato l'impressione di appartenere alla comunione cattolica, lui meriterebbe comprensione per aver pronunziato questa parola sconsiderata, più di te che, pur avendo ricevuto un'educazione tanto liberale e una formazione non comune nell'arte della parola, rifletti meno a ciò che dici, giudicando meritevole di espiazione ciò che dici inespiabile e, fatto ancor più mostruoso, che deve essere espiato perché è inespiabile. Non è certo un atteggiamento cattolico esortare ad emendarsi dall'errore per salvarsi coloro che avremmo definito vittime di un errore inespiabile e insanabile. Ma per questo a voi non sembrano purificati coloro che da voi passano a noi, perché non sono battezzati una seconda volta, come se il battesimo, che non è opportuno ripetere poiché è uno e identico, fosse l'unico mezzo per purificare gli uomini dai loro errori. Essi sono purificati anche dalla parola della verità, da colui che dichiara: Voi siete già mondi per la parola che vi ho annunziato. ( Gv 15,3 ) Sono purificati anche per mezzo del sacrificio del cuore contrito, da colui del quale è stato detto: Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato Dio non disprezza. ( Sal 51,19 ) Sono purificati anche per mezzo delle elemosine da colui che dice: Date in elemosina, ed ecco tutto per voi sarà mondo. ( Lc 11,41 ) Sono purificati per mezzo della virtù sovreminente, la carità, ( Ef 3,19 ) da colui che dice per mezzo dell'apostolo Pietro: La carità copre una moltitudine di peccati. ( 1 Pt 4,8 ) Se esiste quest'unica virtù, tutte quelle opere si fanno con rettitudine; se invece è assente, tutte si compiono invano. Ma, essa da dove deriva? Ascolta la parola dell'Apostolo: L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 ) Allora, a buon diritto, si crede che coloro i quali hanno ricevuto al di fuori della Chiesa il battesimo della Chiesa, non hanno lo Spirito Santo, a meno che non aderiscano alla stessa Chiesa nel vincolo della pace attraverso il legame della carità. 13.16 - Al di fuori della Chiesa non si può avere la carità Ormai è giunto il momento di esporre ciò che avevamo differito nel primo libro : nella Chiesa, che è il santo corpo di Cristo, che cosa si può propriamente ricevere che, al di fuori di essa, non può essere ricevuto? Di coloro infatti che provocavano scismi, lo stesso Apostolo dice: L'uomo carnale non comprende le cose dello Spirito di Dio. ( 1 Cor 2,14 ) Leggi la prima lettera ai Corinzi, e lo troverai. Pertanto il battesimo è il sacramento della vita nuova e della salvezza eterna, che molti possiedono non per la vita eterna, ma per la pena eterna, poiché usano male un bene tanto grande. Invece la santa carità, che è il vincolo della perfezione, ( Col 3,15 ) nessuno può averla se non è buono, chiunque la possiede non può essere scismatico o eretico. Quando dunque qualcuno, venendo all'unità della Chiesa, si unisce veracemente ai suoi membri, riceve lo Spirito Santo che diffonde la carità nei nostri cuori, ( Rm 5,5 ) e la stessa carità copre la moltitudine dei peccati, ( 1 Pt 4,8 ) di modo che anche il battesimo, che prima possedeva per la sua condanna, meriti di averlo ormai per il premio. Come puoi, dunque, negare che lui sia purificato, se non perché ignori del tutto che cosa sia in concreto la purificazione spirituale? No, non "accogliamo perciò i vostri malfattori", come vorresti insinuare, "in una sorta di asilo di Romolo", che la città di Dio, accogliendoli, renderebbe innocenti, purché vi entrino con cuore sincero. Di essa dice il suo fondatore: Non può restare nascosta una città collocata sopra un monte. ( Mt 5,14 ) Non la fondò infatti colui che in un eccesso d'ira uccise superbamente il fratello, ma colui che umilmente redense i fratelli con la sua morte. Egli la rallegra mediante la purificazione dello Spirito Santo, del quale proclamava ad alta voce: Chi ha sete, venga a me e beva, ( Gv 7,37 ) non raccomandando l'acqua visibile, che viene versata nel sacramento del battesimo, e possono ricevere sia i buoni che i cattivi, anche se senza di essa i buoni non possono salvarsi. Benché quest'acqua appartenga alla Chiesa, tuttavia essa fluisce anche al di fuori, e la si trova persino presso coloro che sono usciti da noi, ma che non erano dei nostri, ( 1 Gv 2,19 ) come non si può negare che l'acqua di uno di quei quattro memorabili fiumi era acqua del Paradiso, ( Gen 2,10-14 ) anche se non si trova solo in esso, in quanto si è riversata anche al di fuori. 14.17 - Sotto il nome di acqua veniva designato l'invisibile dono di Dio: lo Spirito Santo Non è, dunque, quest'acqua, ma sotto il nome di acqua veniva designato l'invisibile dono di Dio: lo Spirito Santo, che il Signore raccomandava dicendo: Chi ha sete, venga a me e beva! ( Gv 7,37 ) L'evangelista lo attesta chiaramente, quando aggiunge: Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. ( Gv 7,39 ) Certo, per quanto attiene al sacramento del lavacro visibile, già prima di essere glorificato con la risurrezione Gesù aveva battezzato molto più di Giovanni, come dice lo stesso Vangelo. ( Gv 4,1 ) Per questo dice ai suoi discepoli: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, che riceverete fra non molti giorni da qui a Pentecoste. ( At 1,5 ) Lo Spirito Santo, discendendo su di loro, donò fin dall'inizio questo segno: chi lo riceveva, parlava nelle lingue di tutti i popoli. ( At 2,1-4 ) Tale prodigio annunziava che la Chiesa si sarebbe diffusa fra tutti i popoli, e avrebbe ricevuto lo Spirito Santo soltanto chi avrebbe aderito strettamente alla sua unità. Dio rallegra la sua città con il fiume largo e invisibile di questa sorgente, di cui il profeta dice: Un fiume impetuoso rallegra la città di Dio. ( Sal 46,5 ) A questa fonte non può accostarsi alcun estraneo, poiché nessuno può raggiungerla se non è degno della vita eterna. Essa appartiene esclusivamente alla Chiesa di Cristo, cui si riferisce una profezia molto antica: La sorgente della tua acqua sia esclusivamente per te, e nessun estraneo la condivida con te. ( Pr 5,17 ) Di questa Chiesa e di questa sorgente si dice anche nel Cantico dei cantici: Giardino chiuso, fontana sigillata, pozzo d'acqua viva. ( Ct 4,12-13 ) 15.18 - I Donatisti applicano le parole della Scrittura solo al sacramento visibile I vostri, applicando questa dottrina soltanto al sacramento del battesimo visibile, commettono un errore così madornale che, senza volerlo, sono costretti a sostenere le peggiori assurdità. E cioè che a quella fonte, appartenente esclusivamente all'unica colomba, della quale si dice: Nessun estraneo ne abbia parte con te, ( Pr 5,17 ) al giardino chiuso e al pozzo sigillato ha potuto accedere Simon Mago, di cui si legge ( At 8,13 ) che è stato battezzato da Filippo, e hanno potuto accedere tanti ipocriti, dei quali parla Cipriano gemendo: " Essi rinunziano al mondo soltanto a parole, ma non con i fatti "; hanno potuto accostarsi tanti vescovi avari, dei quali egli stesso attesta: " Rapinano i terreni con raggiri e menzogne, e aumentano i loro profitti con interessi usurai ". Certo, risulta che costoro hanno ricevuto e dato il battesimo visibile; tuttavia a questa peculiare sorgente, di cui non può fruire alcun estraneo, a questa fonte sigillata, cioè al dono dello Spirito Santo che diffonde la carità di Dio nei nostri cuori, ( Rm 5,5 ) nessuno di costoro può accedere senza convertirsi. Anzi, deve mutare in modo talmente radicale da non essere più un estraneo e diventare partecipe della pace celeste, socio della santa unità, colmo dell'indivisibile carità, cittadino della città angelica. Pertanto, chiunque abbandona l'errore dell'eresia o dello scisma e corregge la sua condotta per volgersi con mente pia verso questa città, se possedeva già i sacramenti che hanno potuto fluire anche al di fuori verso gli indegni, questi sacramenti sono onorati in lui, poiché anche negli estranei non li consideriamo più come estranei. Ormai lui è purificato in quella sorgente propria della Chiesa, ove non può aver parte alcun estraneo; quella fonte sigillata che è lo Spirito Santo, dalla quale anche presso di voi, chi vivesse per il resto della vita in modo lodevole, non potrebbe essere separato se non per il solo crimine dello scisma o dell' eresia. 16.19 - In modi diversi la Chiesa accoglie gli eretici, gli scismatici, i pagani Quando, dunque, i vostri ritornano a noi cessando di essere vostri e cominciando ad essere nostri, ricevono ciò che non possedevano, per cominciare ad avere per la loro salvezza ciò che possedevano con pregiudizio tanto maggiore, quanto più indegnamente lo avevano. Infatti ricevono prima di tutto la stessa Chiesa - e con essa la pace, l'unità, la carità - per mezzo della sua sorgente esclusiva e invisibile, lo Spirito Santo: beni, senza i quali essi sarebbero certamente venuti meno, pur con tutto ciò che avevano presso di voi, avendolo potuto portar fuori della Chiesa. Del resto, essi ricevono ciò che non hanno mai posseduto, e con maggiore indulgenza che se lo avessero avuto e lo avessero abbandonato. E questa è la differenza che vige presso di noi, per cui ammettiamo in un determinato modo coloro che hanno abbandonato la Cattolica e in un altro coloro che entrano in essa per la prima volta. Sui primi infatti grava maggiormente il crimine della diserzione, su costoro invece si ricrea il legame dell'unità che essi non hanno infranto, ma riconosciuto e conservato. Per questo può accadere che proprio coloro che hanno ribattezzato coloro che avevano sedotto, supplichino il Signore per essi, quando diventano penitenti, se i primi sono stati ammessi nella Chiesa prima che i secondi fossero riammessi. Lo stesso caso si può presentare anche con gli adoratori degli idoli, che hanno fatto apostatare alcuni cristiani trascinandoli ad adorare gli idoli: se i seduttori di prima diventano cristiani e acquisiscono nella Chiesa qualche merito singolare, per mezzo loro possono ritornare quelli che erano stati sedotti, e sono raccomandati e riconciliati con il Signore proprio per mezzo di coloro che causarono il loro abbandono del Signore. Infatti come il sacramento del battesimo, ricevuto degnamente, possiede la forza di purificare i sacrilegi dei pagani, così anche la carità dell'unità, sinceramente abbracciata, possiede la forza di lavare i sacrilegi degli scismatici e degli eretici. Per cui, come i seduttori dei fedeli cristiani, quando tornano a Cristo, sono preposti alle loro vittime quando ritornano a lui, cosicché questi possono diventare anche vescovi, gli altri non possono, allo stesso modo non devono meravigliarsi le vittime degli eretici se, quando ritornano alla Cattolica, vedono che i loro seduttori, venendo alla Cattolica, gli sono preferiti. I primi infatti chiedono ciò che con minor colpa mancava loro, gli altri sollecitano con maggiore umiltà di tornare ad essere ciò che erano: gli uni li invitiamo con più onore ad occupare il posto che ancora non avevano tenuto, gli altri li richiamiamo non senza diffidenza ad occupare il posto da cui erano caduti. 16.20 - L'errore sacrilego degli eretici donatisti o donaziani Credo che ormai ti renda ben conto perché non avevo torto a parlare di " errore sacrilego degli eretici donatisti o - come tu preferisci - donaziani ", se dissentite dalla Chiesa cattolica e distruggete i sacramenti che affermate essere unici e identici. Nonostante ciò, non siete né immeritevoli di perdono né incapaci di salvezza, grazie alla misericordia di Dio perché, abiurando il vostro errore lacerante e tornando alla verità e alla pace cattolica mediante il suo dono esclusivo, cioè il suo Santo Spirito, che diffonde la carità nei nostri cuori, ( Rm 5,5 ) potrete essere purificati e guariti. Non si tratta di distruggere in voi i sacramenti della Chiesa, che possedevate come beni altrui per il vostro danno quando stavate fuori, ma perché stando dentro abbiate quegli stessi beni ormai come vostri e per la vostra salvezza. 17.21 - Replica all'asserzione di Petiliano Ed ora vediamo come tu dimostri che è vera l'asserzione di Petiliano o di chicchessia : " Si deve considerare la coscienza di colui che amministra santamente il battesimo per vedere se esso purifica quella di colui che lo riceve ". A questo testo io ho replicato: " E che succede se la coscienza di colui che lo conferisce ci è occulta o per caso è macchiata? Come potrà purificare la coscienza di colui che lo riceve? ". Tu, al contrario, ti sei dilungato nel riferire, non tanto le parole che hai detto da uomo acuto, quanto quelle dei vostri. Il tutto si può riassumere brevemente così: Si tiene conto della coscienza di chi lo dà, non per quello che è realmente in quanto non si può vedere, ma in base alla reputazione di cui gode, vera o falsa che sia. In altri termini, per colui che riceve il battesimo è sufficiente che costui sia un uomo, anche se occultamente è un malvagio, che goda di una buona reputazione, la sua malvagità non sia conosciuta, non sia stato ancora condannato, non sia stato ancora separato dalla Chiesa. Osserva bene, ti prego, in quale precipizio abbia condotto gli uomini l'impossibilità di trovare una via d'uscita. E così la coscienza macchiata di colui che lo dà, può lavare la coscienza di colui che riceve, purché goda di buona fama? Ed essa potrà avere lo stesso potere della buona coscienza, anche se è con il dolo che si è conquistata questa buona reputazione? Controlla bene ciò che dici: preferisci che mettiamo da parte questo argomento o vuoi che lo analizzi ancora sotto ogni aspetto per indurti ad una riflessione più seria? Petiliano ha detto: " Si considera la coscienza di colui che amministra santamente il battesimo, per vedere se purifica quella di chi lo riceve ". Io ho replicato: " Allora, che cosa succede se la coscienza di colui che lo dà è occulta e per caso è macchiata? Come potrà purificare la coscienza di colui che lo riceve?". Tu, o piuttosto i vostri - infatti un uomo della tua levatura quando mai avrebbe potuto dire cose simili? - hanno detto: " Anche se lui ha la coscienza sporca, siccome io, che ricevo il battesimo da lui, non la vedo e perciò l'ignoro, è sufficiente che sia battezzato da colui, la cui coscienza reputo senza macchia, poiché costui è nella Chiesa. In effetti - dici tu - se considero la coscienza di chi battezza, non è per giudicare le cose intime, impresa impossibile, ma per non ignorare ciò che di lui dice l'opinione pubblica. Ecco perché l'onnipotente Iddio ha detto: Le cose rivelate sono per voi, le cose occulte sono per me. ( Dt 29,29 ) In questo senso valuto sempre la coscienza del ministro, e poiché non la vedo, cerco ciò che di essa risulta pubblicamente; non interessa la questione, se il segreto della coscienza dice una cosa e l'opinione pubblica ne dice un'altra. È sufficiente infatti aver saputo che la coscienza di colui che mi conferisce il sacramento non è stata ancora condannata ". 18.22 - Per i Donatisti è la coscienza buona e pura del battezzante a purificare la coscienza del battezzato Ecco, ho citato la tue precise parole, per dimostrarti con esse che tu dici proprio ciò che io riassumo brevemente e chiaramente con queste mie: considerare la coscienza del battezzatore equivale a conoscere ciò che l'opinione pubblica dice di lui. Dunque, mio caro uomo, non si considera ciò che è in se stessa, né ci si preoccupa di ciò che non si può vedere: si guarda invece alla reputazione, che può anche essere falsa. Cosa che tu stesso confessi e concedi. Infatti anche tu hai constatato che la coscienza inquinata non ha la virtù di purificare. Per questo non viene presa in considerazione la coscienza di colui che amministra santamente per vedere se purifica quella del battezzato, ma l'opinione pubblica, in base alla quale si suppone che dia santamente il sacramento anche colui che non lo dà degnamente, e si crede che costui purifichi, anche se non purifica. Pertanto, è la buona reputazione di un uomo malvagio che purifica chi lo riceve, non la coscienza macchiata del ministro che lo dà. Allora, perché è stato detto: " Si tiene conto della coscienza di colui che lo dà santamente, perché purifichi quella di colui che lo riceve ", se non perché non purifica quella di colui che lo riceve, se non è la coscienza di chi dà santamente, se cioè è macchiata e immonda? Allora, di che cosa si tiene conto? Tu dici che si considera la stessa coscienza quando si tiene conto della pubblica reputazione su di essa; se questa è buona, non interessa nulla ai fini della purificazione del battezzato che la coscienza sia anche cattiva: ciò che purifica è la sua buona reputazione. Dimmi, ti prego: quando la coscienza è cattiva, la sua buona reputazione è vera o falsa? Senza alcun dubbio, essa è falsa. Ne consegue che, quando la coscienza di chi battezza non è buona e rimane occulta, puoi frugare quanto vuoi in tutti gli angoli: secondo questa opinione ciò che purifica colui che è battezzato non è altro che l'erronea opinione pubblica nei riguardi del ministro o la sua coscienza impura. Ambedue le cose sono insensate. Se poi simpatizzi per tutt'e due, scegli tu quella più insensata. Ora, poiché la verità non ammette che la coscienza del battezzato possa essere purificata dall'erronea opinione pubblica o dalla coscienza impura di colui che battezza, non resta che domandarti quanto abbiamo già chiesto a suo tempo. In effetti, come dice Petiliano o chi per lui, voi consenzienti, quando si tratta della coscienza del ministro che battezza santamente, cioè quando è una coscienza buona e pura, essa purifica la coscienza del battezzato. Questa dunque è la domanda: come viene purificato il battezzato, quando è occulta la coscienza impura di chi battezza? Penso che non tornerai ad insistere dicendo che l'erronea opinione pubblica, nella purificazione, fa le veci su di lui della buona coscienza; basta che tu abbia sostenuto che questo lo dissero i vostri, non tu. Vergògnati di loro, ma non di te! Non resta, allora, in questo caso che sia Dio o un santo angelo a purificarlo. Se avete affermato questo, ne conseguirà un assurdo insostenibile, che ho già ricordato in quella mia lettera. Non dico che tu non l'abbia voluta vedere, dal momento che non hai osato farne assolutamente parola; dico piuttosto che l'hai letta tanto più attentamente e acutamente quanto più hai temuto di farne parola. Se voi, in effetti, dite che quando battezza un uomo santo, la sua santa coscienza purifica la coscienza del battezzato, quando invece la coscienza del battezzante è occultamente macchiata, allora è Dio o un angelo che purifica, guardatevene bene! Coloro che credono alle vostre parole potrebbero augurarsi di trovare dei peccatori occulti che li battezzino, alfine di ricevere da Dio stesso o da un suo angelo una purificazione ben più santa. Questa è l'assurdità, degna o di derisione o di riprovazione, che ti saresti accorto essere conseguenza delle parole di Petiliano e che io ho ricordato nella mia lettera. Tu certo accortamente, come se non avessi detto nulla al riguardo, hai pensato bene di tacere una questione tanto importante, ma sei incorso in una imprecisata e peggiore assurdità: quando la coscienza macchiata del ministro è occulta e per questo non può purificare quella del battezzato, allora la buona ma erronea opinione pubblica su di lui purifica la coscienza del battezzato, e così la falsità opera in lui la verità! 18.23 - Purché non manchi l'albero dell'eresia, la falsità si fa madre della verità! Va', ora, e calunnia pure i dialettici perché " utilizzano il detestabile gioco di parole del loro linguaggio per far sembrare vero il falso e falso il vero! ". Ecco qui come proprio tu introduci un sofisma di questo genere nei sacramenti della rigenerazione cristiana, anzi, il sofisma peggiore e più detestabile. Costoro, infatti, non si appoggiano sui loro inganni neppure sulla verità delle cose, ma basandosi sull'ambiguità del linguaggio umano, scelgono certe parole che ora sembrano vere mentre sono false, ora sembrano false mentre sono vere. Quando esse capitano nella discussione, la mente può discernerle, anche se non possono essere eliminate dal discorso. Con te, però, non è questione di una parola qualunque o di un dettaglio qualsiasi: tu affermi che la purificazione stessa della coscienza, per la quale rinasciamo alla vita eterna, può diventare veramente autentica nell'uomo per la falsa reputazione dell'altrui coscienza. E tu, per non farti attribuire questa opinione, avendo appreso bene la dialettica, affermi che questo è il pensiero dei vostri, col quale concordi non come dialettico, ma certamente come eretico. Questa, dunque, sarebbe la magnifica teoria, escogitata o dimostrata da te o dai vostri: quando la coscienza di chi battezza santamente è buona, allora conformemente ad essa diventa buono chi è battezzato, allora l'albero buono produce buoni frutti; ( Mt 7,17 ) quando invece la coscienza di chi battezza è malvagia ed è occulta, allora ci si appella alla sua buona reputazione, che è falsa, cosicché l'uomo possa ricevere un battesimo valido anche da un imbroglione, avendo creduto il falso su di lui. E così, perché non manchi l'albero che produca il frutto dell'errore eretico, la falsità si fa madre della verità! Il groviglio di queste teorie, talmente esecrabile e stupefacente nella sua perversità e insensatezza, ha quest'unico obiettivo: non attribuire a Dio ciò che è di Dio, per attribuire agli uomini ciò che si riceve da Dio. In tal modo non passerà per uno che si è ingannato colui che ha detto: " Si deve tener conto della coscienza del ministro che dà santamente il battesimo, per vedere se purifica la coscienza di colui che lo riceve ". 19.24 - Il caso di Giuda Tu dici: " I nostri dimostrano attraverso le Scritture che Giuda il traditore, prima di dannarsi, si comportò in tutto come un apostolo ". Ma questo che c'entra con la sentenza netta e definita di Petiliano: " Si deve considerare la coscienza del ministro che dà santamente il battesimo, per verificare se purifica la coscienza di colui che lo riceve ", se non che anche questo Giuda diventa un testimone scomodo contro di voi, quando tentate di difendere le parole sconsiderate di altri? Infatti Giuda quando battezzava come apostolo, dal momento che era malvagio in quanto era ladro e trafugava quello che gli veniva affidato perché lo custodisse nella borsa, ( Gv 12,6 ) certamente non si teneva conto della sua coscienza, ma di Dio e di Cristo, in cui si credeva. Non era pertanto la falsa buona reputazione nei confronti di questo malfattore che purificava i credenti che ricevevano il battesimo, né la falsità dell'opinione umana che generava nell'uomo la grazia della verità divina. 19.25 - Si devono riservare le cose occulte al Signore nostro Dio Quanto al testo scritturistico, che hai citato: Le cose rivelate sono per voi, le cose occulte sono per il Signore Dio vostro, ( Dt 29,29 ) esso confuta vittoriosamente le vostre teorie. Se si devono riservare le cose occulte al Signore nostro Dio, perché si prende in considerazione la coscienza di colui che battezza, non solo quella cattiva ma anche quella buona, e per di più occulta, per verificare se purifica quella del battezzato? Se poi non si prende in considerazione neppure la coscienza quando è occulta, che altro volete prenda in considerazione il battezzando come sorgente di purificazione per la sua coscienza? 20.25 - È Cristo che purifica le coscienze dei battezzati Svegliatevi una buona volta, e dite almeno ora: Guardi a Dio. Perché temete di essere umiliati se riponete la vostra gloria non nell'uomo, ma nel Signore? ( 1 Cor 3,21; 1 Cor 1,31 ) Tu dici: " Ho motivo di temere. Se infatti, quando la coscienza del battezzatore è occulta, io dirò a colui che riceve il battesimo di prendere in considerazione Dio, confessando che Lui purifica la sua coscienza, cadrò in una terribile assurdità: gli uomini sono purificati in una maniera più santa quando si hanno come battezzatori i peccatori occulti, anziché coloro che sono manifestamente buoni, se è l'uomo che purifica quando la coscienza del ministro è buona e manifesta, mentre è Dio che purifica, quando essa è malvagia e occulta ". Allora, sostieni anche tu ciò che sosteniamo noi, poiché la verità, la saggezza, la dottrina cattolica ci dicono che è Cristo che purifica le coscienze dei battezzati, sia attraverso i ministri buoni del suo battesimo sia attraverso i cattivi, poiché è scritto di lui: Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola. ( Ef 5,25-26 ) 20.26 - Dici: " Rispondimi tu come battezzano coloro che la Chiesa ha condannato ". Dunque, si sta ormai accantonando la formula di Petiliano, poiché, mentre lui dice: " Si deve considerare la coscienza del ministro che dona santamente il battesimo, per vedere se purifica quella di colui che lo riceve ", quando io domandavo chi purifica la coscienza del battezzato, se quella del battezzante era macchiata e occulta, non mi si è potuto rispondere. È così contrario alla verità dire che l'erronea buona reputazione nei suoi confronti può purificare, quanto affermare che potrebbe farlo una coscienza cattiva. 21.26 - Battezzano per quanto attiene il ministero visibile, sia i buoni che i cattivi Se poi domandi come mai battezzano coloro che la Chiesa ha condannato, ti rispondo che essi battezzano come battezzano coloro che Dio ha condannato, prima che la Chiesa emettesse un qualsiasi giudizio nei loro confronti. Infatti colui che, con cuore perverso, sembra star dentro quando in realtà è fuori, è già stato giudicato dallo stesso Cristo. Lui in persona dice: Colui che non crede è già stato giudicato, ( Gv 3,18 ) e l'apostolo Paolo dichiara: La Chiesa è sottomessa a Cristo. ( Ef 5,24 ) Pertanto la Chiesa non deve anteporsi a Cristo, fino al punto di pensare che possano battezzare coloro che Cristo ha giudicato, mentre non possono battezzare coloro che essa ha giudicato, poiché lui giudica sempre con assoluta verità, mentre i giudici ecclesiastici, in quanto uomini, per lo più si ingannano. Battezzano, dunque, per quanto attiene il ministero visibile, sia i buoni che i cattivi; invece attraverso costoro battezza invisibilmente colui, al quale appartiene il battesimo visibile e la grazia invisibile. Possono immergere nell'acqua, dunque, sia i buoni che i cattivi; ma purificare la coscienza non lo può se non colui che è sempre buono. E per questo, anche all'insaputa della Chiesa, coloro che sono stati condannati da Cristo per la loro malvagia e impura coscienza, ormai non sono più nel corpo di Cristo, che è la Chiesa, poiché Cristo non può avere membra dannate. Ne consegue che anch'essi battezzano al di fuori della Chiesa. Non sia mai che simili mostri siano tutti computati fra le membra di quell'unica colomba; ( Ct 2,20 ) non sia mai che costoro possano entrare all'interno del giardino chiuso, ( Ct 4,12 ) che ha come custode l'Infallibile! Tuttavia, coloro che confessano i peccati e si correggono, allora possono entrare e sono purificati e sono annoverati fra gli alberi del giardino chiuso, fra le membra dell'unica colomba, senza per questo dover ricevere il battesimo una seconda volta. È così anche per coloro che provengono dall'eresia con lo stesso battesimo, che ricevettero stando fuori, ma non con la medesima purificazione che ricevono dentro: con essa gli viene somministrato ciò che loro mancava e viene approvato ciò che non è mutato. 22.27 - Risposta alle accuse di Cresconio su tradizione, turificazione e persecuzione Tu dici: " La vostra coscienza è stata condannata nei vostri antenati a causa del crimine di tradizione dei Libri sacri e di turificazione, e in voi per il crimine di persecuzione ". Proprio a proposito di traditori e di turificatori, chiunque sia chi ha commesso questo delitto, voi non avete creduto alle sante Scritture, ma avete dato credito all'opinione degli uomini. Ora, se questa può essere erronea, cioè buona nei confronti dei cattivi, perché non vi può essere una opinione erronea, cioè cattiva nei confronti dei buoni? Per quanto riguarda la persecuzione, riprenderei nuovamente in forma breve la risposta che ho già data a Petiliano, e che tu non hai potuto minimamente confutare. Ora, nella santa Scrittura, che non inganna alcuno, la Chiesa di Dio viene chiamata " aia ", e il Signore stesso verrà con il ventilabro per mondare la sua aia, raccogliere il frumento nel suo granaio e bruciare la paglia col fuoco inestinguibile. ( Mt 3,12 ) Ebbene, o voi avete subìto giustamente la persecuzione oppure, se si è ecceduto nella moderazione cristiana, ciò è stato causato dalla nostra paglia: motivo insufficiente per abbandonare l'aia del Signore; altrimenti, chiunque si allontanasse dall'aia prima del tempo della trebbiatura per evitare la paglia, separandosi dal frumento diventerebbe paglia. Tu invece, tentando di ricusare non tanto le mie argomentazioni, quanto la testimonianza della santa Scrittura, sei arrivato a dire che non può esservi alcuna persecuzione giusta. A questo punto è necessario perdonarti l'ignoranza delle Scritture, che altrimenti ti avrebbero potuto ispirare queste parole così giuste: Chi calunnia in segreto il suo prossimo io lo farò perire, ( Sal 101,5 ) e le parole dello stesso Signore Gesù Cristo nella profezia che spicca sublime su tutte: Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti, non sono tornato senza averli annientati, ( Sal 18,38 ) e molte altre testimonianze divine, che richiederebbero troppo tempo per essere enumerate. Mi auguro comunque di non essere rimproverato da te per aver usato questa espressione, per aver cioè detto: " sarebbe troppo lungo perseguire ", accusandomi di essere un persecutore dei testi divini! 23.28 - La scarsa avvedutezza di Cresconio sulla Scrittura Tu mi opponi le parole delle Scritture, che non vi favoriscono affatto, come più volte ho già dimostrato: L'olio dell'empio non profumi il mio capo. ( Sal 141,5 ) Che vi siano dei peccatori anche fra voi, almeno occulti, non puoi negarlo; essi tuttavia continuano a battezzare, e questo testo non li esclude davvero perché non dice: "L'olio del peccatore notorio ", ma semplicemente: l'olio del peccatore. Ed ecco un altro testo: Essi sono divenuti per me un torrente infido, di cui non ci si può fidare. ( Ger 15,18 ) E qui mi sorprende veramente la tua sagacia, come cioè non ti renda conto che l'acqua dell'ipocrita occulto è ingannatrice, del quale hai creduto che la sua buona, ma erronea, reputazione potesse giovare a purificare la coscienza altrui. Come non pensare che tu sei convinto di trovare appoggio in quel principio, per nulla dialettico ma certamente sofistico, che mi hai rimproverato a sproposito, dandomi del dialettico: Se menti, dici la verità? Tenti forse di asserire qualcosa di diverso quando, attribuisci all'opera di un uomo il battesimo, che non vuoi riconoscere come opera di Dio, e perciò dici che un adultero può conferire autenticamente il battesimo, in quanto occultando se stesso si fa passare fraudolentemente per casto? E così egli dice la verità nel battesimo, quando mente sul suo crimine, e la sua acqua non è mentitrice, come invece pretendete che sia quella della Chiesa, diffusa nel mondo intero secondo la promessa di tante profezie! D'altra parte, Geremia non chiamò il battesimo acqua mentitrice, ma gli uomini che mentiscono, secondo il senso che dà chiaramente l'Apocalisse, in cui Giovanni domanda che cosa rappresentino quelle acque che gli sono mostrate nella visione, e gli venne risposto che sono i popoli. ( Ap 17,15 ) 24.29 - La verità confuta il modo di intendere dei Donatisti Quanto al seguente testo scritturistico: Chi è battezzato da un morto, quale utilità trova in simile abluzione? ( Sir 34,26 ) tu non hai capito ciò che ho detto in quella lettera. Considera un poco quanto mi hai aiutato con le tue parole. Tu infatti hai creduto che in questo testo io intendessi per morto il cultore degli idoli, come se escludessi unicamente gli idolatri dal poter conferire il battesimo, e lo hai sfruttato al meglio ripetendo il testo sull'olio, in base al quale nessun peccatore è abilitato a conferire il battesimo da colui che ha detto: L'olio del peccatore non profumi il mio capo, nessun peccatore escluso. Per questo vi trovate ancor più alle strette, come ho dimostrato poco sopra. Se infatti nessun peccatore è eccettuato, dovete battezzare una seconda volta quelli che sono stati battezzati da peccatori occulti, non appena essi saranno smascherati. E qui tenterai ancora di escludere il peccatore occulto, che la santa Scrittura non ha escluso. Pertanto, la verità dichiara falso tutto questo vostro modo di intendere, dimostrando similmente che esso contraddice anche la vostra tesi. No, il testo del Salmo non si può applicare al battesimo, ma piuttosto alle lusinghe dell'adulatore: senso che i versetti precedenti indicano bene. Infatti il testo completo così si snoda: Mi correggerà il giusto nella misericordia e mi rimprovererà; ma l'olio del peccatore non profumerà il mio capo. ( Sal 141,5 ) Egli ha preferito dunque ricevere sul capo i rimproveri sferzanti della verità, anziché l'unguento carezzevole della falsità, traducendo con le metafore dell'olio e dell'unzione la blandizie dell'adulazione. 25.30 - Cresconio non ha capito Agostino Quale significato intendessi dare nella mia lettera a questo testo: Colui che è battezzato da un morto, credo di poterlo spiegare riprendendo le mie stesse parole. Indicando ciò che deve rispondere a questo un cristiano cattolico, dicevo: " Quando egli sentirà dire: Chi è battezzato da un morto non trae vantaggio dal suo lavacro, ( Sir 34,26 ) risponderà: Cristo vive e non muore più; la morte non avrà più potere su di lui. ( Rm 6,9 ) Ora, di lui è stato detto: Questi è colui che battezza nello Spirito Santo. ( Gv 1,33 ) Vengono invece battezzati dai morti coloro che ricevono il battesimo nei templi degli idoli. Neppure essi pensano di ricevere dai loro sacerdoti la santificazione che immaginano, bensì dai loro dèi. I quali, siccome furono uomini e morirono in modo tale che non vivono né in terra né nella quiete dei santi, essi sono veramente battezzati dai morti ". Mi fermo qui, avendo trascritto la citazione testuale dalla mia lettera, da cui suppongo che tu possa chiaramente percepire, se almeno adesso presti attenzione, come io abbia chiamato morti, non tanto gli idolatri in se stessi, benché sotto un altro aspetto siano anch'essi morti, quanto gli dèi falsi che adorano, poiché furono uomini e, come tali, abbandonarono il loro corpo, né risuscitarono, né acquisirono alcun merito in questa vita per ottenere quella vita che viene promessa dopo questa. Coloro che sono battezzati da tali dèi, come ho detto, cioè coloro che sono battezzati nel loro nome, sono battezzati realmente dai morti, poiché anch'essi credono di essere santificati, non nel nome dei loro sacerdoti, ma in quello degli dèi, di cui essi si fanno tante false credenze. Cristo, invece, è risorto e vive; perciò chi è battezzato da lui, non solo per la mediazione di un ministro buono, ma anche di uno malvagio, i cui costumi depravati lo rendono morto, non riceve il battesimo da un morto. Egli è battezzato infatti da colui che vive in eterno e del quale è detto nel Vangelo ciò che ho già ricordato nella mia lettera: Egli è colui che battezza nello Spirito Santo. 26.31 - Incongruenze dei Donatisti, che ribattezzano solo i battezzati dai Cattolici Tu questo non lo hai capito nella mia lettera, stando alle indicazioni delle tue parole. Non voglio dire, certo, che questa tua scarsa comprensione sia un inganno intenzionale. Mi sorprende però che tu non abbia notato la consequenzialità delle mie parole o abbia pensato di doverle dissimulare. Infatti, poco dopo, ho aggiunto le seguenti parole: " Se in questo testo avessi inteso per morto il peccatore che battezza, ricadrei nella stessa assurdità: chi è stato battezzato da un empio, sia pure occulto, riceve un lavacro inutile come se fosse battezzato da un morto ". Il testo infatti non ha detto: " Chi viene battezzato da un morto conosciuto ", ma semplicemente:" da un morto ". Queste parole, esposte in modo così chiaro, come potrebbero non destare dal sonno o piuttosto dalla stessa morte? Eppure non sono riuscite a svegliarti; per di più tu, come se parlassi contro di me, hai ribadito con maggior veemenza ciò che avevo sostenuto contro Petiliano. Questo di solito accade a coloro che, non sapendo estrarre la freccia dalla ferita, la fanno penetrare ancor più in profondità. Tu infatti hai sostenuto che per morto si deve intendere solo il peccatore che battezza, e non si deve eccettuare alcun peccatore; in tal modo però vieni a concludere ciò che sostenevo contro di te: non si può eccettuare neppure il peccatore occulto quando non si fa eccezione alcuna. Ribattezzate, allora, coloro che risultano sicuramente battezzati da peccatori occulti, coloro che si possono ancora aiutare se tuttora vivono e ne sono al corrente; così ne soffriranno danno solo coloro che ignorano il fatto o sono già morti, in quanto ormai non potranno più ricevere il battesimo se si scopre più tardi che i loro battezzatori erano colpevoli. Battezzate, ripeto, dopo aver scoperto e condannato l'adultero, coloro che consta con certezza essere stati battezzati da lui quando ancora si ignorava chi fosse. È proprio un morto che li ha battezzati, e tu hai detto che questo principio di non poter battezzare si doveva intendere di ogni peccatore, senza eccezione alcuna, aggiungendo a sostegno di ciò il testo sull'olio del peccatore. L'hai detto tu; tu lo hai scritto: ascolta te stesso, leggi te stesso! Se nessun peccatore, appunto perché è morto, può battezzare, non lo può neppure chi è occulto. Infatti egli è vivo, non perché è occulto, in quanto la menzogna della sua ipocrisia lo ha risucchiato molto più nel profondo. Lo si direbbe meno morto, se almeno lo confessasse; in lui purtroppo si verifica ciò che in un altro testo è scritto: Da un morto, che non è più, la confessione si perde. ( Sir 17,26 ) Voi non ribattezzate coloro che notoriamente sono stati battezzati da questo morto, sommerso in un tale abisso di morte; in cambio però non esitate a ribattezzare coloro che furono battezzati agli estremi confini della terra, che non hanno sentito neppure fare il nome di Ceciliano, di Maggiorino, di Donato, ponendoli di fronte a queste parole: Colui che è battezzato da un morto, a che gli giova la sua purificazione? ( Sir 34,26 ) Chiamate morti coloro che non hanno potuto sentire neppure il lezzo dei cadaveri degli Africani, chiunque fossero, e non considerate morto chi riesce ad occultare il proprio peccato, benché la Scrittura alzi la voce: Da un morto, che non è più, la confessione si perde! Forse non è morto perché finge? E così, perché riesce a fingere non è morto? Anzi, è proprio questa finzione che lo priva dello spirito della vita e lo fa morire del tutto, poiché la Scrittura dice ancora: Il santo spirito che ammaestra rifugge dalla finzione. ( Sap 1,5 ) Voi difendete ancora questi morti e dite che vivono; la vostra falsa apologia farà morire anche voi in modo peggiore. 26.32 - Cresconio esortato a correggersi " Sono morti ", dici. Ma che cosa poteva fare colui che, ignaro di tutto, si era rivolto a loro per farsi battezzare? Agisca almeno adesso, dal momento che si è reso conto, una volta svelato il personaggio, di essere stato battezzato da un morto. Se infatti la sua coscienza non poté essere lesa, in quanto ignorava il fatto, ora invece comincia ad esserlo perché ha saputo. È come se uno, senza saperlo, vestisse una tunica di provenienza furtiva: essa comincia ad essere la tunica dell'iniquità dal momento in cui lui lo viene a sapere e, se non se ne disfà, diventa colpevole; o come chi, del tutto ignaro, prende in moglie una donna sposata: egli è adultero dal momento in cui lo viene a sapere, a meno che non la abbandoni. Rigetti dunque anche costui il battesimo, poiché è venuto a sapere che l'ha ricevuto da un morto. Ha la possibilità di farlo: si faccia battezzare di nuovo! Conclusione: Chiunque è stato battezzato da un morto, lo sappia o no, a che gli serve la sua purificazione? L'asserzione è perentoria, come anche tu stesso reclami: non ammette eccezione per alcuno. È stato battezzato, dico, da un morto: la sua purificazione non gli giova a nulla! Purificate quest'uomo battezzandolo, voi che siete vivi; o, meglio, purificate voi stessi da questo errore, per evitare di perdervi pensandola così. Tu fingi di contendere con me per non ammettere eccezione alcuna in questi testi: L'olio del peccatore ( Sal 141,5 ) e Colui che è battezzato da un morto, ( Sir 34,26 ) però non ti accorgi che, resistendo nel diniego, stringi sempre più il nodo che ti rinserra. Per questo faccio pressione, per questo insisto, per questo vi incalzo senza darvi tregua per indurvi ad abbandonare un'idea così fallace e perversa, affinché " nell'olio del peccatore " e " nel battesimo dato da un morto ", nessun morto, nessun peccatore sia eccettuato, come tu stesso affermi in mio favore credendo di farlo contro di me. Così, dunque, neppure il peccatore occulto può essere eccettuato; e allora tutto ciò che hai detto crolla a terra, e coloro che ti hanno insegnato idee simili si vedono costretti a ribattezzare tutti quelli che sono stati battezzati da peccatori occulti, se pur riusciranno a rintracciarli in questa vita. 27.33 - Cresconio si trova in difficoltà insormontabili E tu, che fai? Dove vuoi andare? Sono tue parole quelle che ti sto leggendo. Non solo infatti mentre ti parlavo non hai rifiutato le mie parole, ma ignorando ciò che avevi letto di me, hai ripetuto a te stesso con altre parole lo stesso pensiero come se fosse tuo, e per facilitarne una più attenta lettura e riflessione, l'hai messo in iscritto, di modo che ti possa esser letto ogni qual volta vorrai. Ascolta, dunque, perché queste sono proprio parole tue: " Se ti piace eccettuare soltanto l'idolatra, che ne è allora di colui di cui si dice: Non voglio che l'olio del peccatore profumi il mio capo? ( Sal 141,5 ) Si tratta solo del peccatore che adora gli idoli oppure di chiunque si permette un atto illecito? Se tu consideri peccatore soltanto l'idolatra, il cristiano che trasgredisce la legge non si potrà dire che ha peccato? Se non si può affermare nulla di più stolto e assurdo, è indicato chiaramente che non solo l'idolatra, ma anche nessun peccatore fra tutti gli uomini deve usurpare per sé il diritto di conferire il battesimo ". Questa citazione riferisce esattamente le tue parole. Io non ho eccettuato l'idolatra, ma ho detto che gli stessi loro dèi pagani sono morti e non giova a nulla essere battezzato da qualcuno di loro. Essi si immaginano in effetti di essere battezzati dai loro stessi dèi, nel cui nome pensano di essere purificati. Tu invece non hai eccettuato alcun peccatore. Ora, se in questo caso si deve intendere per peccatore e mortale l'uomo che battezza, senza escludere alcun peccatore, tu indubbiamente non hai eccettuato neppure il peccatore occulto: " È chiaramente indicato - sostieni - che non solo l'idolatra, ma nessun peccatore fra tutti gli uomini deve usurpare per sé il diritto di conferire il battesimo ". Ascolta dunque te stesso: " Qualsiasi peccatore ", hai detto, e quindi non hai escluso né il peccatore notorio né il peccatore occulto. Allora, con quale sfrontatezza costringono al battesimo dopo averlo ricevuto da un peccatore notorio, quelli che non vogliono sia amministrato quando lo si è ricevuto da un peccatore occulto, dal momento che affermano che nessun peccatore fa eccezione? Fuggi dunque, fratello, da una comprensione insensata a quella retta, affinché in questo testo ove si parla di olio del peccatore, come prescrivono le parole antecedenti dello stesso Salmo, tu intenda la blandizie dell'ipocrita adulatore. Così né vi sarà eccezione alcuna né il battezzatore, che è occultamente malvagio, non ti metterà più in difficoltà insormontabili. La stessa cosa si dice nell'altro testo: Colui che è battezzato da un morto, a che gli giova la sua purificazione? ( Sir 34,26 ) Consulta attentamente i codici antichi, soprattutto quelli greci, per vedere se per caso trasponendo le stesse parole dal contesto che precede o segue non sia suggerita una interpretazione diversa, o certamente intendiamo questi morti, come ho già detto, coloro nel cui nome sono battezzati gli idolatri, nel senso che costui è stato battezzato da quello, nel cui nome crede di essere stato purificato. E così anche in questo caso nessuno è eccettuato, in quanto nessun dio morto dei pagani può purificare coloro che credono in lui. Se poi in questo testo vuoi intendere per morto qualsiasi peccatore, allora giungerai a conclusioni talmente contrarie a ciò che vuoi, da non saper più come trovare il modo di vivere, secondo la parola di Giovanni: Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi, ( 1 Gv 1,8 ) e non troverai più un uomo che ti battezzi, se vorrai evitare ogni peccatore. 28.34 - Il battesimo di Cristo giova solo se si è nella Chiesa di Cristo Supponiamo che tu intenda veramente morto solo l'eretico o lo scismatico, per cui, chi è battezzato da uno di loro è battezzato da un morto, del quale è detto: Colui che è battezzato da un morto, a che gli giova la sua purificazione? ( Sir 34,26 ) Tu vedi quale congettura affrettata sarebbe interpretare così questo testo, come se avesse detto: " Colui che è battezzato da un eretico o scismatico! ". Ebbene, anche letto così, il testo non sarebbe contrario alla nostra tesi, in quanto riconosciamo che il battesimo di Cristo non giova nulla all'uomo, se è battezzato fra gli eretici o scismatici, ai quali attribuisce il battesimo che riceve, ma comincia a giovargli quando torna a far parte del corpo di Cristo, che è la Chiesa del Dio vivo. È allora infatti, grazie a quel battesimo che pur stando fuori apparteneva a Cristo, anche se non gli giovava a nulla appunto perché ricevuto al di fuori, che inizierà a essere utile la purificazione, non in virtù di colui che l'ha battezzato con le sue mani, ma in virtù di colui, nelle cui membra è stato inserito. 28.35 - Dobbiamo riconoscerci tutti peccatori Non mi intimorirà neppure quella tua affermazione troppo severa, con cui hai sentenziato: " Qualsiasi peccatore proveniente dagli uomini, non usurpi per sé il diritto di battezzare ", per il semplice fatto che non troverai mai nessuno che dica in tutta verità nell'orazione domenicale: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, ( Mt 6,12 ) senza dichiararsi peccatore. Vorrei interrogare uno per uno coloro che battezzano fra di voi, domandando loro se non sono in assoluto peccatori. Può rispondermi infatti ciascuno di loro: " Non sono un traditore, né un turificatore, non sono adultero, non sono omicida, né un idolatra, non sono, infine, eretico né scismatico; ma non credo che si possa trovare uno che osi dire, osi pensare, pur spinto da orgoglio eretico: " Non sono peccatore ". Non so neppure se vi sia qualcuno, talmente accecato dall'infatuamento dell'arroganza, non dico che proclami ad alta voce, ma che neppure riconosca nel suo intimo di non aver bisogno di pregare con quella supplica, in cui diciamo a Dio: Rimetti a noi i nostri debiti. E non chiediamo perdono per quei peccati che crediamo esserci stati perdonati una volta per tutte nel battesimo, ma precisamente per quelli che sono inseparabili dalla fragilità umana, per quanto sia solerte la nostra vigilanza nell'osservare i precetti del Signore. E, per finire, si faccia pure avanti chi ha la sfrontatezza di dire: " Non sono peccatore; dal momento che nel battesimo mi sono stati rimessi tutti i peccati, non si potrà più trovare alcun peccato in me ". Da parte mia, credo piuttosto a Giovanni, e rispondo con ben maggiore fiducia: Tu inganni te stesso e la verità non è in te. ( 1 Gv 1,8 ) Il risultato di questa dichiarazione inconsulta e fallace non è che in te non si trovino peccati, ma che quelli che vi si trovano, non siano perdonati. Se dunque sei già battezzato, vorrei sapere chi hai trovato che contraddica Giovanni dicendo: " Io non ho peccato ". Se hai potuto imbatterti in un simile individuo, come hai potuto ricevere il battesimo da lui, che ingannava se stesso e la verità non era in lui? Se invece costui, non del tutto dimentico della sua condizione limitata, diceva di essere un peccatore, come poteva usurpare, stando alla tua affermazione, il diritto di battezzare? Tu infatti l'hai detto, tu non hai avuto la benché minima paura di scrivere che nessun peccatore fra tutti gli uomini si deve arrogare il diritto di conferire il battesimo. Se però non sei ancora battezzato, o abbandona questa opinione erratissima o cerca degli angeli per farti battezzare. 28.36 - La perversità del ministrante o del battezzato non invalida il battesimo Supponiamo invece che tu, ormai convinto, hai corretto così: " Nessun peccatore in tutta l'umanità, colpevole di quel crimine che i nostri gli addebitano, si arroghi il diritto di conferire il battesimo ". Anche questo non va contro di noi, perché, supponendo che il tale abbia usurpato questo diritto e abbia conferito il battesimo, dico che non avrebbe dovuto usurparlo, però non dico che non abbia dato il battesimo. Chi poi ha ricevuto il battesimo, se è un uomo buono che l'ha ricevuto da un uomo cattivo, un uomo credente da uno senza fede, un uomo pio da un empio, il male colpirà colui che lo ha dato, non colui che lo ha ricevuto. In effetti, la stessa sacra realtà del bene conferito, condanna chi ne fa un cattivo uso, santifica chi ne usa bene. Se invece anche chi lo ha ricevuto, l'ha ricevuto indegnamente, neppure in questo caso il sacramento è rescisso, ma considerato valido: ciò che ostava al perverso, gioverà a chi si è emendato. 29.37 - Il bene del battesimo danneggia chi usurpa il diritto di conferirlo, non chi lo riceve Penserò dunque che tu non hai detto: " nessun peccatore", perché, se non erro, ti rendi ormai conto quanto temerarie siano state queste parole, ma piuttosto: " nessun peccatore, quale lo descrivono i nostri, qualunque sia stato fra tutti gli uomini, deve usurpare per sé il diritto di conferire il battesimo ", attenendoti a quanto è scritto: All'empio dice Dio: Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza? E per mostrare a quale tipo di peccatore Dio parlava così, affinché non si astenga dal predicare la sua parola a tutti gli uomini che non osano né pensare né dire che non sono peccatori, il Salmo prosegue e lo descrive così: Tu invece detesti la disciplina e le mie parole te le getti alle spalle. La tua bocca è piena di malizia e la tua lingua ordisce inganni. Se vedi un ladro, corri con lui; e degli adùlteri ti fai compagno. Ti siedi, parli contro il tuo fratello, getti fango contro il figlio di tua madre. ( Sal 50,16-20 ) Ecco il peccatore che Dio interpella: Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza? Sembra dirgli: " Tu compi questo invano; per quel che ti riguarda, non ti giova nulla; questo ti varrà per un giudizio di condanna, non come merito di salvezza ". Tuttavia, anche nel caso di un tale peccatore che espone i precetti di Dio e ha piena la bocca della sua alleanza, se coloro che lo ascoltano credono, mettono in pratica, progrediscono, non riproverà forse il primo e loderà i secondi, non accuserà quello e giustificherà gli altri, non condannerà lui e coronerà costoro, poiché si sono premurati di obbedire alla parola del Signore: Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno? ( Mt 23,3 ) Pertanto, come questo peccatore, se usurperà il diritto di predicare l'alleanza divina, non ne ricava alcuna utilità, mentre coloro che ascoltano e mettono in pratica la sua parola ne hanno un giovamento, non tanto per merito suo quanto per il messaggio di cui è annunciatore, così anche colui che non avrebbe dovuto usurpare il diritto di battezzare, danneggia se stesso usando male di un bene, ma non danneggia colui che ha ricevuto bene un bene. 30.38 - Non vogliamo riporre nella condotta degli uomini la speranza di coloro che vengono battezzati Come vedi, non solo non hai potuto confutare ciò che ho detto contro Petiliano, ma anche con quanta luce di verità viene confutato in mille modi ciò che hai detto contro di me. Eppure insisti ancora, sostenendo che noi non rendiamo la nostra causa buona, e in qualche modo confessiamo di essere peccatori perché, mentre ci si obietta con quale autorità rivendichiamo il diritto di battezzare, noi non parliamo del merito delle azioni né dell'innocenza della vita, ma diciamo che ciò è lecito a chiunque. Sottolinea almeno questo: da quanto è stato detto sopra, noi non affermiamo che ciò sia lecito a chiunque, ma che il ministro di un sacramento merita una sanzione, se tratta illecitamente le cose sante, e lui deve essere corretto; invece non deve essere annullata illecitamente la realtà sacra che illecitamente conferisce. Altrettanto vogliamo che siano corretti coloro che usano in modo illegittimo della legge, senza considerare nulla la legge stessa; come pure censuriamo colui che illecitamente si fa portavoce dell'alleanza del Signore, ma non neghiamo o annulliamo l'alleanza stessa. Per questo noi non confessiamo di aver peccato per il fatto che riproviamo nel peccatore ciò che è suo e onoriamo invece ciò che è di Dio, perché non vogliamo che chi crede in Dio dipenda dall'intimo occulto dell'uomo, ma lo ammoniamo affinché si glori nel Signore, ( 1 Cor 1,31 ) nel quale trova sicurezza. Infatti neppure l'Apostolo perdeva la sua speranza perché aveva una coscienza impura, ma non voleva riporre nell'uomo la speranza del credente e la poggiava solidamente sul Signore, dicendo: Né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma colui che fa crescere: Dio. ( 1 Cor 3,7 ) Pertanto, quando noi diciamo con la Scrittura: Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria, ( Sal 114,1 ) non accusiamo la nostra coscienza; siete voi che, volendo riporre nella condotta degli uomini la speranza di coloro che vengono battezzati, non riconoscete la vostra arroganza. 31.39 - Cipriano non è il fondatore dello scisma donatista, ma il brillante difensore dell'unità e della pace cattolica Che dire, poi, del vostro ardire nel far menzione anche del beato Cipriano, come se fosse il fondatore del vostro scisma anziché quel brillante difensore dell'unità e della pace cattolica? Tu, prima di tutto, vivi nella Chiesa che Cipriano - fatto incontestabile - ha difeso e proclamato; soltanto allora puoi permetterti di nominare Cipriano come garante della tua opinione. Prima imita la pietà e l'umiltà di Cipriano, poi potrai appellarti al concilio di Cipriano. Noi non facciamo, in effetti, alcun torto a Cipriano, quando distinguiamo bene fra l'autorità canonica delle Scritture ed alcune sue lettere. Non senza ragione è stato fissato con salutare vigilanza il canone ecclesiastico, di cui fanno parte i libri autentici dei Profeti e degli Apostoli, che non ci permettiamo in alcun modo di mettere in discussione, e in base ai quali noi giudichiamo con libertà gli altri scritti dei fedeli o degli infedeli. Per questo l'Apostolo, le cui epistole sono fondate sull'autorità canonica, dice: Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. ( Fil 3,15 ) Ora, finché Cipriano sostenne un'idea diversa - ammesso pure che gli scritti, che voi citate a vostro favore, siano realmente suoi - , finché dunque egli ebbe in questa materia un'idea diversa da quella che la verità, approfondita meglio, ha messo in luce, in attesa che Dio gli rivelasse anche questo punto, animato da una carità al di sopra di ogni elogio, non abbandonò mai l'unità e la pace cattolica, anche con i suoi colleghi che avevano idee differenti. 32.40 - Come interpretare Cipriano Tu hai inserito nel tuo scritto un testo della sua lettera a Giubaiano, per dimostrare con ciò che lui era dell'opinione che si dovesse dare il battesimo nella Chiesa cattolica a coloro che erano stati battezzati nell'eresia o nello scisma. Io non mi sento legato dall'autorità di questa lettera, perché non considero canoniche le lettere di Cipriano, ma le giudico in base agli scritti canonici; e ciò che in esse è in accordo con l'autorità delle Scritture, lo accolgo a sua lode, mentre ciò che non vi si armonizza, lo rigetto con sua buona pace. Dunque, se ciò che hai citato dalla sua lettera a Giubaiano lo avessi desunto da qualche libro canonico degli Apostoli o dei Profeti, non avrei assolutamente nulla da replicare. Ma, dal momento che non è canonico ciò che citi, usando quella libertà alla quale ci ha chiamato il Signore, ( Gal 5,13 ) non posso ammettere le opinioni divergenti di quest'uomo, col quale d'altronde non posso competere in fatto di meriti, né posso mettere a confronto le mie opere con i suoi numerosi scritti, di cui amo il talento naturale, delle cui parole mi incanto, di cui ammiro la carità, del quale venero il martirio. Mi spiego. Non accetto ciò che ha pensato il glorioso Cipriano sul battesimo degli eretici e degli scismatici, poiché la Chiesa non lo ammette, lei, per la quale il glorioso Cipriano ha versato il suo sangue. Voi, invece, asserite che lui ha prodotto testi canonici a sostegno di questa opinione; in verità, non è lui che ha potuto confermare la canonicità di questi testi, quanto piuttosto mediante essi ha confermato le sue rette opinioni. Perciò, lascia stare gli scritti di Cipriano e presenta i testi canonici stessi, di cui affermi che egli si servì. Se non riuscirò a dimostrare che essi non aiutano per nulla la vostra causa, tu hai vinto. Per questo, benché io sia incomparabilmente inferiore a Cipriano, non ammetto l'opinione di Cipriano; così come non accetto e non seguo la prassi dell'apostolo Pietro, che obbligava i pagani a compiere i riti giudaici, ( Gal 2,14 ) benché io sia incomparabilmente inferiore a Pietro. Voi invece, che ci opponete gli scritti di Cipriano, come se fossero il supporto dell'autorità canonica, dovrete accettare tutto ciò che di Cipriano potremo addurre contro di voi. In caso di sconfitta, è giusto che chiudiate la bocca e, una buona volta, dall'errore della divisione più funesta vi convertiate all'unità cattolica. 33.41 - La consuetudine della Chiesa era anteriore al concilio di Cipriano Dunque, per non farla troppo lunga, prendi nota da ciò che estrarrò da questa stessa lettera a Giubaiano per confutare e sradicare il vostro errore. L'autore di questa lettera, il santo Cipriano o chiunque sia, nel suo sforzo di dimostrare che era necessario ribattezzare gli eretici che tornavano alla Chiesa, in quanto si doveva considerare come nullo il battesimo che avevano ricevuto al di fuori della Chiesa per mano degli eretici, si pose la questione in questi termini: " Ma dirà qualcuno: Quale sarà la sorte di coloro che in passato, venendo alla Chiesa dall'eresia, vi furono ammessi senza battesimo? Può il Signore, nella sua misericordia, concedere la sua indulgenza, non escludendo dal tesoro della sua Chiesa coloro che, ammessi semplicemente nella Chiesa, si sono addormentati nella Chiesa ". A noi è sufficiente questa franchezza, di cui dà testimonianza lo stesso Cipriano; il quale, ben comprendendo che l'unità del corpo di Cristo è un bene sì grande, ha la santa intuizione di presumere che gli eretici, ammessi senza alcuna condizione nell'unità, persino coloro che egli pensava non avessero il battesimo, meritavano il perdono della divina misericordia e non erano esclusi dai benefici della Chiesa. Questa consuetudine della Chiesa era anteriore al concilio di Cipriano, ed essa non ha potuto essere scavalcata e soppressa dal concilio di Cipriano: coloro che provenivano dall'eresia, ammessi certamente non senza il battesimo poiché, come lui sostiene, avevano questo stesso battesimo anche al di fuori che ad essi non giovava, seppur ammessi senza alcun'altra modalità, come egli dice ancora, meritavano il perdono della misericordia divina e non erano esclusi dai benefici della Chiesa. Questa semplicità, più che la duplicità, piacque alla Chiesa universale, diffusa nel mondo intero. 33.42 - La preziosa testimonianza che offre alla Chiesa lo stesso Cipriano Ascolta la preziosa testimonianza che offre alla Chiesa lo stesso Cipriano! Ascolta dalla sua lettera che scrisse sull'unità: " Separa un raggio di sole dalla massa solare: l'unità della luce non ammette divisione; spezza un ramo dall'albero: una volta spezzato, non potrà germogliare; taglia il ruscello dalla sorgente: appena interrotto, esso prosciugherà ". In queste parole di Cipriano non troviamo né intendiamo che la luce non ammetta divisione, salvo che si tratti dei santi predestinati al regno di Dio, i quali non possono in alcun modo essere separati dalla Chiesa; il ramo divelto che non produce nulla, noi lo intendiamo riferito al germe della salvezza eterna; invece l'aridità del ruscello separato dalla sorgente, noi la riconosciamo in coloro che sono stati privati dello Spirito Santo perché si separano dall'unità, ma non nel sacramento del battesimo, che possono avere sia i buoni che i cattivi, separati dalla santità della Chiesa, sia restando apertamente al di fuori, sia restando occultamente dentro. Ma, ciò di cui nessuno dubita, è il pensiero di Cipriano sulla fecondità della Chiesa, diffusa in tutto l'universo. Segui con attenzione il seguito del testo, in cui soggiunge: " Così anche la Chiesa, circonfusa dalla luce del Signore, diffonde i suoi raggi per tutto l'universo: unica tuttavia è la luce, che si diffonde ovunque senza separare l'unità del corpo. Essa estende i suoi rami in tutto l'universo con la ricchezza della sua fecondità, facendo scorrere sempre più copiosamente le acque abbondanti della sua grazia: ma unico è il capo e unica l'origine e unica la madre, ricca dei frutti della sua fecondità". Questa è la Chiesa, promessa nelle sante Scritture e diventata realtà nel mondo intero, che Cipriano ha amato, custodito, raccomandato, mentre i malvagi scismatici ed eretici, col pretesto di volersi distinguere e separare dai peccatori, hanno abbandonato con le loro empie sedizioni. Affinché costoro non cerchino più scuse pretestuose per giustificare queste empie secessioni, la santa Scrittura ha predetto: Il figlio malvagio si dichiara giusto, ma non si purifica della sua partenza, ( Pr 24,22 ) perché neppure a causa dei malvagi, che apparentemente sono dentro la Chiesa, devono essere abbandonati i buoni che sono veramente dentro. 34.43 - Cipriano ha scritto che il diritto di pulire l'aia spetta solo a Cristo Che cosa ne pensasse il beato Cipriano in proposito, ricavalo dalla lettera che scrisse al presbitero Massimo e agli altri compagni, con i quali si congratula per il loro ritorno alla Chiesa dall'errore scismatico ed eretico: " Anche se si nota nella Chiesa la presenza della zizzania, questo fatto non deve impedire la nostra fede o la nostra carità a tal punto che, avendo scoperto la zizzania nella Chiesa, noi stessi ci separiamo dalla Chiesa. A noi compete soltanto impegnarci per poter essere frumento, cosicché, quando si comincerà a raccogliere il frumento nei granai del Signore, raccoglieremo il frutto del nostro lavoro e delle nostre fatiche. L'Apostolo dichiara nella sua lettera: In una grande casa non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio; alcuni sono destinati ad usi nobili, altri per usi più spregevoli. ( 2 Tm 2,20 ) Da parte nostra, lavoriamo e sforziamoci per quanto possibile per essere vasi d'oro o d'argento. Del resto, spetta unicamente al Signore infrangere i vasi di coccio: ( Sal 2,9 ) a lui è stata data la verga di ferro. Il servo infatti non può essere più grande del suo padrone, ( Gv 13,16 ) né alcuno può rivendicare per sé ciò che il Padre ha riservato unicamente al Figlio, tanto da presumere di poter portare già pala e ventilabro per vagliare e pulire l'aia, e separare, con giudizio puramente umano, il frumento da tutta la zizzania. Ostinazione superba e sacrilega presunzione è questa, che si arroga la follia depravata. Certuni, per la pretesa di travalicare ciò che postula una mite giustizia, si pongono al di fuori della Chiesa; e mentre si ribellano con insolenza, accecati dal loro stesso orgoglio, perdono la luce della verità ". Come vedi, fratello, Cipriano ha ordinato questo, fondandosi sulle divine Scritture anche a causa dei malvagi, i quali, essendo spiritualmente separati dai buoni per la loro vita e costumi, sembrano tuttavia fisicamente mescolati ad essi nella Chiesa fino al giorno del giudizio, nel quale saranno separati anche corporalmente per ricevere la pena meritata. E ordina anche di non abbandonare la Chiesa a causa loro, come il frumento a causa della paglia o della zizzania, come la grande casa a causa degli utensili spregevoli. Tu vedi, senti, percepisci, intendi quanto grande è il crimine che voi commettete quando, a causa di coloro che vi disgustano a torto o a ragione, vi separate dalla Chiesa che si estende in tutto l'universo, alla quale Cipriano offre, in conformità alle divine Scritture, una testimonianza così solenne, solida, splendida e luminosa. 35.44 - Cosa insegna veramente Cipriano Considera attentamente, dunque, il mio stringato ragionamento sul complesso della questione. Se a buon diritto sono accolti nella Chiesa coloro che provengono dagli eretici, al fine di correggere in essi il loro errore, senza tuttavia rescindere il sacramento divino, noi ci felicitiamo con coloro che vivono bene in essa come grano del Signore. Se però non hanno il battesimo, in base alla vostra opinione di cui vantate l'appoggio di Cipriano, è certo che costoro, quando sono ammessi incondizionatamente nella Chiesa, sempre secondo Cipriano, meritano la divina indulgenza in virtù dell'unità, senza essere esclusi dai benefici della Chiesa. E quelli che li ammettono senza ulteriori condizioni, seguendo la consuetudine anteriore di cui Cipriano non ha fatto mistero, e conducono una vita retta e pacifica, sono collocati dalla parte del grano buono destinato al granaio. Quelli invece che o combattono scientemente per spirito di contesa contro la verità sulla questione della loro ammissione oppure tengono una condotta malvagia e depravata, sono tollerati come la zizzania e la paglia, destinate alle fiamme. Tuttavia, e Cipriano lo attesta, Dio ordina di non abbandonare per colpa loro la Chiesa, che si estende in tutto l'universo con risultati così copiosi. È il frumento del Signore che cresce insieme alla zizzania fino alla mietitura o è triturato insieme alla paglia. Per questo, se i cattivi inquinano i buoni nella comunione degli stessi sacramenti, quando, stando alla vostra opinione, ai tempi di Cipriano o prima di lui, gli eretici venivano accolti senza battesimo, voi affermate che la Chiesa perì e mostrate da dove voi siete nati. Se invece, come insegna la verità anche attraverso Cipriano, quando per tutelare la pace della Chiesa viene tollerata la zizzania anche conosciuta, essa non inquina il frumento: Il figlio cattivo si dichiara giusto, ma non si purifica per la sua perversione, ( Pr 30,12 ) poiché egli non avrebbe dovuto abbandonare la Chiesa a causa dei malvagi. 36.45 - La Chiesa luminosa e imponente che Cipriano predica e difende Torno a ripetere: non permetto che si dissimuli questa argomentazione inattaccabile: se i buoni, pur non comunicando con i peccati dei malvagi, per il solo fatto di partecipare agli stessi sacramenti sono rovinati a causa dei cattivi, coloro che nel passato tornarono alla Chiesa dall'eresia e vi furono ammessi senza battesimo, già da allora con il loro contegno avevano rovinato i buoni. Dunque, già da allora non esisteva più la Chiesa, che Cipriano difendeva e predicava; non c'era più la Chiesa da cui Donato uscì in seguito. Se però questo contagio non ha perduto i buoni, neppure il contagio di coloro che voi accusate ha potuto rovinare la cristianità. Separati da essa, non calunniatela; correggetevi e tornate alla Chiesa! Tu sei costretto ad accusare Ceciliano e i suoi compagni, contro i quali Secondo di Tigisi riunì e celebrò un concilio, ma io non sento la necessità di difenderlo. Accusali con tutte le tue forze! Se furono innocenti, essi sono frumento al quale non nuocerà la tua millanteria; se furono colpevoli, non si dovette abbandonare il frumento a causa di quella zizzania, a cui non fece alcun danno. Accusa più che puoi! Vinco, se non fornisci le prove; vinco, se le fornisci. Vinco, ripeto, se non provi, essendo tu stesso giudice; vinco, se tu provi, ed è testimone Cipriano. Che cosa vuoi che siano stati costoro? Se erano innocenti, perché voi, zizzania, calunniate il frumento del Signore? Se essi erano colpevoli, perché a causa della zizzania vi separate dal frumento del Signore? Ecco ergersi la Chiesa in tutta la sua luminosità e imponenza, come città che non può star nascosta essendo situata su di un monte; ( Mt 5,14 ) città per la quale Cristo regna da mare a mare e dal fiume fino agli estremi confini della terra; ( Sal 72,8 ) discendenza di Abramo, più numerosa delle stelle del cielo e della sabbia del mare, sorgente di benedizioni per tutte le nazioni. ( Gen 22,17-18 ) È di lei che celebra le lodi il beato Cipriano, fino al punto di dire che essa, circonfusa dalla luce del Signore, diffonde i suoi raggi nel mondo intero ed estende i suoi rami per tutto l'universo con la sua rigogliosa fecondità. Essa, o non la si doveva accusare per riguardo al suo frumento o non la si doveva abbandonare a causa della zizzania. Al primo di questi due punti rispondete voi stessi, sul secondo imparate dagli ammonimenti di Cipriano. Ed ecco le sue parole che lo attestano e affermano: " Anche se si nota nella Chiesa la presenza della zizzania, ciò non deve costituire un ostacolo per la nostra fede o la nostra carità, per cui abbandoniamo la Chiesa in quanto notiamo in essa la presenza della zizzania ". 37.46 - La presenza dei cattivi nella Chiesa non fa scomparire i buoni Voi affermate che la Chiesa è scomparsa dalla faccia della terra a causa del contagio dei peccatori africani e che i suoi resti sono sopravvissuti nella setta di Donato, come nel frumento separato dalla zizzania e dalla paglia. In tal modo contraddite in pieno Cipriano, il quale afferma che né la mescolanza con i peccatori fa scomparire i buoni dalla Chiesa, né i cattivi possono essere separati dalla massa dei buoni prima del tempo del giudizio divino. Voi, pertanto, seguendo il vostro errore o piuttosto il vostro delirio, siete costretti ad accusare non solo Ceciliano e i suoi consacratori, ma anche quelle Chiese, di cui le Scritture apostoliche e canoniche citano ugualmente i nomi: non solo quella dei Romani, alla quale inviate abitualmente un vescovo dall'Africa per il vostro piccolo gruppo di fedeli, ma anche quelle dei Corinzi, Galati, Efesini, Tessalonicesi, Colossesi, Filippesi, alle quali l'apostolo Paolo indirizza le sue notissime lettere; la Chiesa di Gerusalemme, che l'apostolo Giacomo governò come primo vescovo; quella di Antiochia, in cui i discepoli ricevettero per la prima volta il nome di cristiani; ( At 11,26 ) quella di Smirne, Tiatira, Sardi, Pergamo, Filadelfia, Laodicea, alle quali si rivolge l'Apocalisse dell'apostolo Giovanni; ( Ap 1,11 ) e tante altre Chiese del Ponto, della Cappadocia, dell'Asia, della Bitinia, alle quali scrive l'apostolo Pietro, ( 1 Pt 1,1 ) e tutto ciò che l'apostolo Paolo attesta di aver ricolmato del Vangelo da Gerusalemme fino all'Illiria; ( Rm 15,19 ) per non parlare di altre sconfinate regioni della terra, in cui le fatiche della seminagione apostolica hanno fatto e fanno crescere tuttora la Chiesa. Queste Chiese, il cui nome ho tratto dalle Scritture divine e canoniche, sono talmente lontane dall'Africa, che voi siete costretti ad accusarle come se fossero scomparse per i peccati degli Africani, appunto perché non volete correggere l'errore che vi costringe all'enorme crimine della nefasta divisione. 37.47 - Le Chiese africane condividono con le Chiese transmarine la società del Regno Per quanto ci riguarda, al fine di confutare più agevolmente questo vostro errore, non ci sentiamo obbligati a prendere le difese degli Africani stessi, i cui pretesi crimini osate far ricadere indiscriminatamente su tutte le altre nazioni; ripeto: neppure degli Africani stessi. Essi condividono infatti con queste Chiese transmarine la società del Regno, se furono innocenti; e se furono colpevoli, come la zizzania non pregiudica il frumento, neppure in Africa hanno potuto pregiudicare coloro che non hanno mai voluto separarsi dall'unità della Chiesa per causa loro, nonostante la loro riconosciuta colpevolezza. Per non parlare poi dei molti che li hanno creduti innocenti, ai quali non si poté dimostrare il loro delitto, - se pure vi fu - e certamente neppure voi siete in grado di dire che i peccati altrui, sconosciuti, hanno potuto macchiarli. Non parliamone, ripeto; piuttosto prendiamo in considerazione coloro che risultavano o consideravano colpevoli. Malgrado la loro appartenenza alle Chiesa d'Africa, essi si rendevano conto che costoro non avevano potuto essere confutati presso le Chiese transmarine, né si potevano provare i loro crimini davanti ai membri della Chiesa, sparsi dappertutto. Se avessero voluto separarsi dalla comunione di tanti popoli, a causa di coloro che risultavano peccatori, quasi temendo un contagio pestilenziale, ai quali non erano in grado di dimostrare la loro colpevolezza, non potremmo ritenerli tali né io, né tu, né Donato, né Ceciliano, ma proprio colui che tu hai osato nominare, Cipriano; e lui direbbe le stesse parole che scrisse a Massimo: 38.48 - Le parole di Cipriano condannano i Donatisti " Anche se si nota nella Chiesa la presenza della zizzania, ciò tuttavia non deve costituire per la nostra fede o la nostra carità un impedimento tale, da farci abbandonare la Chiesa perché in essa abbiamo scoperto la zizzania. Nostro unico impegno è di lavorare per poter essere grano buono, cosicché, quando si comincerà a raccogliere il frumento nei granai del Signore, raccoglieremo i frutti del nostro lavoro e delle nostre fatiche. L'Apostolo dice in una delle sue lettere: In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio; alcuni sono destinati ad usi nobili, altri per usi più spregevoli. ( 2 Tm 2,20 ) Noi lavoriamo e facciamo tutto il possibile per essere vasi d'oro e d'argento. Del resto, frantumare i vasi di coccio compete unicamente al Signore: a lui è stata data la verga di ferro. ( Sal 2,9 ) Il servo infatti non può essere più grande del suo padrone, ( Gv 13,16 ) né alcuno può attribuirsi il compito che il Padre ha riservato unicamente al Figlio, affinché non creda di poter portare già la pala e il ventilabro per vagliare e pulire l'aia, o di poter separare, con giudizio puramente umano, tutta la zizzania dal frumento. Questa è superba ostinazione dell'orgoglio e presunzione sacrilega, che soltanto la follia depravata può arrogarsi. E così alcuni, volendo spingersi sempre oltre a ciò che richiede una mite giustizia, si pongono al di fuori della Chiesa; e mentre si ribellano con insolenza, accecati dal loro stesso orgoglio, perdono la luce della verità ". Con queste parole di Cipriano avrebbero potuto tenersi stretti alla Chiesa gli uomini timorati di Dio, tentati di separarsi da essa a causa dei peccatori conosciuti; e queste parole vi condannano, perché siete separati e accusate anche i buoni. Con queste parole, Cipriano tiene saldi anche noi nella casa di Dio, di cui egli amò il decoro, ( Sal 26,8 ) di modo che non l'abbandoniamo a causa dei vasi destinati ad un uso spregevole, ( 2 Tm 2,20 ) anche se fossimo da voi accusati e riconosciuti colpevoli del peccato di tradizione, cosa che non siete mai riusciti a conseguire, o di qualsiasi altro delitto. Con queste parole questo operatore di pace introduca anche voi, finalmente corretti, nella pace cattolica, affinché nessuno di voi si senta offeso per i peccati altrui, veri o falsi, e desista dal vomitare tanti insulti contro la Chiesa di Cristo, che le Scritture presentano feconda e in crescita nel mondo intero, e non accusi a causa della zizzania il frumento, né abbandoni a causa della paglia il buon grano, né a causa degli utensili spregevoli resti al di fuori della grande casa. 38.49 - Conclusione del libro Ecco come il beato Cipriano attraverso la tua citazione ci ha aiutati! Se lui ebbe un'idea diversa sulla reiterazione del battesimo, senza alcun dubbio il Signore, per i meriti straordinari della sua ardentissima carità, gli donò la luce per correggersi, poiché restò unito a quella vite come un pampino carico di frutti così copiosi di pace e di amore; tanto che, seppure si trovava in lui qualcosa da purificare, in mancanza d'altro, la corona del martirio l'avrebbe purificato. Benché la mia confutazione si possa considerare più che sufficiente per convincere e, se vorrete, anche per correggere il vostro errore, tuttavia, perché nessuno pensi che io non sia in grado di confutare qualche passaggio della tua lettera, o nel quale non ho potuto provare che tu non hai risposto nulla di idoneo alla nostra lettera contro Petiliano, andiamo a vedere il resto nel libro seguente. Libro III 1.1 - Perché dei seguenti libri Se dovessi trascurare coloro che sono dotati di scarso ingegno, e quindi non sono in grado di comprendere che nei due volumi precedenti ho risposto in modo diversificato all'intera questione sollevata dalla tua lettera, fratello Cresconio, tanto che le residue difficoltà sono ormai risolte e rese innocue, avrei già dovuto por fine a quest'opera. Ma poiché sono molti coloro cui è utile il nostro servizio, i quali sono convinti che non siano state confutate tutte le difficoltà e rese innocue, se non si trattano una per una al loro posto, tenterò di scorrere rapidamente e ordinatamente il resto del tuo discorso per confutarlo. 1.2 - Cipriano non ha voltuto giudicare alcuno, né privarlo del diritto della comunione Il materiale che hai creduto opportuno citare dagli scritti del venerabile martire Cipriano e di alcuni autori orientali, in quanto favorevoli a respingere il sacramento del battesimo conferito presso eretici e scismatici, non compromette affatto la nostra posizione, se ci manteniamo fedeli a quella Chiesa che Cipriano non abbandonò, benché molti suoi colleghi non avessero voluto condividere questa opinione. Egli infatti dichiarò nello stesso concilio: "Senza giudicare alcuno, né privarlo del diritto della comunione se avrà un'opinione diversa ". E così termina la medesima lettera a Giubaiano: 2.2 - " Ecco la risposta, mio carissimo, che ti ho data secondo le mie mediocri capacità e senza fare alcuna prescrizione a nessuno o emettere un giudizio preventivo che coarti la piena libertà di opinione di ciascun vescovo, poiché è nel possesso della libera potestà del suo arbitrio ", con quel che segue. Dunque, per il momento, consideraci fra coloro che Cipriano non ha potuto convincere su questo punto, con i quali tuttavia non ruppe assolutamente la sua comunione, malgrado la diversa opinione al riguardo. Quanto ai vostri antenati, tu stesso hai attestato che si sono separati dalla comunione degli orientali, perché questi ultimi si sono ricreduti sul precedente giudizio, in base al quale, su tale questione del battesimo, era opportuno seguire l'opinione di Cipriano e di quel concilio africano: essi fecero questo contro Cipriano. In effetti, dovettero mantenere l'unità della comunione con i loro colleghi, che avevano un'opinione diversa su questa materia: ciò che fece Cipriano, come leggiamo nelle sue lettere. Essi replicano che Cipriano preferì parlare così per non condizionarli con la minaccia della scomunica, temendo che non avrebbero avuto il coraggio di dire liberamente ciò che pensavano; ma non si sognava certo di restare in comunione con loro se avessero avuto un'opinione diversa. Con ciò affermano apertamente che Cipriano ha mentito. Se infatti diceva: " Non giudichiamo alcuno, né lo priviamo del diritto della comunione se pensa in altra maniera " - parole sue, registrate negli atti del concilio - e nonostante ciò, nel caso qualcuno di quelli cui erano destinate queste cose avesse manifestato un'opinione diversa, avesse interrotto la comunione con lui nei sacramenti di Cristo, senza dubbio avrebbe mentito perché prometteva tali cose con dolo, non in modo veritiero; e ciò che è peggio in tale menzogna, con la doppiezza del cuore ingannava la semplicità dei fratelli, tanto più che veniva scritto ciò che lui diceva. Infatti, se qualcuno avesse pensato diversamente da quel concilio, come potevano condannarlo o scomunicarlo se lui leggeva ad alta voce in suo favore le parole iniziali dello stesso concilio? Chi dunque ha un'opinione più tollerante nei confronti di Cipriano: noi, che sosteniamo che su tale oscura questione del battesimo lui, come uomo, abbia potuto errare, oppure voi, che sostenete che lui, promettendo la comunione cristiana, ha voluto imbrogliare non tanto questo o quel fratello nell'episcopato, ma l'intera assemblea episcopale? Se anche voi giudicate un'empietà sostenere una simile opinione su di lui, i vostri antenati hanno agito contro il suo pensiero, separandosi dalla comunione con gli Orientali per divergenze di idee su questa materia. 3.3 - È lodevole non abbandonare un'affermazione vera, è colpevole persistere in una falsa Pertanto, se ormai si deve ritenere per certo che cinquanta vescovi d'Oriente hanno avuto la stessa opinione di settanta vescovi d'Africa o poco più, di fronte alle migliaia di vescovi di tutto il mondo che hanno disapprovato tale errore, perché non diciamo piuttosto che anche questo gruppuscolo di orientali ha corretto il proprio pensiero, anziché - come tu affermi - annullarlo? Infatti, se è degno di encomio non abbandonare un'affermazione vera, è invece colpevole persistere in una falsa. Non avere mai avuto un'idea falsa è il merito più grande, cambiarla è il secondo, in modo tale che fin dall'inizio rimanga la verità o l'errore ceda il posto alla verità. Comunque, per ora, ai fini del nostro dibattito non interessa sapere su quale punto la stragrande maggioranza del mondo cristiano è d'accordo con gli Orientali. Se questo è vero, se si deve mantenere e osservare ciò che noi manteniamo e osserviamo a proposito del battesimo, noi contestiamo due vostri comportamenti errati: uno, il vostro errore sulla questione del battesimo; l'altro, che vi siete separati da quelli che su questo punto professano la verità. Se poi seguissi la vostra opinione, dichiarando vera la vostra tesi su tale questione, certamente sareste ancora macchiati dal crimine di esservi separati dalla Chiesa, per la cui pace, secondo il comportamento e l'insegnamento di Cipriano, dovevate sopportare anche coloro che la pensano diversamente. 4.4 - Agostino non ha mancato di distinguere il fedele dall'infedele A questo punto tu alzi la voce perché ho detto: " Non fare alcuna distinzione tra il fedele e l'infedele; guarda con lo stesso occhio il pio e l'empio ". Cosa che non ho mai detto. Ciò che dissi chiaramente è quello da cui tu, come se lo avessi detto, hai preso il pretesto per esclamare e dire ciò che non ho mai detto. Questo ho detto: " Chiunque riceva il sacramento, sia da un ministro fedele sia da un infedele ". In questa frase non ho mancato di distinguere il fedele dall'infedele, né ho voluto che fosse considerato con lo stesso occhio il pio e l'empio, ma ho affermato che sia l'uomo pio che l'empio possono avere lo stesso sacramento; cosa che anche tu non neghi, in quanto concedi che non si deve ribattezzare, almeno quando esso è stato ricevuto da empi occulti. Pertanto senza motivo aggiungi e dici: " Non serve a nulla vivere una vita onesta, poiché tutto ciò che è lecito al giusto, lo può compiere anche il peccatore ", perché è falso e io non l'ho detto. In realtà, sono i buoni costumi che distinguono la vita dei buoni da quella dei cattivi e la conducono a risultati diversi; né tutto ciò che può il giusto, lo può compiere anche il peccatore, poiché il giusto adempie la legge di Cristo grazie all'amore che il peccatore non possiede. Il quale tuttavia può compiere tale atto come il giusto: può anch'egli battezzare, se non altro quando è occulta la sua disonestà. Del resto, anche gli empi possono predicare i precetti di Dio come i giusti, ma non possono conformare ad essi la propria vita come i giusti, dei quali è detto: Ciò che dicono, fatelo; ciò che invece fanno, non fatelo. ( Mt 23,3 ) 5.5 - Colui che santifica è soltanto Dio Supponi invece il caso di un peccatore non occulto e conosciuto da alcuni buoni, che non può essere separato dalla Chiesa, in considerazione di qualche sedizione faziosa. Ascolta Cipriano: sopporta la zizzania, sii frumento. Oh, come devono essere risuonate bene alla tua mente queste parole, se le hai espresse in un tutt'uno con varietà di immagini: " Si può dire cosa più iniqua - affermi - di questo precetto: che un impuro purifichi un altro, l'infetto lo lavi, l'immondo lo deterga, l'infedele doni la fede, il criminale lo renda innocente? ". Ti rispondo brevemente: né l'impuro, né l'infetto, né l'immondo, né l'infedele, né il criminale sono Cristo, che amò la Chiesa e offrì se stesso per lei, purificandola con il lavacro dell'acqua nella parola, ( Ef 5,25-26 ) dandoci la certezza di possedere i suoi beni per non essere macchiati dai mali altrui. Tant'è vero che, nel caso in cui il ministro iniquo sia occulto, se tu non annulli il battesimo dato da lui, non si possono forse ritorcere contro di te queste tue stesse parole, perché anche l'impuro purifica, l'infetto lava, l'immondo monda, l'infedele dà la fede, il criminale rende innocente qualcuno? " No - dici tu - non è lui che fa questo, ma la buona opinione di cui gode, sia pure vana e falsa ". E tu di fronte a questo non vuoi che a mia volta esclami: " O crimine! O portento! " - non, come disse un tale - " degno di essere esportato ai confini del mondo ", ma piuttosto da far sparire, se fosse possibile, da tutto il cielo e da ogni terra! Non mi riferisco a te, che voglio correggere, ma all'errore, da cui ardentemente desidero correggerti. È proprio vero che, quando manca la vera vita di un buon ministro per purificare l'uomo, sarà sufficiente la buona ma erronea reputazione di un cattivo ministro per operare ciò che produrrebbe una vita buona? Così, per santificare un uomo, quando resta celata la malvagità del ministro, Dio utilizza il ministero della falsità? E tutto questo per non riconoscere con noi ciò che noi diciamo: chiunque sia il dispensatore del sacramento, fedele o infedele, colui che santifica è soltanto Dio! 5.6 - Cresconio consente con Agostino Dopo ciò, tu citi queste mie parole: " Sia sempre Cristo che dà la fede, sia Cristo l'origine del cristiano, in Cristo affondi il cristiano la sua radice, sia Cristo il capo del cristiano ". Tutte cose che certamente ho dette e confermo, alle quali tu non hai potuto assolutamente rispondere. Sembrerebbe infatti che tu sia stato quasi schiacciato da tanto peso della verità, quando aggiungi: " Questo lo sosteniamo anche noi, questo vogliamo ". 6.6 - Il dono di Dio è uguale, anche se lo danno ministri di differente virtù Poi di nuovo sostituisci a Cristo un uomo, nel quale il futuro battezzato possa riporre la sua speranza. Dici: " Ma noi cerchiamo chi farà meglio questo ". E poiché anche noi diciamo che l'uomo non può essere battezzato senza ministro, tu mi domandi se è migliore il ministro peccatore o quello santo. Io rispondo che per questo compito è meglio un ministro santo, al fine di aiutare la debolezza dell'uomo che, in mancanza di esempio, trova ardua e difficile la legge di Dio, mentre imitando il ministro santo più facilmente si eleva a una vita virtuosa. Per questo l'apostolo Paolo dice: Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo. ( 1 Cor 4,16 ) Quanto poi al battesimo e alla santificazione dell'uomo, se il dono ricevuto è tanto migliore quanto migliore è l'intermediario, vi sarà una tale varietà di battesimi in coloro che li ricevono, quanta è la diversità dei meriti nei ministri. Infatti, se Paolo, ed è un dato incontestabile, era migliore di Apollo, diede anche un battesimo migliore ( 1 Cor 1,14 ) secondo la vostra vana e perversa opinione, e se diede un battesimo migliore, senza dubbio vedeva di mal'occhio coloro con i quali si congratula di non averli battezzati personalmente. Anzi, se i buoni ministri sono migliori uno dell'altro, se non è migliore il battesimo che conferisce il ministro migliore, anche il battesimo, conferito da un ministro malvagio, non è assolutamente cattivo, appunto perché si tratta dell'identico battesimo. Per questo, il dono di Dio è uguale, anche se lo danno ministri di differente virtù, perché il dono non è opera loro, ma di Dio. 7.6 - Distinguiamo i meriti umani, non i sacramenti divini Dunque è infondato il tuo attacco, in cui sostieni che noi non facciamo distinzione tra fedele e infedele; noi invece distinguiamo i meriti umani, non i sacramenti divini, che anche tu, costretto dalla forza della verità e dimentico della polemica ereticale, hai dichiarato che non sono diversi, ma assolutamente identici, tanto per noi quanto per voi. 7.7 - Altro è ciò che dice Cresconio, altro ciò che ha detto Petiliano Come puoi dire: " Questo anche noi lo sosteniamo e vogliamo: sia sempre Cristo colui che dà la fede, Cristo sia l'origine del cristiano, in Cristo affondi la sua radice il cristiano, Cristo sia il capo del cristiano ", se contemporaneamente difendi le posizioni della lettera di Petiliano? Costui, facendo affidamento sul merito di colui che battezza e tentando di dimostrare, in favore della causa che difende, il valore della santità dell'uomo nel conferimento del battesimo, afferma in modo perentorio: " Si deve considerare la coscienza di colui che amministra santamente il battesimo per purificare quella di colui che lo riceve. Poiché chi ha ricevuto coscientemente il dono della fede da un infedele, non riceve la fede, ma la condanna". E come se gli si dicesse: " Come provi tu questo?", egli subito aggiunge: " Ogni essere poggia la sua esistenza sulla propria origine e sulla sua radice; e, se non ha un certo capo, non è nulla ". Perché allora, ti chiedo, e per qual motivo sei incappato in una difesa temeraria dell'errore, tentando di offuscare verità evidenti? Questo individuo ci dice apertamente che l'uomo, per essere rigenerato dal battesimo, non può avere per radice e per capo se non il ministro che lo battezza, mentre tu dici: " Questo lo vogliamo anche noi, che Cristo sia l'origine, la radice e il capo del cristiano, ma chiediamo per mezzo di chi questo si fa meglio ". Altro è ciò che dici tu, altro è ciò che ha detto Petiliano; ciò che dici tu, supposto che sia vero, non è certo ciò che ha detto lui. 8.8 - Cresconio si dovrebbe opporre a Petiliano, non ad Agostino Per cui, se anche tu vuoi che Cristo sia l'origine e la radice e il capo del cristiano, opponiti a Petiliano, non a me, poiché: Né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma colui che fa crescere, Dio. ( 1 Cor 3,7 ) A questo testo dell'Apostolo, citato nella mia lettera, hai voluto rispondere così: " Certamente appartiene a Dio di far crescere, ma come per piantare e irrigare si richiede solo un agricoltore fedele e diligente, così anche per il sacramento del battesimo ci si avvale solo di un operaio fedele e integerrimo ". Come se ciò che ha piantato un agricoltore infedele non riuscisse a germogliare a causa della sua infedeltà! La forza vitale del seme, la fecondità della terra e il clima atmosferico hanno ricevuto da Dio proprietà tali che, per moltiplicare i frutti, essi attendono soltanto l'operaio che pianti e irrighi, senza curarsi dello spirito con cui opera o dell'intenzione con cui compie il suo lavoro, senza sapere se l'operaio ama fedelmente il padrone del campo o ricerca i suoi interessi personali e non quelli di lui. Aggiungi anche quest'altro testo profetico: Vi darò pastori secondo il mio cuore, i quali vi guideranno con intelligenza. ( Ger 3,15 ) Conosco il testo; esso si è adempiuto: tali furono gli Apostoli, tali sono gli stessi pastori di oggi; nonostante il loro esiguo numero di fronte alla estensione della Chiesa, tuttavia non mancano. Tu però avresti dovuto cercare, leggere e meditare anche ciò che il profeta Ezechiele dice contro i cattivi pastori, là dove afferma: Io le pascerò, non i pastori. ( Ez 34,13 ) 9.9 - Dio è la sorgente della fede e della giustizia Dunque, quando il Signore dispensa la sua parola e il suo sacramento sia per mezzo di pastori buoni che cattivi, è proprio lui che pasce, poiché dice di se stesso: Affinché vi sia un solo gregge e un solo pastore. ( Gv 10,16 ) Infatti: È bene confidare nel Signore, anziché confidare nell'uomo, ( Sal 118,8 ) e: Maledetto chiunque pone la sua speranza nell'uomo. ( Ger 17,5 ) Ho citato questo testo nella mia lettera, e tu mostri di intenderlo in modo tale che affermi di cercare un ministro giusto e fedele perché conferisca questo sacramento, poiché riponi la speranza e la fiducia in Dio, non in un uomo. Però la fede e la giustizia, che tu consideri sempre nei suoi ministri, è di Dio. È vero ciò che dici, che non possediamo alcun bene senza averlo ricevuto, ( 1 Cor 4,7 ) pertanto la fede e la giustizia ci vengono da Dio. Ma quando sostieni che Dio non può dartela se non la possiede l'uomo che ti battezza, già stai riponendo di fatto la tua speranza nell'uomo, di cui ignori se è partecipe della giustizia; e se costui non ha parte alcuna con la giustizia, allora fai affidamento sulla sua pubblica reputazione e, venendo a scoprire che essa è erroneamente buona in un peccatore occulto, pensi che è sufficiente per la tua giustificazione. Dimmi, ti prego: se riponi la tua fiducia in Dio e non nell'uomo, e per questo cerchi con maggior cura un ministro giusto, buono e fedele che amministri questo sacramento, dal momento che Dio è la sorgente della fede e della giustizia, pensi proprio che si debba attribuire a Dio anche l'errore dell'opinione pubblica, e se è buona ma attribuita a un ministro cattivo, dici che questa ti basta per la tua santificazione? A questo punto preferirei piuttosto che tu confidassi nell'uomo, dal quale prima ti mettevo in guardia così energicamente, anziché confidare nell'errore della pubblica opinione su di lui. In fin dei conti l'uomo, chiunque esso sia, per quanto attiene alla sua natura di uomo, è una creatura di Dio; invece nessuna falsità è creatura di Dio. Di più: se è maledetto colui che ripone la sua speranza nell'uomo, ( Ger 17,5 ) quanto più lo sarà chi ripone la sua speranza nell'errore dell'opinione umana, per cui su di lui ricade anche ciò che minaccia la Scrittura: Chi confida nella falsità, pasce i venti, ( Pr 9,12 ) cioè si fa esca degli spiriti maligni! 10.10 - Battesimo di Giovanni e battesimo di Mosè Tu dici: " Se non si deve rescindere il battesimo, chiunque sia il ministro e qualunque sia il rito, perché gli Apostoli battezzarono dopo Giovanni? ". ( At 19,1-7 ) Quanto più efficacemente si può proporre l'argomentazione: Se gli Apostoli hanno battezzato dopo Giovanni, perché uno non può battezzare dopo un qualunque santo, se è migliore o uguale a lui? Questo ragionamento, per lo meno, ti costringerà a capire che il battesimo di Giovanni non c'entra con la nostra questione. Tu soggiungi: " Anche ai Giudei, battezzati da Mosè, Pietro ha dichiarato: Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo ". ( At 2,38 ) Se i Giudei erano già stati battezzati, perché Mosè aveva battezzato i loro antenati tanto tempo prima facendoli passare per il Mar Rosso, ( Es 14,22 ) non c'è alcun motivo di battezzare oggi i figli di cristiani battezzati: e, tuttavia, dici e scrivi queste cose; ti si ascolta, ti si legge e si crede che tu rispondi alla mia lettera, come se aver potuto rispondere equivalesse al non aver voluto tacere. 11.11 - Il battesimo di Cristo Tu hai creduto bene di sorvolare su quanto ho scritto all'inizio di questa lettera senza confutarlo. In essa dicevo: " Se coloro che volevano appartenere a Paolo si ingannavano, quale potrà essere la speranza di coloro che vogliono appartenere a Donato?". Chi non vede che la causa di questo scisma, la ragione del persistere ancor oggi in questo male funesto, procede dal riporre la speranza nella giustizia di un uomo, al punto di credere che non si può accettare il battesimo di Cristo, se non quando si è battezzati da un uomo giusto? Contro questo errore, contro coloro che macchinavano già allora per suscitare scismi a causa dei diversi meriti degli uomini, alza la voce lo stesso Paolo: Ringrazio Dio di non aver battezzato nessuno di voi, perché nessuno possa dire che siete stati battezzati nel mio nome. ( 1 Cor 1,14-15 ) Che cos'altro vuole insinuare lui, se non che il battesimo di Cristo era esclusivamente di colui nel cui nome si dà, e pertanto non diventa migliore perché è conferito da un ministro migliore, né peggiore perché dato da un ministro meno buono? 11.12 - Erronea la tesi di Cresconio Dunque, senza motivo canti vittoria quando dici: " Ne consegue che tutto ciò che ha scritto quel sant'uomo di Petiliano, o chiunque sia l'autore di questo testo, concludo che è stato detto molto bene ". In realtà, proprio queste parole, che la tua conclusione presenta come principi giusti, dimostrano che non sono state dette rettamente, poiché non si tiene conto della coscienza di colui che dà santamente il battesimo perché possa purificare la coscienza di colui che lo riceve, quando la coscienza impura di colui che lo dà è occulta. Battuto su questo punto, avresti dovuto arrenderti alla verità; invece hai fatto appello all'erronea opinione pubblica come ad un giudice maldestro, ingannato dalla menzogna, poiché non si tiene conto della coscienza, quando si tiene conto della reputazione di cui uno gode; e la falsa opinione nei confronti di qualcuno non può purificare alcuno, come non può farlo la vita malvagia; e nessuno riceve la fede cristiana da un uomo, né infedele né fedele, ma da colui del quale è scritto: Che purifica i loro cuori attraverso la fede. ( At 15,9 ) Costui, se apprende dalla bocca di un fedele ciò che deve credere, lo può certamente prendere come esempio, ma da lui non è giustificato. Infatti, se il ministro giustifica l'empio, ne consegue che ha ragione di credere anche nel ministro, poiché la sentenza dell'Apostolo è chiara e inequivocabile: A colui che crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia. ( Rm 4,5 ) Pertanto, se il ministro non osa dire: " Credi in me ", non ardisca neppure affermare: " Sarai giustificato da me ". 11.13 - La verità contraddice Cresconio Ma vediamo quel che segue: " Ogni essere poggia la sua esistenza sulla sua origine e sulla sua radice; senza un po' di testa, non è nulla ". Se l'origine, la radice e il capo del battezzato è il ministro, non lo è più Cristo; se lo è Cristo, non lo è lui. Per finire, quando il ministro è occultamente cattivo, qual è l'origine, quale la radice, quale il capo del battezzato? È forse la falsa opinione su di lui? Questo è proprio ciò che dice Cresconio, ma la verità lo contraddice. Dunque, se allora l'origine e la radice e il capo è Cristo, lo è anche quando il ministro è buono; altrimenti, enorme assurdità, sarebbe migliore la condizione di colui che è battezzato da un peccatore occulto, poiché egli avrebbe Cristo per capo, di quella del battezzato da uno che è notoriamente buono, se in questo caso il ministro è il suo capo. Questo lo avrei potuto dire anche della buona semente. Infatti egli aggiunge: " Nulla riproduce bene, se non è rigenerato da una buona semente ". 11.14 - La santificazione viene da Cristo, chiunque sia il ministro che battezza Ciò che segue lo hai preso dalla lettera di Petiliano : " In queste condizioni, fratelli, in che cosa consiste l'assurdità perversa, se non che chi è reo per i suoi crimini possa rendere un altro innocente, se è scritto: L'albero buono produce frutti buoni e l'albero cattivo produce frutti cattivi. Si raccoglie forse uva dalle spine? ( Mt 7,16-17 ) e ancora: " Ogni uomo buono trae dal tesoro del suo cuore cose buone, mentre ogni uomo cattivo dal tesoro del suo cuore trae cose cattive ". ( Mt 12,35 ) Questi testi sono più che sufficienti a dimostrare chiaramente che Petiliano ha riferito esclusivamente queste parole all'uomo che amministra il battesimo, per far capire che, se lui è innocente, rende innocente colui che battezza; che lui rappresenta l'albero buono il quale ha come frutto il battezzato; che lui è figura dell'uomo buono, e dal tesoro del suo cuore procede la santificazione del battezzato. Dimmi, dunque: quando si tratta di un peccatore occulto, chi rende innocente il battezzato? E costui, dimmi, di quale albero sarà frutto? Dimmi, di quale cuore sarà il tesoro che santifica il battezzato? O meglio, se conviene considerare come causa efficiente della sua innocenza, come albero dal quale nasce un frutto buono, non l'uomo che amministra il battesimo, ma Cristo, costui è più fortunato ad imbattersi in un ministro occultamente malvagio, anziché in uno manifestamente buono. Se questo linguaggio è assolutamente assurdo e folle, allora colui che è santificato dal battesimo è frutto di Cristo, chiunque sia il ministro per opera del quale è battezzato. A meno che il battezzato non ricorra al tuo consiglio, quando incappa in un ministro dalla coscienza occultamente macchiata, perché tu gli mostri quale albero che gli dà la vita l'opinione falsamente buona di un uomo cattivo; se tu cercherai la sua radice, non troverai che l'astuzia di un ipocrita. Se da essa può nascere un buon frutto, che Dio non lo permetta, Cristo avrebbe mentito dicendo: Un albero cattivo non può produrre frutti buoni. ( Mt 7,18 ) Ma poiché Cristo ha detto la verità, l'uomo buono, come albero buono, produca il frutto delle buone opere; così come l'uomo cattivo, simile all'albero cattivo, produce il frutto delle opere cattive. Chi poi è battezzato nasca, non dallo spirito di un uomo qualsiasi, ma dallo spirito di Cristo, se vuol essere frutto che il vento non porta via, o albero che non viene sradicato! Stando così le cose, quando tu dici: "Ne consegue che, tutto ciò che ha scritto il santo Petiliano, o chiunque altro sia l'autore di questo testo, è stato detto giustamente", sono convinto che io piuttosto posso concludere che tutto ciò non è stato detto rettamente. 12.15 - La causa di Ottato e dei Massimianisti Vediamo ora il seguito della tua lettera, in cui hai esposto come i vostri ti hanno ragguagliato sulla causa di Ottato e dei Massimianisti, o meglio, per usufruire dei tuoi insegnamenti, dei Massimiani. Per quanto riguarda il caso di Ottato, sul quale non sono in grado di citare alcun testo scritto, mi rimetto tranquillamente a ciò che dici tu. So soltanto una cosa: se è vero, non dico ciò che si dimostrava, ma certamente ciò che su di lui si vociferava, lui non era né buono né godeva buona fama. Perciò, quanti furono battezzati da lui, non poterono essere purificati né dalla sua coscienza, stando a Petiliano, né dalla sua fama, secondo te. Se poi la pubblica opinione, come spesso accade, lanciò malevolmente contro di lui false calunnie, vedi con quanta ragione non diamo facilmente credito a ciò che non avete mai potuto provare contro coloro che accusate del crimine di tradizione, poiché l'opinione pubblica suole mentire anche nei riguardi dei buoni. Se, dunque, non è la loro innocenza, né finalmente - verità ben ferma - la grazia di Dio e la nostra coscienza che rendono valido il nostro battesimo, che almeno il tuo giudizio lo renda tale! 13.16 - La sospensione del giudizio su Ottato dovrebbe essere estesa anche agli altri Tu, infatti, hai dichiarato a proposito di Ottato: " Io certo né assolvo né condanno Ottato ". Se io, e non solo io, ma tutta la Chiesa cattolica africana, e a maggior ragione anche quella transmarina, estesa in ogni latitudine, dicesse di Ceciliano e dei suoi consacratori: " Io né li assolvo né li condanno ", credi che questo sarebbe cosa da poco per quelli che essi battezzarono, nessuno dei quali ha mai visto Ceciliano, cosa che credi sufficiente nel caso di Ottato per coloro che egli battezzò con le sue proprie mani? Forse perché voi, nel caso di Ceciliano, potete citare un concilio dei vostri antenati, mentre noi non possiamo citarne alcuno sul caso di Ottato, pensi che nessuno di noi abbia il diritto di dire: " Per me, io né assolvo né condanno Ceciliano ", come lo hai potuto dire tu di Ottato? Però in favore di Ceciliano si celebrò in seguito un giudizio transmarino, dietro istanza dei vostri, davanti all'imperatore Costantino. E se le sentenze ecclesiastiche, una volta emesse non possono più essere annullate, che ne farete di Primiano, il vostro vescovo di Cartagine, contro il quale si pronunciarono dapprima cento vescovi, certamente più numerosi del caso di Ceciliano, i quali dichiararono nullo il suo episcopato e lo rimpiazzarono con Massimiano? Non si appoggiò, forse, Primiano su una seconda sentenza, resa in suo favore nel borgo di Bagai, giudizio secondo il quale egli non vuole che si dubiti di lui, ma piuttosto esige che tutti voi lo assolviate? E così anche noi, in accordo con il giudizio posteriore, assolviamo pienamente e senza la minima esitazione Ceciliano. Tuttavia, per dirimere la causa, basta che diciamo di lui ciò che hai detto di Ottato: " Noi non assolviamo né condanniamo Ceciliano ". Se la vedano i giudici, sia vostri che nostri, come lo giudicarono; espongano personalmente le motivazioni della loro sentenza e si assumano il carico della responsabilità del loro buono o cattivo operato. A noi consentite almeno di dubitare delle azioni altrui, per non vederci costretti a condannare in noi i sacramenti, di cui non è mai lecito dubitare. Comunque l'ho già detto: pensa di Ottato ciò che vuoi; noi non possediamo le prove per convincere un uomo di misfatti, che non risultano negli atti ufficiali, delitti che senza dubbio lui ha commessi, tanto da essere arrestato, imprigionato e giustiziato come il luogotenente di Gildone. E non è forse così anche per il caso di Feliciano e Pretestato, colleghi di Massimiano, che trecentodieci vostri vescovi condannarono, insieme ad altri espressamente nominati, con un'unica e identica sentenza del concilio di Bagai, e molto tempo dopo furono accolti con la loro antecedente dignità di vescovi, con tutti quelli che avevano battezzato durante la loro condanna? Potete voi ciarlare a vanvera di questo? 14.17 - I Massimianisti Feliciano di Musti e Pretestato d'Assuras Ne consegue che è del tutto superfluo voler giustificare quanto hai detto sia contro di noi sia contro i nostri, quasi fosse un gesto di clemenza o di dimenticanza, senza citare nomi, senza testimoni, senza esibire la minima documentazione, in parte incolpandoci di cose che non sono oggetto di accusa, in parte non provando ciò che è oggetto di accusa. A costoro, sì, a costoro presta di nuovo attenzione; osserva con maggiore diligenza Feliciano di Musti e Pretestato d'Assuras, la cui vicenda spiegherò compiutamente a suo tempo, a Dio piacendo, e lo farò in modo tale che tu, per quanto ostile alla verità, non potrai difendere o negare la menzogna dei vostri. Ma, per il momento, preferisco trattare la questione tenendo presente la loro versione; non discuto per ora quante falsità hanno detto, né dimostro la stupefacente cecità delle loro impudenti menzogne. Certo, quando hai letto nella mia lettera il rapporto su coloro che ho chiamato Massimianisti, condannati dal concilio dei vostri e reintegrati in seguito, tu sei stato molto contrariato, e me lo scrivi; evidentemente ignoravi ancora, per usare i tuoi termini, che cosa implicasse la verità. In seguito, secondo il tuo racconto, ti sei informato dettagliatamente presso i vostri vescovi e, dalle loro stesse labbra, sei venuto a conoscenza sia del decreto del concilio sia della sentenza pronunciata contro coloro che sono stati condannati, e tutto il seguito della faccenda. E poiché credevi che io ignorassi ciò che era stato trattato, mi hai esortato a indagare a fondo la verità e così mi hai raccontato tutto per filo e per segno. Nota che, in questa faccenda, cito le tue stesse parole desumendole dalla tua lettera; esse infatti mi sono assolutamente necessarie. 15.18 - Dici: " Siccome l'errore di Massimiano consisteva nel tentativo di attirare il maggior numero possibile di vescovi alla sua causa, i nostri riunirono un concilio che pronunziò una sentenza contro tutti coloro che avevano persistito nel suo scisma, sentenza che tu stesso assicuri di aver letto. E benché la sentenza fosse confermata dal consenso generale, tuttavia - dici tu - pensarono bene di concedere una dilazione al decreto del concilio, durante la quale chiunque avesse voluto correggersi sarebbe stato considerato innocente. E così avvenne - dici - che non solo i due da te citati, ma anche molti altri ritornarono alla Chiesa purificati e innocenti, per cui non si dovette annullare il loro battesimo, in quanto, essendo reintegrati entro il termine fissato, non erano incorsi nella sentenza definitiva, né erano separati dalla Chiesa quando battezzavano, perché non avevano persistito nello scisma oltre il limite prefissato. Invece, coloro che con Massimiano perseverarono ostinatamente oltre il termine fissato, caddero sotto la sentenza di condanna e perdettero contemporaneamente sia il battesimo che la Chiesa ". Queste sono parole tue, mio caro Cresconio, e certamente le riconosci essendo state tratte dal contenuto della tua lettera. 16.19 - Non si può dire di tornare alla Chiesa a coloro che non se ne sono mai allontanati Ti rivolgo allora una domanda: Se costoro non si erano ancora separati dalla Chiesa, come si è potuto emettere contro tutti quelli che avevano persistito nello scisma di Massimiano una sentenza che, pur confermata con il consenso di tutti, sembrò giusto essere emanata fissando con decreto del concilio un periodo di dilazione, entro il quale chiunque avesse voluto ricredersi sarebbe stato ritenuto innocente? Le tue parole comprovano che, se qualcuno fra coloro che si erano ostinati nello scisma di Massimiano avesse voluto emendarsi entro il limite della proroga, sarebbe stato considerato innocente. Si sarebbe corretto, dunque, se qualcuno avesse voluto essere corretto, da quello scisma nel quale aveva persistito con Massimiano. Per cui, prima di emendarsi, costui era nello scisma in cui aveva perseverato, anche se non si fosse ostinato con pertinacia in esso, in quanto si era emendato entro i termini stabiliti. Infatti nelle parole che seguono poco dopo distingui testualmente: " Quelli invece, che insieme a Massimiano perseverarono con pertinacia oltre la data fissata, incorsero nella sentenza di condanna e perdettero insieme sia il battesimo che la Chiesa ". Certamente, dicendo " perseverarono con pertinacia ", indichi che anche coloro che si sono corretti persistettero, ma senza pertinacia; così è indistintamente contro tutti che fu pronunciata quella sentenza, la quale fu confermata con il consenso di tutti, anche se dici che sembrò opportuno offrire quella proroga temporanea al decreto del concilio. Come è possibile, allora, che fossero nella Chiesa coloro che, prima di correggersi, persistevano nello scisma con Massimiano? E se non stavano nella Chiesa, perché erano nello scisma, come battezzavano? E ancora: come fu possibile, stando alle tue affermazioni, che non solo coloro che ho già ricordato, ma anche molti altri ritornassero alla Chiesa purificati e innocenti, se non erano separati dalla Chiesa? A chi tornarono se da lì non si erano mai allontanati? Se poi si erano allontanati, dimmi, di grazia, con quale diritto battezzarono? Tu dici: " Non fu necessario annullare il loro battesimo, poiché, reintegrati entro il termine fissato, non erano incorsi nella sentenza definitiva ". Reintegrati, ma dove? Fai bene attenzione, ti prego: dicci dove sono stati reintegrati. Senz'altro dirai: " Nella Chiesa ", alla quale hai detto che essi avevano fatto ritorno. C'è mai qualcuno che è restituito alla Chiesa, se non si è mai separato dalla Chiesa? C'è mai qualcuno che, non separato dalla Chiesa, persiste, sia pure per pochi giorni, nello scisma? C'è mai qualcuno che, senza essere separato dalla Chiesa, possa ritornare ad essa dopo un certo tempo, per minimo che sia? 17.20 - Cresconio non ha letto ciò che ha scritto Suppongo, carissimo, che non solo non hai considerato bene ciò che dovevi scrivere, ma neppure hai letto ciò che hai scritto. In verità, che potevi fare, costretto com'eri in questo lavoro, non tanto a pronunciare il tuo giudizio personale su Massimiano e i suoi soci, quanto a difendere alla meglio la sentenza emessa da altri? Certo, se tu non avessi usato questo linguaggio, avrei citato lo stesso decreto di Bagai, nel quale è scritto: " A coloro invece che non hanno macchiato i germogli dell'arbusto sacrilego, cioè, che mossi dal pudore verecondo della fede, ritrassero le loro proprie mani dal capo di Massimiano, noi abbiamo permesso di ritornare alla madre Chiesa ". 18.21 - I vescovi seguono una linea ininterrotta dalle stesse sedi degli apostoli fino ai nostri giorni Perciò, anche se non avessi trovato queste tue parole, a questo punto certamente direi, anzi, griderei in nome della verità: Come si può permettere di tornare alla madre Chiesa a coloro che non si sono mai allontanati dalla Chiesa madre? E se essi si allontanarono, con quale diritto hanno potuto battezzare prima del loro ritorno, se non perché voi, nell'intento di ricucire questo scisma, avete dimenticato la vostra vanità, in base alla quale dichiarate che è indispensabile ribattezzare, dopo i vescovi che seguono una linea ininterrotta dalle stesse sedi degli Apostoli fino ai nostri giorni, non un solo uomo, né una sola famiglia, né una sola città, né un solo popolo, ma l'universo intero? Certamente, siccome l'orrore di questo fatto ha sempre lacerato il cuore anche di coloro che lo commettevano, vedendo tornare tali moltitudini dalla comunione di Massimiano alla vostra, senza dubbio vi ha molto gratificato ricevere tanti individui, ma non avete avuto il coraggio di ribattezzare tante persone. E tuttavia, di fronte a quanti potevano detestare e avere orrore di ciò, voi avreste dovuto farlo per la salvezza delle persone, che quanto più erano numerose, tanto meno dovevate sottovalutare, se pur talvolta avesse prevalso in voi la considerazione della verità sul pregiudizio dell'errore ereticale. Ormai avverti certamente che, in questo ritorno dei Massimiani alla vostra comunione, sono state evidenziate le verità che noi affermiamo sul battesimo. Infatti, per quanto scarsa sia negli uomini la comprensione di ciò che dicono o ascoltano, colui che battezza prima di tornare alla Chiesa, certamente battezza al di fuori della Chiesa, e tuttavia non si deve rescindere il battesimo, come del resto neppure voi lo avete annullato in quelli. E se non è mutato, è perché nessuno battezza nel proprio nome o nel nome di un altro, ma nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Oltre a ciò che ho detto sul sacramento del battesimo, che permane integro a condanna del perverso e a salvezza dell'uomo retto o corretto, voglio aggiungere una parola a proposito dell'espiazione o purificazione di coloro che si sono emendati. Tu ricordi senz'altro ciò che hai detto contro di noi: che abbiamo accolto, senza esigere alcuna espiazione, coloro che sono venuti fra noi provenienti dalle vostre file, dall'errore sacrilego degli eretici. Vuoi dirci adesso: coloro che tornarono fra voi dallo scisma di Massimiano e furono ugualmente ricevuti con le loro dignità, con quale tipo di espiazione, di grazia, furono purificati? Costoro, pur avendo preso parte ad un tale crimine, non sono stati forse inquinati da una complicità così nefasta? 19.22 - Esame della sentenza del concilio di Bagai Considera attentamente gli strepiti, le invettive, i proclami che sono risuonati in quel preclaro concilio dalla bocca della verità dei tuoi vescovi: " Massimiano, avversario della fede, corruttore della verità, nemico della madre Chiesa, servitore di Datan, Core e Abiron, è stato espulso dal grembo della pace con il fulmine della nostra sentenza; e se la terra non si è ancora spalancata per inghiottirlo, ( Nm 16 ) è perché essa lo ha riservato per un supplizio maggiore dall'alto. Rapito infatti ai vivi, egli aveva di fatto ridotto la sua pena con una morte repentina. Ora raccoglie gli interessi ben più salati del suo debito: benché morto si trova in mezzo ai vivi ". È mai possibile, come tu hai detto, che quanti persistevano nello scisma di costui, prima di ritornare alla vostra Chiesa entro i limiti concessi dalla dilazione, sempre come hai detto tu, non abbiano contratto macchia alcuna, seppur leggera, da questo sodalizio? Ebbene, ascolta allora ciò che segue; ascolta, ripeto, ciò che ha imbastito colui che ha dettato o detto questa sentenza: " Costui non è il solo - dice - che si vede condannato con una giusta morte per il suo crimine; questa catena del sacrilegio trascina anche moltissimi nella complicità del crimine. Di essi è scritto: Veleno d'aspidi è sotto le loro labbra, la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza. I loro piedi corrono a versare sangue; afflizione e infelicità sono sul loro cammino e la via della pace non conoscono. ( Sal 14,3-4; Rm 3,13-17 ) Certo, nessuno di noi vorrebbe, per così dire, che fossero troncati dalle giunture del proprio corpo, ma come accade in caso d'infezione mortale che una piaga in cancrena riceve maggiore sollievo da una amputazione, che non miglioramento da un trattamento più blando, così si è scoperto che è più salutare, al fine di evitare che il virus inoculi il suo veleno in tutte le membra, ricorrere a un dolore momentaneo per eliminare la piaga aperta. Perciò i colpevoli di questo crimine famigerato: Vittoriano di Carcabia, Marziano di Sullecto, Beiano di Beiana, Salvio di Ausafa, Teodoro di Usala, Donato di Sabrata, Miggino di Elefantaria, Pretestato di Assuras, Salvio di Membressa, Valerio di Melzi, Feliciano di Musti e Marziale di Pertusa, la cui funesta opera di perdizione ha formato un ammasso lutulento in un vaso sordido, come anche i chierici che un tempo facevano parte della Chiesa di Cartagine, i quali, assistendo al misfatto, hanno fatto da intermediari a questo incesto illecito, sono stati condannati sotto la presidenza e per ordine di Dio, dalla bocca veridica del concilio universale. Sappiatelo! ". Avreste potuto lanciare accuse più gravi contro costoro? Contro di noi siete soliti lanciare attacchi più furibondi? "Però - dici tu - essi si sono corretti da questo male enorme entro i termini fissati ". È tutto da vedere, se si sono corretti! Sì, essi si sarebbero realmente corretti se fossero tornati alla vera Chiesa. Ma, se la vostra è quella vera, diteci come hanno espiato un crimine così mostruoso. Perché, se non l'hanno espiato, tutti voi, stando alla vostra teoria, siete macchiati dal loro crimine; se invece l'hanno espiato, voi concedete che hanno potuto espiarlo per il solo fatto di essere tornati, in forza della carità che copre una moltitudine di peccati, mentre accusate noi, quando accogliamo i vostri che si correggono e tornano a noi, con calunnie del tutto infondate. A meno che costoro, come indicano le parole del concilio, avessero, sì, perpetrato il sacrilegio dello scisma, però non si erano ancora macchiati con il medesimo sacrilegio prima del giorno fissato come dilazione, e per questo non si ritenne che fossero tenuti ad espiarlo. 20.23 - Se le cose stanno così, chi oserà resistere a voi, che avete ricevuto un potere così mirabile sugli uomini? Peccano quando vogliono e sono inquinati quando volete voi! Noi non vi leggiamo un testo oscuro, o meno conosciuto e divulgato. È proprio quella sentenza che, grazie alla sua stupefacente eloquenza, si trova fra le mani di tutti ed è sulla bocca di tutti gli studiosi di tali letture. Almeno adesso ti renderai conto quanto avessi ragione di dire, a proposito di questa sentenza, che " non dovevano cominciare dal compiacersi della sua splendida eloquenza, per poi piangere della sua pessima fama ". 21.24 - Bada bene al suo contenuto, ascolta il suo strepito " Massimiano, avversario della fede, corruttore della verità, nemico della madre Chiesa, servitore di Datan, Core e Abiron, è stato espulso dal grembo della pace, con il fulmine della nostra sentenza ". Se dunque qualcuno, per un giorno solo, avesse scientemente preso parte al sacramento dell'altare con quest'uomo, non si sarebbe forse contaminato, in base a quella vostra severità colma di iattanza, con un simile peccatore, fino al punto di diventargli suo pari? Che furono mai, dunque, o che cosa sono diventati per il loro operato coloro che, non solo si accostarono all'altare con lui, ma elevarono altari e ve lo fecero salire ordinandolo anche vescovo in contrapposizione al vostro Primiano? Ma perché devo farti domande su questo? Parli la sentenza stessa: le sue parole sono così fulgide che, anche se voleste occultarla, penetrerebbe con il suo straordinario splendore nei recessi più tenebrosi. 22.25 - Vediamo con quale fragore il concilio commina la condanna contro i soci di Massimiano " Costui non è il solo - dice - che si vede condannato da una giusta morte per il suo crimine; questa catena del sacrilegio trascina anche moltissimi altri nella complicità del crimine. Di essi è scritto: Veleno d'aspidi è sotto le loro labbra, la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza. I loro piedi corrono a versare il sangue; afflizione e infelicità sono sul loro cammino e la via della pace non hanno conosciuto ". La sentenza, poco più sotto, dopo aver citato tutti i nomi dei consacranti di Massimiano, fra i quali si leggono anche quelli di cui sto trattando: Feliciano e Pretestato, specifica ciò che essi hanno perpetrato per meritare parole così dure, e soggiunge: " Costoro con una funesta opera di perdizione hanno formato un ammasso lutulento in un vaso sordido ", volendo far capire che essi stessi hanno assistito, proprio essi hanno ordinato Massimiano imponendogli le mani; e aggiunge poi, a proposito dei chierici di Cartagine: " Ma sono stati condannati anche i chierici della Chiesa di Cartagine, i quali, assistendo al misfatto, hanno fatto da intermediari a questo incesto illecito ". 23.26 - Perché è stato permesso a Feliciano e Pretestato di battezzare? Ti chiedo, Cresconio, ho forse aggiunto di mio una sola parola per amplificare questo crimine? Se avessi voluto farlo, pur con termini diversi, non mi sarebbero certo mancate parole equivalenti. Ecco dunque la mia domanda: i due vescovi di cui sto parlando, prima di far ritorno alla concordia della vostra comunione, avvinti da quella catena del sacrilegio, sulle cui labbra era il veleno degli aspidi, con la bocca piena di maledizione e di amarezza, con i piedi disposti a versare il sangue, come potevano battezzare? Avevano forse la coscienza di coloro che donano santamente il battesimo, capace di purificare la coscienza di quelli che lo ricevono? Forse costoro si raccomandavano per la loro buona reputazione, anche se del tutto falsa, che in quelle difficoltà ti ha offerto, non la via della fuga, ma la via del precipizio, dal momento che questo concilio così insigne li proclama " rei di un crimine infame "? Al loro successivo ritorno prima dello scadere del periodo di dilazione, secondo la falsa versione dei vostri vescovi, cui hai prestato fede, come mai vengono accolti con tutti gli onori insieme a coloro che avevano battezzato, se erano irretiti nella catena dello scisma sacrilego ed esclusi dalla comunione della Chiesa insieme a Massimiano? Come espiano un simile sacrilegio? Chi li libera da quella catena? Come purificano la loro bocca e le loro labbra dal veleno degli aspidi, dalla maledizione e dall'amarezza? Come lavano i loro piedi dall'effusione del sangue spirituale, ove erano velocemente accorsi? Come purificano le loro mani dall'opera funesta di perdizione? Come possono purificare da un simile incesto illecito, non le membra del corpo, ma l'affetto dell'anima? 24.27 - Il battesimo di Cristo conserva l'inconcussa solidità della sua forza, chiunque sia ad amministrarlo In realtà, per poter difendere questa causa, volenti o nolenti, siete costretti ad appellarvi al patrocinio della verità. Essa vi dice che il battesimo di Cristo, conferito non solo dai peccatori occulti, ma anche da quelli manifesti, non solo dai convertiti, ma anche dai perversi, conserva l'inconcussa solidità della sua forza; e che in essi può certamente esistere, ma non può giovare se non a coloro che si sono corretti; ed infine, coloro che si sono emendati possono contare anche sulle preghiere dei loro fratelli per espiare la colpa, grazie alla carità che copre la moltitudine dei peccati. ( 1 Pt 4,8 ) Ecco, prima ancora di fornirti le prove dell'impudenza con cui i vostri vescovi ti hanno mentito a proposito dell'ammissione dei Massimiani, attenendomi alla loro menzogna e alla tua relazione, credo che tu non debba investigare se la vostra causa è superata, ma devi solo riconoscerlo, e non devi preparare più una replica, ma piuttosto devi pensare a correggerti. Almeno adesso renditi conto quanta verità contenessero quelle mie parole, alle quali tu hai inutilmente tentato di opporre una risposta menzognera; e con quanta ragione io dicessi: "Se per l'unità del partito di Donato nessuno ribattezza quelli che sono stati battezzati nell'empio scisma, perché a favore dell'unità di Cristo non si riconosce la legge vera ed universale di quella eredità? ". Tu stesso confessi che costoro, i quali avevano persistito nello scisma di Massimiano avevano meritato una condanna, nella quale non sarebbero incorsi se entro i termini fissati avessero fatto ritorno alla Chiesa. Da ciò consegue che, prima di ritornare, essi avevano battezzato in seno allo scisma in cui si erano ostinati coloro con i quali furono nuovamente ammessi nella vostra comunione. Da ciò vedi come fosse gente morta quella che battezzò, perché di quelli che si erano ostinati nello scisma di Massimiano, prima di ritornare a voi, la sentenza del concilio di Bagai aveva detto: " Proprio come accadde agli Egiziani, le rive rigurgitano dei cadaveri delle vittime ". 25.28 - I Donatisti invitati a ritornare alla Chiesa per amore della pace di Cristo Quanto a ciò che ho detto: " Quando fu letta davanti a loro questa sentenza perché la approvassero, essi l'acclamarono a gran voce; ora invece, quando l'abbiamo letta noi, ammutoliscono ". Sì, essi farebbero molto meglio ad ammutolire, poiché hanno affermato cose tali che li avrebbero compromessi ancor più. Vedi ormai quanto sia vero ciò che ho detto: " Dovrebbero capire una buona volta quante prove si devono sopportare per il bene della pace, e ritornare per amore della pace di Cristo alla Chiesa che non ha condannato per colpe sconosciute, se per amore della pace di Donato giudicarono bene revocare una condanna ". Adesso tutto ciò è ancora più vero secondo la tua relazione, poiché hai detto pure che con la concessione di una proroga sono stati richiamati di nuovo anche coloro, di cui era stato già detto nominandoli espressamente: " Sotto la presidenza, e per ordine di Dio, essi sono stati condannati dalla bocca veridica del concilio universale: sappiatelo! ". Poiché dopo queste parole fu concesso un periodo di proroga, come mai non piacque l'idea di revocare la condanna? E perché noi, nati tanto tempo dopo, o la stessa cristianità universale, non possiamo ignorare i fatti che non si poterono dimostrare su Ceciliano durante il processo transmarino che ebbe luogo successivamente, mentre tu, che sei africano, ignori fino ad oggi dopo tanti anni, come dici, la vicenda dei Massimiani che si è consumata in Africa e ai nostri tempi? Noi, invece, saremo in grado di dimostrarti che tu non li conosci ancora, semplicemente perché hai creduto alle menzogne dei vostri vescovi. 26.29 - A proposito del crimine di tradizione A proposito poi del crimine di tradizione, affermi che "io voluto ritorcere sui vostri antenati, in forma di anticategoria, cosa che fecero i nostri antenati ", accusandomi di aver agito così "come se si trattasse di discutere a scuola sui generi o sulle questioni della causa, e non di investigare sulla verità nella Chiesa ". Forse dirai come il profeta Elia, il quale, essendo accusato da un re dissoluto di rovinare Israele, gli replicò: Non sono io che rovino Israele, ma piuttosto tu e la casa di tuo padre? ( 1 Re 18,18 ) Che ci importa del nome che i greci danno nell'arte della retorica a questo tipo di accusa ritorta, dal momento che la incontriamo già nel linguaggio autorevole dei profeti? Quando, dunque, uno dice: " Non l'ho fatto io, tu invece l'hai fatto ", deve dire la verità, non temere di dirla. Ora tu, per dimostrare che i vostri antenati non hanno commesso ciò che risulta con chiarezza dalla lettura delle loro dichiarazioni pubbliche, dovresti disciplinare con assoluto rigore le tue idee, se ne sei capace, e non disorientare gli inesperti servendoti di un termine greco perché non ci ascoltino. Che poi i nostri antenati siano stati dei traditori, tu non l'hai provato. Hai detto, sì, che ci sono molte testimonianze scritte, le quali ci permettono di provarlo, ma non per questo devi credere che lo hai già dimostrato. Invece, per quanto concerne i vostri antenati, noi abbiamo a disposizione gli atti del concilio, tenuto da Secondo di Tigisi, in verità con pochissimi altri, a Cirta, dopo la persecuzione che causò l'ordine di consegnare i Libri santi, e si trattava di ordinare per quella città un successore al posto del vescovo defunto. 27.30 - Trascrizione dell'essenziale degli Atti del concilio di Cirta Ascolta come si svolsero i fatti; mi sono preso la briga di trascrivere giù di seguito l'essenziale degli atti: " Durante l'ottavo consolato di Diocleziano e il settimo di Massimiano, il quattro delle none di marzo, a Cirta, Secondo vescovo di Tigisi, che presiedeva la riunione nella casa di Urbano Donato, disse in persona: "Cominciamo dalla verifica dei nostri titoli e così potremo ordinare qui un vescovo". Secondo disse a Donato di Masculis: "Si dice che tu hai consegnato i Libri santi". Donato rispose: "Tu sai quanto Floro mi ha cercato per farmi offrire l'incenso, ma Dio non mi consegnò nelle loro mani, fratello; ora, poiché Dio mi ha lasciato andare, anche tu conservami per il Signore". Secondo riprese: "Che cosa faremo, dunque, dei martiri? Essi non li hanno consegnati, ed è per questo che sono stati coronati". Donato rispose: "Rimettimi al giudizio di Dio; là renderò conto". Secondo concluse: "Vieni qui al mio fianco". Secondo disse a Marino di Acque Tibilitane: "Si dice che anche tu hai consegnato i Libri santi". Marino rispose: "Io ho consegnato a Pollo alcuni atti dei martiri, invece i miei Libri santi sono in salvo". Secondo gli dice: "Passa al mio fianco". Secondo disse a Donato di Calama: "Si dice che hai consegnato i Libri santi". Donato rispose: "Io ho dato dei libri di medicina". Secondo concluse: "Passa al mio fianco" ". E in un altro passo si legge: " Secondo disse a Vittore di Rusicada: "Si dice che tu hai consegnato i quattro Vangeli". Vittore rispose: "Valenziano era l'amministratore; lui mi ha obbligato a gettarli nel fuoco. Io sapevo che essi erano tutti distrutti. Perdonami questo delitto, come anche Dio me lo perdona". Secondo concluse: "Passa al mio fianco" ". E in un altro punto: " Secondo disse a Purpurio di Limata: "Si dice che tu hai assassinato due figli di tua sorella a Milevi". Purpurio gli replicò: "Credi tu di farmi paura come agli altri? E tu, come ti sei comportato quando sei stato arrestato dal curatore e dal consiglio con l'ingiunzione di consegnargli le Scritture? Come sei riuscito a liberarti dalle loro mani, se non consegnando a loro il tutto oppure ordinando che fosse dato a loro? Non ti avrebbero certo rimandato senza contropartita. È vero: io ho ucciso e uccido coloro che mi fronteggiano; allora non mi provocare a dire di più. Tu sai bene che io non voglio aver a che fare con nessuno". Secondo il giovane disse allo zio paterno Secondo: "Cerca di capire bene ciò che sta dicendo contro di te. Egli è pronto a ritirarsi e a metter su uno scisma; e non solo lui, ma anche tutti coloro che tu sottoponi a inchiesta. Mi risulta con certezza che essi ti faranno dimettere, ti faranno condannare e tu resterai come l'unico eretico. Dunque, che te ne importa di ciò che ha fatto l'uno o l'altro? Ciascuno dovrà rendere conto a Dio". Secondo disse a Felice di Rotaria, a Nabor di Centuriones, a Vittore di Garba: "Che ve ne pare?". Risposero: "C'è Dio, al quale dovranno rendere conto". Secondo rispose: "Voi lo sapete, e Dio pure. Sedete!". E tutti risposero: "Rendiamo grazie a Dio!" ". 27.31 - Sulla possibilità che un traditore possa condannare i traditori E tu, questi traditori, li difendi con brillanti argomentazioni. Costoro, insieme ad altri, pronunciarono a Cartagine una sentenza contro Ceciliano e i suoi compagni. Di essi faceva parte anche Silvano di Cirta: di lui ben presto produrrò gli atti sul suo crimine di tradizione. Certamente difenderai in modo brillante questo nutrito gruppo, come del resto hai già creduto doveroso dirlo del solo Silvano, come se fosse una grande trovata; per questo sei convinto di aver dimostrato chiaramente la falsità del crimine di tradizione che gli si attribuisce, in quanto hai fatto valere la sentenza che egli ha pronunziato in concilio, insieme agli altri vescovi, contro Ceciliano e altri membri della sua comunione. Come se non fosse possibile che un traditore condannasse i traditori. Tu naturalmente in queste cose hai maggiore chiaroveggenza dell'apostolo Paolo! Infatti egli rimproverava ad alcuni le loro assurdità e non considerava come qualcosa di irrealizzabile ciò che diceva: Tu che predichi di non rubare, rubi? Tu che proibisci l'adulterio, sei adultero? Tu che detesti gli idoli, ne derubi sacrilegamente i templi? ( Rm 2,21-22 ) E soprattutto ciò che segue: Tu, mentre giudichi l'altro, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose. ( Rm 2,1 ) Questi traditori confessi, dunque, che perdonò il povero Secondo, atterrito dalle loro dichiarazioni, proprio lui li ebbe accanto a sé nel concilio di Cartagine. Costoro comminarono condanne contro assenti non confessi, mentre essi, presenti, non furono condannati per la loro confessione. Di questo concilio non resterebbe nulla in piedi, neppure nella memoria dei posteri, se non fosse stato registrato da altri e conservato da coloro che si preparavano a difendersi con esso, nell'eventualità di essere incriminati degli stessi delitti che il concilio aveva condonato. 28.32 - Lucilla e lo scisma donatista A Secondo premeva anche di far vedere che aveva rimesso tutto questo al giudizio di Dio perché non si creasse uno scisma: cosa che più di ogni altra cercano di evitare coloro che amano la pace. Ed è quanto si sarebbe dovuto fare a maggior ragione nel concilio di Cartagine, in cui nulla fu decretato contro gli assenti. Ma purtroppo c'era Lucilla, a quel tempo donna assai influente e danarosissima, la quale, accesa da odio furioso, voleva ad ogni costo che fosse ordinato un altro vescovo al posto di Ceciliano, considerandolo già condannato. È quanto ricorderà più tardi, nel corso del processo presieduto dal consolare Zenofilo, un certo Nundinario, diacono di Silvano a quel tempo vostro vescovo di Cirta: costui non poté accordarsi, come avrebbe voluto, con il proprio vescovo, essendo incappato nella sua inimicizia. Naturalmente aveva trattato questa faccenda con i colleghi di lui piuttosto con aggressività anziché con tono di supplica, minacciando di denunciare il tutto per ottenere il perdono. 29.33 - Dagli atti del processo presieduto dal consolare Zenofilo Cito alcuni dettagli dagli atti di questo processo: " Durante il consolato di Costantino, Massimo Augusto, e di Costantino il giovane, Cesare nobilissimo, il sei delle idi di dicembre, nella città di Thamugadi, introdotto il grammatico Vittorio e presentato al tribunale, presente anche il diacono Nundinario, il consolare Zenofilo disse: "Come ti chiami?". Rispose: "Vittore" ". E leggendo poco oltre: " Nundinario rispose: "Che si leggano gli atti". Il consolare Zenofilo disse: "Si leggano pure". L'attuario Nundino lesse: Sotto l'ottavo consolato di Diocleziano e il settimo di Massimiano, il quattordici delle calende di giugno, dagli atti di Munazio Felice, flamine perpetuo, procuratore della colonia di Cirta. Quando si arrivò alla casa, nella quale si riunivano i cristiani, Felice, flamine perpetuo e procuratore, disse al vescovo Paolo: "Consegnate le Scritture della Legge e quant'altro avete qui, affinché si possa ottemperare al precetto e al mandato". Il vescovo Paolo disse: "Le Scritture sono in mano ai lettori, noi vi consegnamo ciò che abbiamo qui". Felice, flamine perpetuo e procuratore, disse a Paolo: "Dimmi chi sono i lettori o falli venire qui". Il vescovo Paolo: "Voi li conoscete tutti". Felice, flamine perpetuo e procuratore, dice: "Noi non li conosciamo". Il vescovo Paolo disse: "Essi sono conosciuti dall'ufficio pubblico, cioè dagli scrivani Edesio e Giunio". Felice, flamine perpetuo e procuratore, disse: "Lasciamo la questione dei lettori all'ufficio statale; voi consegnate ciò che avete qui". Il vescovo Paolo, stando assiso insieme ai presbiteri Montano e Vittore di Castello Memor, e avendo al suo lato in piedi i diaconi: Marte con Elio e Marte, portando gli oggetti i suddiaconi Marcuclio, Catulino, Silvano e Caroso insieme a Gennaro, Marcuclio, Fruttuoso, Miggene, Saturnino, Vittore Samsurico e gli altri fossori, sotto la vigilanza di Vittore, figlio di Aufidio, che annotava brevemente come segue: due calici d'oro, sei calici d'argento, eccetera ". E poco sotto: " Quando fu aperto l'ingresso della biblioteca, si trovarono gli armadi vuoti. Lì Silvano presentò una cassetta d'argento e una lucerna d'argento, che affermava di aver trovato dietro la cassa. Vittore, figlio di Aufidio, disse a Silvano: 'Tu saresti morto se non li avessi trovati". Felice, flamine perpetuo e procuratore, disse a Silvano: "Cerca con la massima diligenza per vedere se qui è rimasto qualcosa". Silvano rispose: "Qui non è rimasto più nulla; abbiamo tirato fuori tutto" ", eccetera. E poco sotto: " Esemplare di una nota, rimessa ai vescovi dal diacono Nundinario: "Mi sia testimone Cristo e i suoi angeli: voi siete in comunione con i traditori. Silvano di Cirta è un traditore e un ladro dei beni dei poveri, cosa ben nota a tutti voi: vescovi, presbiteri, diaconi e anziani; come pure dei quattrocento fogli di Lucilla, signora illustrissima. Ecco perché voi avete tramato insieme per far eleggere vescovo Maggiorino, e questa è stata l'origine dello scisma. Infatti anche Vittore, il lavandaio, alla vostra presenza e davanti al popolo, ha dato venti fogli per diventare prete, cosa che Cristo e i suoi angeli conoscono" ". E il seguito. E poco dopo: " Dopo questa lettura, il consolare Zenofilo disse: "Gli atti e gli scritti che sono stati letti provano chiaramente che Silvano è un traditore" ". E in un altro luogo: " Il consolare Zenofilo, uomo illustre, disse: "Quale ufficio ricopriva allora Silvano nell'ambito del clero?". Vittore rispose: "Sotto l'episcopato di Paolo, quando scoppiò la persecuzione, Silvano era suddiacono" ". 30.34 - Noi che crediamo nell'unico Dio, non litighiamo a causa di fatti umani che sono o manifesti o incerti da entrambe le parti Hai qualcosa da obiettare, fratello Cresconio, al riguardo? Penso che il pudore fra i rapporti umani non sia scomparso fino al punto che, per giustificare Silvano pensi ancora di dover leggere la sentenza che egli pronunziò contro Ceciliano e i suoi colleghi come se fossero traditori; in tal modo quasi ci costringeresti a dire qualcosa di simile, desumendolo dall'epistola dell'Apostolo, come poco sopra ho ricordato: " Tu, che predichi di non consegnare i Libri, li consegni ", e anche: Tu, mentre giudichi gli altri, condanni te stesso; tu che giudichi, fai le medesime cose. ( Rm 2,1 ) Tu dici: " Ma più tardi, durante la persecuzione di Ursazio e Zenofilo, egli, non volendo rientrare nella comunione, fu esiliato per questo ". Di più: lui che era già stato traditore, volle restare anche eretico, per conseguire nel partito di Donato un falso onore, poiché non avrebbe potuto averne alcuno nella Chiesa cattolica, in quanto un processo pubblico avrebbe divulgato le prove così evidenti del suo crimine di tradizione. Certamente tu dirai che ciò è falso e presenterai altre testimonianze, per quanto ti sarà possibile, a sostegno dei vostri antenati e contro i nostri. Cosa che forse non ti riuscirà, perché ti mancheranno le prove necessarie. Ma, ammesso pure che tu le trovi e le presenti: giungerà a tanto la tua impudenza di ladrone, da pretendere che si debba dare maggior credito alle tue testimonianze, anziché a quelle che presentiamo noi? Infatti, o ci furono traditori da una parte e dall'altra, se anche tu citi alcune confessioni rese dai nostri, oppure, se pensi che i nostri abbiano inventato dei fatti contro i vostri, perché non ci lasciate pensare che i vostri abbiano architettato una cosa simile a danno dei nostri? Dunque, noi che crediamo nell'unico Dio, non litighiamo a causa di fatti umani che sono manifesti da una parte e dall'altra o incerti da entrambe le parti. Noi abbiamo un bene certo e divino: la grazia di Cristo. Che essa tenga uniti i nostri cuori! Quando infatti ci vengono letti gli atti dei vostri e dei nostri antenati, atti che risultano contradditori a noi che veniamo tanto tempo dopo, se non ci è consentito neppure di metterli in dubbio, che cosa c'è di più ingiusto? E se ci è concesso, che cosa si può chiedere di più? Perché, dal fatto che non è certo chi abbia commesso il peccato di tradizione, non ne consegue che sia altrettanto incerto chi è colui che ordina di ripristinare il bene della pace. 31.35 - Il male altrui non può pregiudicare chi lo ignora. Tollerare i cattivi Per questo, chi respinge la pace di Cristo preferendogli un male incerto di altri, è con assoluta certezza malvagio, poiché Cipriano non abbandonò mai la pace del frumento, neppure a causa della malizia certa, derivante dalla commistione della zizzania. Egli, scrivendo a Massimo, dice: " Anche se sembra che nella Chiesa si manifesti la zizzania, questo non deve ostacolare la nostra fede e carità, tanto che, a causa della presenza della zizzania nella Chiesa, noi abbandoniamo la Chiesa ". Cipriano non disse: " Sospettiamo, opiniamo, giudichiamo, supponiamo, crediamo ", ma disse: " Vediamo ". O parola, che dovrebbe eliminare qualsiasi dubbio, in modo che non si dividesse il corpo di Cristo! Se tu desideri che vi sia solo grano, gemi nella fatica del campo, gioisci nella speranza del granaio, tollera i cattivi nella comunione dei sacramenti di Cristo, perché non accada, lacerando le reti prima che giungano a riva, che tu diventi ciò che non hai voluto tollerare. Questo vi direi, se voi foste riusciti a provare un minimo di colpevolezza in coloro che accusate come traditori. Anzi, in questo tempo neppure questo direi; nessuno infatti mi ordina di tollerare coloro con i quali ormai non sono più obbligato a vivere. E se anche oggi mi dimostrassero che qualcuno è un traditore, con quale coscienza potrei abbandonare tante nazioni cristiane, alle quali non viene dimostrato? Se, poi, io stesso vengo a sapere in questo momento ciò che ignoravo poco fa, perché annullate in me ciò che sapevo? Io sapevo con certezza di aver ricevuto il battesimo di Cristo; ora proprio voi mi rivelate il male altrui che, lo concedete, non può pregiudicare chi lo ignora. 32.36 - Si rischia di annullare i beni manifesti di Dio quando si pretende di giudicare i segreti intimi dell'uomo Perché, dunque, oggi ribattezzate chi è stato battezzato ieri, quando voi lo mettete al corrente oggi del male altrui che ieri ignorava? Non conoscendo la levatura morale di colui che lo aveva battezzato, non era colpevole del battesimo ricevuto. Adesso lo ha appreso da te: perché lo si considera reo fino al punto di vedersi annullare il proprio battesimo? Infatti, che abbia ammesso le tue prove o le abbia ricusate, se uno ha ricevuto il battesimo di Cristo attraverso il ministero di un traditore, finché non provi che lui sapeva da chi lo riceveva, neppure in base alla vostra teoria lo puoi correttamente battezzare. È tempo ormai di eliminare dalla tua mente ogni sentimento di parzialità. Considera la moltitudine incalcolabile di cristiani che nella sola Africa ignora chi siano stati i traditori; a maggior ragione, quale moltitudine esiste nel resto del mondo di cui non oserai esigere la reiterazione del battesimo, senza averla prima convinta di essere stata al corrente dei fatti quando ricevette il battesimo, oppure tu oserai giudicare i segreti del cuore? E dove va a finire quella divina sentenza, che a te piace e hai citato: Le cose manifeste sono per voi, ma le cose occulte appartengono al Signore vostro Dio? ( Dt 29,29 ) Credi alla cristianità universale che ti dice: " Conosco il battesimo di Cristo; ma ignoro chi furono i traditori in Africa o in qualunque altra parte. Perché giudichi in me i segreti intimi dell'uomo per annullare in me i beni manifesti di Dio? Supponi di provarmi, seduta stante, il reato altrui; ciò che tu denunzi, io l'ignoravo quando ho ricevuto il battesimo. Se a causa di coloro che adesso mi denunci, vuoi battezzarmi, devi battezzare anche coloro che, ignari, sono stati battezzati da adulteri che adesso hai scoperto ". Che cosa puoi rispondere a ciò, se non: " Niente è santo, niente è puro, salvo ciò che voglio io e quando lo voglio "? 33.37 - L'universo cristiano ignora chi furono i traditori. Conservare la pace di Cristo nella carità Tu dici : " In questa faccenda, la coscienza è l'unico testimone di quasi tutto il mondo ". Ti si risponde: Di tale questione l'universo intero non ha assolutamente coscienza. Tu dici: " È ciò che i nostri antenati hanno appreso dai loro padri ". Risposta: Ma erano erranti, vittime di erranti o di calunniatori; proprio come gli antenati dei Giudei appresero dai loro predecessori che il corpo di Cristo era stato portato via dal sepolcro. ( Mt 28,13-16 ) Tu dici: " Non sono morti da molto tempo coloro che sapevano da chi e in quali luoghi fu commesso questo crimine di tradizione ". Risposta: La stessa cosa dicono anche i nostri di loro. Tu dici: " Ci sono libri che descrivono fedelmente e con precisione la successione dei fatti; ci sono atti, lettere, e si conservano le pubbliche confessioni di molti ". Risposta: Anche ai nostri non mancano tali documenti a loro favore. Dunque, o crediamo a coloro che hanno potuto convincere del loro buon diritto le Chiese, di cui leggiamo i nomi nei Libri divini e canonici, oppure, come tu hai detto di Ottato, né assolviamo né condanniamo ciò che è dubbio e manteniamo con amore fraterno la pace di Cristo, il cui bene non è dubbio. 34.38 - Nel concilio ariano di Serdi l'eresia orientale ha tentato di unirsi a quella dell'Africa Però dici tu " gli Orientali - che riconosci attualmente dalla nostra parte - non hanno ignorato questo misfatto ". E, per provarlo, inserisci l'esordio di una lettera del concilio di Serdi, in cui si trova registrato il nome del vostro vescovo Donato di Cartagine. Tu presumi e affermi che ciò sarebbe dipeso dal fatto che agli Orientali, che avevano inviato questi scritti sul loro concilio, dispiacque il comportamento dei traditori, quindi si erano ritirati dalla loro comunione entrando logicamente in comunione con il vostro Donato. Apprendi dunque un fatto che ignori: il concilio di Serdi fu un concilio di Ariani; la cosa è ben nota da molto tempo, e ne abbiamo la prova fra le mani. Esso si riunì soprattutto contro Atanasio, vescovo cattolico di Alessandria, che attaccava e confutava con maggior vigore degli altri il loro errore, nato nella sua stessa città. Nulla di strano, dunque, che questi eretici abbiano tentato di associarsi Donato, essendo universalmente condannati dalla Chiesa cattolica, anche se di questi vescovi noi conserviamo solo i loro nomi, senza quello delle loro città, ai quali fu indirizzata questa lettera. Dunque, o ci fu un Donato che non era vescovo in Africa e al cui nome i vostri abbinarono la sede di Cartagine, oppure, come ho già detto, l'eresia orientale ha tentato di unirsi a quella dell'Africa. Il lato più convincente della vicenda è che mai e poi mai la Chiesa cattolica d'Oriente scriveva al vescovo di Cartagine senza scrivere a quello di Roma; almeno si sarebbe dovuto scrivere a colui che siete soliti inviare dall'Africa a Roma per i vostri sparuti adepti. Ma, grazie a Dio, questa cospirazione degli eretici orientali con gli eretici africani, seppure ebbe inizio, non riuscì ad imporsi. Proprio tu, nella tua lettera, hai collocato gli Ariani fra gli eretici, degni della nostra comune scomunica; dunque, non c'è alcun bisogno che fra noi si apra un conflitto su questo argomento. Quanto all'altra questione che hai sollevato, come se l'avessimo proposta noi: " Se le cose stanno così, come mai gli Orientali in seguito si sono separati dalla vostra comunione? ", e hai risposto che, riammettendo i nostri, essi non sono stati capaci di restare costanti nei confronti della causa condannata; c'è dunque da meravigliarsi che i tuoi vescovi ti raccontino impunemente ciò che a loro piace su regioni tanto lontane? Se tutto questo fosse veramente accaduto, come mai voi pretendete che tanti popoli, ignari di tali cose, si assoggettino a un secondo battesimo? Non è forse meglio credere che i popoli abbiano potuto ignorare anche queste cose, mentre tu, un tempo tanto interessato a tali questioni, non hai cercato di sapere ciò che i vostri africani hanno fatto in Africa con i Massimiani, da non aver voluto rispondere ai miei scritti? 35.39 - Nella Chiesa il frumento sono i buoni, la paglia, i cattivi Quanto alla mia affermazione: " Neppure se si dimostrasse il crimine di tradizione, commesso da alcuni, morti nella nostra comunione, crimine che riproviamo e ci rattrista, esso non ci potrebbe assolutamente inquinare ", trovo molto buffo che tu la consideri " ridicola e poco conveniente alla mia saggezza! ". Ebbene, anch'io sono molto ansioso di sapere come la tua perspicacia la confuterebbe! Non sarà, forse, perché sostieni di " non vedere come noi lo riproviamo o fino a che punto ci dispiaccia in quanto, pur avendo constatato il loro errore, non l'abbiamo mai condannato, dal momento che facciamo parte del loro scisma "? Guarda piuttosto come rispondo in quattro parole al quesito. Io sono nella Chiesa, le cui membra sono tutte quelle chiese, le quali, attraverso i Libri canonici, sappiamo che sono nate e si sono stabilite grazie al lavoro degli Apostoli. Con l'aiuto del Signore, non mi separerò dalla comunione con loro, sia in Africa sia in qualsiasi altro luogo. Ignoro se in questa comunione vi siano stati alcuni traditori: quando me li mostrerai, li detesterò come se fossero morti nel corpo e nel cuore. Ma, a causa di questi morti, non mi allontanerò mai e poi mai dai vivi che permangono nella santa unità della medesima Chiesa. Non furono certamente loro i fondatori di questa Chiesa: essi piuttosto furono il suo frumento, se furono buoni; se invece cattivi, ne furono la paglia. Voi, invece, che la zizzania o la paglia di questa Chiesa così manifesta non potrebbe mai macchiare, quale motivo avevate per separarvi, se non il desiderio di porre in atto uno scisma sacrilego? " Se la cosa ti rattrista - dici - condannala, fuggi e abbandona la Chiesa dei traditori; non voler seguire le tracce dei tuoi padri traviati! ". Al che rispondo: Se essi non furono traditori, sono miei antenati; se furono ciò che io non sono, non sono miei antenati. La mia Chiesa è piena di frumento e di paglia. Anche se mi dimostri, non dico che altri, i quali portano il loro proprio fardello, ( Gal 6,5 ) ma che io personalmente sono in essa un traditore, siccome in essa posso cambiare in meglio, non ho alcuna necessità di separarmene. Se un giorno verrò a sapere che questi tali prendono parte alla comunione dei suoi sacramenti, li correggerò per quanto possibile con la parola e l'insegnamento del Signore, e tollererò coloro che non posso emendare. Fuggo la paglia per non diventare paglia, ma non fuggo dalla aia per evitare di essere ridotto a nulla. ( 1 Cor 13,2 ) 36.40 - Colui che si conserva casto, non comunica con i peccati altrui Pertanto non continuare a girare a vuoto su questa frase. Per parte mia, ho un criterio migliore di condotta, ed è il precetto che mi inculca l'Apostolo, proprio da te citato: Non farti complice dei peccati altrui; consèrvati puro. ( 1 Tm 5,22 ) In effetti, per far vedere come non si comunica affatto con i peccati altrui, a queste parole ha aggiunto: Tu consèrvati casto. Colui infatti che si conserva casto, non comunica con i peccati altrui, anche se comunica non con i loro peccati ma con i sacramenti di Dio, che ricevono a loro condanna, e dai quali lui si allontana mantenendosi casto. Altrimenti, lo stesso Cipriano - e non sia mai! - avrebbe preso parte ai peccati dei suoi colleghi truffatori ed usurai, con i quali, nonostante tutto, conservava la comunione dei divini sacramenti, e dei quali dice: " Moltissimi vescovi, che dovevano opportunamente esortare e dare l'esempio agli altri, trascurando il compito ricevuto da Dio, sono diventati amministratori di affari secolari; abbandonata la cattedra e lasciato indifeso il popolo, vagabondano per le province altrui in cerca di mercati e di buoni affari; vogliono avere denaro in abbondanza, mentre nella Chiesa i fratelli sono alla fame; rapinano le terre con frodi e raggiri; prestano il denaro con interessi da usura ". Cipriano partecipava forse alle malefatte di questi tali? O era seguace della loro setta? E tuttavia egli conservava con loro la comunione degli stessi sacramenti, poiché non erano certo costoro che avevano istituito quei sacramenti. Essi non li possedevano per la loro salvezza conducendo una vita santa, ma li facevano servire a loro condanna conducendo una vita depravata. 37.41 - Cristo è l'origine e il capo di colui che rinasce nel battesimo Che cosa vuoi dire quando ti poni la questione, come se fossi io a parlare: io non avrei mai consegnato il Testamento divino? E aggiungi: " Ma lo consegnò colui che ti ha creato ". Dopo assembli alcune frasi che ti sembravano suonare bene: " Il ruscello sgorga dalla sorgente e le membra procedono dalla testa. Se la testa è sana, tutto il corpo è sano, e se in essa vi è qualche malattia o difetto, esso debilita tutte le membra. Tutto ciò che cresce sulla radice, è in stretto rapporto con la sua origine ". Dopo ciò, a guisa di conclusione finale, scrivi: " Non può essere innocente chi non segue il partito dell'innocente ". In tutte queste tue parole non hai fatto altro che considerare traditore il mio creatore, il mio capo; tu però hai potuto soltanto accusarlo, non convincerlo di colpa. Io, da parte mia, non stabilisco la sua innocenza come se fosse la mia creatrice o la mia sorgente o il mio capo; tu invece ricadi nell'errore di Petiliano per non voler ammettere che, quando uno rinasce nella santificazione battesimale, il Cristo è l'origine e il capo di colui che rinasce. E tu non vuoi incorrere nella maledizione della Scrittura: Maledetto chiunque ripone la sua speranza nell'uomo, ( Ger 17,5 ) malgrado che non ti copra da un altro lato, senza ricadere, ripiegandoti, in un nuovo danno. 38.42 - Non è consentito di costituire con una separazione sacrilega una seconda chiesa Con un testo della Scrittura mi ricordi ciò che devo ancora risponderti su tale punto. Dici infatti che per questo è stato scritto: Non seguite le osservanze dei vostri padri, ( Ez 20,18 ) ma non tieni presente che ciò è stato detto ai Giudei affinché non imitassero le malefatte dei loro padri, non perché si separassero da quel popolo di Dio. Se dunque fu consentito al re Davide, a Samuele, a Isaia, a Geremia, a Zaccaria e agli altri santi e profeti di Dio di osservare i comandamenti in mezzo a coloro che disprezzavano la Legge di Dio, bersagliando con molte parole giuste e vere gli stessi trasgressori del comandamento; e se essi furono in grado di non imitare né seguire i peccati dei loro padri, con cui avevano offeso Dio ai tempi di Mosè, tanto che nessuno di loro fu degno di entrare nella terra promessa, ma li detestarono, li fuggirono e rinfacciarono a coloro che commettevano tali cose di assomigliare a tali padri, e nonostante questo non gli fu consentito di costituire con una separazione sacrilega un secondo popolo, che fosse purificato e come filtrato, perché mai sarebbe vietato a noi di non imitare le azioni di non so quali individui, che voi condannate senza alcuna prova della loro colpevolezza, e di non separarci da quella santa Chiesa che, come dice l'Apostolo, fruttifica e cresce nel mondo intero? ( Col 1,6 ) Forse che i traditori hanno istituito alcuni sacramenti, nei quali io sarei stato battezzato? O hanno forse redatto per i loro posteri alcuni libri sul modo di praticare o imitare il crimine di tradizione dei Libri santi, e noi sosteniamo e seguiamo la loro dottrina? Se l'avessero fatto, e avessero consentito di far parte della loro comunione esclusivamente a coloro che leggevano e approvavano questi testi, si sarebbero automaticamente separati dall'unità della Chiesa; e se tu mi vedessi nel loro scisma, allora sì dovresti dirmi che faccio parte della Chiesa dei traditori. Perché, se costoro redigessero i loro ordini detestabili sul modo di commettere il crimine di tradizione, senza formare tuttavia al di fuori della Chiesa la loro congrega e comunione, per questo sarebbero computati fra la zizzania, per la qual cosa non vi sarebbe motivo di abbandonare il frumento. 39.43 - Se durante la sua vita il peccatore si è corretto e ha placato la collera di Dio, il suo peccato è morto e cancellato Ecco, torno a ripetere ancora una volta ciò che non mi permetti più di dire: " Tu accusi davanti a me gente morta da molto tempo, che la mia indagine non ha giudicato ". Tu, al contrario, dici: " Tu hai il diritto di giudicarli anche oggi, e si può formulare un giudizio non solo sui vivi, ma anche sui morti. Benché infatti il peccatore sia morto, non muore mai ciò che ha commesso". Che dire? Se durante la sua vita egli si è corretto e ha placato la collera di Dio, il suo peccato non è forse morto e cancellato? È così che Feliciano e Pretestato, i consacranti di Massimiano, usufruendo della dilazione, come dici tu, si sono corretti da un crimine così grave. Ora, è sorprendente che non nuocciano i propri peccati a coloro che si sono emendati dopo averli commessi, mentre nuocciono agli altri che non li hanno commessi affatto; se poi si tratta di noi, aggiungi: " Coloro che non hanno neppure saputo ciò che essi avevano commesso ". Suvvia! Tu dici che ho il diritto di giudicare anche oggi, poiché il giudizio si può esprimere non solo sui vivi, ma anche sui morti. Ebbene, vedi che io voglio giudicare, ma voi non volete trattare la causa; anzi, essa è già stata in verità trattata e risolta allora, non v'è dubbio, ma voi non volete riconoscerlo, malgrado le nostre prove. Concediamo pure che voi abbiate piuttosto coloro che siete in grado di documentare al riguardo. Perché pretendete che si debbano ribattezzare coloro che non avete istruito, dal momento che non dovreste battezzare neppure quando aveste istruiti coloro che ignoravano di essere battezzati da traditori, come non battezzate coloro che, senza saperlo, furono battezzati da adulteri, pur essendo stati denunciati e convinti della loro colpevolezza? 40.44 - Confronto fra il caso di Ceciliano e quello di Primiano A questo punto, forse, dirai: " Però il caso di Ceciliano è già stato giudicato ". Ti si risponde: Anche quello di Primiano era già stato giudicato dai vostri cento vescovi che, istigati da Massimiano, l'avevano classificato un pessimo soggetto, prima ancora di celebrare il vostro concilio di Bagai. Ora, nel primo giudizio era assente e fu condannato, nel secondo era presente e fu assolto. Se coloro che aveva battezzato dopo il primo giudizio non possono essere ribattezzati, quanto meno dopo il secondo! Così pure Ceciliano: prima a Cartagine fu condannato, assente, dal giudizio di Secondo di Tigisi; nel secondo giudizio, quello di Milziade di Roma, era presente ed è stato assolto. Ancora non volete che noi fondiamo la nostra certezza su di esso: almeno permetteci di dubitare! Vi vince infatti non solo chi sa che Ceciliano è innocente, ma anche chi ignora la sua colpevolezza. Voi, invece, pensate che si debbano ribattezzare gli uni e gli altri, sia quelli che dicono: " Noi sappiamo ", sia quelli che dicono: " Non sappiamo chi fu Ceciliano ". Non devono essere ribattezzati quelli che Primiano battezzò dopo il primo giudizio, nel quale fu condannato assente, devono invece essere ribattezzati quelli che battezzò Ceciliano dopo il secondo giudizio, nel quale fu assolto essendo presente. Non fu lecita la condanna di quello, già condannato, e va bene; ma permettete almeno che si possa dubitare se fosse lecita quella di costui, assolto. Anche se fossimo certi delle sue malefatte, in nessun modo i peccati altrui ci inquinerebbero, salvo il caso in cui li imitassimo, in quanto siamo nella Chiesa che lo Spirito Santo ha predetta come un'aia coperta di paglia. ( Mt 3,12 ) E tuttavia, anche se ci viene detto che per noi sono peccati non accertati, non solo ci considerano colpevoli, ma sentenziano anche che dobbiamo essere ribattezzati. Questo è il vostro modo di agire? Stravolgete tutto così? Pensate davvero di avere la potestà di rendere santo ciò che voi volete sia santo o impuro ciò che voi volete sia impuro? Frenatevi! Non avanzate nel male, per non perire lontano dal bene. 41.45 - I buoni fedeli tollerano lodevolmente per amor di pace coloro che offendono la loro comunione Veniamo all'altra mia affermazione: " Se tratti l'argomento delle persecuzioni, ti rispondo in due parole: se avete subìto qualche ingiustizia, non riguarda coloro che lodevolmente tollerano per la pace dell'unità quelli che compiono, anche ingiustamente, tali cose ". A quale falsità hai fatto ricorso per confutarla, senza riflettere che la tua lettera avrà pur qualche lettore sano di mente! Rispondi infatti come se io avessi detto che voi dovete subire la persecuzione per la pace dell'unità. Io non ho affatto detto questo in quel punto, bensì: " Se avete sofferto qualche ingiustizia, non è dovuta certamente a coloro che lodevolmente tollerano per la pace dell'unità quelli che commettono, anche a torto, tali cose contro di voi ". Poiché questo è stato affermato con assoluta chiarezza, prestino molta attenzione alla esposizione almeno coloro che tu hai voluto ingannare. Io non credo che tu non abbia capito un testo così chiaro; piuttosto, data la concisione della mia frase, hai pensato di poterla facilmente rendere oscura, in modo tale che, pur parlando di tutt'altra cosa, davi l'impressione di avervi risposto. Perché poi io abbia affermato che i nostri buoni fedeli tollerano lodevolmente per amor di pace coloro che offendono la nostra comunione, cioè la paglia dell'aia del Signore, quando agiscono iniquamente contro di voi, che bisogno c'è di dimostrarlo, di giustificarlo, se lo stesso beato Cipriano dice con assoluta chiarezza e candore a favore della mia tesi che, anche se si nota la presenza di peccatori nella Chiesa, non si deve abbandonare la Chiesa a causa loro. Ed è precisamente quanto ho detto io: costoro si devono tollerare per tutelare la pace dell'unità. In verità, essi non perseguitano voi in misura maggiore rispetto a noi; con la loro ingiusta persecuzione essi vi danno, tanto per ingannare gli ignoranti, un'aureola, sia pur falsa, di gloria; a noi, in cambio, infliggono una ferita profonda di tristezza. 42.46 - I circoncellioni criminali Poco dopo, facendo menzione di non so quali morti, sostieni che siano stati assassinati dai nostri e, dando libero sfogo alla tua eloquenza, amplifichi a dismisura il tono del discorso, in base al quale voi fate la figura dei martiri, mentre in realtà siamo noi che subiamo, giorno dopo giorno, gli attacchi incredibili dei vostri chierici e dei circoncellioni, assai peggiori di quelli compiuti da qualsiasi ladro o brigante. Essi, infatti, ben provvisti di armi terribili di ogni foggia, si aggirano terrorizzando e sconvolgendo, non dico la quiete e la pace della Chiesa, ma anche l'incolumità pubblica. Con aggressioni notturne mettono a soqquadro le case dei chierici cattolici, spogliandole di ogni cosa e lasciandole deserte; poi li rapiscono, li fustigano a sangue e li colpiscono a fil di spada, abbandonandoli in fin di vita. Per di più, inedito e finora inaudito genere di delitto, infondono nel cavo dei loro occhi una miscela di calce e di aceto; potrebbero cavarglieli subito, invece preferiscono torturarli lentamente, anziché accecarli rapidamente. Infatti, in un primo tempo adoperavano per questo delitto solo la calce, ma poi, resisi conto che le loro vittime avevano recuperato la vista, vi hanno aggiunto l'aceto. 43.47 - I vescovi cattolici Servo di Tubursico-Bure e Massimiano di Bagai vessati dai circoncellioni Tralascio di dire quanti delitti hanno commesso in passato, crimini che costrinsero a emanare i provvedimenti legislativi in questione contro il vostro errore, leggi temperate dalla mansuetudine cristiana anziché applicate con il rigore dovuto contro crimini così efferati. Il vescovo cattolico di Tubursico-Bure, di nome Servo, reclamava la restituzione di un fondo invaso dai vostri, e i procuratori delle due parti erano in attesa della decisione del proconsole; all'improvviso irruppero in questa città le vostre bande armate: lui a malapena riuscì a mettersi in salvo. Suo padre, un presbitero venerabile per età e virtù, gravemente ferito dai colpi infertigli, morì pochi giorni dopo. Massimiano, vescovo cattolico di Bagai, aveva ottenuto con sentenza giudiziaria, emessa fra le due parti, la restituzione della basilica del territorio di Calvia, che i vostri avevano usurpato illegittimamente in una certa occasione. Pur conservandola in virtù di un diritto ineccepibile, fu assalito nella stessa dai vostri e si rifugiò sotto l'altare, ed essi lo infransero facendolo rovinare su di lui; quindi lo colpirono con bastoni e fruste, lo ferirono crudelmente a colpi di spada e coprirono di sangue tutto il suolo circostante. Era stato anche gravemente ferito all'inguine, dalla quale il sangue colava copiosamente; ed era sul punto di soccombere, se il loro eccesso di crudeltà non fosse venuto in suo soccorso per un disegno occulto della misericordia divina. Lo posarono infatti mezzo morto su questa parte del corpo messa a nudo, prono a terra; impercettibilmente la polvere ostruì le vene, da cui fluiva a fiotti il sangue. Quando i nostri lo trasportarono fuori di là, quelli li assalirono di nuovo e lo strapparono loro con la violenza, colpendolo violentemente. Di notte, poi, lo gettarono dall'alto di una torre, ma il vescovo cadde su un soffice mucchio di letame e vi restò disteso, privo di sensi, ormai prossimo alla fine. Un povero, passando di là, si appartò in quel luogo per un bisogno fisiologico e lo trovò. Lo riconobbe, mentre, tutto tremante, chiamava sua moglie che portava una lanterna e, per pudore, era alquanto discosta. Allora tutti e due lo trasportarono in casa, mossi a compassione e con la speranza di una piccola ricompensa, poiché lo avrebbero presentato, vivo o morto, ai nostri come soccorso da loro. Per farla breve, egli si salvò con una cura prodigiosa, vive tuttora, e si contano sul suo corpo più cicatrici che membra. Si era già divulgata la notizia nei paesi d'oltremare che i vostri lo avevano ucciso e l'efferatezza di questo delitto, ovunque se n'era sentito parlare, aveva suscitato profonda indignazione, dolore e orrore. Quando lui si presentò poco dopo, la vista delle sue recentissime cicatrici giustificò la falsità di quella notizia. Vedendolo ora in quello stato, a stento potevano crederlo vivo e non sembrava temerario aver propalato la diceria del suo assassinio. Quando lui incontrò sul posto il collega di Tubursico-Bure, menzionato poco sopra, e qualche altro vescovo, vittime di analoghi o poco meno crudeli maltrattamenti, era evidente che ogni possibilità di tornare alle proprie sedi era ormai preclusa ad essi, anche perché la ben nota furia dei vostri circoncellioni, che forniva ai vostri chierici una temibile scorta, si fece ovunque una sinistra nomea. Da qui derivò quell'odio profondo nei vostri confronti, per cui si rimisero in vigore tutte le vecchie leggi contro di voi e si promulgarono queste nuove. Comunque, se confrontiamo il rigore di queste leggi nel loro complesso con la crudeltà dei vostri, che ha imperversato nell'anarchia più assoluta, esso non si può definire se non una meraviglia di mitezza. La grande potestà che queste leggi conferiscono pone in risalto la mansuetudine cattolica, più che punire la crudeltà eretica; ed è proprio questa crudeltà che escogita, minaccia ed esegue contro di noi stragi, rapine, incendi, accecamenti di occhi imperversando con più audacia e follia. 44.48 - Le disposizioni imperiali contro le crudeltà donatiste Ho voluto richiamare alla memoria questi fatti, perché hanno determinato in questi nostri tempi l'adozione delle suddette disposizioni imperiali contro di voi o, piuttosto, contro il vostro errore. In realtà, se avete un po' di buon senso, che cosa può essere più vantaggioso per voi? Del resto, se volessi raccontare tutte le crudeltà dei vostri, apprese dagli scritti dei nostri antenati o per cognizione diretta, con le quali hanno perseguitato la Chiesa cattolica dal sorgere del vostro scisma fino ad oggi, che lingua e che penna, quanto tempo e studio mi occorrerebbero! 45.49 - Invito dei vescovi cattolici per un concilio fra cattolici e donatisti Quando ho trattato il caso di Ottato, che hai voluto scusare non riuscendo a giustificarlo, tu hai affermato che " i vostri non potevano essere responsabili per questo, in quanto nessuno l'aveva deferito a loro per giudicarlo ". Le numerose proteste dei nostri per le violenze forsennate dei vostri hanno riempito gli archivi pubblici, senza che questi fatti meritassero da parte vostra un sia pur minima misura repressiva. Forse si dirà, anche in questo caso, che le proteste furono certamente depositate, ma nessuna di queste fu trasmessa a loro per le dovute sanzioni. Ascolta, allora, alcune cose di cui sono a conoscenza. Quando siamo venuti a conoscenza che i vostri avevano deciso di riammettere i Massimiani, precedentemente condannati, ci siamo premurati di divulgare sollecitamente la notizia ovunque era possibile. I vostri, non sapendo che rispondere a fatti così recenti, incontestabili perché di pubblico dominio, ricorrendo con maggiore frequenza e audacia del solito alle violenze dei circoncellioni e alle loro bande scatenate, cominciarono a terrorizzarci perché non predicassimo più la verità cattolica e confutassimo la loro falsità. E poiché molti erano rimasti implicati nei lacci del loro errore, con i quali ci davamo da fare per poterli liberare, ci rispondevano che dovevamo trattare la questione con i loro vescovi e, da parte loro, sollecitavano vivamente una conferenza con noi, per poter vedere con quali oratori la verità trionfasse sull'errore. In un concilio di tutta l'Africa, riunito a Cartagine, ci è sembrato opportuno invitare i vostri vescovi a dibattere pacificamente le questioni, facendo anche trascrivere il nostro invito sui registri pubblici per poter provare a coloro che avevano espresso questo desiderio, che noi avremmo fatto tutto il possibile per soddisfarlo. Ogni vostro vescovo sarebbe stato invitato dal collega cattolico, che risiedeva nella stessa località. Così, eliminato l'errore attraverso la nostra conferenza, avremmo potuto fruire della società, unità, pace e carità, veramente degne di fratelli e di cristiani. Noi siamo convinti che, se vorranno che ciò si realizzi, potranno riconoscere, senza alcuna difficoltà e con l'aiuto della misericordia di Dio, la validità della nostra causa; se invece opporranno un rifiuto, perlomeno sarebbe evidenziata non inutilmente la loro malafede agli occhi di coloro che ci avevano chiesto un tale gesto. Tutto ciò è stato fatto, sono stati convocati, hanno opposto un rifiuto; in quali termini, ricolmi di falsità, invettive e acredine, sarebbe troppo lungo esporlo in questa sede. 46.50 - Possidio e le insidie dei Donatisti capeggiati da Crispino Nel frattempo, Crispino, il vostro vescovo di Calama, invitato ufficialmente nella stessa città da parte del mio collega Possidio, in un primo momento l'aveva indirizzato al vostro concilio, promettendo che là avrebbe preso visione con i suoi colleghi della risposta da dare. Rinnovato l'invito dopo un certo tempo, Crispino consegnò agli atti questa risposta: " Non avrai paura delle parole dell'empio, ( 1 Mac 2,62 ) e ancora: Non parlare agli orecchi di uno stolto, perché non irrida le tue sagge parole. ( Pr 23,9 ) E termino la mia risposta con le parole di un patriarca: Lungi da me gli empi; non voglio conoscere le loro vie ". ( Gb 34,27 ) Dotti e ignoranti riderebbero di questa sua risposta. Egli afferma infatti di non temere le parole di un peccatore e non vuole dir nulla alle orecchie dell'insensato, come se dovesse confidare sconsideratamente un segreto alle orecchie del tale, quando molti assennati potevano ascoltare ciò che diceva, a causa dei quali anche Cristo Signore diceva molte cose ai farisei benché insensati. Diceva anche che non voleva conoscere il cammino degli empi, come se quelli che considerava empi volessero insegnare a lui il loro cammino, mentre era piuttosto lui, se seguiva le vie di Dio, che avrebbe dovuto insegnare anche agli empi, come è scritto: Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. ( Sal 51,15 ) Quando dunque molti intesero questa risposta, furono in molti a rilevare anche quanto fosse sconclusionata in rapporto alla sostanza della questione, e quanto fosse amara e maledica, in quanto non riguardava la causa; e così la sua età avanzata, che presso di voi è considerata molto dotta, veniva ridicolizzata di fronte a un esordiente perché trovata impotente di fronte alla verità. All'improvviso, qualche giorno dopo, un altro Crispino, presbitero del precedente e a quanto si dice suo parente prossimo, tese a Possidio che era in viaggio un'imboscata con uomini armati. Il nostro Possidio era sul punto di cadere nelle loro mani, ma li scoprì in tempo e diede l'allarme, fuggendo per un'altra strada e rifugiandosi in un podere, nel quale Crispino non avrebbe osato entrare o perché non poteva realizzare il suo proposito o, se anche avesse potuto fare qualcosa, non avrebbe potuto negarlo. Fiutata la cosa, Crispino si mise subito sulle sue tracce, talmente accecato dalla follia, da considerare ormai umiliante nascondersi. Quindi con un cordone di uomini armati accerchia la casa, in cui si era asserragliato Possidio con i suoi, lanciando pietre da tutte le direzioni, incendiando tutt'intorno, tentando da più punti di forzare l'entrata. Gli abitanti del luogo, presenti in gran numero, rendendosi conto del pericolo incombente se l'assalto criminale intentato fosse stato portato a termine in quel luogo, in parte facevano appello alla pietà di Crispino, non osando urtarlo con una resistenza aperta, in parte si davano da fare per spegnere gli incendi dal basso. Ma lui non rallentò affatto la sua azione, impetuoso e inesorabile. Intanto la porta cedette sotto i colpi; gli assalitori entrarono, massacrando le bestie da soma che si trovavano nella parte inferiore della casa, poi fecero scendere dal piano superiore il vescovo, ricoprendolo di insulti e percosse. Allora intervenne Crispino in persona per impedire sevizie più gravi, come se cedesse alle suppliche di quella gente, anche se nella sua ira non sembrava preoccuparsi tanto delle suppliche altrui, quanto di temere eventuali testimoni del suo delitto. 47.51 - Quale potestà la Chiesa cattolica aveva e perché non voleva usarla contro i suoi nemici Appena si conobbero questi fatti a Calama, ci si aspettava di vedere come il vostro vescovo Crispino avrebbe punito il suo presbitero. Fu stesa anche una vibrata protesta, pubblicata sugli atti municipali, che per un senso di timore o di pudore lo avrebbe dovuto obbligare ad imporre la sanzione ecclesiastica. Ma egli ignorò del tutto la cosa, per cui si levò un tumulto tale tra i vostri, da far pensare che avrebbero precluso la via alla pubblicazione della verità, o meglio, già avevano deciso di precluderla non essendo in grado di farvi fronte. Allora si rimisero in vigore contro il vostro vescovo Crispino le leggi che non mancavano, ma che giacevano fra le nostre mani come se non esistessero, più per mostrare la nostra mansuetudine che per punire la loro audacia. Altrimenti non si sarebbe capito veramente quale potestà la Chiesa cattolica aveva e quale non voleva usare, con l'aiuto di Cristo, contro i suoi nemici, e questo non facendo appello ai circoncellioni, che portano a compimento le loro violenze private in base alla presunzione eretica, ma piuttosto facendo appello ai regnanti sottomessi al giogo del Signore Dio secondo la verità profetica. Crispino comparve, dunque, davanti al tribunale e fu assai facilmente convinto di eresia, cosa che lui aveva negato durante l'interrogatorio del proconsole. Tuttavia, per i buoni uffici di Possidio, non fu obbligato a pagare le dieci libbre d'oro, ammenda fissata dall'imperatore Teodosio il grande per tutti gli eretici. Non contento di questa mitissima sentenza, e obbedendo a non so quale progetto che si diceva avesse incontrato la disapprovazione generale dei vostri, decise di appellarsi ai figli dello stesso Teodosio. L'appello fu accolto; giunse il rescritto. E che cosa diceva? Ciò che il partito di Donato sapeva già: che questa ammenda in oro lui la doveva pagare come gli altri eretici. Dal momento che lui ha preso parte con loro alla persecuzione, o considera bene che c'è una giustizia comune con quelli o, se non lo ritiene, che non si vanti di essere giusto per il fatto che si vede sottoposto a una pena che reprime anche le eresie, che lui riconosce ingiuste. E, finalmente, si renda conto che non è la pena che fa il martire di Cristo, ma la causa. Quanto a noi, ci rinfacci pure di essere persecutori così crudeli, che neppure dopo il rescritto imperiale Crispino ha versato quell'oro al fisco, grazie all'indulgenza che i vescovi cattolici sollecitarono nei suoi confronti. E ora, malgrado le leggi anche più recenti che minacciano con la proscrizione i vostri vescovi, abiti al sicuro nella sua proprietà, mentre i chierici cattolici lasciano sotto la minaccia dei circoncellioni e dei vostri chierici case, viveri, salute e la luce del loro corpo. 48.52 - La perfidia di Crispino Perché dovrei paragonare gli autori di questi delitti ai briganti, ai pirati, a una qualunque razza di barbari sanguinari, se non li si può neppure paragonare al diavolo, maestro di tutte le crudeltà? Egli, dopo aver spogliato di tutti i suoi beni quel sant'uomo di Giobbe, lo colpì con piaghe strazianti dalla testa ai piedi, e tuttavia gli lasciò integro lo spazio per due occhi integri; non spense i suoi occhi, benché il corpo di lui fosse stato dato tutto in suo potere. ( Gb 2 ) In verità, queste cose non feriscono certo le orecchie dei vostri, poiché Crispino avrebbe preferito andare a Cartagine, farsi vittima della sua ostinazione, ricusare la pur mitissima sentenza comminatagli, merito dei buoni uffici della mansuetudine episcopale, per appellarsi ai figli di colui nella cui legge si trovava irretito, per far ricadere su tutto il partito di Donato ciò che non voleva né doveva sopportare da solo: tutto questo, anziché punire un delitto così temerario e odioso con la semplice degradazione di un solo suo presbitero. 48.53 - Le crudeltà dei circoncellioni contro Restituto, difeso da Agostino Nella regione di Ippona viveva un vostro presbitero, un certo Restituto, il quale era passato alla pace cattolica prima che fossero emanate queste leggi imperiali, mosso dal desiderio della verità e per sua espressa volontà. Fu portato via con la forza dalla sua casa dai vostri chierici e circoncellioni; in pieno giorno fu condotto sotto gli occhi di tutti in un borgo vicino e fu fustigato a sangue in balia di quei forsennati, senza che alcuno osasse opporsi; poi lo voltolarono in una palude fangosa e lo rivestirono di un tessuto di giunco per deriderlo. Quando questo spettacolo ebbe colmato di disgusto gli occhi di quelli che lo compiangevano e saziato gli occhi di coloro che lo dileggiavano, lo trascinarono da lì in un'altro luogo, ove nessuno dei nostri osava accedere, e solo al dodicesimo giorno fu rilasciato. Io, personalmente, ho presentato la mia protesta al vostro vescovo di Ippona, Proculeiano, e precisamente attraverso gli atti municipali, perché se fosse stato necessario intentare un'azione giudiziaria, lui non negasse di essere venuto a conoscenza del fatto. Quale fu la sua risposta, in qual modo cercò di schivare la questione e come pensò di eludere in seguito la nostra intenzione con un peggiore inganno anche non rispondendo, lo testimoniano a sufficienza gli atti stessi. Quando mai avremo il tempo di raccontare tutte le angherie che i vostri hanno fatto soffrire ai loro chierici che sono passati da voi a noi? E, per finire, coloro che ritornano a noi non abbandonano la verità per la persecuzione; al contrario, molti non vengono per timore di subire da parte dei vostri la persecuzione per la verità. 49.54 - Insofferenza dei Donatisti contro le ordinanze imperiali e le morti volontarie che si infliggono i circoncellioni Ritira, dunque, queste inutili accuse sulle punizioni che le ordinanze imperiali vi hanno inflitto a causa del vostro errore. Queste pene sono insignificanti, quasi nulle, a confronto della folle rabbia dei vostri. Voi ci imputate anche i provvedimenti che adottano le potestà civili, non per volontà ma per necessità, al fine di tutelare l'incolumità pubblica dagli attacchi dei vostri. Se quei quaranta individui, che avevano giurato di uccidere l'apostolo Paolo, ( At 23,12-31 ) si fossero scagliati contro i soldati che lo scortavano e avessero ricevuto la loro punizione, il fatto non sarebbe certo da imputare a Paolo. Tralascio anche di parlare delle morti volontarie che si infliggono i circoncellioni, e che mettete in conto a noi con le vostre menzogne. Per quanto poi riguarda Marculo, ho appreso che si è gettato nel vuoto: cosa certamente più degna di fede di quella che una qualsiasi autorità romana abbia potuto dare un ordine simile, del tutto insolito nella legislazione romana. Del resto, questo genere di suicidio è proprio ciò che distingue la vostra eresia da tutte le altre che circolano con il nome cristiano. Che importa se i vostri vescovi si vantano di avere vietato e condannato nei loro concili il suicidio, come hai ricordato? Tante sono le rupi e i burroni scoscesi che ogni giorno sono funestati dal sangue di queste morti dopo la lezione di Marculo! Ho riferito dunque quanto ho inteso raccontare di Marculo, anche perché questa versione mi sembrava più credibile; ma, quale sia la verità, solo Dio lo sa! Quanto agli altri tre, la cui morte attribuisci altrettanto a noi, confesso di non aver indagato, presso coloro che suppongo siano al corrente dei fatti, che cosa sia successo e come si siano svolti i fatti. 50.55 - Il sentimento di vendetta è lungi dal cuore dei buoni Comunque a nessun buon fedele della Chiesa cattolica piace veder condannare a morte qualcuno, anche se è un eretico. Neppure approviamo il desiderio di vendetta che, pur lontano dall'infliggere la morte, colpisce rendendo male per male. Detestiamo ancor più il fatto che qualcuno, col pretesto di lottare per l'unità, si appropri dei beni altrui che desiderava: non parlo delle proprietà che sotto il nome di Chiesa non devono possedere gli eretici, ma dei beni di un qualunque privato. Il complesso di questi misfatti rattrista i buoni, i quali per quanto possibile li impediscono e li reprimono, e quando non possono li tollerano. L'ho già detto: essi lodevolmente li tollerano per amore della pace, non giudicandoli degni di lode, ma di condanna; e non abbandonano la messe di Cristo a causa della zizzania, né l'aia di Cristo a causa della paglia, né per la presenza di vasi senza onore la grande casa di Cristo, né per i pesci cattivi le reti di Cristo. 51.56 - Le leggi cattive provano i buoni, le leggi buone emendano i cattivi Quando i re vivono nell'errore, promulgano leggi contrarie alla verità per favorire direttamente l'errore; quando essi sono nella verità, legiferano similmente contro l'errore e a vantaggio della verità stessa; così le leggi cattive provano i buoni, le leggi buone emendano i cattivi. Il malvagio re Nabucodonosor pubblicò un editto inesorabile: adorare la sua statua; poi, ravvedutosi, emanò una legge severa che proibiva di bestemmiare il vero Dio. ( Dn 3,5; Dn 6,96 ) Ecco come i re, obbedendo agli ordini divini, ( Sal 2,10 ) servono Dio in quanto re: ordinando nel loro regno il bene e vietando il male, non solo nell'ambito della società umana, ma anche in ciò che concerne la religione divina. 51.57 - Sempre si deve mantenere quella moderazione che è consona al sentimento di umanità e adeguata alla carità Tu dici senza alcun fondamento: " Mi affiderò al libero arbitrio ". Perché allora non proclami che si deve consentire al tuo libero arbitrio di commettere omicidi, stupri e ogni altro tipo di delitti e scandali? Cose tutte invece che è quanto mai utile e salutare reprimere con leggi giuste. Certo, Dio ha dato all'uomo una volontà libera, ma non ha voluto che quella buona fosse senza frutto e quella cattiva senza punizione. " Chiunque perseguita un cristiano - affermi - è nemico di Cristo ". Tu fai una affermazione vera, a condizione che persegua in lui ciò che si oppone a Cristo. In effetti, né il padrone nei confronti del suo servo, né il padre verso il figlio, né il marito con la moglie devono desistere dal perseguire i vizi contrari alla verità cristiana, essendo entrambi cristiani. Se non li combattono, non saranno a buon diritto ritenuti colpevoli di negligenza? Comunque, in ogni caso, si deve mantenere quella moderazione che è consona al sentimento di umanità e adeguata alla carità, in modo da non esercitare mai tutto il potere di cui si dispone; e quando lo si esercita, non si perda la carità, quando non lo si esercita, si dia prova di mansuetudine. Invece, quando le leggi divine o umane non concedono alcuna potestà, non si arrischi nulla di riprovevole o di imprudente. 52.58 - La storia dei Massimiani Veniamo ora alla storia dei Massimiani, che poco prima avevo rinviato; così apprenderai che anche i tuoi vescovi ti hanno detto il falso, e non solo per quanto attiene la questione del battesimo o la tolleranza dei peccati altrui nella Chiesa senza che alcuno sia contaminato, ma anche per quanto concerne l'odiosità della persecuzione, in cui certamente i vostri, nei confronti dei nostri, sono andati ben al di là di tutti i diritti e le garanzie della legislazione romana: vedrai che tutto si chiuderà su quest'unica causa dei Massimiani. Infatti, se hai avuto la pazienza di leggere la memorabile sentenza dei vostri trecentodieci vescovi del concilio di Bagai, della quale poco sopra ho citato quello che mi è parso sufficiente, essa mostra con assoluta evidenza che furono condannati dodici vescovi insieme a Massimiano, i quali avevano presenziato alla sua ordinazione imponendogli le mani, però fu accordata una dilazione temporanea della pena per consentire di ritornare alla vostra comunione a coloro che, pur essendo in comunione con Massimiano e avendo condannato Primiano, non avevano però assistito alla consacrazione di Massimiano perché, in effetti, non tutti poterono assistere né dovettero in forza di una prassi. Mi stupisce davvero come tu abbia permesso a qualche imprecisato mentitore di ingannarti, al quale, perché non ti ingannasse, avrai potuto leggere quelle precise parole che non sono oscure e non esigono acutezza d'ingegno per discuterle, ma solamente uno spirito attento. Ma siccome può verificarsi il caso che tu non abbia letto la sentenza e con una certa dose di ingenuità abbia dato credito facilmente all'uno o all'altro vescovo, visto il loro titolo, e alle false insinuazioni di uno o più vescovi, prendi la sentenza, leggila e vedrai che ciò che ti dico è la verità. Costoro, per occultare la loro menzogna, non possono modificarla a loro piacere, né tantomeno falsificarla: essi l'hanno allegata in un giudizio pubblico davanti al proconsole, più volte l'hanno fatta inserire negli atti municipali per esigenze inerenti la loro causa, quando lottavano contro di loro perché fossero espulsi dalle basiliche. 53.59 - Estratto della sentenza del concilio di Bagai Ecco certamente come inizia quella sentenza: " Quando, per la volontà di Dio onnipotente e del suo Cristo, abbiamo celebrato il concilio nella Chiesa di Bagai, noi, Gamalio, Primiano, Ponzio, Secondiano, Ianuariano, Saturnino, Felice, Pegasio, Rufino, Fortunio, Crispino, Florenzio, Ottato, Donato, Donaziano, e i restanti in numero di trecentodieci, piacque allo Spirito Santo, che è in noi, di assicurare una pace perpetua e di stroncare gli scismi sacrileghi ". Poco sotto, dopo aver vomitato contro costoro terribili anatemi, essa continua: " Massimiano, avversario della fede, corruttore della verità, nemico della Chiesa madre, ministro di Datan, Core e Abiron, è stato espulso dal grembo della pace col fulmine della nostra sentenza ". Come vedi, ne sono convinto, Massimiano è stato senza ombra di dubbio condannato. Dopo poche frasi, ma certo durissime, che piacque loro declamare contro di lui, la sentenza accomuna nella stessa sorte i suoi consacratori e li condanna con lui senza accordare alcuna dilazione: " Egli non è il solo - così recita - a vedersi condannato con la giusta morte che gli vale il suo crimine; la catena del sacrilegio trascina anche molti nella complicità del suo crimine ". Poi la sentenza, dopo aver profuso il repertorio di invettive che gli è sembrato conveniente pronunciare per amplificare il suo crimine, li cita nominalmente e conclude con la loro condanna: " Pertanto, i colpevoli di questo famigerato crimine: Vittoriano di Carcabia, Marziano di Sulletto, Beiano di Beiana, Salvio d'Ausafa, Teodoro d'Usala, Donato di Sabrata, Miggino d'Elefantaria, Pretestato d'Assuras, Salvio di Membressa, Valerio di Melzi, Feliciano di Musti e Marziale di Pertusa, la cui funesta opera di perdizione ha formato un ammasso lutulento in un vaso sordido, come anche i chierici che un tempo facevano parte della Chiesa di Cartagine, i quali, assistendo al misfatto, hanno fatto da intermediari a questo incesto illecito, sono stati condannati, sotto la presidenza e per ordine di Dio, dalla bocca veridica del concilio universale. 54.60 - Sappiatelo! ". Si può dire qualcosa di più chiaro, di più esplicito, di più categorico? Ascolta, adesso, a chi è stata accordata una proroga, e vedrai che furono quelli che non avevano presenziato alla consacrazione, quando furono imposte le mani su Massimiano: " Quanto a coloro - prosegue la sentenza - che non hanno macchiato i virgulti dell'arbusto sacrilego, cioè coloro che, per un pudico rispetto della fede, ritirarono le loro proprie mani dal capo di Massimiano, noi abbiamo concesso di fare ritorno alla madre Chiesa ". Vedi come non dice che costoro erano stati condannati, ma solo che dovevano considerarsi destinatari della medesima condanna se, spirato il tempo stabilito, non avessero voluto rientrare. Il quale giorno lo fissano con queste parole: " E perché la brevità della proroga concessa per il ritorno - dice la sentenza - non pregiudichi la speranza della salvezza, ridotta per l'incalzare del giorno, noi spalanchiamo la porta dell'ammissione fino al giorno ottavo prima delle calende del prossimo gennaio a tutti coloro che riconoscano la verità, ferme restando le decisioni precedenti; così, al loro rientro, saranno pienamente reintegrati nella loro dignità e nella loro fede. Se qualcuno, per la sua indolente pigrizia, non potrà entrare per essa, sappia che egli stesso si è precluso volontariamente il facile ingresso per ottenere indulgenza. Saranno soggetti alla suddetta sentenza e alla penitenza prefissata anche coloro che tornano dopo il tempo stabilito ". 55.61 - Nel concilio di Bagai Feliciano e Pretestato furono condannati senza dilazione Certamente hai già intuito, retore consumato quale sei tu, che è proprio contro coloro che ti hanno mentito che tu devi ritorcere le accuse che avevi pensato di scagliare contro di noi, come se ti avessimo mentito intorno a questo argomento. Certamente te ne sei accorto: i due vescovi, dei quali stiamo trattando, rientrano nel numero di quei dodici che furono condannati senza dilazione con Massimiano, non di coloro ai quali è stata concessa una proroga per ritornare. È certo che la cosa è chiara, lampante, nettissima: non si può assolutamente confondere, oscurare, occultare ciò che con tanta eloquenza distinse, espresse, illustrò colui che dettò quella sentenza. Perché dilungarsi ancora in chiacchiere? Perché lottare ancora contro una verità così luminosa e a favore di un errore così palese? Perché gli uomini ingannano se stessi? Se essi si legano e avvolgono sempre più strettamente nei lacci del diavolo, che dovrebbero invece sciogliere e strappare, ascolta ancora in qual modo debbano sperimentare maggiore vergogna e, volesse il cielo!, con qualche frutto di correzione! 56.62 - Circostanze storiche del concilio di Bagai Nel citato concilio di Bagai è stato registrato il giorno e il console, non solo nel quale è stato pubblicato il decreto conciliare, ma anche quello della stessa proroga. Dunque, dal giorno ottavo delle calende di maggio dopo il terzo consolato di Teodosio Augusto e di quello di Abbondanzio, data del concilio di Bagai, e fino al giorno ottavo delle calende di gennaio, data della fine della proroga, si contano all'incirca otto mesi. Ora, si trova una richiesta presso il proconsole Erode - osserva quanto tempo dopo - formulata contro Feliciano e Pretestato, per espellerli dalle sedi di Musti e di Assuras, di cui ho già citato poche frasi: " Dopo il terzo consolato di Arcadio e il secondo di Onorio, nostri sovrani, il sei delle none di marzo, a Cartagine, davanti al tribunale segreto del pretorio, Tiziano ha testimoniato: Il presbitero Pellegrino e gli anziani della Chiesa di Musti e della regione di Assuras espongono il seguente voto: Poiché Donato, uomo di venerabile memoria, aveva difeso la santità della Chiesa cattolica dall'errore della fede erronea, intorno al suo nome e al suo culto si riunì quasi tutto il mondo con una obbedienza assoluta. Ma siccome il veleno di un certo Massimiano ha inquinato il proposito degno di lode e ammirazione della sua religione, una folta rappresentanza di vescovi, riuniti in assemblea sotto l'ispirazione di Dio, condannò con la repressione propria di una mente pura quest'uomo o, meglio, questa peste, che aveva offeso la maestà superna. Indirizzò anche un'ammonizione altrettanto energica a coloro che erano stati implicati nell'errore della presunzione altrui, dapprima offrendo il porto della penitenza, qualora intendessero ritornare entro il tempo fissato nella via della religione che avevano abbandonato. Ma, purtroppo, l'iniquità si affeziona ai suoi propositi e non abbandona se stessa, anche se è precipitata una sola volta dalla propria altezza. È così che lo stesso Massimiano nutre la sua audacia nascente e attira attorno a sé altri complici della sua follia. Fra costoro c'è un certo Feliciano, il quale segue dapprima il retto cammino, ma poi è offuscato dalla contaminazione di questa depravazione; egli risiede nella città di Musti ed ha creduto suo dovere impossessarsi con una sorta di occupazione militare delle mura consacrate a Dio onnipotente e anche della venerabile Chiesa. Costui ha come emulo Pretestato, della regione di Assuras. Ma quando l'assemblea dei presbiteri ha fatto sentire il suo pensiero davanti all'autorità della tua equità, hai ordinato, come ne fanno fede gli atti, di desistere da ogni tentativo di opposizione, di sottrarre le chiese alle anime sacrileghe e di restituirle ai sacratissimi sacerdoti ". Come ben vedi, sono trascorsi all'incirca tre mesi dal giorno della proroga stabilita fino al giorno di questa richiesta. Ora invece si prolunga questo conflitto, per quanto ci è stato dato di investigare negli atti proconsolari e municipali, fino al proconsolato di Teodoro, cioè fino all'undici delle calende di gennaio dell'anno seguente. Infatti, in quel giorno i chierici e gli anziani, che agivano sotto le direttive del vescovo Rogato, il quale era stato eletto per sostituire il condannato Pretestato di Assuras, allegarono l'ordine del proconsole in questione. Durante tutto questo tempo, Feliciano e Pretestato erano al di fuori della vostra comunione, e nei processi pubblici erano accusati di essere nemici di questa vostra comunione, e si reclamava la loro espulsione, in quanto sacrileghi, dai luoghi consacrati al sommo Dio. 57.63 - Viene approvato il comportamento dei Donatisti circa i convertiti dallo scisma sacrilego Dunque, a qualunque gruppo essi abbiano appartenuto - benché sia abbastanza chiara la loro appartenenza - quelli che non si reintegrarono nella vostra comunione entro il termine fissato, come poterono battezzare in tutto quel tempo, nel quale furono separati da voi? Come rientrarono, insieme a coloro che avevano battezzato al di fuori della vostra comunione, senza un nuovo battesimo che li purificasse? In questo fatto, non vi rimproveriamo di non aver considerato sacrilego il battesimo di Cristo, neppure nello scisma sacrilego; né di aver approvato, una volta corretta la perversità, ciò che anche nei perversi era stato retto; né di aver distinto i vizi umani dai sacramenti divini; né di aver giudicato che non si devono condannare nelle persone condannate né mutare in quelle accolte quei doni della Chiesa, che poterono essere posseduti e trasmessi al di fuori della Chiesa per la rovina di coloro che li possiedono e di coloro che li ricevono. 58.64 - La Chiesa cattolica si comporta con gli scismatici convertiti come i Donatisti con i Massimiani Non biasimiamo neppure il fatto di accogliere senza degradazione alcuna e di purificare con l'abbondanza della carità gli stessi colpevoli di un crimine famigerato, sia dopo la sentenza di condanna dei medesimi sia dopo la data della proroga fissata per gli altri. Lo avete fatto considerando che erano popolazioni dallo spirito debole quelle che si erano affidate ad essi, e richiamandovi, penso, alla sollecitudine del padre di famiglia, per non sradicare il buon grano insieme alla zizzania. Non vi rimproveriamo neppure di aver perseguito con il ricorso al potere temporale coloro che erano ancora irretiti nel famigerato sacrilegio dello scisma. Questo infatti si faceva, come i fatti hanno dimostrato, per il desiderio di correggerli, non di danneggiarli, cioè allo scopo di scuoterli salutarmente con queste pene, di costringerli a riflettere sul loro crimine e di emendarsi reprimendo la violenza della loro opposizione. Ma, precisamente perché non vi rinfacciamo nulla di questo, con pieno diritto vi incolpiamo del crimine del vostro scisma, lo detestiamo con pieno diritto e con tutte le ragioni lo confutiamo. Con questo crimine vi separate da noi, anzi, vi separate dalla comunione cattolica del mondo intero, accusandoci per di più di ciò che non potete negare, credo, di aver fatto voi stessi nella causa dei Massimiani. Se il battesimo - che Feliciano e Pretestato hanno conferito quando si erano uniti a Massimiano dopo essersi separati da voi, e furono condannati da voi insieme a lui a causa del loro empio scisma - è di Cristo, e pertanto non deve essere annullato in modo alcuno, come è possibile che non sia battesimo di Cristo e possa essere distrutto quello che si dà nella Chiesa, la quale " estende i suoi rami - per usare l'espressione di Cipriano - per tutta la terra con la ricchezza della sua fecondità "; il quale battesimo, per finire, è conferito in quelle Chiese, di cui voi non finite mai di leggere i nomi nelle lettere degli Apostoli e che mai avete condannato in un concilio come avete fatto con Feliciano e Pretestato? Se a voi è piaciuto di reintegrare i condannati in tutti i loro diritti per risarcire il partito di Donato, che male vi ha fatto l'unità di Cristo, diffusa nel mondo intero, essa che non ha potuto condannare alcuno senza prima dargli udienza, né ha condannato o assolto gli sconosciuti o ha ritenuto innocenti quelli che seppe assolti? Se avete espulso dalle loro sedi con la persecuzione, per ordine dei giudici, i Massimiani che si erano separati da voi, perché vi lagnate di subire pene immeritate da parte degli imperatori, che inviano gli stessi giudici, voi che vi siete separati con un abominevole scisma dalla Chiesa di colui del quale è scritto: A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni, e dominerà da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra? ( Sal 72,11 ) 59.65 - Non chi subisce una persecuzione è conseguentemente giusto, né è conseguentemente ingiusto colui che l'infligge Ecco, ormai non dico più: " Se non è lecito perseguitare, Ottato lo ha fatto ", perché tu non dica ancora che non ha nulla a che vedere con i vostri ciò che fece Ottato a loro insaputa, quando proprio loro non consentono di dire che le terre più sperdute dell'Africa non hanno niente a che vedere con quanto ha compiuto Ceciliano a loro insaputa. Chi fossero i traditori in Africa, che cosa abbiano commesso i vescovi indegni dell'Africa, noi lo ignoriamo. Io dico questo: se non è lecito fare una persecuzione, i vostri l'hanno fatta ai Massimiani, tanto che voi non potete negarlo. Se coloro che subiscono la persecuzione sono innocenti, i Massimiani l'hanno subìta. Vorrai forse dire adesso: " La basilica o, meglio, la spelonca di Massimiano è stata distrutta dal popolo, senza che qualcuno dei nostri vi prendesse parte? ". Pur investigando a quale comunione appartenesse quella turba - ammesso pure che non siano stati inviati da voi - , si scoprirà certamente che costoro erano dei vostri o erano mescolati ai vostri per dare man forte. Ma, che c'importa? Infatti tu rispondi così: " Non l'abbiamo fatto noi, noi non li abbiamo inviati, ignoriamo chi fossero quelli ". Ciò che è chiaro è questo: colui che tu chiami ingiusto, ha sofferto persecuzione da parte di qualcuno; dunque ciò che soffrite voi non può dimostrare che voi siate giusti. E chi fossero quelli che inflissero la persecuzione ai Massimiani, lo attestano gli atti proconsolari. Sono stati nominati gli avvocati, si è fatto ricorso ai tribunali, si è proceduto come si procede contro gli eretici. Essi, da parte loro, sollecitavano protezione come possessori; i vostri allegavano gli atti del concilio di Bagai e reclamavano che i condannati fossero espulsi dalle sedi sacre. Vi sono state diverse istanze, la sentenza è stata pronunciata. Quando, alla presenza di Salvio di Membressa, avete dimostrato che essi erano eretici, li avete sconfitti, li avete espulsi. Pertanto, prendo atto che costoro hanno subìto una persecuzione e voi siete stati i promotori; cerco chi è nel diritto, voi sostenete di essere questi tali. Concludo: allora, non chi subisce una persecuzione è conseguentemente giusto, né è conseguentemente ingiusto colui che l'infligge. 60.66 - Ottato il Gildoniano Tu accuserai di nuovo le arti della dialettica; però, almeno tacitamente, riconoscerai che dico la verità e preferirai piuttosto correggere la tua affermazione, in base alla quale nessuna persecuzione è giusta, anziché continuare a chiamare ingiusti i persecutori dei Massimiani, che sono i vostri, come del resto hai riconosciuto attraverso gli atti proconsolari. Certo è che voi, non senza profitto, avete perseguito l'errore dei vostri scismatici, poiché con lo stesso conflitto e le stesse pene avete corretto Feliciano e Pretestato. Si dice anche che i cittadini di Musti e di Assuras temevano Ottato il Gildoniano perché minacciava rappresaglie più severe, come io stesso ho appreso anche dalla loro viva voce, e quindi forzarono i loro vescovi a ritornare nella comunione di Primiano. Ma, dal momento che Ottato non ha fatto registrare questo fatto nei pubblici atti, perché mai dovrei servirmi di queste circostanze contro di voi, che siete disposti a negare tutto ciò che potete negare? Esistono atti proconsolari e municipali: dopo averli letti, siamo in grado di mostrare con quale violenza i vostri forzarono i Massimiani ad abbandonare i loro luoghi. Non li incolpiamo, non vogliamo il loro male; voi non avete faticato invano, non li avete terrorizzati invano, non li avete perseguiti senza risultato. Nella loro afflizione si dolsero per la loro animosità; li avete domati, emendati, corretti e accolti dopo la loro condanna, dopo la proroga concessa agli altri, dopo averli perseguitati. Ora però sono stati accolti con la stessa dignità di prima, senza alcuna forma di espiazione o degradazione con l'umiliazione di una penitenza più dura, né loro né quelli che sono stati accolti insieme a loro, che avevano trascinato con sé nello scisma contro di voi, che avevano battezzato stando al di fuori di voi e, forse, avevano ribattezzato dopo di voi. 61.67 - Rimescolamento di fatti recenti con quelli di un passato tanto remoto Ormai non avete più alcuna possibilità di far credere ai disinformati le vostre oscure menzogne, rimescolando fatti di un passato così remoto. Che i vostri abbiano accusato Ceciliano davanti all'imperatore del tempo, Costantino, lo proclamano i documenti pubblici; che sia stata trattata la causa e condotta a buon fine, anche con l'assoluzione di Felice d'Aphtungi, il consacrante di Ceciliano, colui che nel concilio di Cartagine chiamarono " la fonte di tutti i mali " e denunciarono con incessanti appelli allo stesso Costantino, lo si deduce dalle sue lettere, lo attestano gli archivi proconsolari. Voi non demordete, reclamate, combattete contro la verità più lampante, dite che Ceciliano ha corrotto anche i giudici d'oltremare e lo stesso imperatore si è lasciato sedurre con non so quali favori. La verità è che l'accusatore sconfitto è ancor più spudorato, in quanto diventa calunniatore anche del giudice. Ciò nonostante, del cumulo delle vostre menzogne con le quali infangate i giudici d'oltremare, noi riteniamo almeno questo: i vostri antenati furono i primi ad assumere l'iniziativa di deferire questa causa all'imperatore, i primi ad accusare Ceciliano e il suo consacrante davanti all'imperatore, i primi nel perseguire Ceciliano e i suoi compagni davanti all'imperatore. E così voi credete di eccitare l'odio più vivo contro di noi, poiché come sconfitti subite ciò che fareste certamente se foste vincitori. È esattamente come se i nemici di Daniele, quando fu liberato perché riconosciuto innocente, avessero voluto incolparlo di essere stati divorati dai leoni, mentre calunniandolo avevano tentato di farlo divorare da loro. ( Dn 3,5; Dn 6,96 ) Altro fatto acquisito: qualunque cosa pensiate o inventiate sia dei giudici d'oltremare, che hanno assolto Ceciliano presente nel concilio transmarino, sia dello stesso imperatore Costantino, come se fosse stato corrotto con favori, davanti al quale i vostri antenati accusarono Ceciliano e il cui giudizio anteposero al giudizio episcopale, tutti i cristiani cattolici che allora erano sparsi dappertutto in regioni vicine o lontane, ai quali poté giungere la notizia su Ceciliano e i suoi colleghi, non dovevano credere agli accusatori sconfitti, ma ai giudici ecclesiastici. Quando infatti non possiamo essere tutti giudici, è preferibile credere a coloro che hanno potuto esserlo, anziché aver l'ardire di giudicare gli stessi giudici, fidandoci magari dei litiganti sconfitti, dei quali non abbiamo potuto essere giudici. 62.68 - Per questo motivo gli accusatori di Ceciliano, il quale fu assolto essendo presente, intentarono con la più spudorata audacia di riversare i crimini, falsi o comunque non provati, non solo sui giudici che l'avevano assolto, ma anche su tutti i cristiani cattolici di ogni nazione, che ignoravano quel dissenso degli Africani o che preferivano credere, a tal riguardo, ai giudici che si erano pronunziati come era parso loro giusto, a loro rischio e pericolo, anziché dar retta ad accusatori vinti: essi negavano a tutti il titolo di cristiani. Anche per questo alla fine vi è cascata addosso la causa dei Massimiani, nella quale essi condannassero, perseguitassero i condannati, ricevessero con la stessa dignità i perseguitati, accettassero il battesimo dei candannati. Così, coloro che avevano osato condannare gli innocenti, furono costretti ad assolvere dei colpevoli; non quelli che avevano creduto innocenti, ma quelli che sotto la presidenza e per ordine di Dio, come dicono, avevano condannato con la bocca veridica del loro concilio plenario. Chi ha mai detto a qualcuno una cosa simile: " Poiché hai creduto al giudice che assolve anziché a me che accuso, tu sei colpevole come coloro che ho accusato "? Eppure questo si rinfaccia alla cristianità universale; la qual cosa, se si dicesse anche solo ad un uomo, parrebbe, non dico l'ingiustizia peggiore, ma una pura follia. O mirabile mancanza di dignità! Africani accusarono altri Africani del crimine di tradizione, i giudici transmarini assolsero gli accusati, i popoli invece dell'intero universo sono diventati traditori perché credettero ai giudici che li assolsero, anziché credere agli accusatori che li avevano incriminati! 63.69 - O partito di Donato, meritatamente ti è stata propinata la causa dei Massimiani! O partito di Donato, meritatamente ti è stata propinata la causa dei Massimiani: bevi il calice dalla mano del Signore che corregge e ammonisce! Se comprendi e accetti di buon grado questo fatto, questa è la misericordia di lui che corregge perché tu non cada nel giudizio di lui che punisce. Ti si dice: Superba e dura cervice, riconcìliati con i popoli cristiani di tutto il mondo che tu hai accusato ingiustamente, almeno dopo esserti riconciliata con quelli che hai condannato. Perché annulli il battesimo di Cristo in quelle Chiese o da quelle Chiese che gli Apostoli hanno fondato? Hai già riconosciuto la validità del battesimo che diedero i condannati da te, prima che si riconciliassero con te. Perché ti glori della persecuzione che subìsci? Se essa è segno di giustizia, il partito di Massimiano è più giusto, poiché esso l'ha sopportata da te e con te la sopporta. Ascoltate il Salmo divino: Non siate come il cavallo e come il mulo privi d'intelligenza. ( Sal 32,9 ) Voi infatti ci chiamate vostri persecutori mentre, in realtà, volendo intensamente la vostra salvezza, ciò che facciamo è di perseguire medicinalmente le vostre ferite che desideriamo salvare; per questo, mentre vi curiamo, i vostri chierici e circoncellioni, come denti e talloni vostri, ci affliggono pesantemente. Non vogliate essere ingrati a una tale medicina che voi stessi avete imitato: anche voi avete corretto Feliciano e Pretestato con la persecuzione. Voglia il cielo che vi correggiate del tutto, e come essi sono tornati a voi, così ritorniate, loro e voi, alla Madre cattolica! 63.70 - Cresconio è insorto perfino contro le testimonianze divine Contro la quale, fratello Cresconio, sei insorto con tale audacia da mettere in atto un tentativo di ripudio perfino di quelle testimonianze divine che ho citato, alzando la voce per zittire le parole di Dio. Ciò che ho scritto in quella lettera, contro la quale polemizzi, è quanto si dice nel Libro santo sulla discedenza di Abramo, quando Dio parla a quel nostro patriarca: Saranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni. ( Gen 22,18 ) È ciò che l'Apostolo chiama testamento, quando dice: Fratelli, parlo secondo le usanze degli uomini; un testamento legittimo, pur essendo solo un atto umano, nessuno lo dichiara nullo o vi aggiunge qualche cosa. Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furono fatte le promesse. Non dice la Scrittura: " e ai tuoi discendenti ", come se si trattasse di molti, ma " e alla tua discendenza ", come a uno solo, cioè Cristo. ( Gal 3,15-16 ) Tanto copiosa è stata la promessa fecondità di questo seme, da sentirsi dire: La tua discendenza sarà come le stelle del cielo e come la sabbia del mare, che nessuno può contare. ( Gen 22,17 ) Ebbene, di fronte a questa fecondità e ubertosità della Chiesa, che si dilata per tutta la terra, che si crede come è stata profeticamente annunziata, che si presenta anche agli occhi di tutti i non credenti in modo tale da chiudere la bocca persino di quei gruppi sparuti di pagani che sono rimasti a combatterla, tu osi anteporre ad essa il partito di Donato, dicendo che voi avete anche al di fuori dell'Africa non so quanti adepti, che tuttavia non appaiono ufficialmente, per cui avete l'abitudine - non lo negate - di inviare vescovi dall'Africa: uno, due o tre al massimo. Imbastisci vane argomentazioni contro la verità più lampante, e sostieni che l'universo non è del tutto in comunione con noi, perché vi sono ancora molti popoli barbari che a tutt'oggi non hanno creduto a Cristo, o che sotto il nome di Cristo vi sono molte eresie, completamente estranee alla comunione della nostra società. 64.71 - Sono molte le nazioni barbare che si sono sottomesse già al nome di Cristo Tu non cerchi di capire, e neppure ti informi presso gli esperti, quante sono le nazioni barbare, fra quelle che hai citato, che si sono sottomesse già al nome di Cristo, e come il Vangelo non cessi di fruttificare nelle restanti, finché, quando sarà stato predicato ovunque, venga la fine. Così infatti dice proprio il Signore: Questo Vangelo sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine. ( Mt 24,14 ) A meno che il vostro folle orgoglio non vi getti in un tale abisso, da pensare che il compimento di questa profezia debba cominciare dal partito di Donato e non dalle Chiese che gli Apostoli hanno piantato e con le quali il partito di Donato non è in comunione. A meno che, forse, per riempire il mondo non tenti di ribattezzarle, quando la Chiesa cattolica cresce dappertutto mentre esso si riduce di giorno in giorno nell'Africa stessa? O insensata perversità degli uomini! Tu credi di essere lodato credendo di Cristo ciò che non vedi, e non credi di essere condannato perché neghi della Chiesa ciò che vedi, poiché, mentre quel capo, Cristo, è in cielo, questo corpo, la Chiesa, è in terra! 64.72 - Cresconio riconosce Cristo ma non riconosce la Chiesa Tu riconosci Cristo in queste parole della Scrittura: Innàlzati, Dio, sopra i cieli, ( Sal 108,6 ) e non riconosci la Chiesa in ciò che segue: e su tutta la terra la tua gloria. ( Sal 108,6 ) Tu riconosci Cristo in questo testo: Hanno forato le mie mani e i piedi, posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano, mi osservano: si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte, ( Sal 22,17-19 ) e non riconosci la Chiesa in ciò che segue poco dopo: Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli. Poiché il regno è del Signore, egli domina su tutte le nazioni. ( Sal 22,28-29 ) Tu riconosci Cristo in questa parola: Dio, dà al re il tuo giudizio e la tua giustizia al figlio del re, ( Sal 72,2 ) e non riconosci la Chiesa nella testimonianza dello stesso Salmo: E dominerà da mare a mare, dal fiume sino agli estremi confini della terra. A lui si piegheranno gli Etiopi, lambiranno la polvere i suoi nemici. I re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi. A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni. ( Sal 72,8-11 ) Tu riconosci Cristo quando si rivolge ai Giudei: Non mi compiaccio di voi, dice il Signore onnipotente, non accetterò il sacrificio delle vostre mani, ( Ml 1,10 ) poiché in effetti la venuta di Cristo ha soppresso radicalmente tutti i sacrifici dei Giudei, e non riconosci la Chiesa in ciò che segue: Poiché dall'oriente all'occidente grande è il mio nome fra tutte le genti e in ogni luogo sarà offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore onnipotente. ( Ml 1,11 ) Tu riconosci Cristo in ciò che dice il profeta: Era come agnello condotto al macello, ( Is 53,7 ) con il seguito che vi si legge come nel Vangelo, e non riconosci la Chiesa in ciò che poco dopo dice: Esulta, o sterile, che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori, perché più numerosi sono i figli dell'abbandonata che i figli della maritata. Dice il Signore: Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, poiché ti allargherai a destra e a sinistra e la tua discendenza entrerà in possesso delle nazioni, popolerà le città un tempo deserte. Non temere, perché non dovrai più arrossire; non vergognarti, perché non sarai più disonorata; anzi, dimenticherai la vergogna della tua giovinezza e non ricorderai più il disonore della tua vedovanza. Poiché sono io il Signore che ti ha creato, Signore è il suo nome, e colui che salva, il Dio di Israele, sarà chiamato Dio di tutta la terra. ( Is 54,1-5 ) 65.73 - Certamente nei sacri testi citati Cipriano ha riconosciuto la Chiesa Certamente in questi sacri testi Cipriano ha riconosciuto la Chiesa, tanto da poter dire: " Così la Chiesa del Signore, circonfusa di luce, ha diffuso i suoi raggi per tutto il mondo, ha esteso i suoi rami per tutta la terra con la sua ubertosa fecondità ". Contro questo splendore luminoso degli oracoli divini tu porti il tuo attacco calunnioso, Cresconio, quando guardi al resto delle nazioni che la Chiesa non ha ancora fatto sue, ma non consideri la grande estensione che ha già occupata, da dove essa si espande ogni giorno per occupare il resto. Infatti, come puoi negare il pieno compimento nel futuro di queste profezie, tu, che non esiti a negare l'enorme progresso, cui si deve questa perfezione, e combatti, non dico la parola di Dio, ma le tue stesse parole? Sì, la forza possente della verità stessa ti ha strappato questa frase, che hai pronunciato senza sapere o senza riflettere a ciò che dicevi: " Ogni giorno il mondo intero si volge verso il nome cristiano ". Perché, dunque, il partito di Donato non è in comunione con questa Chiesa, che crescendo si dilata in tutto il mondo? Evidentemente per non inquinarsi con i peccatori! E perché Cipriano non volle che si abbandonasse la Chiesa, non questa vostra che, confinata in Africa, calunnia l'universo intero, o, fuori dall'Africa, si trova in pochi e ignorati nuclei di adepti, ma quella che estende i suoi rami per tutta la terra nella sua prodigiosa fecondità, anche se nella sua comunione non solo si trovano ma si manifestano i peccatori, dicendo: " Anche se nella Chiesa sembra che vi sia la zizzania, tuttavia questo non deve impedire a tal punto la nostra fede o la nostra carità che, vedendo la presenza della zizzania nella Chiesa, noi stessi usciamo da essa "? 66.74 - La Chiesa è come il mare che è pieno di acque amare e di dolci pesci Adesso rispondi anche tu, se vuoi rispondere qualcosa di vero. E come si adempirà questa parola della Scrittura: Il figlio malvagio si dichiara giusto, ma non ha purificato la sua uscita? ( Pr 30,12 ) Denunci pure il figlio cattivo, condanni pure e persegua i Massimiani, e poi si riconcili con i condannati e i perseguitati! Anche in questo caso o sia rifiutato, o sia confuso, o sia corretto. Tu dici: " Come è possibile che tutto il mondo sia ricolmo della vostra comunione, quando vi sono tante eresie, di cui nessuna è in comunione con voi? ". Anzi: il mondo non solo è pieno di eretici, ma anche di altri uomini malvagi, e anche di santi e di fedeli servi di Dio, così come il mare è pieno di acque amare e di dolci pesci. 66.75 - Come possono essere contemporaneamente piccolo numero coloro che sono molti Dici: " La verità spesso è appannaggio di una minoranza, l'errore è proprio della moltitudine ", e perché non sembri che con le tue parole tu contraddica la fecondità prodigiosa di quella donna sterile, alla quale fu detto: Più numerosi sono i figli della abbandonata che i figli della maritata, ( Is 54,1 ) aggiungi questo testo del Vangelo: Perché sono pochi quelli che si salvano. ( Lc 13,23 ) Sciogli dunque la questione, come possa cioè dire il Signore: Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano; ( Mt 7,14 ) e ancora in un altro punto: Ora vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli; ( Mt 8,11 ) come anche nell'Apocalisse viene presentata la loro moltitudine, che nessuno può contare, gente di ogni nazione, tribù e lingua, vestita di bianco e con una palma fra le mani, che aveva sopportato la persecuzione per testimoniare la fede in Cristo. ( Ap 7,9 ) Come possono essere contemporaneamente piccolo numero coloro che sono molti? E queste affermazioni non possono essere contemporaneamente una vera e l'altra falsa, dal momento che entrambe sono state pronunciate dalla verità divina. La spiegazione è che gli stessi buoni e autentici cristiani, che di per sé sono molti, nello stesso tempo in rapporto ai cattivi e falsi cristiani sono molto pochi. Così, il grano abbondante che riempie enormi granai, noi lo valutiamo poca cosa in comparazione con la paglia; come pure - per parlare del testamento che Dio ha fatto ad Abramo ( Gen 22,17 ) riguardo alla sua discendenza, che è Cristo - sono molte le stelle, tanto che non si possono contare, del cui fulgore il cielo immenso rifulge da ogni parte, però diciamo che sono poche se le paragoniamo alla sabbia del mare. Forse le stelle significano i cristiani spirituali, e la sabbia del mare quelli carnali, che sono gli autori e i seguaci delle eresie e degli scismi. E il mondo è pieno di uno e dell'altro genere, poiché lo stesso Signore dice: Il campo è questo mondo, ( Mt 13,38 ) e tu stesso, sotto la pressione della verità, hai detto: " Ogni giorno il mondo intero si volge al nome di Cristo ". Dunque in tutto il campo, cioè nel mondo intero, si trova il frumento; ovunque c'è anche la zizzania, poiché dell'uno e dell'altra ha detto colui che non si può ingannare: Lasciate che crescano insieme fino alla mietitura. ( Mt 13,30 ) 67.76 - La giustizia divina ha messo i Massimiani alle costole dei Donatisti per confonderli su tutto Pertanto si fermino gli empi disertori del grano che si sviluppa per tutto il mondo con prodigiosa fecondità, e non osino gloriarsi per la scarsa zizzania che si è separata. Se essi se ne gloriano, vedranno che anche su questo terreno gli staranno contro i Massimiani, che la giustizia divina gli ha messo alle costole per confonderli su tutto e, se hanno un po' di buon senso, per correggerli. In effetti essi, fieri della loro supremazia numerica, hanno perseguitato costoro, molto inferiori per numero; e con la loro persecuzione sono riusciti a riportare alcuni alla loro comunione, disinteressandosi dei restanti, tanto più giusti quanto meno numerosi. 67.77 - L'Oriente è assolutamente in comunione con l'Africa e l'Africa con l'Oriente Dici: " L'Oriente non è in comunione con l'Africa né l'Africa con l'Oriente ". Certamente no, ma si tratta della paglia eretica, separata dall'aia del Signore; invece, a livello di frumento cattolico e di paglia frammista, l'Oriente è assolutamente in comunione con l'Africa e l'Africa con l'Oriente. Alcuni eretici qui, altri poi là e in altre parti: tutti in conflitto con l'unità cattolica, diffusa ovunque. Essa infatti è ovunque, e da essa uscirono coloro che non erano assolutamente in grado di stare ovunque, dicendo, come fu predetto a loro riguardo: Il Cristo è qui, il Cristo è là!. ( Mt 24,23 ) Gli uni e gli altri, qua o là, mettono in mostra le particelle specifiche delle rispettive presunzioni o, piuttosto, delle loro amputazioni, e rinnegando con empio orgoglio la radice da cui furono stroncati. A questa Chiesa, che dilatandosi con frutti copiosi per tutto l'universo, genera da ogni popolo, tribù e lingua una moltitudine rivestita di bianche vesti e con palme nelle mani, che nessuno può contare, come è scritto nell'Apocalisse; ( Ap 7,9 ) a questa Chiesa, ripeto, con la quale il partito di Donato non è evidentemente in comunione, i vostri antenati avrebbero dovuto esibire tutti i documenti autentici in loro possesso concernenti i traditori. Se avessero fatto questo, essi adesso sarebbero nel suo seno, e quelli che essi accusavano sarebbero fuori. Ora invece, notando che gli accusati sono rimasti in essa, dobbiamo forse pensare qualcosa di buono degli accusatori che vediamo al di fuori? Una conclusione s'impone. Delle quattro ipotesi che avevo formulato in riferimento ai documenti presentati da una o dall'altra parte sui traditori: o gli uni e gli altri sono veri, o gli uni e gli altri sono falsi, o sono veri i nostri e falsi i vostri, o sono falsi i nostri e veri i vostri. Tu, intuendo che nelle prime tre ipotesi sareste stati battuti facilmente, hai scelto la quarta come scappatoia, ma inutilmente. Ora, queste prove autentiche di cui siete in possesso, seppure esistessero - ma ti rendi conto della sfrontatezza di una simile pretesa - se fossero di origine umana, avrebbero dovuto quanto meno essere dimostrate davanti a quella Chiesa, che è fondata su prove divine. 68.78 - I Donatisti sono colpevoli perché non esitano minimamente ad incolpare tanti popoli cristiani innocenti Dimmi, ti scongiuro, ma non voler gettare fumo negli occhi degli incompetenti accusando la dialettica, dal momento che non puoi convincere del crimine di tradizione quelli che accusi; dimmi, ti prego, questa vostra causa, con vostri documenti autentici, è stata presentata al giudizio delle Chiese trasmarine, fondate dal lavoro degli Apostoli, o non è stata presentata? Se fu presentata, avete vinto o siete stati condannati in giudizio? Se dite di aver vinto, perché non siete rimasti in comunione con le Chiese, nel cui giudizio siete usciti vincitori? Se invece siete stati vinti, come indica chiaramente il fatto che la vostra comunione sia separata dalle altre, perché litigate con noi per aver perduto la vostra buona o cattiva causa, commettendo per questo il sommo crimine di riversare su tutta la cristianità il crimine dei traditori, che, pur presentando documenti autentici, non siete riusciti minimamente a convincere di colpa davanti al tribunale delle Chiese transmarine, per il fatto che in una causa in cui non poteva intervenire preferì credere ai giudici anziché agli accusatori vinti? Voi, dunque, siete colpevoli non per aver perduto una causa buona, come sostenete, davanti a un tribunale transmarino, ma perché non esitate minimamente ad incolpare tanti popoli cristiani innocenti, sparsi in molte e lontane nazioni, del crimine dei colpevoli e, per largheggiare in concessioni, dei giudici. Restando uniti alla loro comunione come al frumento del Signore, avreste dovuto sopportare quegli uomini che considerate traditori e quei giudici che stimate malvagi, sopportandoli, in conformità alla parola del Vangelo ( Mt 13,29-30 ) e agli avvertimenti di Cipriano, come la paglia fino al tempo della vagliatura, per non abbandonare l'aia e perire. Ma se la vostra causa non è stata deferita al tribunale delle Chiese d'oltremare con le sue prove - documenti autentici, secondo la tua opinione - come poterono tanti vescovi, posti a capo delle loro popolazioni e ignorando assolutamente la causa perché non fu neppure notificata loro, essere condannati giustamente dai vostri? O come avrebbero dovuto separarsi i cristiani d'Africa - non parlo di coloro che li giudicarono innocenti, ma di coloro che li avevano considerati traditori - a causa della zizzania che vedevano nella Chiesa, dall'innocenza tanto manifesta del frumento che cresceva in un raggio così ampio e ignorava costoro, per cui, a causa del peccato altrui, che sopportato per l'unità non li inquinava, erano stati condannati per il crimine di aver violato l'unità stessa? 69.79 - La documentazione di Cresconio non ha potuto confondere i traditori Qual è dunque il vantaggio che ne viene alla tua causa per aver scelto, fra le quattro ipotesi proposte, quella che dà per scontata la veridicità delle vostre prove e la falsità di quelle che noi abbiamo presentato contro di voi? Ecco, sarai battuto anche qui: la tua documentazione, che reputi autentica, non ha potuto confondere i traditori, come avrebbe dovuto, o perché i documenti stessi saranno stati occultati dai vostri o perché i traditori avranno avuto l'abilità di occultare il loro crimine ai giudici o perché gli stessi giudici, essendo malvagi, li avranno occultati. Guarda la discendenza di Abramo che cresce secondo il testamento di Dio in tutte le nazioni come le stelle del cielo e come la sabbia del mare. ( Gen 22,17 ) Azzàrdati a dire, azzàrdati a credere, azzàrdati, se c'è ancora in te un briciolo di timor di Dio, a pensare che una mèsse così copiosa abbia potuto perire nel campo, che è il mondo, a causa di non so quale zizzania dell'Africa, rimasta occulta per una causa qualsiasi! 69.80 - Cresconio esagera la gravità delle persecuzioni Tu esageri la gravità delle persecuzioni che, a tuo dire, voi subite; eppure, anche se vi ribellate con ostinazione così sacrilega e manifesta contro la pace della santa Chiesa, vi si perdona con mirabile mansuetudine. Sostieni anche nella prima parte della tua lettera che l'imperatore Costantino, resosi conto del crimine di Ceciliano, con sentenza personale lo condannò all'esilio a Brescia. Chi può dubitare che su questo punto o sei in errore o vuoi ingannare, poiché fai menzione di Felice d'Aphtungi come se fosse stato convinto del crimine di tradizione da non so quale Ingenzio al tribunale del proconsole? 70.80 - Agostino risponde all'accusa di Cresconio Guarda, inserisco il testo della sentenza del proconsole Aeliano, che scagiona e proscioglie Felice. Se vuoi leggere per esteso gli atti processuali, prendili dall'archivio del proconsole. " Il proconsole Aeliano disse: Dalla deposizione di Ceciliano, il quale afferma che gli atti sono stati falsificati e sono state apportate numerose aggiunte alla lettera, si evince chiaramente con quale intento abbia agito Ingenzio, e pertanto sarà messo in carcere; è necessario in effetti procedere ad un interrogatorio più accurato. Invece è ormai appurato che il pio vescovo Felice è prosciolto dall'accusa di aver dato alle fiamme i documenti divini, in quanto nessuno è stato in grado di fornire il minimo indizio contro di lui se aveva o meno consegnato o bruciato le sante Scritture. Risulta infatti senz'ombra di dubbio dall'interrogatorio di tutti i testimoni citati sopra, che non si sono trovate divine Scritture falsificate o bruciate. Ciò che si trova negli atti è che in quel periodo il pio vescovo Felice non era presente, non fece compromessi con la sua coscienza, non ordinò di fare alcunché di simile ". 70.81 - Rescritto di Costantino Inserisco anche un rescritto dell'imperatore Costantino a Probiano, attestante lo stesso fatto: esso dimostra quanto siano stati insistenti i vostri antenati presso di lui nell'accusare degli innocenti. " Gli imperatori Cesari Flavii: Costantino, Massimino e Valerio Liciniano Licinio a Probiano, proconsole d'Africa. Vero, dignitario dell'ordine equestre e vicario dei prefetti della nostra Africa, essendo impedito dalla sua malferma salute, Aeliano, tuo predecessore, che disimpegnava a pieno titolo le sue funzioni, fra le altre incombenze credette suo dovere avocare a sé l'indagine e il giudizio sulla causa o intrigo, a quel che sembrava, sollevato contro il vescovo Ceciliano e la Chiesa cattolica. E, in effetti, quando fece comparire davanti a lui il centurione Superio e Ceciliano, magistrato d'Aphthungi, e l'ex curatore Saturnino, e Calibio, il giovane curatore della città, e Solo, schiavo pubblico della sopraddetta città, esaminò con la dovuta attenzione il caso, in modo che, quando si obiettò a Ceciliano di aver ricevuto l'episcopato dalle mani di Felice, al quale a sua volta veniva rimproverato di aver portato via e incendiato le divine Scritture, fu stabilito che Felice era innocente di un simile misfatto. In seguito, poiché Massimo contestava che Ingenzio, decurione della città di Ziqua, avesse falsificato una lettera dell'ex duumviro Ceciliano, abbiamo controllato negli atti del processo che questo Ingenzio era stato sospeso e non aveva subìto la tortura perché assicurò che si era autoproclamato decurione della città di Ziqua. Per questo vogliamo che tu invii il medesimo Ingenzio sotto buona scorta alla mia corte, quella dell'Augusto Costantino, affinché gli attuali litiganti, che ogni giorno non cessano di presentare le loro interpellanze, possano essere presenti e, ascoltandolo, possano rendersi conto che hanno tentato invano di eccitare l'odio contro il vescovo Ceciliano e di attaccarlo violentemente. Così accadrà che, eliminate tali contese, come si conviene, il popolo, senza più alcun dissenso, professi con la dovuta venerazione la sua propria religione ". 71.82 - Parole di Costantino, desunte dalla sua lettera al vicario Eumalio Aggiungo ancora alcune parole di Costantino, desunte dalla sua lettera al vicario Eumalio. In essa assicura di aver ascoltato personalmente le parti in lite e di aver concluso per l'innocenza di Ceciliano. Dopo aver ricordato ciò di cui aveva parlato sopra, che le due parti erano ricorse al suo tribunale dopo la sentenza dei vescovi, afferma: " In tutto ciò ho visto chiaramente che Ceciliano è un uomo assolutamente innocente, fedele ai doveri della sua religione che pratica come si conviene; ed è emerso con assoluta evidenza che non si poteva trovare in lui alcun crimine, di cui i suoi avversari l'avevano calunniosamente accusato durante la sua assenza ". 71.83 - Ceciliano non è mai stato condannato dall'imperatore E tu, uomo facondissimo, perché non hai inserito la sentenza di Costantino, il quale, a tuo dire, condannò Ceciliano e l'inviò a Brescia in esilio? Quanto sarebbe stato più congruente inserire tale sentenza al posto di un testo del concilio di Serdi, ignoro quale sia, che, ormai è appurato, non ha nulla a che vedere né con voi né con la causa che ci oppone entrambi! C'è bisogno di dirti qual è il motivo per cui Ceciliano si stabilì a Brescia, residenza che le vostre odiose calunnie hanno trasformato in esilio? Il motivo è che lui preferì privare la Chiesa della sua presenza, anziché della pace. Tu, intanto, non citi alcuna sentenza di condanna da parte dell'imperatore, e tuttavia giudichi temerariamente, non dico perché si deve ascoltare o dire, ma si deve scrivere che Ceciliano fu condannato dall'imperatore Costantino. Nonostante ciò, in base alle tue asserzioni, io vedo Ceciliano in esilio per la condanna inflittagli dall'imperatore. Rispondi almeno dicendo chi lo ha accusato, ed ora interrogami con una delle tante vuotaggini che mi hai presentato nella tua lettera: " Chi è meno d'accordo con il testamento reso pubblico, colui che subisce la persecuzione o colui che la infligge? ". Sono proprio le tue parole! Guarda dunque Ceciliano vittima della persecuzione e, come tu hai detto, esiliato! Guarda anche i vostri che, come attesta nelle sue parole lo stesso imperatore, non cessano un solo giorno di importunarlo con le loro denunce contro Ceciliano, e rispondi alla mia domanda con le tue stesse parole: "Chi è meno d'accordo con il testamento reso pubblico, colui che subisce la persecuzione o colui che la fa? ". Dopo aver letto bene gli atti, parola per parola, tu troverai che Ceciliano ha subìto la persecuzione da parte dei vostri perfino presso l'imperatore, ma non troverai mai che egli sia stato condannato dall'imperatore, anzi, troverai che è stato assolto. 72.84 - I Donatisti parlano soltanto dei nomi e dei crimini dei traditori, mentre i cattolici mostrano anche gli atti ecclesiastici e civili Allora, tu hai proprio giocato la carta giusta scegliendo l'ipotesi migliore per te, cioè quella che suppone vere le prove da voi addotte sui crimini di tradizione, e false le prove allegate da noi: anche su questo voi siete sconfitti dalla verità di Dio, la quale, secondo la sua promessa, fa fruttificare e crescere la Chiesa nel mondo intero, poiché non la pregiudicano i documenti, fossero pure veri, dei crimini altrui, quando ai vescovi transmarini viciniori, attraverso i quali passa o non passa la notizia di tali cose a regioni più lontane, o non si esibirono i documenti in modo corretto, o questi non furono creduti da coloro ai quali si poterono mostrare o, anche se gli si diede credito, li si occultarono e non giunsero ad altri; e nessuno, neppure uno, tanto meno un tal numero di cristiani sparso in tante nazioni, può essere complice del crimine altrui se non è riuscito a conoscere nessun documento autentico di questo crimine, oppure qualcuno, simulando innocenza, lo ha ingannato con falsi documenti. Se dunque, come avevo iniziato a dire, avendo scelto ciò che ti è parso meglio, cioè l'ipotesi che suppone vere le prove da voi presentate contro i traditori e false le prove allegate da noi; se anche in questo caso voi non potete nulla contro la Chiesa cattolica diffusa in tutto l'universo né contro la Provvidenza di Dio, per mezzo della quale, per servirmi delle tue parole, " il mondo intero ogni giorno si volge verso il nome cristiano ", quanto più soccombete nelle vostre accuse, quando vi rinfacciamo " questa stessa tradizione ", il cui solo nome sembrava fare talmente orrore agli autori di questo scisma, che, separandosi dal corpo di Cristo, si consegnarono direttamente al diavolo! Sì, l'ho già detto prima in quella lettera e ora lo ripeto, " noi vi rimproveriamo con ben maggiore probabilità ", noi che vi sentiamo parlare soltanto dei nomi e dei crimini dei traditori, mentre noi mostriamo anche gli atti ecclesiastici, che registrano le loro dichiarazioni, e anche gli atti municipali, che segnalano i loro misfatti! 73.85 - Sul valore del comparativo probabilius Tu invece, critico sottile che soppesi ogni parola, ci insegni il valore del grado comparativo, e già canti vittoria, sostenendo che io non avrei potuto dire: " Noi vi rimproveriamo il crimine di tradizione con maggiore probabilità ", se non avessi confessato che voi ce lo rimproverate con probabilità. " Se voi avete più probabilità - affermi - noi abbiamo dunque la probabilità "; e con ciò ci spieghi: " Perché dire "probabilmente" e "più probabilmente", equivale a dire "veramente" e "più veramente"; e questo grado che si pone davanti aumenta la qualità del positivo, ma non nega ciò che è stato detto prima ". E, per farmi capire meglio, aggiungi altre parole dicendo: " Così è anche di "bene" e "meglio", "male" e "peggio", "orribilmente" e "più orribilmente" ", mostrando che è così anche per il caso di "probabile" e "più probabile". Per cui pensi di poter tirare questa conclusione che, se io rimprovero con più probabilità ciò che è falso, logicamente ne consegue che tu confermi che voi avete rimproverato probabilmente qualcosa di vero! Dal momento che tenti di farci apprendere, in una questione o discussione ecclesiastica, i principi della grammatica e il valore del comparativo, non sarà forse, dico io a questo punto, che il comparativo aumenti la qualità di ciò che gli si pone davanti e non distrugga ciò che precede? Suvvia! Mi rendo conto quanto inutilmente io ti rimproveri ciò che non hai voluto vedere, mentre hai creduto bene di criticarmi per aver preso dalla retorica un'anticategoria, figura che consiste nel dire: " Non l'ho fatto io, ma lo hai fatto tu ", e l'ho già dimostrato appoggiandomi all'autorità dei profeti. 74.86 - Il comparativo non sempre aumenta la qualità del positivo, anzi, talvolta lo porta a significare il contrario Rifletti dunque più attentamente; forse troverai presso i classici della lingua latina, ai quali si rifanno le regole dei grammatici, che il comparativo non sempre aumenta la qualità del positivo, anzi, talvolta lo porta a significare il contrario. Mi viene in mente un esempio di questa locuzione, tratta dall'epistola che l'Apostolo scrisse agli Ebrei. Egli parla della benedizione della terra, la quale, dopo aver ricevuto la pioggia, dona i suoi frutti; poi aggiunge: Ma se produce pruni e spine, non ha alcun valore ed è vicina alla maledizione: sarà infine arsa dal fuoco. ( Eb 6,8 ) E per non sembrare di augurare questo male ai destinatari, la lettera aggiunge: Quanto a voi però, carissimi, anche se parliamo così, siamo certi che sono in voi cose migliori e che portano alla salvezza. ( Eb 6,9 ) Certamente ti rendi conto che qui ha detto " cose migliori ", non perché era buono ciò che aveva detto prima, che produceva spine e cardi e meritava il fuoco, ma piuttosto il contrario, perché erano cose cattive ed essi, evitate quelle, scegliessero le migliori, cioè il bene contrario a mali così grandi. Tu, invece, pensi forse che si debba ascoltare l'Apostolo tenendo presente quel che dice di sé: un uomo poco versato nell'eloquenza ma non nella scienza; ( 2 Cor 11,6 ) per questo sei convinto che si debba rispettare non l'autorità delle sue parole, ma quella dei contenuti e delle idee, sostenendo che avrebbe dovuto mettere " cose buone ", là dove pose " cose migliori ". Che cosa succederebbe se anch'io, ormai assuefatto a questo modo di esprimersi e dimentico di ciò che ho appreso da fanciullo, mi fossi espresso così: " Voi ci rimproverate il crimine di tradizione. Noi ve lo rimproveriamo con maggiore probabilità "? Come se io dicessi " probabilmente ", ponendo il comparativo al posto del positivo, non perché voi affermate probabilmente, ma piuttosto improbabilmente, alla stregua di quel " cose migliori ", non perché le altre fossero buone, ma piuttosto perché erano cattive. E tu, perché concludi in maniera così temeraria che io, dicendo: " noi con maggiore probabilità ", ho confermato: " voi con probabilità "? 75.87 - Quando si dice "probabile" non ne consegue che sia "vero" Comunque neppure in base alle norme dei grammatici tu mi avresti potuto riprendere per l'uso erroneo della parola, se ti fossi preso la briga o di leggere attentamente o di richiamare alla memoria almeno gli autori delle stesse parole. I libri dell'infanzia contengono questi versi, che non sono certo composti da un fanciullo inesperto: Gli dèi ricolmino gli uomini virtuosi dei beni migliori, ai nemici riservino la rovina totale! Dilaniavano rabbiosamente con i denti le membra fatte a pezzi. In che senso gli dèi davano le "cose migliori " agli uomini virtuosi, quasi fossero un bene per costoro e non un gran male quelli che con i denti dilaniavano rabbiosamente le membra fatte a pezzi? Ormai comprendi senz'altro che, come il poeta ha potuto augurare per gli uomini virtuosi il meglio, benché quello che augurava non fosse qualcosa di buono se paragonato alle prime, così anch'io ho potuto dire che " noi con maggiore probabilità vi accusiamo del crimine di tradizione ", anche se voi non ci rimproverate di questo con probabilità. E non insisto sul fatto che, anche quando si dice " probabile " non ne consegue che sia " vero ", quando si tratta di qualcosa che può o suole accadere, e per questo si dà per buono, cioè si approva e si crede anche se non è accaduto; ciò che invece è vero, quando si mostra, necessariamente è probabile e più probabile certamente di quello. 76.87 - Ripassa i libri sui quali hai imparato la lingua: certamente constaterai che non ti inganno Ne consegue che, anche se concedessi che i vostri hanno rinfacciato con probabilità il crimine di tradizione ai nostri, non per questo sosterrei che il rimprovero è stato vero, e con ragione direi che noi vi abbiamo rimproverato con più probabilità, poiché siamo abituati a sentirci chiamare da voi soltanto dei traditori, ma senza mai averci letto e dimostrato attraverso gli atti ecclesiastici e pubblici che noi abbiamo confessato questo crimine; invece noi alleghiamo sia gli atti pubblici, dai quali consta che i vostri furono traditori, sia gli atti ecclesiastici, da cui consta la loro confessione e sono stati abbandonati al giudizio di Dio. 77.88 - Ma non voglio passare sotto silenzio l'aiuto così evidente che ci dai, e che ci favorisce, senza che te ne renda conto, in modo determinante proprio quando vuoi insegnarci le regole del grado comparativo, " poiché ciò che è posto prima aumenta la qualità del positivo e non distrugge ciò che è detto prima ". In effetti, in base a questa tua regola, e in accordo con talune parole della tua lettera, abbiamo conseguito la vittoria nella nostra causa senza alcuna difficoltà. Tu, infatti, hai affermato nelle prime parti della tua lettera, quasi recriminando contro la nostra pertinacia, che " tanti documenti legali non riescono a convincerci su ciò che è più vero e migliore ". Ebbene, da questi tuoi arzigogoli io concludo che noi abbiamo già il bene e la verità, se non si riesce a convincerci su ciò che è più vero e migliore. Dal momento che noi non rescindiamo, per parlare come te, il vostro battesimo più vero e migliore, perché voi annullate il nostro che è buono e vero? Così pure hai detto: " Anche noi vogliamo che Cristo sia l'origine, la radice e il capo dei cristiani", e hai subito aggiunto: " Ma noi vogliamo sapere chi fa meglio questo ". Dicendo tali parole hai concesso che un cattivo ministro lo fa bene, anche se un ministro buono lo fa meglio. Pertanto, poiché noi non invalidiamo il battesimo, il quale, essendo conferito da uno dei vostri, dite che è dato da un buon ministro, perché voi invalidate il battesimo che, quando è dato da uno dei nostri, pretendete che sia stato dato da un cattivo ministro? Tu hai detto: " Noi vogliamo sapere chi fa meglio questo "; ora, la tua regola è che " il comparativo aumenta la qualità del positivo ". Da ciò consegue che se attraverso il vostro, in base alla tua idea, si fa meglio, attraverso il nostro si fa bene; per questo, quando ribattezzate uno che è stato battezzato dai nostri, invalidate con sacrilega presunzione ciò che secondo la tua regola riconoscete come ben fatto. 78.89 - Puerilità di Cresconio Non vorrei umiliarti eccessivamente, mostrando con quanta leggerezza e buffoneria hai attaccato in tono spiritoso e mordace alcune mie parole, espresse in stile metaforico: fronte per pudore, bocca per linguaggio, tridente per discorso in tre parti, bestia tricipite per errore che imperversa con tre calunnie contro l'innocenza di tanti popoli. Riserva piuttosto ai fanciulli queste puerilità. Non mi preoccupa la tua affermazione che l'arma di Nettuno, riferimento al tridente, non conviene ad un vescovo, in quanto, essendo anche l'arma del pescatore, lo è pure degli Apostoli, giacché il Signore ha fatto dei suoi Apostoli pescatori di uomini. ( Mt 4,19 ) La Scrittura attribuisce al nostro Dio anche ali e saette, ( Sal 17,8; Sal 17,15; Sal 35,8 ) ma non per questo diamo culto a Cupido. 78.90 - La mansuetudine apostolica Tu giungi al punto di rimproverarmi di non aver mantenuto quel garbo che avevo promesso di osservare nell'esordio, perché facendo menzione dei Manichei avrei trasceso nel tono dicendo: " Come Satana, secondo la parola del Signore, non può scacciare Satana, ( Mc 3,23 ) così l'errore dei Donatisti non può abbattere l'errore dei Manichei ", quasi avessi paragonato Petiliano a Satana e non piuttosto l'errore, dai cui lacci desidero liberarlo! Meno male che l'Apostolo ci ha premuniti contro simili calunnie nello stesso testo, in cui ci ammonisce ad essere miti, pazienti e modesti, quando riprendiamo chi dissente da noi. Infatti, dopo aver detto: Un servo del Signore non dev'essere litigioso, ma mite con tutti, atto ad insegnare, paziente, dolce nel riprendere gli oppositori, subito dopo aggiunge: Che Dio voglia loro concedere di convertirsi, perché riconoscano la verità e ritornino in sé sfuggendo al laccio del diavolo, che li ha presi nella rete per asservirli alla sua volontà. ( 2 Tm 2,24-26 ) Ecco la mansuetudine apostolica! Trattiamo con calma, pazienza e moderazione coloro ai quali ci manda; egli dichiara prigionieri del demonio quegli stessi, ma non per questo ha perduto la mansuetudine che raccomandava, poiché non ha voluto tacere la verità che insegnava. 79.91 - Agostino si difende dall'accusa di manicheismo Ma giudica tu stesso il ruolo che stai giocando. Da una parte definisci il mio linguaggio insolente e crudele, dall'altra cerchi di aizzare contro di noi coloro che non vuoi che si riuniscano per disputare. Con ciò non voglio dire che a te piace litigare. Senza dubbio lo fai con molta discrezione e tatto, ma quasi trasversalmente scagli contro di me parole che non mi riguardano affatto. Ciò che penso infatti della falsa ideologia dei Manichei, la più pestilenziale, che tutti i cristiani devono anatemizzare, se mi fossi limitato soltanto a menzionarla senza fornirne le prove nei miei molti e svariati libri, voi non avreste motivo, anche in questo caso, di calunniarmi. La Chiesa cattolica non si meraviglierebbe di vedermi attaccare calunniosamente da voi, che ricorrete a false accuse contro tutta la cristianità universale nei confronti di molte Chiese, incluse le prime che si sono propagate con la fatica degli Apostoli. Dato che chi lo desidera può leggere i miei numerosi scritti contro i Manichei, i quali per qualche tempo mi avevano sedotto appena adolescente, costui non sarà tanto sciocco da giudicarmi in base alle vostre parole anziché con i suoi stessi occhi e sentimenti. 80.92 - È la causa della Chiesa che stiamo trattando, non la mia Tu dici: " Però esiste una lettera del vostro primate, scritta sul tuo conto e di cui ignoro il contenuto, in cui si oppose alla tua ordinazione: i nostri, e non pochi, la possiedono ". Non mi preoccuperei affatto di essa, anche se colui al quale si attribuisce non aveva espresso la sua opinione favorevole su di me, condannando quella calunnia e falsità. Tanto meno se ne preoccupa la Chiesa cattolica, la cui causa difendiamo contro di voi, causa che si appoggia su tali e tante testimonianze divine, che nessuna testimonianza umana, da qualunque parte venga, vera o falsa, possa privarla della verità di cui essa gode! Finiscila con queste storie: non sono che un uomo! È la causa della Chiesa che stiamo trattando, non la mia, dico la causa della Chiesa, che ha appreso dal suo Redentore a non riporre la speranza in alcun uomo. D'altronde, non sarebbe prudente credere a ciò che dite, anche se foste miei intimi, poiché mi siete ostili. Per quanto attiene la stima degli uomini, dispongo di una moltitudine di testimoni che mi conoscono bene, ma al cospetto di Dio non ho che la mia coscienza. Benché la conservi imperturbabile di fronte alle vostre accuse, non per questo tuttavia ho l'ardire di giustificarmi sotto lo sguardo dell'Onnipotente. Spero di più nell'abbondante effusione della sua misericordia che non nell'esame inappellabile del suo giudizio, fissando il pensiero su ciò che è scritto: Quando il re giusto siede sul suo trono, chi si glorierà di avere un cuore puro, o chi si vanterà di essere senza peccato? ( Pr 20,8-9 ) 81.93 - Sull'aia del Signore, se sono cattivo sono paglia, se sono buono sono grano Però, ai fini della questione che stiamo dibattendo fra noi, che importa sapere chi sono io, poiché sull'aia del Signore, se sono cattivo sono paglia, se sono buono sono grano? Voi, invece, se sarete grano, dando ascolto all'ammonizione di Cipriano, prima del tempo della vagliatura non rifuggirete dalla paglia che vi è frammista. Per questo noi, quando incontriamo tra voi un peccatore notorio, con ragione ve lo rinfacciamo, poiché tutta la vostra difesa consiste nel dire che vi siete separati per non perire contagiati dai peccati altrui. Da qui deriva che vi gloriate di aver creato un nuovo tipo di aia, in cui o c'è solo il grano buono o appare solo il grano buono; e in questo caso non è necessario un vagliatore, ma un controllore. Sì, il vostro Parmeniano, mettendo a confronto la vostra risplendente purezza con la nostra immondizia, ha osato far intervenire il profeta Geremia quando dice: Che cosa ha in comune la paglia con il grano? ( Ger 23,28 ) Questo lo disse, come si desume dal contesto, per coloro che mettevano sullo stesso piano gli oracoli divini e i loro sogni. In tale lettera di Parmeniano appare in tutta evidenza la vostra arroganza e l'orribile superbia, poiché in essa egli ha proclamato, in contrasto con le divine Scritture e gli ammonimenti di Cipriano, che voi siete come puro frumento mondato dalla paglia, prima della ventilazione finale che il mondo attende. 82.94 - Riassunto del libro Quale rimedio più opportuno, dunque, vi poteva essere offerto contro questo orgoglio assolutamente falso dell'affare dei Massimiani? Tutte le invettive che solitamente scagliate contro di noi trattandoci da traditori, le avete amplificate, dopo la loro condanna, contro i Massimiani, che prima avete condannati e poi avete accolti. Ci presentate anche in modo odioso davanti agli imperatori, come se fossimo i vostri persecutori. Voi, sì, avete perseguitato i Massimiani davanti ai giudici che inviarono gli stessi imperatori! Contestate che non si può dare il battesimo della Chiesa al di fuori della Chiesa, però non avete annullato il battesimo in quelli che lo avevano ricevuto dai Massimiani durante la loro permanenza nello scisma criminale. Se si doveva agire così per conservare la pace dell'unità, non avete più alcun motivo per accusarci; se invece non si doveva agire così, non accusateci, pena la vostra autocondanna! Non voglio fartela troppo lunga. Infatti anch'io potrei cavarmela brevemente, richiamando alla tua memoria ciò che è stato detto contro di te. Ma adesso pensa solo a una cosa: mettiti davanti agli occhi la causa dei Massimiani. Se potrai rispondermi al riguardo, affronta il resto; se invece non lo potrai, ti conviene mettere il cuore in pace anziché recalcitrare contro lo stimolo. Libro IV 1.1 - Agostino decide di trattare con Cresconio unicamente la causa dei Massimiani Benché abbia già risposto, Cresconio, in modo coscienzioso ed esauriente con tre libri piuttosto consistenti alla tua lettera, con la quale hai creduto tuo dovere difendere gli scritti di Petiliano contro i miei che li confutavano, tuttavia anche con quest'opera più breve ho deciso di trattare con te unicamente la causa dei Massimiani, e dimostrare, da questa sola, quanto sia inefficace e vano tutto ciò che hai scritto in quella lettera. In effetti, non conviene sciupare il beneficio, che Dio si è degnato dispensare a noi per economizzare lo sforzo di persuasione e a voi per favorire la correzione, se siete saggi. A vostra insaputa e senza un nostro intervento, Dio ha talmente dominato la mente dei vostri vescovi - proprio loro che accusavano l'intera cristianità di essersi inquinata con i peccati altrui attraverso la comunione dei sacramenti, anche se falsi e non provati - da costringerli a confessare nella causa di Massimiano che, pur partecipando della stessa comunione nei sacramenti, non erano stati macchiati dai peccati di coloro che avevano condannato, ai quali avevano concesso una proroga per ritornare come se fossero innocenti, anche se avevano escluso i consacranti di Massimiano, almeno quelli che stavano dalla sua parte e avevano condannato Primiano. E quelli che ricusavano di riconoscere il battesimo di Cristo, anche se conferito in quelle Chiese che la fatica degli Apostoli aveva fondato e propagato, sostenendo che al di fuori dell'unica Chiesa non si poteva dare il battesimo e incolpandoci di non invalidare il battesimo amministrato da quelli che per noi non appartengono alla vera Chiesa, ebbene, proprio costoro accoglievano i battezzati nello scisma sacrilego di Massimiano e non osavano invalidare il loro battesimo. Coloro che ci accusano poi del crimine di persecuzione, cogliendo il pretesto dalle leggi emanate dagli imperatori cristiani, in cui si ordina di reprimere la loro perversità, si rivolgevano ai giudici inviati dagli stessi imperatori, denunciando Massimiano e i suoi compagni con gravi accuse; citavano negli atti proconsolari il concilio in cui li avevano condannati, ottenevano infine contro di loro ordini efficacissimi per espellerli dalle loro sedi. Dopo tutte queste gesta, tentano ancora di buttar polvere negli occhi degli sprovveduti, ma le sante Scritture e le molte e inoppugnabili prove sui primi accadimenti che ebbero luogo quando si separarono dall'unità, come anche le loro imprese più recenti e gli esempi dati, hanno inflitto loro una evidentissima sconfitta. 2.2 - L'eloquenza, non è nemica della verità Dunque, tratterò soltanto di questo; partendo da qui, risponderò a tutte le parti della tua lettera, con l'aiuto di Dio, senza alcuna difficoltà, anzi, con grande facilità. Cominciamo, in primo luogo, da una delle tue contraddizioni: hai voluto vituperare eloquentemente l'eloquenza, come se fosse nemica della verità e patrona piuttosto della menzogna, per presentarmi in tal modo agli incompetenti come uomo eloquente, e quindi da evitare e fuggire. Se la mia eloquenza fosse realmente così brillante come me l'attribuisci, sia pure per accusarmi, non dovresti forse sentirti obbligato a lodare l'eloquenza dopo aver letto il decreto del concilio di Bagai, nel quale, sono parole testuali, " Massimiano, avversario della fede, corruttore della verità, nemico della madre Chiesa, servitore di Datan, Core e Abiron, è stato espulso dal grembo della pace con il fulmine della sentenza "? Se poi mi venisse proposto di trattare questa materia, quando mai potrei dire: " Benché l'alveo di un utero avvelenato abbia celato per molto tempo il parto nocivo di un seme viperino e i coaguli umidi del crimine, una volta concepito al lento tepore, si siano trasformati in membra d'aspidi, tuttavia, il virus concepito, una volta scomparsa la membrana protettrice, non lo si poté più occultare. Infatti, anche se tardi, i desideri, gravidi di malvagità, diedero alla luce l'iniquità pubblica e il suo parricidio "? Quando mai mi sarei torturato il cervello per andare alla ricerca di queste parole, e mi sarei abbassato ad esprimerle così? Quando mai avrei messo tanta enfasi, tante parole altisonanti per eccitare l'animo del lettore o dell'ascoltatore ad aborrire le colpe? Comunque, forse per questo tali invettive sono meno veritiere per coloro contro i quali sono lanciate? A causa di questa eloquenza diminuisce forse la credibilità o viene messa in crisi l'autorità di un tale concilio? Affatto! Fu scelto in assoluto il testo che parve più eloquente, perché tutti lo hanno voluto fare proprio, affinché in quell'uno risuonassero le bocche silenti dei trecentodieci. Ecco l'eloquenza che hai vituperato, che hai ammonito di detestare ed evitare come sediziosa e maliziosamente artificiosa, anche per il nome di derivazione greca; ecco l'eloquenza che sedusse tanti vostri vescovi al punto che nel loro concilio plenario nessuno volle pronunciare la loro sentenza particolare, ma ciascuno fece sua soltanto quella, la più eloquente ed elegante che riuscì a comporre uno di loro. Allora sia concesso anche a noi di disputare senza animosità per combattere gli errori degli uomini con un linguaggio non del tutto grossolano, se fu concesso a tali e tanti vostri vescovi di condannare gli stessi uomini con un linguaggio così eloquente e fiorito. 3.3 - I Donatisti preferiscono coprire con un pretesto una mala causa, anziché risolverla con la discussione Tu hai da ridire anche su quell'anelito di lottare per la verità, che chiami con il nome peggiorativo di contesa e animosità. Sovente abbiamo voluto conferire con i vostri per eliminare l'errore e ristabilire la gioia della carità fraterna con il vincolo della pace. Ora, ascoltami, non sarebbe meglio che i vescovi trattassero fra di loro la causa della verità e dell'unità con un linguaggio pacifico e in sedi più tranquille, anziché vedere vescovi che litigano nel foro con il patrocinio degli avvocati? Questo è ciò che fecero i partigiani di Primiano, il vostro vescovo di Cartagine, davanti al legato di Cartagine e a quattro o più proconsoli contro Massimiano e contro quelli che furono condannati con lui nel celebre concilio di Bagai. Certo, durante una conferenza per discutere una causa si deve evitare che il dibattimento sfoci in un litigio, cosa che gli spiriti moderati e miti sono in grado di fare e ordinariamente fanno. Quando invece la controversia finisce in tribunale con avvocati in conflitto fra loro a pro di una o dell'altra parte, si finisce senz'altro con il litigare. Neppure questo io rimprovero ai vostri, se a ciò sono indotti non dal gusto della lite, ma dalla necessità di rendere un servizio. Tuttavia ti avverto, uomo dotato di buon ingegno, di prestare attenzione, di renderti conto, di capire bene: quelli che non hanno evitato, ma piuttosto hanno accettato e praticato lo strepito del foro e gli alterchi giudiziari per confutare gli accusati ed espellere quelli che già avevano condannato nel concilio, avrebbero potuto dibattere pacificamente con noi con ben maggiore facilità, se non avessero preferito coprire con un pretesto una mala causa, anziché risolverla con la discussione. 4.4 - Si discute da chi è conveniente ricevere il battesimo Or dunque, prima di iniziare a parlare di ciò che ho contestato a Petiliano, mi domandi, di passaggio, da chi è conveniente che tu riceva il battesimo: da colui che lo possiede e io posso darne garanzia, oppure da colui che non lo possiede, come sostiene il tuo uomo. Anche tale questione, in seguito alla causa di Massimiano, è stata sottratta alle vane discettazioni degli incompetenti, almeno per ciò che vi riguarda, poiché per i Massimiani resta tuttora in piedi. I vostri, infatti, hanno condannato Massimiano per il sacrilegio dello scisma, che Primiano aveva già condannato quando era suo diacono, e dal quale, con la cospirazione di moltissimi colleghi, era stato a sua volta condannato; insieme a lui i vostri condannarono subito dopo, con la stessa sentenza, i suoi dodici consacranti. Fra questi c'erano due, Pretestato d'Assuras e Feliciano di Musti, che i vostri denunziarono al tribunale proconsolare e comprovarono la loro condanna da parte del concilio di Bagai, allegando detta sentenza attraverso i loro avvocati. Quindi tentarono di espellerli, su ordine del proconsole, dai luoghi che essi occupavano, senza riuscire nell'intento; allora riammisero entrambi nella loro comunione, conservandoli nella loro piena dignità. Contemporaneamente si riappacificarono con i loro fedeli, senza ribattezzare chi aveva ricevuto il battesimo nello scisma. 4.5 - Il decreto del concilio di Bagai che condanna i Massimiani Esiste un decreto del concilio di Bagai, allegato presso il tribunale del proconsole dall'avvocato dell'accusa Nummasio, per reclamare la restituzione della chiesa di Membressa alla comunione di Primiano e l'espulsione di Salvio, che l'occupava da molto tempo essendosi guadagnato l'episcopato nel partito di Donato. Nummasio sollecitava l'espulsione di costui, perché aveva letto questo nome fra i dodici - per errore lui parlava di undici - consacranti di Massimiano, condannati dal concilio di Bagai. La richiesta di Nummasio fu letta in seguito da Tiziano, il quale patrocinava la causa espressamente e nominalmente presso il proconsole contro Pretestato e Feliciano. Ecco le parole dell'avvocato Tiziano: "Purtroppo l'iniquità si compiace dei suoi progetti e non rinunzia a se stessa, quando ormai è precipitata verso la rovina. È per questo che Massimiano continua a fomentare la sua iniziale audacia e incita altri alla sua stessa follia. Tra costoro c'è un certo Feliciano, il quale, dopo aver seguito dapprima la retta via, si è lasciato corrompere dal contagio di questa depravazione; egli ha la sua sede nella città di Musti e ha creduto suo dovere di occupare, con una sorta di occupazione militare, le mura della venerabile chiesa, consacrate a Dio onnipotente. Anche Pretestato, nella regione di Assuras, segue le sue orme. Ma quando l'assemblea dei sacerdoti ha fatto ricorso al potere della tua giustizia, tu hai giudicato opportuno, come ne fanno fede gli atti, di respingere ogni tentativo di opposizione e di restituire ai venerabilissimi sacerdoti le chiese che avevano reclamate ". Poco dopo, per mostrare ciò che era stato stabilito, lo stesso avvocato legge la richiesta di Nummasio che ho riferito poco sopra. Essa riporta queste parole del proconsole a Nummasio: " Leggi la sentenza dei vescovi ", e si lesse ad alta voce il famoso decreto di Bagai, nel quale Massimiano è condannato con i suoi in questi termini: " Massimiano, nemico della fede, corruttore della verità, nemico della madre Chiesa, ministro di Datan, Core e Abiron, è stato espulso dal grembo della Chiesa con il fulmine della nostra sentenza, e se la terra non si è ancora spalancata per inghiottirlo, è perché il cielo se lo è riservato per un supplizio maggiore. Rapito infatti ai vivi, egli avrebbe di fatto pagato la sua pena con una morte repentina. Ora invece raccoglie gli interessi ben più alti del suo debito: benché morto si trova in mezzo ai vivi ". Subito dopo viene riportata la sentenza di Bagai contro quei dodici consacranti di Massimiano con queste parole: " Costui non è il solo che si vede condannato da una giusta morte per il suo crimine; questa catena del sacrilegio coinvolge nella complicità del crimine una moltitudine. Di essi è scritto: Veleno d'aspidi è sotto le loro labbra, la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza. I loro piedi corrono veloci a versare sangue; afflizione e infelicità sono sul loro cammino e la via della pace non conoscono. Non c'è timore di Dio davanti ai loro occhi. ( Rm 3,13-18 ) Certo, nessuno di noi vorrebbe, per così dire, che fossero recisi dalla giuntura del proprio corpo, ma come in caso di infezione mortale una piaga in cancrena riceve maggior sollievo da una amputazione, che non miglioramento da un trattamento più blando, così è stato trovato un rimedio più salutare, per evitare che il virus inoculi il suo veleno in tutte le membra: ricorrere a un dolore concentrato per eliminare la piaga aperta. Perciò i colpevoli di questo crimine famigerato: Vittoriano di Carcabia, Marciano di Sullecto, Beiano di Beiana, Salvio di Ausafa, Teodoro di Usala, Donato di Sabrata, Miggene di Elefantaria, Pretestato di Assuras, Salvio di Membressa, Valerio di Melzi, Feliciano di Musti e Marziale di Pertusa, la cui funesta opera di perdizione ha formato un ammasso lutulento in un vaso sordido, come anche i chierici che un tempo facevano parte della Chiesa di Cartagine, i quali, assistendo al misfatto, hanno fatto da intermediari a questo incesto illecito, sono stati condannati, sotto la presidenza e per ordine di Dio, dalla bocca veridica del concilio universale. Sappiatelo! ". Dopo la condanna di questi individui, fra i quali si leggono i nomi di Pretestato d'Assuras e di Feliciano di Musti, con i quali essi, come ho detto sopra, dopo aver ottenuto contro di loro i richiesti provvedimenti del proconsole si sono in seguito accordati, a coloro che continuavano a persistere nello scisma di Massimiano, compresi i condannati da Primiano, in considerazione del fatto che non erano intervenuti alla consacrazione di Massimiano, concessero nello stesso concilio di Bagai una dilazione, delimitata da un giorno ben determinato, e contenuta nei seguenti termini: " Quanto a coloro che non hanno macchiato i germogli dell'arbusto sacrilego, cioè coloro che per un pudico rispetto della fede ritirarono dal capo di Massimiano le proprie mani, a questi abbiamo permesso di rientrare nella madre Chiesa. Infatti, se da una parte siamo purificati dalla morte dei rei, dall'altra ci rallegriamo per il ritorno degli innocenti. E perché la brevità del tempo concesso per il ritorno, che urge a causa del ridotto numero di giorni, non tolga la speranza della salvezza, noi spalanchiamo le porte dell'ammissione a tutti quelli che riconosceranno la verità fino al giorno ottavo delle calende del prossimo gennaio, pur restando in vigore le decisioni precedenti; così, al loro ritorno, otterranno il pieno riconoscimento della loro dignità e della loro fede. Se qualcuno non vorrà entrare per pigrizia e indolenza, sappia che da solo si è sbarrato volontariamente il facile ingresso. Costoro resteranno soggetti alla suddetta sentenza e alla penitenza prefissata per quelli che tornano dopo il tempo stabilito ". 5.6 - Quanto premeva ai Donatisti di chiedere sul sacramento del battesimo è già stato risolto nella causa dei Massimiani In seguito a tutto ciò, alcuni sono ritornati alla vostra comunione, e voi non lo negate; del resto, per un fatto così recente sono tuttora vivi alcuni protagonisti della vicenda di cui si tratta, il ricordo è ancora fresco, la notizia è troppo conosciuta e circostanziata. Ora, tanto i beneficiari della dilazione - e le parole dello stesso concilio lo indicano abbastanza chiaramente: essi li invitano a ritornare alla madre Chiesa e si felicitano per il loro ritorno come se si trattasse di innocenti - come gli altri che hanno condannato insieme a Massimiano senza interporre alcuna proroga, hanno conferito il battesimo al di fuori della vostra Chiesa, sia fino al giorno dello scadere della proroga, quando erano in comunione con Massimiano e si trovavano coinvolti nello stesso scisma, sia oltre il giorno della proroga, quando l'avvocato Tiziano sollecitava espressamente per Pretestato e Feliciano l'espulsione dalle basiliche, e con i quali successivamente Primiano giunse ad un accordo, riconoscendo integralmente la loro dignità. Come osate dire ancora che non si può dare l'unico battesimo se non nell'unica Chiesa, dal momento che senza discussione alcuna avete riconosciuto, avete accettato, non avete avuto il coraggio di rescindere il battesimo che costoro hanno conferito nello scisma sacrilego? E non potete dire neppure di non aver offerto nulla a coloro che avete ammesso nello stesso battesimo. Se vi domando, allora, che cosa gli avete dato, certamente risponderete: perché non perissero nel sacrilegio dello scisma, perché avessero il battesimo di Cristo come premio e non come castigo, come salvezza e non come rovina, come avviene per il carattere militare nei disertori, gli abbiamo dato la pace, gli abbiamo dato l'unità, gli abbiamo dato la società della Chiesa, affinché meritassero di ricevere lo Spirito Santo, per mezzo del quale la carità è diffusa nei nostri cuori, ( Rm 5,5 ) e senza il quale nessuno può giungere al regno dei cieli, anche se la sua anima è impregnata di tutti i legittimi sacramenti. La vostra risposta sarebbe veritiera se foste nella vera Chiesa. Comunque, è sufficiente richiamare alla vostra attenzione questo: dovete comprendere che voi riceverete nella vera Chiesa ciò che avete creduto che hanno ricevuto nella vostra comunione quelli che battezzarono nello scisma sacrilego di Massimiano e poi ritornarono con essi fra voi; in tal modo anche voi sarete meritevoli di punizione se, dopo aver ricevuto il battesimo di Cristo, non farete parte dell'unità della Chiesa cattolica, così come non esitereste a punire senz'altro coloro che furono battezzati nello scisma di Massimiano, se poi non si unissero alla vostra comunione, il cui battesimo avete creduto bene di non annullare al loro ritorno. Tu vedi ormai che quanto ti premeva di chiedere sul sacramento del battesimo è già stato risolto nella causa dei Massimiani. 6.7 - Come i seguaci di Massimiano si chiamano Massimiani, così i seguaci di Donato si chiamano Donatisti Ed ora veniamo alle argomentazioni, con le quali hai creduto di aver confutato la mia lettera. La prima domanda è perché io chiamo Donatisti i vostri adepti, dal momento che Donato, aggiungi tu, non è stato il creatore e l'organizzatore di una Chiesa che prima non era esistita, ma fu uno dei vescovi della Chiesa che deriva da Cristo ed esisteva già. Tu però non tieni conto che anche Massimiano dice questo di se stesso, eppure chiamate con il nome di lui tutta la sua comunione. Neppure lo scisma che lui ha creato voi lo distinguete con un altro vocabolo da voi o da altre sètte, ma con quello o di Massimianisti o di Massimiani o qualche altro derivato dal nome di Massimiano; oppure lo denominate più semplicemente, senza temere di essere bacchettati dai grammatici: partito di Massimiano. Vorrai forse sostenere, a questo proposito, che Massimiano si sia separato dalla vostra comunione, mentre Donato non ha fatto la stessa cosa con la comunione cattolica? Eppure Massimiano non dice questo. Egli afferma piuttosto che Primiano e tutti voi vi siete separati dal partito di Donato, nel quale lui è restato, e cita i decreti dei concili: il primo, che ebbe luogo a Cartagine alla presenza di quarantatré vescovi, e anticipò la condanna di Primiano; l'altro, celebrato in Cabarsussa da cento o più vostri vescovi di allora, che gli inflisse una condanna più severa e definitiva. Che cosa risponderai a chi esibirà questi documenti, se non che il concilio di Bagai aveva un'autorità maggiore, nel quale trecentodieci vescovi condannarono lo stesso Massimiano e i suoi compagni, e che Primiano in quella sede non difendeva la propria causa davanti a loro adoperandosi per essere assolto, ma insieme ad essi sedeva per esaminare la causa, come se fosse il giudice più innocente, pronunciava la sentenza contro Massimiano e i suoi dodici compagni, alla cui presenza era stato consacrato, e fissava un periodo di proroga, entro il quale invitava a rientrare nella sua propria pace tutti gli altri vescovi, come se fossero innocenti, dai quali lui stesso era stato condannato? 7.8 - Confronto fra Primiano-Massimianisti e Ceciliano-Donatisti In questa vostra contesa, quale arbitrato volete che portiamo, noi, che non apparteniamo né alla comunione di Massimiano né alla vostra? Quale giudizio, dico, volete che diamo sulla questione, se non che, di fronte ai due concili che condannarono Primiano, l'unico concilio posteriore di Bagai che condannò Massimiano, deve valere a favore di quello? In effetti, noi consideriamo tale decisione tanto più fondata, quanto più, essendo posteriore, ha potuto giudicare i concili antecedenti. Ecco un punto su cui prendiamo le vostre parti; ben diverso sarebbe il nostro punto di vista sulla causa dei Massimiani, se ci fossimo azzardati ad esprimere un nostro parere. Su tale questione, lo ripeto, siamo dalla vostra parte. Il terzo giudizio, quello di Bagai, è stato pronunziato a favore di Primiano e contro Massimiano e i suoi colleghi; in quanto posteriore poté giustamente annullare i precedenti. Tuttavia non abbiamo letto né sentito parlare di alcun appello, fatto da Primiano, dai primi due giudizi a un terzo; noi sappiamo soltanto che lui era assente quando subì la prima condanna, provvisoria, e la seconda, definitiva. Però anche contro Massimiano e i suoi compagni fu pronunciata quella sentenza così forbita di Bagai mentre erano assenti. Certo, i quarantatré vescovi riuniti a Cartagine diedero prova di maggiore moderazione, tatto e diligenza, poiché inviarono non una, ma due e tre volte, i loro delegati allo stesso Primiano, affinché, nel caso non volesse personalmente presentarsi davanti a loro, permettesse loro di recarsi da lui. Invece ricusò i due inviti, come essi scrivono, mettendo alla porta gli inviati con ingiurie; per questo avvertirono ormai l'incombente necessità di provvedere al bene della Chiesa. Così, non avendo per il momento il coraggio di emettere in maniera affrettata una sentenza definitiva, prima optarono per una sorta di giudizio provvisorio, al fine di lasciargli la possibilità, qualora fosse certo del diritto della sua causa, di rispondere e discolparsi davanti ad un successivo e più numeroso concilio. E poiché Primiano non volle andare, i vescovi giudicarono che ormai era necessario condannarlo senza alcuna sospensione della sentenza. Invece nel decreto del concilio di Bagai, non solo non si legge che Massimiano abbia trattato male i legati, ma neppure che egli fosse invitato a venire; rileviamo tuttavia che fu alzato altare contro altare, e fu ordinato un vescovo contro quel vescovo, che sedeva sulla cattedra nella quale era stato ordinato, senza che l'assemblea del suo popolo lo abbandonasse né la maggioranza dei vescovi rompesse la comunione con lui. Era stata tanta l'indignazione provocata dallo scisma sacrilego, che ormai non si poteva differire più la condanna di Massimiano né quella dei suoi consacranti. 7.9 - Questi sono i fatti, ma non per questo vi commuovono a favore di Ceciliano Contro di lui, che rimaneva alla guida del suo popolo, si alzò altare contro altare, e fu ordinato Maggiorino. Contro di lui voi non opponete due giudizi, come i Massimiani contro Primiano, ma uno solo, accelerato con la velocità di una orrenda temerarietà. Lui non si negò, a differenza di Primiano che si rifiutò di ricevere i propri colleghi, ma li invitò piuttosto a venire. La qual cosa neppure loro nel decreto del concilio, che emisero contro di lui, poterono dissimulare. In suo favore, non una sola sentenza, come per Primiano, ma ben quattro successive sentenze sono state emesse. I suoi avversari, non assenti come quelli di Primiano, ma presenti, furono confutati davanti a quei giudici, che essi avevano accettato perché giudicassero la causa; in un secondo momento anche davanti allo stesso imperatore Costantino, presso il quale prima avevano accusato Ceciliano e successivamente avevano sporto querela contro i vescovi che lui in persona aveva designato come giudici, come se non avessero giudicato a norma del diritto; davanti a lui interposero nuovo appello per un secondo giudizio episcopale, in modo tale che anche dopo l'uno e l'altro giudizio dei vescovi, l'imperatore stesso istruisse il processo fra le due parti: essi persero la causa; infine non mancò loro anche una quarta sconfitta. Infatti, essendo stato accertato che le loro accuse contro Ceciliano erano calunnie, ed avendo sollevato contro di lui la questione della tradizione, rimproverata al suo consacrante Felice d'Aphthungi, lo stesso Felice fu assolto nel giudizio proconsolare, che aveva istruito la causa per mandato dello stesso Costantino, importunato dalle loro insistenti interpellanze. I Massimiani non fecero certamente queste vessazioni contro Primiano, né furono sconfitti tante volte, né furono vinti essendo presenti, né furono condannati dai giudici che avevano scelti personalmente. E tuttavia, fatto ben noto, essi si sono separati dalla vostra comunione, mentre voi non volete ammettere che i vostri abbiano spezzato la comunione cattolica. Non riesco proprio a capacitarmi con quale impudenza e folle animosità! Se pretendete infatti che sia vero tutto ciò che dite di Ceciliano e di Felice, suo consacrante, dal momento che circa settanta vescovi hanno giudicato la questione, perché non volete che sia vero ciò che si dice di Primiano, poiché prima l'hanno giudicato quarantatré vescovi, poi altri cento vescovi che hanno confermato con il loro successivo giudizio il primo giudizio provvisorio? Se poi considerate false le accuse contro Primiano perché il concilio posteriore di Bagai si è espresso a suo favore e contro i suoi nemici, perché non volete confessare la falsità assoluta delle accuse lanciate contro Ceciliano, a favore del quale si leggono tanti giudizi posteriori? Se Ceciliano, contro il quale si sono pronunciati una sola volta i settanta vescovi, ormai aveva preclusa la possibilità di giustificarsi davanti ad altri giudici, anche Primiano non avrebbe dovuto averla più, poiché ben più di settanta vescovi, confermando la loro prima sentenza, lo avevano condannato dopo una seconda indagine. Se un imputato, già condannato due volte, ottiene con un terzo giudizio a lui favorevole un appoggio più che sufficiente, perché sostenete, non so con quale faccia di bronzo, che a chi è stato condannato una volta sola non basta per la sua assoluzione un secondo, un terzo, un quarto e un quinto giudizio? Se, per caso, il numero vi impressiona, per cui pensate che di fronte ai cento vescovi che condannarono Primiano, il concilio di Bagai valga ben più con i suoi trecentodieci vescovi, perché di fronte al numero di gran lunga superiore dei suoi vescovi non volete andare d'accordo con l'universo? 8.10 - Ceciliano incolpato del peccato inespiabile contro lo Spirito Santo Tu rimproveri a Ceciliano il peccato inespiabile contro lo Spirito Santo, del quale dice il Signore: Non gli sarà perdonato né in questo secolo, né in quello futuro. ( Mt 12,32 ) Noi pure potremmo parlarvi di Feliciano di Musti, che ancor oggi è vostro vescovo a fianco di Primiano, uno di quelli che hanno consacrato Massimiano e condannato Primiano. Voi non avete ribattezzato coloro che lui ha battezzato anche durante il suo scisma sacrilego, ma intanto gli avete rinfacciato il peccato contro lo Spirito Santo, perché lo avete incolpato del sacrilegio, come è stato proclamato con enfasi nella sentenza del concilio di Bagai. Voi pensate che abbiano contratto il reato irremissibile del peccato contro lo Spirito Santo coloro che accusate di aver consegnato le divine Scritture ai persecutori perché le bruciassero, poiché è sotto l'impulso dello Spirito Santo che gli uomini di Dio hanno redatto le medesime Scritture; ( 2 Pt 1,21 ) allo stesso modo anche noi potremmo lanciare la stessa accusa, e con maggior ragione, non solo ai vostri, che gli atti processuali inchiodano, ma potremmo anche obiettare che voi avete rinfacciato la stessa cosa anche a Feliciano, come ho detto, accusandolo del crimine dello scisma sacrilego, poiché è nello Spirito Santo che si conserva l'unità della carità e della pace, come dice l'Apostolo: Sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace, ( Ef 4,2-3 ) che certamente viola chi causa uno scisma. Ma noi né vi rimproveriamo per il reato di questo peccato insolubile ed eterno, che si commette contro lo Spirito Santo, poiché non disperiamo che possiate guarire se vi correggete finché siete in questa vita; né lo rimproveriamo ai vostri che hanno consegnato al fuoco i sacri Codici, a meno che essi non si siano separati dall'unità mantenendo fino al termine della vita il loro cuore impenitente. E voi fate vedere che questo non l'avete rimproverato a Feliciano e Pretestato, con i quali in seguito avete ristabilito la comunione; di essi si legge che, trascinati dalla catena del sacrilegio al consorzio del crimine con Massimiano, furono condannati dalla bocca veridica del vostro concilio plenario, ma voi, passato il periodo di proroga, che certo non era stato accordato ad essi già condannati, ma agli altri considerati innocenti, li avete accolti, come è comprovato. 9.11 - Sulla derivazione del termine "donatista" dal nome di Donato A te non piace la derivazione del termine " donatista " dal nome di Donato, e preferisci formare la parola secondo la regola della locuzione latina. Non sottovaluto la tua osservazione; tuttavia vai a cercare i grammatici come giudici per discutere di quest'arte con i Massimiani e confondere questi ultimi. Ormai non voglio più chiamarli Massimianisti per non offendere orecchie così erudite come le tue; certo che loro, posso ben crederlo, non ti concederanno così facilmente come ho fatto io di chiamare Claudiani o in altro modo quelli che hanno chiamati Claudianisti, quando, fra le altre accuse che motivarono la condanna sia provvisoria che definitiva, denunciarono Primiano di averli ricevuti nella loro comunione. Nello stesso tempo devi riconoscere che non sono l'unico a preferire questa regola della declinazione, di cui mi rimproveri, ma che forse sono l'unico che in questa materia, la quale non ha alcun rapporto con la questione, ha ceduto così facilmente. 10.12 - Perché quello dei Donatisti è un errore sacrilego Tu mi hai considerato degno di riprensione più severa perché ho detto: " L'errore sacrilego degli eretici Donatisti ", chiamando eresia ciò che tu preferisci sia considerato scisma, e perché nonostante questo noi li accogliamo nella nostra comunione senza far loro espiare il sacrilegio. Ebbene, tu che ci rimproveri con tanta virulenza su tale questione, spiegaci come i vostri hanno fatto espiare il sacrilegio di Feliciano e Pretestato, con i quali in seguito sono entrati in comunione, unendoli a sé e reintegrandoli nella dignità episcopale antecedente, senza ribattezzare alcuno di quelli che essi avevano battezzato durante lo scisma sacrilego. Non erano, forse, macchiati dal sacrilegio dello scisma, come vanno delirando alcuni dei vostri, affermando che costoro non avevano peccato contro Dio, ma contro un uomo? Ora, in tanto il sacrilegio è un peccato più grave, in quanto non si può commettere se non contro Dio. Per questo nella tua disputa hai creduto di non dovermi riprendere perché accogliamo coloro che passano dai vostri ranghi ai nostri, ma solo perché ho detto che il vostro è un errore sacrilego. Leggi allora il concilio di Bagai. Queste infatti sono le prime parole del decreto: " Quando per la volontà di Dio onnipotente e del suo Cristo abbiamo celebrato il concilio nella chiesa di Bagai, noi, Gamalio, Primiano, Ponzio, Secondiano, Ianuariano, Saturnino, Felice, Pegasio, Rufino, Fortunio, Crispino, Fiorenzo, Ottato, Donato, Donaziano e gli altri in numero di trecentodieci, piacque allo Spirito Santo che è in noi di stabilire una pace perpetua e di troncare gli scismi sacrileghi ". Senti? Ti rendi conto? Fai attenzione? Essi parlano di " troncare gli scismi sacrileghi ". Quando veniva pronunciata questa sentenza, Massimiano era forse l'unico colpevole del crimine di sacrilegio in questo scisma per la sua malvagia perversità, diretta non contro un uomo, ma contro Dio? Leggi poco dopo ciò che dicono dei suoi compagni, fra i quali figurano i nomi di coloro di cui si sta trattando:" E costui non è il solo - dicono - condannato con giusta morte per il suo crimine; la catena del sacrilegio trascina anche una moltitudine nella complicità del crimine ". 11.13 - L'avvenuta espiazione di Pretestato e Feliciano Come va, uomo dotato di eloquenza così forbita? Hai qualcosa da dirmi? Leggi quel che segue; osserva Pretestato e Feliciano, legati fra i molti che la catena di quel sacrilegio trascina nella complicità del crimine. Scorgo vescovi sacrileghi. E tu che fai, se non riuscirai a dimostrare la loro avvenuta espiazione? Sì, sarai costretto ad arrenderti alla verità, secondo la quale diciamo che i vostri sono purificati quando vengono a noi, in forza dello stesso vincolo della pace fraterna, e che la carità copre i loro peccati, come è scritto: La carità copre una moltitudine di peccati. ( 1 Pt 4,8 ) Che ne è di coloro che battezzarono individui separati dalla vostra comunione, avvinti con Massimiano alla catena del suo sodalizio sacrilego? Voi li avete ammessi insieme agli altri con lo stesso battesimo nella vostra pace e concordia. E tu che cosa risponderai, se non che voi avete approvato giustamente in loro gli stessi sacramenti, che anche noi approviamo in voi? Saresti più coerente se dessi una risposta di questo tipo, anziché opporti alle parole della tua lettera. In essa, tentando di dimostrare che non si è prodotta tra voi e noi un'eresia, ma piuttosto uno scisma, hai detto che sia noi che voi abbiamo una sola religione, gli stessi sacramenti, senza differenza alcuna nella pratica cristiana. Non avresti potuto lanciare accusa più grave contro la reiterazione del sacramento del battesimo, praticata da voi sui nostri dopo averli sedotti: in tutti, pensi e dici e scrivi che si trovano gli stessi sacramenti. Con quale scellerata sfrontatezza non si conserva in coloro, che l'intera cristianità battezza nella santa unità, ciò che è stato conservato in quelli che Pretestato e Feliciano hanno battezzato nel loro sacrilego scisma? Pertanto, voi stessi avete già liquidato la controversia che ci oppone a voi con la sentenza di accogliere nella concordia dell'altare, senza subire alcuna degradazione, senza reiterazione del battesimo, quelli che erano stati condannati da voi, i quali avevano scongiurato in maniera pressante le loro popolazioni di non unirsi a voi, e giudicarono che era necessario reiterare il battesimo conferito da voi, insieme a quelli che avevano battezzato coloro che erano al di fuori della vostra comunione nel sacrilegio dello scisma, e avete pensato che non erano stati purificati da quel crimine del sacrilegio, se non con il santo fuoco della carità. La realtà sarebbe veramente così, se manteneste la stessa carità nella vera unità. 12.14 - Il testo della lettera di Petiliano Comunque, controlliamo anche il testo della lettera di Petiliano, di cui hai voluto prendere le difese in polemica con me, per vedere come te la cavi in questa causa dei Massimiani, la sola che adesso mi sono proposto di trattare per rispondere alla tua lettera. Egli ha scritto testualmente queste parole: " Si deve considerare la coscienza di colui che dà santamente il battesimo per vedere se purifica quella di chi lo riceve ". E io a lui: " Che succede se la coscienza del ministro è occulta e, per caso, macchiata? Come potrà purificare la coscienza di colui che lo riceve? ". Questione inevitabile per te, poiché non è risolta affatto dalle parole di Petiliano, e tu l'hai affrontata per risolverla con le tue, ma hai parlato non contro di me, bensì contro di lui che hai voluto difendere. Lui infatti dice: "Si deve tener conto della coscienza di chi conferisce santamente il battesimo per vedere se purifica quella di chi lo riceve "; tu invece, avendo sostenuto che non si può penetrare l'intimo occulto della coscienza, hai affermato che dobbiamo attenerci, non a quello che è in se stessa, ma a quel tanto che risulta all'opinione pubblica. Ne consegue che ormai non è più vero che la coscienza di colui che battezza purifica quella di chi è battezzato, ma secondo te è piuttosto l'opinione pubblica su di lui che purifica, la quale certamente inganna colui che vuol capire l'interno, quando vanta la bontà del delinquente, la castità dell'adultero, la religiosità del sacrilego. Essa purifica quando mentisce. Infatti, se l'opinione pubblica dice la verità sul conto di un peccatore occulto, allora non purifica, ma piuttosto macchia chi riceve da costui il battesimo. Vedi dunque la qualità di tale opinione pubblica, che hai voluto eleggere come avvocata di una causa tanto malvagia, dal momento che purifica quando è falsa e macchia quando è veritiera. Ne consegue, in base alla tua strabiliante disquisizione, che l'acqua non è menzognera quando è menzognera l'opinione pubblica! 13.15 - La coscienza malvagia di Feliciano e l'opinione pubblica sul suo conto Ma, a che serve dilungarci in questa discussione, quando oggi Feliciano siede tra i vostri vescovi, lui che si è separato da loro per legarsi a Massimiano con la catena del sacrilegio, e nessuno ha ribattezzato quelli che lui aveva battezzato? Io domando a Petiliano che razza di coscienza avesse allora Feliciano, e leggo il decreto del concilio di Bagai, in cui è scritto: " Costui non è il solo che si vede condannato da una giusta morte per il suo crimine; la catena del sacrilegio trascina anche molti altri nella complicità del crimine. Di essi è scritto: Veleno d'aspidi è sotto le loro labbra, la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza ". ( Rm 3,13-14 ) Di questa moltitudine fa parte anche Feliciano, del quale, malgrado le sue labbra e la sua bocca siano velenose, non avete respinto né rigettato né distrutto l'acqua del suo battesimo, e poiché essa è stata consacrata dalle parole evangeliche nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, qualunque sia stata la lingua e la coscienza di Feliciano, l'avete riconosciuta e accolta non come un'acqua menzognera ma come un'acqua verace. A te, dunque, chiedo che cosa si diceva allora da parte della pubblica opinione sul conto di questo Feliciano, la cui coscienza era stata così malvagia quando battezzava nelle catene del sacrilegio, e cito ancora una volta il testo del concilio: " Dunque, i colpevoli del famigerato crimine: Vittoriano di Carcabia " e, fra gli altri nomi che è tedioso ripetere, " Pretestato di Assuras e Feliciano di Musti, la cui funesta opera di perdizione ha formato un ammasso lutulento in un vaso sordido ", e poco dopo: " sappiate che sono stati condannati dalla bocca veridica del concilio plenario! ". 14.16 - Né la coscienza né la buona reputazione del ministro purifica la coscienza del battezzato, ma la grazia di Dio Che cosa rispondi a questo? Se non battezza chi è separato dalla vostra comunione, leggo che hanno battezzato quelli che erano avvinti a Massimiano nella complicità del crimine. Se non battezza chi pecca contro Dio, leggo che hanno battezzato coloro che sono legati dalla catena del sacrilegio. Se si deve tener conto della coscienza di chi dona santamente il battesimo affinché purifichi quella di chi lo riceve, leggo che individui velenosi hanno battezzato con i morsi d'aspidi. Se si tiene conto della buona reputazione di cui gode il ministro perché la sua coscienza possa purificare, leggo che hanno dato il battesimo i colpevoli del famigerato crimine. Feliciano vive tuttora, e con lui sono ancora tutti quelli che ha battezzato nel sacrilegio dello scisma, accolti nella vostra comunione senza che alcuno li abbia ribattezzati. Contro Petiliano: ecco un sacrilego che battezza con l'anima infetta; contro di te: ecco che battezza un reo del famigerato crimine. Ma qual è, in fin dei conti, il motivo per cui lo difendete, se non quello di arrivare a dire un bel giorno, convinti dalle vostre stesse azioni, ciò che diciamo anche noi? Cioè, che né la coscienza né la buona reputazione del ministro del battesimo purifica la coscienza del battezzato, ma la fede stessa di colui che lo riceve, che però è per grazia di Dio, non dell'uomo. Che se non ci fosse in chi lo riceve la petizione di una buona coscienza e la fede stessa vacillasse in tutto o in parte, allora si dovrebbero correggere i costumi degli uomini, non distruggere i sacramenti, che - lo ammetti - non sono differenti o somiglianti, ma assolutamente identici. Proprio come avete creduto opportuno fare voi: si doveva imporre la correzione della vita e della volontà a coloro che erano stati battezzati da Feliciano e Pretestato durante lo scisma sacrilego, per non lasciarli oltre in quel sacrilegio dello scisma, ma non si doveva violare il loro battesimo, anche quello conferito dai ministri più indegni ai soggetti più indegni. 15.17 - Possono dare il battesimo anche i condannati a causa dei crimini di turificazione, di tradizione e di persecuzione Pertanto hai tentato inutilmente con la tua bocca maledica di accusare la nostra coscienza, come se fosse incriminata pubblicamente e condannata a causa dei crimini di turificazione, di tradizione e di persecuzione, come se partendo da questo fatto tu fossi in grado di dimostrare che noi non possiamo dare il battesimo. Primo, voi lanciate falsità contro di noi; secondo, comunque stiano le cose, ha potuto conferire il battesimo la coscienza dei Massimiani, certamente condannata per il crimine del sacrilegio, battesimo che avete avuto paura di rescindere e, anche con il vostro comportamento, avete insegnato che lo possono dare gli stessi persecutori. Voi che avete perseguitato con tanto accanimento i Massimiani, non solo battezzate, ma pretendete che soltanto voi abbiate il diritto di battezzare. 16.18 - Interpretazione di testi scritturistici Dici che è scritto nella legge: Non voglio che l'olio dell'empio profumi il mio capo. ( Sal 141,5 ) Questo non è né il testo esatto né si deve interpretare come pensi tu. Non è forse olio del peccatore l'olio dei sacrileghi Pretestato e Feliciano? Dici anche che è scritto: Chi è battezzato da un morto, a che gli giova la sua purificazione? ( Sir 31,30 ) Anche qui non fai molta attenzione al significato e non lo collochi nel contesto per coglierne il senso genuino. Comunque sia, ascolta bene il rimbombo di quella forbitissima sentenza di Bagai: " Certamente si deve aspirare ad una solida fraternità di pace e di concordia, come è scritto: La giustizia e la pace si sono abbracciate. ( Sal 85,11 ) Ma l'onda veridica ha scaraventato contro le aspre scogliere le naufraghe membra di non pochi; come accadde per gli Egiziani, le spiagge rigurgitano di cadaveri annegati. Essi subiscono una pena maggiore nella stessa morte, perché dopo che le vindici acque hanno strappato la loro anima, essi non trovano neppure sepoltura". Costoro, dunque, che non solo erano morti ma anche, cosa ancor più grave, erano insepolti, come hanno potuto battezzare? Come poté giovare il lavacro di purificazione a coloro che sono stati battezzati da questi morti, che voi avete accolto nello stesso lavacro senza lavarli di nuovo, se si deve intendere come pensi tu? Sì, tu sei convinto che nella mia lettera, alla quale ti illudi di rispondere, io abbia semplicemente eccettuato l'idolatra, in quanto colpevole del peccato più grave; ed insisti con veemenza per provare che nessun peccatore è escluso da ciò che tu presenti come un testo scritturistico: Non voglio che l'olio dell'empio unga il mio capo. ( Sal 141,5 ) Guarda Feliciano e Pretestato: non erano forse peccatori quando la catena del sacrilegio li serrava a Massimiano, secondo le parole di un concilio così imponente? Abbi il coraggio di asserire, di contestare o, almeno, di dire che certamente erano peccatori, ma occulti, quelli dei quali leggo che erano rei del famigerato crimine. Per quanto lieve sia stato il loro peccato, per quanto siano rimasti occulti, con il testo che adduci sull'olio del peccatore, in base alla tua interpretazione, tenti di forzare la seguente conclusione: nessun peccatore è eccettuato. Se è così, dove sarete voi? Dove fuggirete? In quali antri potrete mai nascondervi con i vostri sacrilegi, con i vostri rei del famigerato crimine, con i vostri cadaveri insepolti? 16.19 - Il battesimo è di Cristo, non degli uomini, perché esso non varia secondo la varietà dei meriti umani Tu dici che noi, quando ci si obietta con quale licenza rivendichiamo il diritto di battezzare, non parliamo del merito delle azioni né dell'innocenza della vita, bensì affermiamo che chiunque ha questo diritto; e che noi, come se fossimo rei di crimini precedentemente giudicati, ci vediamo costretti a confessare apertamente che abbiamo peccato volendo dimostrare che tutti i peccatori hanno la facoltà di battezzare. Come se in base ai nostri meriti dovessimo parlare contro Dio, per cui, tanto più siamo giusti, tanto più giusto rendiamo il battesimo! Mentre, invece, nessun uomo deve presumere della propria giustizia; e da qui ricaviamo la prova più convincente che il battesimo è di Cristo, non degli uomini, perché esso non varia secondo la varietà dei meriti umani. A questo punto sarei tentato di sviluppare la disputa, se non preferissi usare il ragionamento compendioso che voi stessi avete fornito. Infatti, ricevuto e non distrutto il battesimo, che conferirono i Massimiani: queste aspidi, vipere, parricidi, cadaveri egiziani - e tutto l'inventario di invettive che, per facilitarci al massimo la causa, è stato declamato contro di loro con linguaggio magniloquente dal concilio di Bagai - , voi li avete giudicati a sufficienza, convincendoli che il battesimo non dipende né dai meriti di coloro che lo amministrano, né dai meriti di coloro che lo ricevono, ma esclusivamente dalla santità e dalla verità, proprie di colui che lo ha istituito per la rovina di quelli che lo usano male e per la salvezza di quelli che se ne servono bene. 17.20 - I Donatisti hanno di fatto annullato il loro antecedente punto di vista su Cipriano Certo, sono sorpreso come abbiano potuto convincere anche te di far menzione di Cipriano nella tua disputa, le cui lettere, comprese quelle che gli attribuite sull'invalidazione del battesimo dato dagli eretici o scismatici, sovvertono totalmente la vostra posizione. Ma questo argomento lo dobbiamo trattare contro i Massimiani e gli altri che non ammettono il battesimo, sia dato da noi che da voi. Quanto a voi, avete già chiuso la questione con stupefacente facilità, dal momento che avete ammesso di fatto il battesimo conferito durante lo scisma sacrilego di Massimiano quando avete ammesso Pretestato e Feliciano con i loro fedeli; avete già combattuto senza esitazione alcuna l'opinione degli scritti che attribuite a Cipriano e di tutti coloro che l'hanno condivisa. Passando poi agli Orientali, tu dici che si sono separati dalla vostra comunione perché, condividendo in seguito la nostra posizione, hanno preferito abbandonare il loro punto di vista intorno al battesimo. Ora, seppure qualche sparuto gruppo di Orientali ha agito così - ed è interessante sapere se lo si può dimostrare - è indubbio che essi hanno modificato il loro punto di vista. Anche voi, accettando il battesimo che è stato conferito durante lo scisma di Massimiano, avete di fatto annullato il vostro antecedente punto di vista. Nonostante questo, volete essere in comunione tra voi, ma non con gli Orientali. 18.21 - La santità nel battesimo è opera della grazia di Dio e della buona coscienza di chi lo riceve Ma, ecco che ti sembra di aver trovato campo libero per fare sfoggio della tua eloquenza su quella frase della mia lettera: "Chiunque riceve il battesimo, sia pure da un fedele o da un infedele, riponga tutta la sua speranza in Cristo ". A queste parole, esclami e dici: " O potestà suprema del sacerdote! O encomiabili norme di giustizia di un padre buono! Nessuna distinzione - dice lui - devi fare tra il fedele e l'infedele; vedi con lo stesso occhio l'uomo pio e quello empio. Non serve a nulla vivere una vita onesta, poiché tutto ciò che è lecito all'onesto, lo può compiere anche il disonesto. Si può dire qualcosa di più iniquo di questa norma: chi è inquinato purifichi l'altro, chi è immondo lo lavi, chi è infedele dia la fede, chi è criminale faccia tornare innocente? ". Queste sono le tue esatte parole, che usi per censurare il mio pensiero; ma io non ho mai pensato né scritto qualcosa di simile. Effettivamente, tra il fedele e l'infedele c'è una distanza enorme, non tanto in rapporto al sacramento, seppure entrambi lo possiedono, quanto al merito, poiché uno lo ha per la sua salvezza, l'altro per la sua pena. E ciò che è permesso compiere al giusto, non lo può realizzare l'ingiusto, perché anche se l'ingiusto può battezzare, non può tuttavia costui entrare nel regno dei cieli, né purifica o lava o monda o rende innocente nessuno amministrandogli il battesimo: questo lo opera la grazia di Dio e la buona coscienza di chi lo riceve. Tu, piuttosto, osserva bene se non vi sia proprio alcuna differenza tra Primiano e Feliciano. Quando Primiano sedeva fra quei trecentodieci che dicevano del secondo: " Veleno d'aspide è sotto le sue labbra e ha piedi agili per versare il sangue; tribolazione e infelicità sono nelle sue vie; non ha conosciuto la via della pace, né il timore di Dio è davanti ai suoi occhi ", vedi se non era allora un essere inquinato, se non era immondo e vile chi raccoglieva questa melma in un vaso di sozzura, se non era un infedele chi celava tra le sue labbra il veleno delle aspidi, se non era un criminale il colpevole del crimine famigerato. E tuttavia, proprio costui ora siede come vostro vescovo accanto a Primiano e adesso guida insieme a voi quelli che allora ha battezzato, senza che in seguito siano mai stati purificati. 19.22 - È Cristo che dà sempre la fede, è Cristo l'origine, la radice, il capo del cristiano E voi combattete ancora contro la verità, né volete concedere che " Cristo sia colui che dà sempre la fede, Cristo sia l'origine del cristiano, in Cristo il cristiano affondi la radice, Cristo sia il capo del cristiano ". A queste mie parole che ho scritto nella lettera contro Petiliano, aggiungi le tue parole e dici: " Questo lo suggeriamo anche noi, questo vogliamo; ma domandiamo per mezzo di chi questo è fatto meglio ", senza renderti conto che questo non è il suggerimento di Petiliano, al quale ho già risposto a suo tempo, e la cui lettera tenti di difendere e sostenere contro la mia risposta. Infatti lui ha detto senza mezzi termini: " È la coscienza di colui che dona santamente il battesimo che si deve considerare, per vedere se purifica la coscienza di colui che lo riceve. Poiché chi la riceve da un infedele, non riceve la fede ma il reato ". Dimmi, lui quale ruolo ha lasciato a Cristo per purificare la coscienza del battezzato, e da chi riceve la fede il battezzato, quando afferma che la coscienza di colui che dà il battesimo è ciò che conta per purificare quella di chi lo riceve, e che non riceve la fede ma la colpa chi riceve la fede da un infedele. Tu dài la netta impressione di cedere sotto il peso schiacciante della verità e dici che questo insegni e questo vuoi: Cristo dà la fede e, affinché possa iniziare una vita nuova, Cristo purifica il cristiano; ma tu vuoi sapere per mezzo di chi è fatto meglio ciò che non si può compiere senza ministro. Ora, Petiliano non ha detto: " Si deve tener conto della coscienza del ministro, per mezzo della quale Cristo purifica quella di chi lo riceve o per la quale Cristo dà la fede "; invece ha voluto che la coscienza stessa di colui che battezza purifichi quella del battezzato. Neppure ha detto: " Chiunque riceve la fede da un ministro infedele, non riceve la fede ma il reato ", perché sembrasse che sia Cristo a darla, anche se per mezzo di un intermediario, ma ha detto senza riserve: " Chi la riceve da un infedele "; e, quasi per provare questa asserzione, ha aggiunto: " Ogni essere infatti ha una sua origine e radice per sussistere, e se non ha un qualche capo, è nulla ", che cioè lo stesso ministro, la cui coscienza ha detto di considerare, non perché Cristo purifica per mezzo di essa, ma perché è essa che lava la coscienza di chi riceve il battesimo, sì, è precisamente il ministro che è la radice e il capo del battezzato. 20.23 - La dottrina di Cresconio A questo punto, non rispondo più a Petiliano, di cui non hai difeso il pensiero, ma a te, che hai sostenuto come tua tesi non so quale idea diversa dalla sua. Tu infatti, stando a ciò che scrivi, questo vuoi e questo suggerisci: non è la coscienza, contrariamente a quanto da lui affermato, di colui che amministra santamente il battesimo che lava chi lo riceve o che dà la fede a chi lo riceve, né che essa è l'origine, la radice e il capo del credente, ma che per essa Cristo purifica, per essa Cristo dà la fede, per essa Cristo è l'origine del cristiano, per essa il cristiano infigge la radice in Cristo, per essa Cristo è il capo del cristiano. Per questo infatti domandi chi sia lo strumento migliore di quella che concedi essere opera di Cristo. Al riguardo anche tu, a mio avviso, non neghi che questo possa essere compiuto anche attraverso un ministro cattivo, ma dici che si può compiere meglio attraverso un ministro buono. Che altro potrebbe significare la tua frase: " Questo lo proponiamo anche noi, questo è ciò che vogliamo, ma chiediamo attraverso chi è fatto meglio "? Stando a ciò, Cristo purifica anche attraverso la coscienza macchiata di colui che non lo dà santamente, però lo fa meglio attraverso la coscienza di chi lo dà santamente. Cristo dà la fede anche attraverso un ministro cattivo, ma lo fa meglio attraverso un ministro buono. Cristo si fa origine del cristiano anche attraverso un dispensatore infedele, però meglio attraverso uno fedele; il cristiano si radica in Cristo anche per mezzo del lavoro di un colono riprovato, ma meglio attraverso un operaio onesto; Cristo può essere la testa del cristiano anche attraverso Feliciano, però pensi che lo è meglio attraverso Primiano. 20.24 - Meglio un ministro buono che cattivo ad amministrare il battesimo Pertanto fra noi, su tale questione, c'è forse un dissenso trascurabile o non vi è per nulla. Infatti anch'io sostengo che l'amministrazione dei sacramenti divini sia fatta preferibilmente da un ministro buono, anziché da uno cattivo. Ma ciò, in verità, è meglio per il ministro stesso perché deve condurre una vita e una condotta in consonanza con i misteri che amministra, non per colui che, pur essendo incappato in un ministro cattivo che dispensa la verità, è garantito dal suo Signore, il quale dice ammonendo: Quanto vi dicono, fatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. ( Mt 23,3 ) A questo proposito, aggiungo anche che è più vantaggioso per chi riceve il battesimo avere la possibilità di imitare più facilmente, amandole, l'onestà e la santità del ministro, ma non per questo sono più vere e più sante le realtà che vengono amministrate, per il fatto che sono amministrate attraverso un ministro migliore. Questi beni sono per se stessi veri e santi a causa di Dio, vero e santo, al quale appartengono, e per questo può accadere che chi entra a far parte della società del popolo di Dio si imbatta in un ministro che gli faciliti il battesimo o scelga un altro come salutare esempio. Lui in effetti ha la certezza che il sacramento di Cristo è santo, anche se è stato amministrato attraverso un uomo poco o punto santo; però per lui la santità del sacramento sarà un castigo se lo riceve indegnamente, se lo usa male, se non conduce un'esistenza che non è in accordo o in conformità con esso. 21.25 - Questioni da precisare Allora ti domando: Se, per caso, chi è stato battezzato da Primiano nella vostra comunione, conduce una vita scandalosa, mentre chi è stato battezzato da Feliciano nello scisma di Massimiano vive santamente, a quale dei due pensi che sia aperto il regno di Dio: a quello buono, secondo te, che battezzò uno cattivo, oppure a quello sacrilego, secondo il concilio di Bagai, che battezzò un uomo pio? Certamente mi risponderai, e con verità: " Uno non può essere religioso e persistere nello scisma ". D'accordo. Eppure si può trovare nella vostra comunione un sacrilego battezzato da Primiano, sia pure occulto, che voi ritenete un uomo religioso. Ebbene, se colui che Feliciano ha battezzato nella catena del sacrilegio ripudia il sacrilegio dello scisma e si corregge ritornando alla comunione ecclesiastica, oserai forse dire che il battesimo in lui diventerà migliore, anche se non hai il coraggio di negare che quell'uomo è potuto diventare migliore? Questo lo avete giudicato con il vostro stesso comportamento, in quanto tutti coloro che Feliciano e Pretestato hanno battezzato nel sacrilegio dello scisma, da voi condannato e detestato, li avete ammessi con quelli che ritornavano a voi, senza annullare o far reiterare in alcun modo il loro battesimo. Quanto poi alla tua affermazione: " Ma noi cerchiamo chi lo fa meglio ", hai usato il grado comparativo al posto del positivo, dicendo così: " Noi cerchiamo chi lo fa meglio ", come se dicessi: " Noi cerchiamo chi lo fa bene ", in tal modo hai voluto far intendere che un cattivo ministro lo fa male. In questo caso, con te non faccio questione di parole; ti ricordo semplicemente che avresti dovuto dire: " Noi cerchiamo chi lo fa ", e non: " Noi cerchiamo chi lo fa bene ", come se potesse accadere che Cristo non dia bene la fede, che Cristo non sia bene l'origine e il capo del cristiano, che la radice non attecchisca bene nel Cristo. O questo non avviene o, se avviene, senza dubbio è fatto bene. 21.26 - Il bene del battesimo è bene per il buono, male per il malvagio E tuttavia trattiamo tali questioni per scongiurare che si abbandoni l'unità stessa del grano buono a causa dei cattivi dispensatori, non tuttavia a motivo dei sacramenti, che non sono di loro ma del Signore, con i quali è necessario essere mescolati fino al tempo della vagliatura finale dell'aia del Signore. Ora, provocare uno scisma nell'unità di Cristo o essere nello scisma è certamente male, e grave male, né può assolutamente accadere che Cristo dia allo scismatico non la fede, ma l'errore sacrilego, o che lo scismatico affondi la sua radice in Cristo, o che Cristo sia l'origine e il capo per lo scismatico. E tuttavia, se darà il battesimo di Cristo, sarà effettivamente dato; se lo riceverà, sarà ricevuto, ma non per la vita eterna, bensì per la pena eterna di colui che persevererà in questo sacrilegio, non per trasformare in male il bene che possiede, ma per possedere il bene come suo male, finché ne è un cattivo possessore. 22.27 - La prova di non ribattezzare è data dal battesimo di Primiano e Feliciano Forse mi chiedi di provare questa asserzione. Che altro devo dirti, se non che ho deciso di farlo attraverso quest'opera? Leggi il decreto di Bagai, guarda a Feliciano e Pretestato. Essi hanno battezzato nello scisma, nello scisma il loro battesimo è stato ricevuto; battezzatori e battezzati sono stati ammessi e accolti da voi; i primi non sono stati degradati, i secondi non sono stati ribattezzati. Certamente non domanderai più se questo si attua meglio attraverso un ministro giusto o un'ingiusto, poiché il battesimo dato da Primiano, che voi considerate giusto, non per questo è migliore di quello dato dall'ingiusto Feliciano. Eccoti ormai costretto a capire in qual senso l'Apostolo ha detto: Né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere, ( 1 Cor 3,7 ) e ricorderai che tu hai detto a vanvera: " Come per piantare e irrigare si richiede soltanto un agricoltore diligente e fedele, così anche nel sacramento del battesimo non si approva se non un operaio integerrimo ". Ecco che Feliciano non fu né diligente, né fedele, né integerrimo, ma piuttosto negligente della sua salvezza e infedele e ingiustissimo, quando era in combutta con Massimiano o quando, come i vostri trecentodieci vescovi hanno conclamato attraverso la bocca forbitissima di uno solo, avvinto alla catena del sacrilegio, amministrò il battesimo che non avete osato rescindere. 22.28 - Senza dubbio ti rendi conto che non c'è alcun riferimento fra la questione di cui si tratta e il testo, che hai citato dal profeta: " Vi darò pastori secondo il mio cuore, i quali vi faranno pascolare nella disciplina ". ( Ger 3,15 ) Infatti Feliciano, questo sacrilego, non era né secondo il cuore di Dio né pasceva nella disciplina le pecore di Dio essendo invischiato nello scisma sacrilego; e tuttavia battezzava coloro nei quali avete riconosciuto, quando li avete accolti, che quanto lui dava non era suo, ma di Dio. Certamente hai intuito la ragione per cui ho rammentato il testo della santa Scrittura: È meglio confidare nel Signore che confidare nell'uomo, ( Sal 118,8 ) e tu hai dato una risposta inconsistente, per quanto attiene alla causa presente, poiché hai dichiarato che, tanto più investighi che sia giusto e fedele colui che celebra questo sacramento quanto più poni la speranza e la fiducia in Dio e non nell'uomo. La fede e la giustizia, che tu vuoi vedere sempre nei suoi ministri, appartengono a Dio. Ecco che Feliciano, quando era reo del famigerato crimine, non possedeva né giustizia né fede, eppure aveva il battesimo, e quando avete accolto coloro ai quali lo aveva amministrato, dite che conseguirono la giustizia, non che mancasse loro il battesimo. 23.29 - Questioni inutili: battesimo dopo Giovanni, dopo Mosè. Perché anche non dopo Feliciano? Proseguendo, mi poni una nuova questione: " Se non si può annullare il battesimo, chiunque sia il ministro o il modo in cui è stato conferito, perché gli apostoli battezzarono dopo Giovanni?". E tu risolvi allora questa: Se, come dici, gli apostoli hanno battezzato dopo Giovanni, perché dopo Feliciano i vostri non hanno ribattezzato coloro che egli aveva battezzato nello scisma sacrilego? E da ciò impara almeno che quanto si legge o si dibatte intorno al battesimo di Giovanni è del tutto estraneo alla presente questione. Non so neppure da dove hai potuto tirar fuori l'affermazione che i Giudei, ai quali Pietro disse: Ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome del Signore Gesù Cristo, ( At 2,38 ) fossero già stati battezzati da Mosè, essi che nacquero tante generazioni dopo che il servo di Dio fece attraversare ai loro antenati il mar Rosso! Puoi anche dire che avevano il battesimo di Mosè perché discendevano da quelli che, dice l'Apostolo, battezzò in Mosè; ( 1 Cor 10,2 ) secondo questa impostazione, azzàrdati allora a dire che tutti coloro che nascono dai fedeli cristiani hanno già il battesimo cristiano. Tu vedi, a mio avviso, quanto sia fuori luogo tale affermazione. Ma, comunque sia la questione, anche se gli Apostoli avevano battezzato dopo il servo di Dio Mosè, vorrei sollecitarti perché mi spiegassi come mai i vostri non hanno battezzato dopo Feliciano, il sacrilego massimianense. 23.30 - Non sono giuste le conclusioni di Petiliano C'è una frase che ho scritto: " Se erravano quelli che volevano appartenere a Paolo, che speranza possono avere in fondo coloro che vogliono essere di Donato? ". Penso che non l'hai confutata nella prima parte della tua lettera, cosa che tu stesso avverti, grazie alle nostre precedenti ed esaurienti spiegazioni. Pertanto non sono giuste, come a te sembra, le conclusioni che trai da ciò che disse Petiliano o qualche altro, e di cui esulti come di una certezza. Stando allo stesso ordine, con cui le hai brevemente passate in rassegna quasi a trarne un promemoria, io tiro la conclusione che non è giusto ciò che è stato detto in questa causa dei Massimiani. Perché in Feliciano non c'era né la coscienza di chi dà santamente, quando aderendo a Massimiano era avvinto dalla catena del sacrilegio, e quelli che battezzava erano battezzati da un reo del famigerato crimine, e per questo da un infedele notorio; né costoro potevano considerare un uomo sacrilego come loro origine, radice e capo in ordine alla salvezza; né era un albero buono, condannato nella società dello scisma sacrilego e tuttora facente parte del medesimo sacrilegio; né era un uomo buono capace di tirar fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore, ( Mt 12,35 ) quando di lui e degli altri suoi compagni si diceva: La loro bocca è piena di maledizione e di amarezza. ( Rm 3,14; Sal 14,3 ) E tuttavia, quando i vostri ristabilirono la concordia con lui, atterriti dalla forza della verità, dovettero alla fine riconoscere che il battesimo dato da lui non era di lui, ma di Cristo. 24.31 - Ottato, il seguace di Gildone, Pretestato e Feliciano Su, vediamo adesso in particolare come te la cavi nella tua lettera sulla questione dei Massimiani. Infatti tutti quelli che leggono questa lettera attendono senza alcun dubbio di sapere sia quel che hai detto al riguardo e dove lo hai detto, sia ciò che io ho risposto. Pertanto non voglio discutere la tua replica alle mie obiezioni su Ottato, il seguace di Gildone: non voglio discutere, non voglio indugiare troppo sul processo ad un uomo, sulla cui condanna da parte dei vostri io non tratto per niente. Rinunzio a fare questa obiezione, e forse la perdo di fronte ai posteri, quando il tempo avrà steso l'oblio sulla memoria. Ma intanto, finché vivono persone che hanno conosciuto la sua vita e la sua condotta, potrebbero deplorarmi per aver detto, più che il falso, troppo poco su di lui. Essi non leggono i miei scritti come li leggi tu, perché mi domandi a proposito di colui che amo paragonare ad un'onda selvaggia: che cos'è che lo ha inghiottito? In essa tu vedi Pretestato e Feliciano. Ecco dunque che cosa ho detto in proposito: " Essi attaccano con tale virulenza i loro scismatici da chiamarli morti e insepolti. Ma certo essi avrebbero dovuto augurargli la sepoltura, per paura che dal mucchio dei cadaveri insepolti, che giacevano sul litorale, sbucasse Ottato, il gildoniano, incedente alla testa di una colonna di soldati, che si avventava come onda selvaggia trascinando con sé nel gorgo delle acque Feliciano e Pretestato per poi inghiottirli ". Perché tu, quando hai letto lì le mie parole, non le hai citate integralmente tentando di darvi una risposta? Perché hai l'aria di rimproverarmi per non aver indicato ciò che quest'onda selvaggia ha inghiottito, quando vedi ciò che è scritto: " Per poi inghiottire Feliciano e Pretestato "? 25.32 - Possibile che solo Ottato sia un santo battezzatore e invece sia invalido il battesimo dato nelle Chiese fondate dagli Apostoli? Qual è la risposta che i vostri di solito ci danno, considerandola una loro difesa efficace, allorché si obietta loro il motivo di una tale accoglienza, riservata a Feliciano e Pretestato, che erano stati condannati. Semplicemente: " È Ottato che l'ha voluto. È Ottato che l'ha fatto ". Questo lo attestano gli stessi abitanti delle città di Musti e di Assuras, che sostengono di aver forzato i loro vescovi a ritornare in comunione con Primiano, perché temevano le milizie di Gildone e le minacce di Ottato. Tu invece, rendendoti conto che non si poteva negare sfacciatamente questo comportamento di Ottato, hai negato che io abbia scritto questo, pensando forse che si potessero più facilmente ignorare i miei scritti che non questa realtà. Concediamo pure che i vostri vescovi, in forza di non so qual privilegio donaziano o numidico, abbiano potuto ignorare di un proprio collega ciò che l'Africa intera gridava ad una voce, quando essi non ammettono che gli estremi confini dell'Oriente e dell'Occidente possano ignorare le accuse lanciate da Africani contro Africani, mai provate e tante volte dichiarate infondate! Presso di voi è considerato valido il battesimo conferito da Ottato, che tu non hai voluto condannare, senza tuttavia aver avuto il coraggio di assolverlo, mentre invalidate il battesimo dato nelle Chiese, che gli Apostoli hanno fondate con il loro sudore: quelle dei Corinzi, dei Galati, degli Efesini, dei Colossesi, dei Filippesi, dei Tessalonicesi, e tutte le altre Chiese, di cui è scritto nelle sante Lettere che anche voi leggete: esse non hanno mai inteso parlare, non dico di quella falsa accusa contro Ceciliano, ma neppure del suo semplice nome. Concediamo pure a Ottato la coscienza di un santo battezzatore malgrado la sua condotta, che tu, come indicano i tuoi scritti, hai avuto vergogna di condannare pensando a noi, tuttavia hai temuto di assolverlo guardando a Dio, e anche all'opinione pubblica, che hai creduto di poter considerare come metro di giudizio di una coscienza occulta; e poi andate ad accusare la coscienza di tali e tante nazioni cristiane perché hanno ignorato le liti remotissime degli Africani. Essi hanno forse potuto ignorare anche i crimini di costoro, cioè di Feliciano e Pretestato, che i trecentodieci vescovi hanno condannato in un concilio plenario? 26.33 - I buoni non comunicano con i peccati altrui, se non consentono nel compierli Tu rimproveri anche l'unità cattolica per alcune imprecisate azioni compiute dai nostri, che o sono false o non sono peccati, e se anche sono vere e sono peccati, non possono macchiare la società dei buoni! I buoni infatti non comunicano con i peccati altrui, se non consentono nel compierli, benché condividano con quelli che li commettono, non i loro peccati ma i sacramenti di Dio, finché la vagliatura finale non li separi come la paglia dall'aia del Signore. ( Mt 3,13 ) Come i pesci buoni restano nella stessa rete insieme ai cattivi fino alla separazione, che sarà fatta sulla riva, ( Mt 13,17 ) cioè alla fine del mondo, figura della riva ove finisce il mare, così i buoni non sono separati dai cattivi per la separazione dei corpi, ma per la diversità della vita e della condotta. Anche gli undici Apostoli non partecipavano ai furti di Giuda, eppure con lui erano visibilmente uniti allo stesso Signore, ascoltavano lo stesso maestro, ricevevano lo stesso Vangelo da credere, prendevano gli stessi sacramenti: mescolati con lui per la contiguità dei corpi, separati da lui per la dissomiglianza delle anime. Anche l'apostolo Paolo non aveva nulla in comune con l'arroganza e la gelosia, cioè con i vizi diabolici di coloro che non annunziavano castamente Cristo, ( Fil 1,17 ) e tuttavia predicava con loro il medesimo Cristo, comunicava ai sacramenti dello stesso Cristo e diceva di costoro: Purché o per ipocrisia o per sincerità Cristo venga annunziato; ( Fil 1,18 ) difatti il martire Cipriano, così innamorato dell'unità, ha ben compreso e scritto che costoro non furono separati da qualche scisma o eresia, ma restarono mescolati ai fratelli nella vicinanza fisica. Il medesimo Cipriano non solidarizzava affatto con la cupidigia, le rapine, l'usura dei suoi colleghi, di cui diceva che " malgrado la fame dei loro fratelli nella Chiesa, essi volevano avere argento in quantità, si impadronivano delle proprietà con frodi e rapine, moltiplicavano l'usura, prestavano a interessi altissimi ": male che egli paragonò all'idolatria. Tuttavia, non evitava la loro presenza fisica nell'assemblea, assisteva con loro alle stesse celebrazioni sugli altari, prendeva lo stesso sacratissimo cibo e la stessa bevanda. In effetti costoro mangiavano e bevevano la propria condanna, ( 1 Cor 11,29 ) non per gli altri ma per se stessi, mentre Cipriano insieme con loro partecipava, non ai loro peccati ma ai misteri di Cristo: perfettamente unito nelle assemblee, perfettamente separato nella condotta. Questo è in fondo lo scopo sia delle parabole contenute nella Scrittura che degli esempi esposti sopra: insegnarci ad essere frumento e a non abbandonare l'aia del Signore a causa della mescolanza con la paglia, ( Mt 3,12 ) ad essere buoni pesci e a non lacerare le reti ( Mt 13,47-48 ) per uscirne fuori a causa della commistione con i pesci cattivi, ad essere vasi di misericordia fatti e purificati per dare onore, ( 2 Tm 2,20-21 ) non fuggendo via dalla grande casa per la presenza dei vasi di perdizione e di disonore. Non c'è altra ragione infatti che legittimi la convivenza temporanea e la mescolanza di buoni e cattivi, nella quale i cattivi sono lodevolmente tollerati, se non quella di non abbandonare colpevolmente i buoni. Anche voi fate questo, costretti dalla medesima necessità a convivere con peccatori così numerosi e notori; per questo, se vuoi, puoi facilmente constatare che vi separate da tante e nobili nazioni cristiane unicamente per sacrilega animosità. 27.34 - Il grande misfatto del partito di Donato: aver spezzato l'unità con tanti popoli a causa dei crimini altrui Pertanto se non solo Ottato, l'eroe arcinoto della banda di Gildone, ma anche il più oscuro dei vostri partigiani ha fatto qualcosa di male, e tu lo vieni a sapere, qualora non potessi separarlo dalla vostra comunione o perché non si darà credito alle tue accuse o perché non avrai l'ardire di accusarlo per timore di non poter comprovare il fatto, una delle due: o dovrai abbandonare il partito di Donato oppure sarai equiparato a quello di cui non ignori il peccato, malgrado tu differisca nella tua condotta. Questo criterio non è certo conforme alla verità, ma lo si afferma con pieno diritto in base alla vostra teoria. Chi non sa infatti che tu sei del tutto estraneo a questo crimine, se nessun tipo di consenso ti fa complice del suo peccato? Ma in tal modo sei costretto a riconoscere l'enorme empietà, implicita nell'imputare alla cristianità universale i crimini degli Africani, o falsi o certamente ignoti, mentre non vuoi essere accusato di ciò che conosci di un altro, perché non hai la possibilità di convincere di questo coloro, dalla cui società non vuoi separarti. Così, per non abbandonare quelli che reputi buoni, devi sopportare quelli che sai cattivi, e per questo la verità convince della loro malvagità tutti quelli che, dopo aver spezzato l'unità con tanti popoli, hanno abbandonato i buoni a causa dei crimini altrui, veri o falsi, comunque ignoti agli altri, che però non dovevano pregiudicare loro. Questo è il grande misfatto del partito di Donato, e poiché eravate nell'impossibilità assoluta di giustificarlo, ecco perché vi è stata presentata la causa dei Massimiani affinché, se volete, possiate vedere riflessa come in uno specchio la vostra depravazione e correggerla; se invece non vorrete …, ma non voglio dir nulla di più grave, poiché so che tu hai un cuore. Hai da opporre qualcosa a queste argomentazioni? 28.35 - Cresconio ha imbastito con presunzione una contraddizione stridente Fai bene a scrivere che, quando hai letto il materiale che ho raccolto nella mia lettera sulla condanna e la riammissione dei Massimiani, sei rimasto molto scosso. Lo credo: comprendo perfettamente la causa del tuo forte turbamento. Vediamo allora con quali considerazioni hai sedato la tua eccitazione. Tu dici di aver immediatamente aperto una inchiesta più approfondita presso i vostri vescovi e, in base alle loro informazioni, hai preso visione sia del decreto del concilio, sia della sentenza emessa contro coloro che furono condannati, rendendoti conto nel suo complesso della successione ordinata della vicenda. In un secondo tempo, credendo che anch'io fossi tuttora all'oscuro dei fatti, mi hai esortato a studiare da che parte stia la verità, e hai raccontato alla buona, non ciò che appartiene alla verità, ma ciò che i vostri suppongono come verità da proporre agli sprovveduti e agli indifferenti. Infatti tu sostieni che, quando l'errore di Massimiano tentava di attirare il maggior numero possibile di vescovi, i vostri riunirono un concilio contro tutti coloro che avevano persistito nello scisma, e hanno pubblicato una sentenza. Mi rammenti che anch'io l'ho letta! Questa sentenza poggiava sul consenso unanime, tuttavia piacque all'assemblea che il decreto del concilio concedesse una proroga, durante la quale, se qualcuno avesse voluto ravvedersi, sarebbe stato ritenuto innocente. E così si fece, tanto che non solo quei due che ora sto ricordando, ma anche molti altri fecero ritorno alla Chiesa purificati e innocenti. Tu pensi che il battesimo di costoro non si dovesse annullare perché, essendo rientrati alla scadenza fissata, non erano soggetti alle sanzioni della sentenza definitiva. Dunque, non erano neppure separati dalla Chiesa quando battezzavano, cioè, non erano ancora esclusi dalla proroga giunta ormai al suo termine ultimo. E qui io, proprio nella falsità del tuo racconto - ho citato infatti non solo le tue opinioni ma anche le tue precise parole - ammiro il tuo ingegno, ammiro la tua coscienza in lotta con l'ingegno. Mai e in nessun luogo si è avuta una dimostrazione più tangibile di quanto possa nell'uomo il pregiudizio, frutto dell'umana presunzione, sia per non fargli percepire la verità più lampante sia per indurlo ad affermare la più impudente falsità. E così non ti rendi conto che hai imbastito una contraddizione talmente stridente, che si stenta a credere come un uomo abbia potuto mettere insieme i due termini. Dici infatti che contro tutti coloro che avevano persistito nello scisma di Massimiano fu emessa una sentenza e piacque fissare un tempo di proroga, durante la quale chi avesse voluto correggersi sarebbe stato ritenuto innocente. Come fai, dunque, a sostenere contemporaneamente che essi non avevano battezzato al di fuori della Chiesa, prima di emendarsi da questo scisma? Quando stavano con Massimiano, non erano forse al di fuori della Chiesa? Ti rendi conto di quel che dici? Riesci a trovare una via d'uscita, dove rifugiarti, dove nasconderti? 29.36 - Avverti senz'altro che, mentre tenti di difendere gli errori evidenti di altri, sei riuscito soltanto ad aggiungervi i tuoi ancor più manifesti. Su, leggi le tue parole, che trascrivo testualmente: "Quando l'errore di Massimiano tentava di attirare il maggior numero possibile di vescovi, i nostri radunarono un concilio contro tutti coloro che si erano ostinati nel loro scisma e pubblicarono la sentenza, che tu stesso attesti di aver letto. Confermata questa sentenza con il consenso di tutti, piacque tuttavia con il decreto del concilio fissare una proroga, entro la quale chiunque avesse voluto correggersi sarebbe stato ritenuto innocente ". Parlando così, ti rinchiudi in un controsenso tale, da non accorgerti che tutti coloro che provocarono la sentenza avversa del concilio poiché si erano associati a Massimiano, persistevano ancora nello scisma prima di correggersi entro il termine fissato. Essi dunque battezzarono anche nello scisma. Ti chiedo: perché offuschi fatti così trasparenti con una cortina fumogena, che poi con le tue parole rendi nuovamente luminose? Andiamo! Io dico che Pretestato e Feliciano, consacranti di Massimiano, hanno battezzato nello scisma sacrilego che essi hanno provocato, e i loro battezzati sono stati ammessi con loro senza annullare il battesimo che i due avevano conferito durante lo scisma, che avevano amministrato come sacrileghi, che avevano recitato la sacra formula con la loro bocca piena di maledizione, con le loro labbra dal veleno d'aspide. Tali sono le cose che si dicono contro di loro in quella sentenza, che non neghi essere stata pubblicata contro di loro. 30.37 - Solo di colui che prima era fuori, si dice che ritorna alla Chiesa A questo tu rispondi che, non solo i due vescovi in questione, ma anche molti altri fecero ritorno alla Chiesa, purificati dal crimine e innocenti entro il termine fissato della proroga. Con questa puntualizzazione mi favorisci, con essa sostieni insieme a me la verità e dissipi quella foschia che tentavi di distendere. Quando dici infatti che essi sono ritornati alla Chiesa, tu apertamente confessi che costoro erano stati al di fuori della Chiesa. Dove, dunque, si trovavano prima di far ritorno alla Chiesa, là avevano battezzato; allora, il battesimo che conferirono fu al di fuori della Chiesa. Tu cerchi di liberarti da questo groviglio inestricabile, ma ti ci avviluppi ancor più. Affermi infatti che il loro battesimo non dovette essere annullato, perché essi, ritornando entro il termine prestabilito, non rientravano nel dispositivo perentorio della sentenza. Come puoi dire allora che, prima del giorno del loro reinserimento, non erano separati dalla Chiesa quelli che per tua ammissione furono reintegrati nella Chiesa prima che scadesse il termine? Se siamo uomini, se abbiamo un minimo di ragione, un minimo di buon senso, se non siamo pecore che parliamo ad altre pecore, se non siamo legni e pietre che parliamo ad altri legni e pietre, non solo nelle mie parole, ma anche nelle tue, risalta e appare ed è messo in luce che i vostri non hanno osato annullare il battesimo, conferito durante lo scisma sacrilego di Massimiano: gli stessi che non esitano a negare il titolo di cristiani, ad esorcizzare e ribattezzare coloro che sono stati battezzati nelle Chiese che gli Apostoli hanno moltiplicato con la grazia del Signore e con la propria fatica. Tu lo dici, lo scrivi tu: ascolta te stesso, leggi te stesso! Dico che proprio tu affermi e scrivi che " contro tutti coloro che persistevano nello scisma di Massimiano, i vostri riunirono un concilio ed emanarono una sentenza ", sei tu che dici e scrivi che " con questa sentenza, confermata da un consenso unanime, è parso bene tuttavia concedere una proroga, entro la quale, se qualcuno avesse voluto emendarsi, sarebbe stato ritenuto innocente "; proprio tu dici e scrivi che " non furono soltanto quei due menzionati, ma molti altri che ritornarono alla vostra Chiesa purificati e innocenti "; sei tu che dici e scrivi che " per questo motivo non si dovette annullare il loro battesimo in quanto, rientrati entro il termine fissato, non erano soggetti alle disposizioni della sentenza definitiva ". 31.38 - Il genere di ministri dei sacramenti che, prima di essere reintegrati fra i Donatisti, hanno battezzato nello scisma di Massimiano Come, come è possibile che una causa così iniqua abbia potuto stravolgere un ingegno così valido, uomo assennato, uomo di lettere? Costoro, contro cui fu pronunciata quella sentenza perché, come tu stesso affermi, persistevano nello scisma di Massimiano, e prima di essere riammessi dov'erano, sempre a tuo dire, là celebravano i sacramenti, là battezzavano e, per usare piuttosto i termini di quel concilio plenario, là si riscaldavano al lento tepore i frutti criminali di una razza di vipere; là le loro trame criminose generavano i feti del loro pubblico delitto e parricidio, là partorivano l'ingiustizia, concepivano il dolore e davano alla luce l'iniquità; là ormai, non come in una selva intricata di crimini, i loro nomi erano designati per la pena; là, passato per loro il limite massimo della clemenza, ormai la causa aveva messo in luce quelli che doveva punire; fino a lì l'onda della verità aveva scaraventato contro aspre scogliere le loro naufraghe membra; là, proprio come gli Egiziani, le rive rigurgitavano dei loro cadaveri che non trovavano neppure sepoltura; là il fulmine della sentenza aveva espulso dal grembo della pace non solo Massimiano, avversario della fede, corruttore della verità, nemico della madre Chiesa, servitore di Datan, Core e Abiron, né una giusta morte, causata dal suo crimine, condannava soltanto lui, ma trascinava moltissimi nella complicità del delitto con la catena del sacrilegio; là era il veleno delle aspidi sotto le loro labbra, là era la loro bocca piena di maledizione e di amarezza, là essi avevano i piedi agili per versare il sangue, là era l'afflizione e l'infelicità nelle loro vie, là essi non conoscevano il cammino della pace e non avevano il timore di Dio davanti agli occhi, là giacevano le membra sparse, talmente putrefatte da una cancrena mortale che avevano maggior sollievo coll'amputazione anziché con la condiscendenza del medicamento; là si trovavano i colpevoli del famigerato crimine, Vittoriano di Carcabia e gli altri, in tutto dodici con lui, fra i quali Pretestato di Assuras e Feliciano di Musti, della cui riammissione ci stiamo occupando, i quali avevano presenziato alla consacrazione di Massimiano, cioè " con la loro funesta opera di perdizione avevano formato con un ammasso di fango un vaso immondo, mentre i chierici di Cartagine fecero da lenoni per un tale delitto, una sorta di illecito incesto ". Ecco il genere di ministri dei sacramenti che, prima di emendarsi, prima di ritornare a voi ed essere reintegrati, hanno battezzato nello scisma di Massimiano! Dopo che tali ministri dei sacramenti furono corretti, ritornati, reintegrati, i vostri non hanno reiterato il battesimo. 32.39 - Feliciano e Pretestato condannati e poi riaccolti dai Donatisti conservando la piena dignità Ma perché solo l'animosità prevale in voi? Rispettate una buona volta, ascoltate una buona volta anche la verità! Perché viene sparsa davanti a noi la cortina fumogena, del tutto evanescente, della concessione della proroga? Questa non è stata accordata a coloro dei quali fu detto: " Sappiate che essi sono stati condannati ", dei quali è stato anche annunciato chi fossero, ciò che avevano fatto, perché era opportuno condannarli ormai senza proroga, cioè per aver presenziato alla consacrazione di Massimiano e avergli imposto le mani. Ecco ciò che intesero dire, che con la loro opera funesta avevano formato un vaso immondo con un ammasso di fango. Invece è stata accordata una proroga a quelli che non assistettero all'ordinazione di Massimiano, benché facessero parte della sua sètta e del suo scisma, per il solo fatto che non gli avevano imposto le mani in quanto erano assenti; in tal modo essi si differenziano da quelli che lo consacrarono, condannati dalla stessa sentenza del concilio. In effetti, dopo aver dichiarato: " Sappiate che quelli ", di cui elencarono anche i nomi, " sono stati condannati ", aggiungono: " Abbiamo permesso di ritornare alla madre Chiesa a quelli che non hanno macchiato i virgulti dell'arbusto sacrilego, cioè, a quelli che ritirarono le proprie mani dal capo di Massimiano per un verecondo pudore della fede ". C'è qualcosa di più chiaro, di più netto, di più esplicito? Dicono che quelli sono: " rei del famigerato crimine, che con la loro opera funesta di perdizione hanno formato un vaso sordido con un ammasso di fanghiglia; per questo sono stati condannati: sappiatelo! "; mentre degli altri dicono: " Abbiamo permesso di ritornare alla madre Chiesa a coloro che non hanno macchiato i virgulti dell'arbusto sacrilego, cioè, che hanno ritirato le proprie mani dal capo di Massimiano per un verecondo pudore della fede ". E poiché due di quei condannati furono accolti in seguito conservando loro la piena dignità, non c'è altra maniera di difendere questo fatto, se non affermare che la proroga è stata accordata a tutti! 33.40 - Noi riconosciamo piamente nei vostri il battesimo di Cristo, mentre voi lo annullate empiamente nei nostri Auguriamoci che sia stata veramente concessa a tutti! Infatti quanti hanno fatto ritorno a voi da quello scisma, prima di rientrare, avevano fatto parte di esso e in esso battezzarono; e poiché sono tornati a voi di là senza perdere alcun bene del proprio ufficio, né annullamento del battesimo, se vi resta ancora un residuo di pudore, ammettetelo: vi hanno messi a tacere. Quando infatti domandiamo dov'erano mai costoro prima di riconsegnarsi alla Chiesa, stando alla tua affermazione, ed essere reintegrati entro la scadenza fissata, che cos'altro vi costringe a rispondere la stessa realtà dei fatti, se non: " nello scisma di Massimiano ", a causa del quale fu pronunciata quella sentenza contro tutti? Costoro, dunque, hanno battezzato in esso, e voi non avete osato annullare il loro battesimo quando sono rientrati in massa fra voi, per il semplice motivo che siete stati costretti a riconoscerlo! E così, per la vostra stessa azione, per la vostra opera, per il vostro giudizio, con piena ragione e diritto si può concludere contro di voi che il battesimo di Cristo deve essere riconosciuto, anche se fosse stato conferito al di fuori della Chiesa: ecco perché noi lo riconosciamo piamente nei vostri, mentre voi lo annullate empiamente nei nostri! 34.41 - Ma forse ti rammarichi di avere scritto tali parole, che mettevano troppo a nudo questa verità, poiché hai detto: " Accadde che essi si reintegrarono nella Chiesa, e ritornando prima dello scadere della data stabilita non caddero sotto le sanzioni della sentenza definitiva ", per cui ti si potrebbe rispondere: " Come si restituirono alla Chiesa, come si reintegrarono in essa, se da essa non erano separati? Se, poi, erano separati, come mai battezzavano? ". Ma, che altro potevi dire tu, se non ciò che avevi udito da quelli che hai consultato, quando per questo motivo la mia lettera ti aveva fortemente turbato? E tuttavia, forse, i tuoi ti rimprovereranno severamente di aver scritto incautamente tali parole. C'è comunque un rimedio sicuro per metterti al riparo da loro e calmare la tua stizza. Anch'essi infatti, proprio nel decreto del medesimo concilio, hanno usato tali espressioni. Se, dunque, dopo aver letto il nostro modesto lavoro, vorranno rispondere che le parole di un loro laico non li pregiudicano, noi gli leggeremo subito le loro stesse parole: " Abbiamo concesso di tornare alla madre Chiesa a quelli che non macchiarono i germogli dell'arbusto sacrilego, cioè, che ritirarono le proprie mani dal capo di Massimiano per un verecondo pudore della fede ". Quando gli si dice: " Costoro ai quali avete permesso di ritornare alla madre Chiesa, dove erano prima di ritornare? ", sono nello stesso tuo imbarazzo, come quando poco fa stavi tu per le parole che hai usate. Infatti, che mai risponderanno se non che erano nello scisma di Massimiano? Ora, non mi interessa sapere dove erano costoro: se la vedano tra di loro! È certo che coloro i quali sono stati autorizzati a rientrare nella Chiesa non stavano nella Chiesa. Dunque hanno battezzato al di fuori della Chiesa, e sia i battezzatori che i battezzati sono tornati insieme alla Chiesa, senza che gli uni perdessero gli uffici che avevano esercitato al di fuori né gli altri il battesimo che avevano ricevuto al di fuori. 35.42 - Cautela di Cresconio Tu certamente, per quanto hai potuto in una causa sbagliata, ti sei espresso con cautela dicendo: " È sembrato opportuno nonostante tutto concedere attraverso il decreto del concilio un intervallo di tempo, entro il quale, se qualcuno avrà voluto correggersi, sarà considerato innocente ". Essi però non hanno detto che dovevano correggersi quelli ai quali era stata concessa questa proroga, bensì, prorogando la dilazione, parlano di loro come se, appartenendo alla società di Massimiano, fossero del tutto senza macchia né colpa. Che vogliono dire con quel: " Abbiamo permesso di ritornare alla madre Chiesa a coloro che non hanno inquinato i germogli dell'arbusto sacrilego ", se non: " Abbiamo permesso di ritornare alla Chiesa a coloro che non si sono macchiati per il consorzio con Massimiano "? È troppo poco? Osserva ciò che aggiungono dicendo: "Così come ci sentiamo purificati dalla morte dei colpevoli, altrettanto ci congratuliamo per il ritorno degli innocenti ". Perché, allora, tu sostieni che hanno preferito accordare una proroga, durante la quale se qualcuno voleva emendarsi sarebbe stato ritenuto innocente, quando vedi che questa proroga è stata accordata a individui puri e innocenti? Evidentemente hai temuto di sentirti dire: " Perché veniva loro accordata una proroga, se non erano stati inquinati da Massimiano? ". E così hai pensato che, con questa dilazione, essi si sarebbero corretti. A loro volta, essi temettero di vedersi rivolgere questa domanda: " E perché voi avete voluto accogliere con tutta la loro dignità individui macchiati da colpa? ". Per questo hanno affermato che essi hanno dato una proroga a individui incontaminati. 36.43 - È incredibile: Massimiano non avrebbe inquinato neppure l'Africa, Ceciliano dall'Africa avrebbe inquinato un gran numero di popoli remoti! Per questo motivo avete avuto paura dei singoli aspetti della questione, ma essi si oppongono l'un l'altro. Infatti a te si dice: " Come mai giudichi degni di correzione coloro che i tuoi proclamano senza macchia? ". A loro invece si obietta: " Come mai dichiarate senza macchia coloro che si sono contaminati, anche se non hanno imposto le mani sul capo di Massimiano, almeno per aver preso parte al suo scisma? ". Quale spirito, quali forze, quale lingua saranno mai in grado di esprimere un dolore così intollerabile? Perché fosse ricucita la frattura del partito di Donato, Massimiano non ha inquinato neppure in Africa i suoi soci africani; per impedire che i rami spezzati ritornino a saldarsi con la radice stessa dell'unità, Ceciliano dall'Africa ha inquinato un sì gran numero di popoli così remoti! 37.44 - Per i Donatisti non solo è santo ciò che vogliono, ma anche quando lo vogliono e finché lo vogliono Dal giorno del concilio di Bagai, cioè l'otto delle calende di maggio, fino al giorno in cui spirava il tempo della proroga, cioè l'otto delle calende di gennaio, si contano otto mesi. Durante questo intervallo così ampio di tempo, coloro ai quali è stata concessa questa proroga erano inquinati o non erano inquinati dalla società del condannato Massimiano? Se erano macchiati, come si può dire: " Abbiamo permesso di ritornare alla madre Chiesa a coloro che non hanno macchiato i virgulti dell'arbusto sacrilego "? Se non erano macchiati, come è possibile che il contagio di peccati altrui sconosciuti, per non dire inventati, abbia potuto inquinare noi e tutti i popoli cristiani che si trovano nel mondo intero? " Ma per questo - dici tu - è stata concessa loro una proroga; se non ritornavano prima che spirasse la proroga, si sarebbero macchiati incorrendo nella pena della condanna ". Dunque, ciò che li inquinava non era il peccato di appartenere a quella società, ma piuttosto la determinazione del giorno. Dunque, se non fosse stata determinata alcuna data, costoro sarebbero restati senz'altro immacolati. Che torto vi ha fatto l'universo? Perché lo presentate macchiato dai peccati altrui senza aver fissato per lui una qualsiasi proroga, mentre avete un potere tale, per cui gli uomini quando vogliono si uniscono ai peccatori e quando volete voi sono inquinati? Erano innocenti e puri i partigiani di Massimiano, ai quali era concessa una dilazione, e se fossero ritornati fra voi entro il giorno stabilito, avrebbero salvaguardato integralmente le basi della loro dignità e fede; se invece spirava questo giorno senza che essi rientrassero, allora erano macchiati, erano scellerati, erano perduti, sarebbero incorsi nella pena della condanna, sarebbero stati umiliati con la degradazione per far penitenza. O strabiliante ragionamento di uomini che proclamano, non più, come dice il vecchio proverbio: " È santo ciò che vogliamo noi ", ma anche: " Quando noi lo vogliamo e finché lo vogliamo! ". Se capita a uno dei vostri di pregare con noi su una nave, ormai gli si dà dell'impuro, del traditore. Comunicano sugli stessi altari coloro che hanno condannato Primiano insieme con Massimiano, adultero della verità, nemico della madre Chiesa, servitore di Datan, Core e Abiron, e per otto mesi restano innocenti e immacolati. E quindi, se alcuni di loro sono rientrati nella vostra comunione il nove delle calende di gennaio, vi siete felicitati per il ritorno di innocenti, di coloro cioè che non hanno inquinato i virgulti dell'arbusto sacrilego. Quali benefici vi hanno apportato i tanti giorni che formano otto mesi, dall'otto delle calende di maggio all'otto delle calende di gennaio? Voi li avete resi così santi che, chiunque avesse aderito in quel periodo alla comunione del sacrilego e condannato Massimiano, non si sarebbe né macchiato di colpa né sarebbe divenuto nocivo agli altri. E che male vi ha fatto il giorno così santo della nascita dello stesso nostro Signore, per cui, per il solo fatto di arrivare e di passare, lui ha potuto macchiare degli innocenti, mentre in coloro che battezzarono durante tutti quei giorni nel loro scisma il battesimo di Cristo restava santo e diventava impuro per la natività di Cristo? 38.45 - Di che cosa non è capace la temerarietà umana, quando precipita nel perseguire un empio errore, che si vergogna di abbandonare a causa della sua vanità e non si vergogna di difenderlo contro la verità! Ma perché insistere su questo? Anche l'essere più ostinato, che ha chiuso il cuore a ogni appello della ragione, è costretto a confessare che quelli di cui si dice: " Essi si presentarono alla Chiesa e furono reintegrati prima del giorno fissato " - parole scritte da te - ; che quelli finalmente di cui si dice: " Noi gli abbiamo permesso di tornare alla madre Chiesa ", " noi ci congratuliamo per il ritorno degli innocenti ", " e perché la brevità del tempo concesso per il ritorno, che urge a causa del numero ridotto di giorni, non tolga la speranza della salvezza, noi spalanchiamo le porte dell'ammissione a tutti quelli che riconosceranno la verità fino a quel giorno, affinché al loro ritorno ottengano il pieno riconoscimento della loro dignità e della loro fede. E se qualcuno non vorrà entrare per pigrizia e indolenza, sappia che da solo si è sbarrato volontariamente il facile ingresso ", " e a coloro che ritornano dopo il giorno stabilito, sarà irrogata la penitenza preordinata " : parole che i trecentodieci hanno inculcato con tanta insistenza nella loro sentenza. Sì, ripeto, chiunque sia l'avversario, è costretto a confessare che costoro, dei quali si dicono queste parole, prima di consegnarsi a voi, prima di essere reintegrati nei vostri ranghi, prima di ritornare a voi, prima di passare al loro ritorno la porta della proroga, essi non erano con voi, avevano battezzato al di fuori della vostra comunione in quello scisma, a causa del quale si erano separati da voi. E quando sono ritornati a voi, reintegrati nei posti che occupavano allorché si erano separati da voi, hanno conservato intatta la loro dignità e hanno fatto entrare insieme ad essi i loro battezzati, che non dovevano essere ribattezzati. 39.46 - Cresconio invitato a non offrire un patrocinio ostinato alla peggiore delle cause Perché continui ad offrire un patrocinio così ostinato alla peggiore delle cause? È tempo di cedere finalmente, non a me, ma alla verità stessa da cui siete convinti. Osserva quanto sia vero ciò che ho detto, e che tu hai tentato inutilmente di demolire: "Quante prove si devono sopportare per amore della pace ", e, per usare le stesse parole di cui mi sono servito nella mia lettera: " Per la pace di Cristo ritornate alla Chiesa, che non ha condannato alcuno senza conoscerlo, se per la pace di Donato vi è piaciuto di revocare le vostre condanne ". Se, infatti, di quei dodici che hanno condannato senza proroga alcuna insieme a Massimiano, hanno riammesso in seguito Feliciano e Pretestato, come può essere una falsità affermare che abbiano ritirato la loro condanna? E se fu accordata una proroga anche a coloro di cui dissero: " Sappiate che sono condannati ", anche se nessuno di loro fosse ritornato, ad essi piacque tuttavia ritirare le loro condanne, quando dopo la sentenza che dichiarava: " Sappiate che sono condannati ", fu accordata una proroga che permetteva loro di rendere senza effetto la condanna e di ritornare. Quanto ho detto potrebbe bastare, anche se fosse vero ciò che tu dici di essere rimasto turbato profondamente quando hai appreso dai tuoi vescovi la questione dei Massimiani. Ebbene, dal momento che si tratta ancora di una falsità, che cosa pensi di fare? Investiga pure o, se ne hai la possibilità, controlla la data degli atti proconsolari, in cui Tiziano presentò la sua istanza giudiziaria contro Feliciano e Pretestato per ottenere la loro espulsione dalle rispettive sedi, e vedi quanto tempo dopo lo scadere della proroga ciò è stato fatto. Il concilio di Bagai infatti ha avuto luogo sotto il terzo consolato dell'Augusto Arcadio e sotto il secondo dell'Augusto Onorio, l'otto delle calende di maggio; invece il periodo della proroga decorreva da questo giorno fino all'otto delle calende di gennaio. Ora, la domanda di Tiziano fu presentata dopo questo consolato, il sei delle none di marzo. 40.47 - Pertanto risulta che scadeva quasi il terzo mese quando è stata inoltrata richiesta al proconsole per far espellere dalle loro sedi Feliciano e Pretestato, in quanto colleghi di Massimiano, il quale li aveva coinvolti nella sua folle impresa. Infatti il suddetto avvocato dopo aver detto sul conto di Massimiano ciò che giudicava essenziale, aggiunse: " Inoltre [ il concilio ] domò con un ammonimento altrettanto energico anche coloro che l'errore della presunzione altrui aveva attratti, offrendo dapprima il porto del pentimento, se desideravano ritornare entro il tempo stabilito sulla via della religione che avevano abbandonata. Però l'iniquità si compiace dei suoi propositi e non abbandona se stessa, qualora abbia imboccato la via del precipizio. Ed è così che lo stesso Massimiano alimenta la sua nascente audacia e attira attorno a sé altri complici della sua follia. Fra costoro si trova anche un certo Feliciano, che prima seguì il retto cammino e poi si lascia offuscare dalla contaminazione di questa depravazione; risiedendo nella città di Musti, si è creduto in dovere di appropriarsi con una sorta di occupazione militare delle mura consacrate al Dio onnipotente, la venerabile Chiesa. Su questo punto lo imita anche Pretestato nella regione di Assuras ". Hai udito l'eloquio così scintillante ed esplicito dell'avvocato? Egli dichiara che costoro, dei quali stiamo trattando, devono essere espulsi dalle loro sedi ecclesiastiche poiché non hanno tenuto in alcun conto il suggerimento di approdare al pentimento che gli era stato offerto, poiché l'iniquità si compiace dei suoi propositi quando ha imboccato la via del precipizio. Quand'anche si potesse occultare la data degli atti, anche lo spirito più ottuso si accorgerebbe molto bene che l'autorità proconsolare non avrebbe potuto agire così contro di loro, se quel concilio non li avesse condannati senza accordare alcuna proroga, ed è ciò che risulta con maggiore evidenza, oppure se si fossero rifiutati di ritornare a voi entro il periodo stabilito, qualora la proroga fosse stata concessa a tutti. Ma la data stessa degli atti ferisce gli occhi e le orecchie del più ostinato, in quanto prova che costoro, anche dopo il termine della proroga, non si trovavano nella vostra comunione ed erano strettamente legati a Massimiano, a tal punto che contro di loro fu sollecitato per questo l'intervento così temibile del potere giudiziario. Che cosa si può replicare al riguardo? Perché si resiste ancora contro una verità così lampante con la sorprendente cecità dell'impudenza? E perché suscitano ancora una tale frenesia contro l'unità di Cristo coloro che, per salvaguardare l'unità del partito di Donato, hanno voluto mantenere la concordia anche con sacrileghi condannati? Perché si riconosce ancora con la debita venerazione il battesimo di Cristo anche in uno scisma sacrilego, mentre lo si rigetta con empia presunzione in tanti popoli cattolici, e lo si profana reiterandolo sacrilegamente? 41.48 - Non voglio indagare quanto tempo è passato fra la data in cui Feliciano e Pretestato furono accusati così duramente per bocca di Tiziano e la data in cui furono accolti nella vostra comunione. È sufficiente osservare ciò che la richiesta mostra in modo incontrovertibile: costoro, molto tempo dopo la scadenza della proroga, erano ancora separati dalla vostra comunione e aderivano allo scisma di Massimiano, e voi in seguito li avete accolti, senza sminuire affatto la loro dignità e senza avere il coraggio, come era da temere, di annullare il battesimo che avevano conferito durante lo scisma. In questa faccenda, potrebbe ancora levarsi contro di noi la lingua dell'individuo più ostinato, se essa si muovesse nella bocca di un uomo e sotto la fronte di un uomo? Ho fatto uno sbaglio, lo confesso, scrivendo in quella mia lettera questa frase a proposito della sentenza del concilio di Bagai: " Quando fu letto davanti ad essi il testo della sentenza per deliberare in merito, essi l'approvarono all'unanimità per acclamazione; ora invece, quando è stata letta da noi, ammutoliscono ". La verità, l'hai detta proprio tu: " Ecco, non ammutoliscono ". Il pudore o, meglio, l'impudenza stessa, può ammutolire davanti a fatti così manifesti; la follia non può! Non prendere queste parole come dette a te, che hai dato credito alla menzogna dei tuoi vescovi, né dette per tutti quelli che non hai potuto consultare - data l'emozione che ti ha provocato la faccenda - ; intendile piuttosto come dette per coloro che, pur conoscendo l'importanza e la data delle decisioni dei giudici contro Pretestato e Feliciano, hanno avuto la sfrontatezza di dirti ciò che hai inserito nella tua lettera, cioè che Feliciano e Pretestato, reintegrati nella vostra comunione prima che spirasse la proroga stabilita, non erano soggetti alla sentenza definitiva. Se poi si scoprisse che anch'essi ignoravano questo, almeno adesso, leggendo tali cose, taccia il pudore, ma taccia anche l'impudenza, chiunque sia questo impudente! Resti soltanto la follia a sbraitare contro una verità così evidente. Ed essa potrà forse essere sanata, se sarà tenuta a freno da gente di mente retta. 42.49 - Quindi Agostino non ha mentito sull'affare dei Massimiani Guarda adesso con quale diritto hai detto di me: " Il falso testimone non resterà impunito ", quando tu pensavi che io avessi mentito sull'affare dei Massimiani. Non ti rispondo sullo stesso tono; forse hai parlato di ciò che hai creduto per incauta amicizia, non per aver finto con cuore ipocrita. Siamo uomini: con tutta la nostra vigilanza come riusciremo ad evitare che i nostri pensieri o le nostre parole non trascendano qua o là? Però non dobbiamo fare i sordi di fronte alla medicina della correzione. 43.50 - La causa dei Massimiani offre ai cattolici una facile risposta Osserva bene ora come questa causa dei Massimiani agevoli grandemente la mia risposta alle altre parti della tua lettera. Guarda ciò che ti sei creduto in dovere di dire all'indirizzo dei nostri traditori, benché risulti trattarsi piuttosto di fatti compiuti dai vostri: la qual cosa ho dimostrato sovrabbondantemente nei tre volumi dell'altra opera; ed ora rispondi, se sei in grado: questo crimine, chiunque sia l'autore, può contaminare i cristiani nell'unità di tanti popoli, provenienti da regioni così remote e vissuti in epoche così posteriori, se il crimine dell'arbusto sacrilego di Massimiano non ha potuto contaminare né i suoi adepti africani, ai quali i vostri trecentodieci vescovi hanno dichiarato dando loro una proroga: " Essi non hanno contaminato i germogli del virgulto sacrilego ", né voi stessi, che avete accolto in piena concordia non solo coloro che avete dichiarato innocenti, ma anche quelli già condannati in quel sacrilegio? 43.51 - Se Cresconio poteva ignorare lo scisma dei Massimiani, i Cattolici potevano ignorare la causa di Ceciliano Tu sostieni che gli Orientali erano a conoscenza dei crimini dei traditori, mentre tu, africano, ignoravi lo scisma dei Massimiani consumato nella capitale dell'Africa, finché un giorno, fortemente emozionato alla lettura della mia lettera, hai consultato i vostri vescovi; e anche dopo averli consultati, non hai potuto assolutamente apprendere da loro la verità. Certo, se li difendi per non chiamarli mentitori, concedi almeno che ignoravano i fatti; e tuttavia tu non permetti né a noi né a tali e tanti popoli d'Oriente e d'Occidente di poter almeno ignorare la causa di Ceciliano, mentre costoro possono ignorare quella di Pretestato e Feliciano, ai quali trecentodieci vescovi, cioè tutti o quasi tutti i vescovi del partito di Donato hanno inflitto una condanna: Africani cioè che hanno condannato Africani in Africa, Africani che hanno accolto Africani in Africa. 44.52 - Il concilio di Serdi è citato a sproposito da Cresconio Tu inserisci il testo iniziale del concilio di Serdi, per dedurne la prova che i vescovi orientali, conosciuto il crimine dei traditori, entrarono in comunione con il partito di Donato, e l'unica, grande prova che adduci è questa: fra i vescovi, ai quali scrivono, si trova il nome di Donato. Tuttavia, in esso non si legge una sola parola che essi abbiano conosciuto la questione dei traditori africani. In verità, questo concilio - non ti sfugga questo - è un concilio di Ariani, che tu hai già menzionato fra altri eretici; per di più, il testo si legge di solito senza l'addizione dei nomi delle sedi episcopali, in quanto non è prassi ecclesiastica nominarle nelle lettere che i vescovi scrivono ad altri vescovi. Per questo non so di quale Donato si tratti, né mi stupisco che nelle vostre lettere lo abbiate fatto diventare cartaginese, non escludendo che anch'essi abbiano potuto indagare, pur essendo separati dall'Africa da territori così ampi, chi fosse il vescovo di Cartagine all'epoca in cui volevano scrivere, scoprendo che era Donato. Tralascio anche di dire che probabilmente questi eretici orientali avevano tentato di unirsi in qualche modo agli eretici africani. Però tu, uomo prudente, volendo risolvere la questione, che ti si poteva proporre in questi termini: " Se le cose stanno così, cioè che gli Orientali scrissero al vostro Donato, come mai in seguito si sono separati dalla vostra comunione? ", hai risposto con queste parole: " Perché, ammettendo di nuovo i vostri, essi non sono stati capaci di mantenere un atteggiamento costante di fronte alla causa condannata. È scritto anche: Chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo ". ( 1 Cor 6,16 ) E così adesso tu hai lanciato un'accusa atroce contro i vostri: nella causa dei Massimiani non hanno potuto conservare la costanza, condannando esecrabilmente i sacrileghi, accogliendo con tutti gli onori i condannati. Tu non provi affatto la questione degli Orientali; ma quella dei vostri la intendi, la leggi, la vedi e la giudichi. 45.53 - Memoria dei defunti nella comune comunione Tu mi ordini di abbandonare la Chiesa dei traditori, la cui colpevolezza né voi di fronte a noi, né i vostri antenati di fronte ai nostri hanno potuto provare in modo convincente. Se adesso me ne avessi fornito le prove, condannerei il loro misfatto criminale, ma non abbandonerei per causa loro la società cattolica, formata da tanti popoli che non li conoscono affatto. Cerca piuttosto di vedere per quale motivo non vuoi che nella nostra comunione si faccia memoria di quei defunti, il cui operato ci è sconosciuto, ma di cui abbiamo appreso attraverso la serie delle generazioni anche la buona reputazione di cui godevano fra loro, mentre nella vostra comunione vivono senza alcuna degradazione quelli di cui avete toccato con mano i misfatti, e avete condannato i sacrilegi. 45.54 - Ceciliano non è il capo dei Cristiani Tu, prudente qual sei, osi dirmi: " È un traditore colui che ti ha creato ", ignorando in tal modo che lui è nostro creatore, sia in quanto siamo cristiani sia in quanto siamo uomini, benché tu non possa convincere del peccato di tradizione neppure colui che consideri mio creatore. Da parte mia, non ti ripago con la stessa ingiuria: non dico che Feliciano è tuo creatore né dei tuoi figli né dei tuoi nipoti, né dei tuoi pronipoti, se essi sono stati nel partito di Donato. Ti do un solo avvertimento, poiché me lo permetti: che il tuo creatore non ti sorprenda come disertore, che corre con menzognera empietà dietro ad un uomo! Poco dopo, sei convinto di meritare l'applauso con queste parole: " Dalla sorgente scaturisce il ruscello e le membra seguono il capo. Se il capo è sano, sano è il corpo, e se in esso c'è qualche morbo o vizio, tutte le membra sono debilitate. Tutto ciò che concerne la crescita del tronco è in rapporto con la sua radice; non può essere innocente chi non segue la condotta di un innocente, soprattutto perché è scritto: Non seguite le norme dei vostri padri ". ( Ez 20,18 ) In tutte queste tue parole rilevo di passaggio che non c'è un rapporto di somiglianza nel parallelo sul corpo umano; può infatti accadere che il piede dolga e la testa sia sana o che dolga la testa e il piede funzioni bene. Tralascio pure il fatto che tu dimentichi la tua dichiarazione precedente: " Anche noi vogliamo questo, questo consigliamo: che Cristo sia il capo del cristiano"; tu che adesso vuoi far diventare non so qual traditore un capo sconosciuto di popoli cristiani, nei quali non volete riconoscere il battesimo di Cristo dato e ricevuto, come se i battezzati non siano stati creati se non da quel traditore. Lascio pure da parte l'aiuto notevole che mi fornirebbe il testo che hai citato dalla Scrittura, che dice ai Giudei: Non seguite le norme dei vostri padri, ( Ez 20,18 ) poiché quanti vollero osservare allora questo precetto, e tali furono i santi profeti e quei settemila uomini che non piegarono le ginocchia davanti a Baal, ( 1 Re 19,18 ) non per questo si separarono dal loro popolo e dai loro comuni sacramenti. Dico questo, e lo inculco ripetutamente, ti piaccia o non ti piaccia, a costo di sembrare stucchevole: non voler fare Ceciliano, assolto tante volte, capo di noi suoi posteri, come io non faccio Primiano, condannato da Feliciano, né Feliciano, condannato da Primiano, capo dei vostri discendenti. 46.55 - Non si deve considerare ciò che uno soffre, ma perché lo soffre Quanto all'odiosa persecuzione, che vi gloriate di subire da parte delle potestà terrene in quanto membri del partito di Donato, pur avendoti già risposto in maniera più che esauriente nei tre libri di quell'opera, neppure adesso rinuncio a darti quella breve risposta che si può dare sulla causa dei Massimiani, dal momento che voi ne fate un titolo commendatizio presso la gente incolta e sprovveduta. Anche Massimiano e i suoi si raccomandano nello stesso modo presso millantatori e disinformati, essi che non hanno potuto cedere neppure alle persecuzioni che gli causavano i vostri affinché ritornassero alla loro comunione. Ma le persone assennate, di fronte alle vittime di qualche afflizione, sanno bene che non si deve tener conto delle pene, quanto delle cause; esse comprendono che costoro giustamente e meritatamente hanno dovuto subire le misure repressive, irrogate anche dei tribunali civili per il crimine dello scisma sacrilego, che valse da parte vostra una condanna meritata e giusta. Non voglio neppure soffermarmi su ciò che hai scritto nella tua lettera, e cioè che non fu Ottato bensì il popolo che ha distrutto non la basilica ma la spelonca di Massimiano. Anche se non è accertato che siano stati i vostri a commettere il fatto, è certo che lui ha subìto una persecuzione: nonostante ciò, non era giusto ma empio. Tutto questo ti costringe ormai ad ammettere che non si deve considerare ciò che uno soffre, ma perché lo soffre. 46.56 - Anche gli uomini religiosi perseguono i sacrileghi e i giusti gli empi per la necessità di provvedere alla loro salvezza Comunque, mi sembra inadeguato per il momento da questo esempio di Massimiano trarre la conclusione che non è necessariamente giusto chi, subendo la persecuzione, reclama per sé e si riveste del nome di Cristo, in quanto anche il sacrilego Massimiano ha sofferto la persecuzione, nel qual caso ti costringerò a confessare che anche gli uomini religiosi perseguono i sacrileghi e i giusti gli empi, non certo per il gusto di nuocergli, ma piuttosto per la necessità di provvedere alla loro salvezza. Non tiro fuori esempi neppure dall'Antico Testamento, benché tu abbia detto di voler essere informato anche sugli esempi profetici. Non cito, ripeto, esempi troppo antichi: appartengono ad un'altra economia e ad un'altra epoca. Sì, dopo che la mansuetudine ci è stata rivelata e raccomandata a tempo opportuno, i vostri vescovi - e questo comportamento diciamo che non è giusto, ma finché tu sei lì a difendere una tale causa, sei costretto a dire che è giusto - i vostri vescovi, ripeto, hanno perseguitato i vostri scismatici. 47.57 - Massimiano ha subìto la persecuzione, Primiano l'ha inflitta Pertanto non dico più: " Massimiano ha subìto la persecuzione, Ottato ne è l'autore ", poiché tu rispondi che voi non ne sapete nulla e lui fece in modo tale, che su questo non ho la possibilità di leggere gli atti; benché se si interrogassero su fatti così recenti le città stesse, esse non potrebbero negarlo. Questo, dunque, non lo dico più; dico invece: " Massimiano ha subìto la persecuzione, Primiano l'ha inflitta ", e leggo gli atti dimostrando, testo alla mano, che la casa, difesa da Massimiano come sua proprietà, se l'era presa Primiano per utilizzarla, in qualità di mandatario, sotto il nome fittizio di casa ecclesiastica degli esorcisti, con l'appoggio del legato Sacerdote, come indicano gli stessi atti. Che il giudice abbia operato secondo criteri di giustizia e non per favoritismo, è cosa che non nego e non rigetto. Ma, allora, perché Primiano negli atti del magistrato di Cartagine, fra le altre contumelie a noi indirizzate, ha dichiarato: " Essi rapinano i beni altrui, noi lasciamo in sospeso i beni rubati ", quando lui stesso, se la casa apparteneva a Massimiano, aveva rubato i beni altrui? Se poi Massimiano fosse piuttosto quello che l'aveva usurpata, allora Primiano non aveva lasciato in sospeso i beni rubati? Però, se non vuoi collegare neppure questo episodio alla persecuzione, dichiaro allora che i vostri vescovi e i vostri chierici hanno perseguitato i Massimiani che dimoravano in quei luoghi, in cui erano stati ordinati da molto tempo; li hanno accusati presso il proconsole, hanno chiesto di arrestarli e per aver fatto eseguire questi arresti si sono guadagnati cariche pubbliche e aiuti dalle città. In tal modo quelli che erano già stati condannati dal rigore della sentenza bagaiense, e recisi dal corpo della vostra comunione con un intervento rapido e doloroso per impedire che il virus pestilenziale contagiasse tutte le membra, che non costituivano più alcun pericolo per voi a motivo del contagio malsano della loro comunione, che frequentavano le loro assemblee insieme ai rispettivi fedeli altrettanto scomunicati e gestivano con diritto di possesso perpetuo insieme alle popolazioni aderenti alla loro sètta luoghi e basiliche che non avevano occupato abusivamente; ebbene, questi dissidenti furono terrorizzati, malmenati, cacciati via, presentati come ribelli! 48.58 - Il caso di Salvio di Membressa Leggi ciò che gli avvocati dell'accusa hanno detto di loro o contro di loro, quali accuse di sacrilegio gli hanno lanciato addosso, con quale impeto li hanno incriminati sollecitando l'intervento del pubblico potere. Indaga pure per conoscere il trattamento riservato a Salvio di Membressa, poiché con le vessazioni di quella persecuzione non erano riusciti a staccarlo dal consorzio del crimine, e lui preferì piuttosto affidarsi ad una inchiesta e rispondere ai suoi persecutori di fronte al tribunale del proconsole, credo con quella fiducia che gli derivava dal fatto di sapere che i suoi avversari di fronte al giudice non potevano appellarsi alle leggi promulgate contro gli eretici senza essere presi nella stessa rete. Ma questo pensiero lo ingannò. Infatti davanti a Serano, allora proconsole, prevalse il favoritismo o forse piuttosto il concilio di Bagai, che lì anche contro lo stesso Salvio fu citato. Con una sorta di sentenza interlocutoria, il giudice mostrò che cosa si doveva fare: o reintegrare Salvio nel gruppo dei vescovi della comunione di Primiano o espellerlo dalla sua sede, affinché Restituto, che Primiano aveva consacrato contro di lui, prendesse possesso senza un rivale di tutti i luoghi che amministrava Salvio; nonostante questo, nella stessa sentenza interlocutoria disse esplicitamente che Salvio era oggetto di persecuzione. Così si legge nei medesimi atti: " Il proconsole Serano disse: Una lite tra vescovi, a norma di legge, deve essere presieduta dai vescovi; e i vescovi hanno sentenziato. Perché non ti rivolgi per un risarcimento al coro degli Anziani, o, come dice la Scrittura, non offri il dorso ai tuoi persecutori? ". Che te ne pare? Sei proprio del parere di chiamare giusto questo Salvio, a cui un proconsole, presso il quale il vostro vescovo Restituto, suo avversario, lo accusava, dà il consiglio, preso anche dalle Scritture, di offrire il dorso ai persecutori, poiché è scritto nel Vangelo: Se vi perseguitano, fuggite? ( Mt 10,23 ) Vedi certamente che figura di martire o di confessore esibisce Salvio davanti ai suoi, lui che, perseguitato da Restituto, ha meritato di ascoltare queste parole dal proconsole; e tuttavia, tanto da noi quanto da voi è considerato empio e sacrilego. 49.59 - La persecuzione subita da Salvio E così, quando la sentenza del proconsole fu comunicata alla popolazione di Abitina, città vicina ove i vostri riuscirono a mettere in esecuzione la sentenza, dato che quasi tutta la popolazione di Membressa simpatizzava per Salvio, mi freme il cuore mentre riferisco ciò che fecero gli stessi abitinensi a quest'uomo rispettabilissimo per età, poiché non lo consegnarono agli atti. Del resto, trattandosi di un fatto così recente, le testimonianze offerte dalle città sono più convincenti di tutti i documenti, quindi attingerò brevemente a ciò che ivi ho appreso nel corso di un viaggio. Salvio, contando sull'appoggio della popolazione a lui favorevole, anche dopo la sentenza del proconsole aveva tentato con tutte le forze di opporre resistenza agli Abitinensi per difendere le sue sedi. Alla fine fu sopraffatto e catturato, non più per essere condotto al tribunale, dove era già stata pronunciata la sentenza fra le parti, ma ad un avvilente corteo trionfale. Si prese il vegliardo, gli si legarono al collo carogne di cani, e così danzarono con lui finché vollero. Se volessi fare una amplificazione retorica, non dovrei forse affermare che questo supplizio è appena paragonabile ai tormenti dei re etruschi, che legavano i cadaveri ai vivi? Un vegliardo, che per giunta pretendeva il rango di vescovo, non dovrebbe essere bandito dalla società dei vivi e dei morti con giudizio unanime se, di fronte alla prospettiva di scegliere necessariamente uno dei due supplizi propostigli, non scegliesse piuttosto di essere attaccato a cadaveri umani, anziché danzare con carogne di cani? 50.60 - Concentra ora l'attenzione su quelle mie parole che credevi di aver confutato, anzi, non tanto su di esse quanto su queste che sto per dire in sostituzione di quelle. Ecco, infatti, che non dico più: " Se non è lecito perseguitare, Ottato lo ha fatto "; dico invece: " Se non è lecito perseguitare, Restituto lo ha fatto ". Come pure non dico più: " Se si deve ritenere innocente chi subisce la persecuzione, Massimiano l'ha subìta "; invece dico: " Se si deve ritenere innocente chi subisce la persecuzione, Salvio l'ha subìta ". Non faccio altro che leggere gli atti e ripetere le parole che tu non vuoi ascoltare: Restituto l'ha fatta, Salvio l'ha subìta. Di questi due, che cosa mi risponderai se non che il cristiano è Restituto, mentre il sacrilego è Salvio? Si deve dunque lasciar cadere, riprovare e rigettare come indimostrata la tua affermazione, in base alla quale non esiste una persecuzione giusta, e anche ciò che hai detto: " Chi è che non vuole dare il suo assenso al testamento reso pubblico, colui che subisce la persecuzione o colui che la infligge? ", poiché è giusta la persecuzione che Salvio ha subìta e Restituto ha inflitta. Salvio l'ha subìta, ma per te Restituto è degno di lode e Salvio è meritevole di condanna! Non puoi neppure continuare a dire che ciò è accaduto in modo occulto o che poteva sfuggire a Primiano un fatto avvenuto nella città che presiedeva come vescovo, e in una città di tale importanza, davanti a un giudice così eccellente, che non poteva restare segreto anche per le altre città. Se poi anche questo lo si deve classificare tra i fatti ignoti, perché non vuoi ammettere che il mondo intero possa ignorare il male che Ceciliano ha potuto commettere - e non sia mai che l'abbia commesso - durante la persecuzione, se Primiano poté ignorare la persecuzione che subì Salvio da parte della persona che lui stesso aveva consacrato come suo antagonista, e per giunta nella stessa città in cui esercitava il primato sui suoi colleghi? Pertanto dovrai confessare, volente o nolente, per non essere costretto a condannare Restituto e Primiano e la setta di Donato, che non solo gli ingiusti possono subire la persecuzione, ma anche i giusti possono infliggerla. Oppure, se pensi che non si deve chiamare persecuzione quella che è fatta giustamente, non potrai provare che voi avete sofferto persecuzione da parte nostra, né i vostri da parte dei nostri, ma siamo noi piuttosto che dimostreremo di subirla da parte dei vostri chierici e circoncellioni, questi esseri crudeli e abbrutiti, i quali, non comprendendo né sopportando che noi ci interessiamo alla loro salvezza, si scagliano con tale furore contro di noi, che sono incapace di enumerare, ricordare e spiegare a parole ciò che fanno contro di noi. 51.61 - Non intendere come persecuzione solo quella che fa del male Appunto come nel caso di un malato in preda a delirio furioso, che malmena il suo medico e il medico tenta di bloccarlo: o ambedue si perseguitano a vicenda oppure non è certo il medico che perseguita il delirante, se si intende come persecuzione solo quella che fa del male, ma è il frenetico che perseguita il medico. Pertanto, la vostra crudeltà e la violentissima audacia, ben nota a tutti, messa in atto dai circoncellioni, satelliti dei vostri chierici, doveva essere repressa dalle leggi emanate contro di voi e in qualche modo bloccata. Nello stesso tempo, dissuasi quantomeno dallo stesso terrore delle sanzioni, vogliate riflettere ed emendare l'errore in cui vi trovate e il sacrilegio che vi separa in modo inconciliabile dall'unità e dalla pace di Cristo, proprio come Feliciano e Pretestato, i quali, inaspriti dal terrore nei vostri confronti causato dalle misure repressive del potere civile, misero in atto ciò che rifiutò di fare quel cuore troppo duro e perverso di Salvio: si pentirono per lo scisma che avevano fatto, ritornarono alla vostra comunione e società. Tutto tornerebbe a posto se voi tutti ritornaste alla radice cattolica. Quanto poi ai provvedimenti presi nei vostri confronti, che potrebbero eccedere la moderazione della carità cristiana, essi non si devono imputare alla Chiesa cattolica, come non imputerei a Primiano o Restituto ciò che fecero a Salvio i cittadini di Abitina. 52.62 - Per quanto riguarda il crescendo di persecuzioni che, a tuo dire, il partito di Donato ha dovuto subire, tu, sia ignorando completamente le provocazioni dei vostri sia affermando molte cose contro i nostri senza fornirne la spiegazione, hai citato un testo dei Salmi e hai detto: " Non è stato forse detto di coloro che fanno tali cose: I loro piedi corrono a versare il sangue; e la via della pace non conoscono? ( Rm 3,15.17 ) Queste accuse, e molte altre di gran lunga più gravi, le hanno lanciate i vostri vescovi nel concilio di Bagai contro Feliciano e Pretestato. E certamente costoro non hanno sparso il sangue di alcuno, né hanno infierito su di voi con violenze fisiche; invece quelli che li accusavano in tal modo, consideravano un crimine assai peggiore versare il sangue spirituale con il sacrilegio dello scisma. Dunque, se dopo aver pronunziato contro di loro parole così pesanti e aspre, avete fatto pace senza toglier nulla alla loro dignità e senza invalidare il loro battesimo, non si deve disperare che possiate accordarvi anche con noi. Vi deve allettare molto di più a far pace tutto l'universo cristiano che non Pretestato e Feliciano, poiché, se non siete stati inquinati da quelli che avete condannati con accuse tanto atroci, tanto meno vi può macchiare l'unità di tanti popoli cristiani, ai quali non avete provato i crimini di Africani sconosciuti. Voi, sì, siete stati molto inquinati da un grave crimine: il crimine di aver separato la vostra società dalla società della Chiesa, a favore della quale depongono tali e tante testimonianze divine. E tu hai osato contraddire con la tua temerarietà di uomo queste divine testimonianze, quando tu stesso, non so come, ti sei visto costretto dal potere della verità a confessare che " il mondo intero si sta volgendo ogni giorno verso il nome cristiano ". 53.63 - Cresconio non cerchi di gloriarsi del ridotto numero dei Donatisti a confronto con la moltitudine delle nazioni cattoliche Hai osato opporti al testamento di Dio, lo ribadisco, benché l'Apostolo dica: Un testamento legittimo, pur essendo solo un atto umano, nessuno lo dichiara nullo o vi aggiunge qualche cosa. Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furono fatte le promesse. ( Gal 3,15.16 ) Tu non hai avuto alcun timore di annullare questo testamento, di sovrapporre a questo testamento il partito di Donato, e quando Dio dice ad Abramo nello stesso testamento: La tua discendenza sarà come le stelle del cielo e la sabbia del mare, ( Gen 22,17 ) tu annulli il testo e vi metti sopra il partito di Donato, in favore del quale non citi alcuna testimonianza, e dici: " La minoranza detiene sovente la verità, l'errore è appannaggio della moltitudine ". Non comprendi in che senso il Signore ha detto che sono pochi coloro che entrano per la porta stretta, ( Mt 7,14 ) dal momento che ha dichiarato che molti da Oriente e Occidente siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe, ( Mt 8,11 ) e nell'Apocalisse appaiono migliaia di individui in veste bianca, di ogni razza e tribù e lingua, che nessuno può contare. ( Ap 7,9 ) Essi certamente sono molti in se stessi, però sono pochi se li paragoniamo alla moltitudine ben più grande che deve essere punita con il demonio. Tuttavia questo frumento, destinato ai granai divini per l'eternità, raccolto da tutto il mondo dall'unità della carità, tollera i furori e i tormenti di questo mondo, sia per gli scandali e le violenze degli eretici sia per i molti che non vivono rettamente qual paglia che resta nel suo seno, e sarà purificato nella vagliatura finale. Ma, su tutto ciò, non c'è risposta più facile per te della causa dei Massimiani. Se la verità si trova frequentemente nella minoranza ed errare è proprio della moltitudine, ammetti che i Massimiani, quanto sono inferiori a voi per il loro piccolo numero, tanto vi superano nella verità. Tu non lo ammetti; allora non cercare di gloriarti del vostro ridotto numero a confronto con la moltitudine delle nazioni cattoliche, così come non vuoi che i Massimiani si glorino del loro scarso numero in rapporto alla vostra moltitudine. 54.64 - La Chiesa non ha potuto minimamente essere intaccata dai traditori africani Quanto poi al tuo resoconto sui traditori africani, non sai tu o il più elementare buon senso non te lo fa comprendere, che, quando si discute alla ricerca della verità, se non segue la dimostrazione, l'esposizione è priva di valore e non serve a nulla? Non mi darei alcuna pena per confutare questo, neppure se non avessi nella causa dei Massimiani una sintesi così facile e immediata. Sacre sono le seguenti Lettere: Parla il Signore, Dio degli dèi, convoca la terra da oriente a occidente. Da Sion, splendore di bellezza, Dio rifulge. ( Sal 50,1-2 ) Con questo testo profetico si armonizza quello del Vangelo, in cui il Signore dice di sé: Il Cristo doveva patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome dovevano essere predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. ( Lc 24,46-47 ) Ciò che infatti è detto lì: Egli ha convocato la terra da oriente a occidente, qui lo ha espresso: a tutte le genti; e alle parole del Salmo: Da Sion rifulge la sua bellezza, corrispondono le parole: cominciando da Gerusalemme. Lì, infatti, Cristo non solo ha sofferto, ma è anche risorto; di là è salito al cielo e lì nel giorno di Pentecoste ha inviato lo Spirito Santo dal cielo su centoventi uomini riuniti insieme per colmarli di lui; là un giorno accolse nel suo corpo tremila credenti e un altro giorno cinquemila che si erano convertiti; da lì la Chiesa si diffuse e si diffonde con i suoi frutti a tutta la Giudea e alla Samaria e a tutti gli altri popoli del mondo intero. Predisse questo ai suoi discepoli e nell'imminenza dell'ascensione al cielo disse loro: Voi mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra. ( At 1,8 ) Questa, dunque, è la Chiesa che comincia da Gerusalemme e si espande con una fecondità così palese fra tutte le genti, da obbligarti a confessare che " grazie alla Provvidenza divina il mondo intero ogni giorno si volge al nome cristiano "; questa Chiesa, ripeto, che la Parola del Signore, Dio degli dèi, convoca dal levar del sole fino al tramonto, la quale non ha potuto minimamente essere intaccata dai traditori africani, che non ha mai conosciuto, se i germogli dell'arbusto del sacrilego Massimiano non hanno macchiato tanti suoi colleghi, per il solo fatto che essi non gli avevano imposto le mani durante la sua consacrazione; e questo benché avessero lodato Massimiano, condannato da Primiano, e avessero condannato Primiano, benché coloro che avevano aderito al suo scisma avessero ottenuto una proroga per ritornare. 55.65 - Il grado comparativo non sempre aumenta ciò che mette a confronto Che anzi, perché ho detto: " Noi, con ben maggiore probabilità vi accusiamo di aver consegnato i Libri santi ", tu mi rispondi che in questo modo ho confessato che voi fate a noi un rimprovero probabile, appellandoti anche alla regola linguistica secondo la quale il grado comparativo " aumenta ciò che è posto prima e non disapprova ciò che è detto prima ", e aggiungi che come si dice " bene " e " meglio ", " male " e " peggio ", " orribilmente " e " più orribilmente ", così si trova " probabilmente " e " più probabilmente ". Da questa premessa credi di poter tirare una conclusione e dici: " Se la vostra obiezione è più probabile, allora la nostra è probabile". Con l'opera assai estesa dei primi tre libri ti ho dato a suo luogo una risposta sufficiente e forse più che sufficiente, e ho mostrato, attraverso i libri da cui abbiamo appreso a parlare, come il grado comparativo non sempre aumenti ciò che mette a confronto, e talvolta disapprovi ciò con cui si raffronta. Per questo si dice: " Gli dèi favoriscono maggiormente gli uomini pii ", oppure: " Formulo i migliori auspici ". Leggili attentamente, vi scoprirai tu stesso molte cose. Ma, ti prego, non sei sorpreso di vedere come in questa causa dei Massimiani, partendo dalla quale ho deciso adesso di darti una risposta su tutto, non mi sono mancati esempi di questo tipo di locuzioni? Proprio in quella sentenza del concilio di Bagai, davvero mirabile per splendore ed eloquenza, essi dichiarano:" Si è trovato un rimedio più salutare, per evitare che il virus pestilenziale si diffonda in tutte le membra: sopprimere con un dolore concentrato la ferita aperta ". Stando alla tua regola, essi avrebbero certamente dovuto dire: " salutare ", non: " più salutare ", poiché non era salutare, ma pernicioso permettere che il virus infettasse tutte le membra. Era dunque un rimedio più salutare ricorrere a un dolore momentaneo al fine di sopprimere la piaga aperta, benché non fosse salutare, al contrario fosse mortale, lasciare che il virus diffondesse la sua infezione mortale in tutte le membra. Allo stesso modo noi vi obiettiamo più probabilmente il reato di tradizione, senza che voi possiate accusarci di ciò probabilmente. 56.66 - Silvano di Cirta fu traditore e accusa Ceciliano per il crimine di tradizione Anche ciò che ho affermato contro Silvano, il vostro vescovo di Cirta, che cioè fu un traditore, lo attestano gli atti municipali, redatti lì stesso a Cirta dal rappresentante statale Munazio Felice. Infatti vi leggiamo scritto: " Quando fu aperto l'ingresso della biblioteca, si trovarono gli armadi vuoti. Lì Silvano presentò una cassetta d'argento e una lampada d'argento, che diceva di avere trovato dietro la cassaforte. Vittore di Aufidio gli disse: " Saresti morto se non le avessi trovate ". E avendogli detto il curatore Felice: " Cerca più attentamente per vedere se non sia restato qualcosa ", Silvano disse: " Non c'è nulla qui, abbiamo buttato tutto fuori " ". Quando furono letti questi fatti negli atti del consolare Zenofilo, fra i quali erano state inserite numerose deposizioni di testi, chiese il consolare: "Quale incarico ecclesiastico ricopriva a quell'epoca Silvano? ". Vittore rispose: " Silvano fu suddiacono durante l'episcopato di Paolo, quando ferveva già la persecuzione ". Tu, perché non si dia credito a questo documento chiarissimo degli atti pubblici, credi di opporgli un argomento decisivo richiamando la sentenza che lui pronunciò contro Ceciliano, quasi per punire dei traditori; poi concludi che non poté essere un traditore chi si assunse il ruolo di vindice inflessibile del crimine di tradizione. Come se qualcuno potesse sembrare più severo di quei vecchi davvero svergognati, quando infierivano con tanto zelo per far morire Susanna, però perché avevano la coscienza lacerata dal senso di colpa per quel delitto, che fingevano di voler punire in lei. ( Dn 13,5-62 ) Ma, lasciamo perdere queste cose. E Feliciano? Adesso non condanna, forse, con Primiano il crimine che lui stesso aveva commesso con Massimiano, ma certo non perché più impudente, quanto perché più emendato da una sentenza migliore? Se Silvano avesse voluto fare altrettanto, non avrebbe condannato falsamente Ceciliano per il crimine di tradizione, ma se stesso per vero crimine di tradizione con un emendamento salutare, e sarebbe passato, se non in qualità di vescovo, almeno in qualità di peccatore emendato, a fianco di Ceciliano innocente, se è vero che Feliciano è potuto passare, senza macchia per Primiano o per lui, con la sua dignità episcopale al partito di Primiano, che aveva condannato essendo innocente, proprio come Silvano aveva condannato Ceciliano. 56.67 - Le condanne di Primiano e di Ceciliano a confronto Neppure ciò che ho detto: " Ignoro quali siano i traditori che i vostri antenati incolpavano; se li incolpavano veramente, avrebbero dovuto convincerli del loro errore ", devi prenderlo nel senso che i vostri antenati avrebbero dovuto farlo davanti al loro tribunale. In effetti tu rispondi così, " che essi l'hanno fatto e per questo determinarono in giudizio che i nostri avevano perduto il battesimo ". Prima leggi attentamente ciò che rigetti nel tuo scritto, e o comprendi ciò che è detto o non voler cambiare il senso di ciò che tu comprendi. Io ho detto che questi traditori avrebbero dovuto essere convinti di errore, non davanti ai vostri, ma davanti alle Chiese d'oltremare, alle quali apparivano come innocenti quelli che erano incolpati dai vostri. Infatti anche i Massimiani credono di aver condannato Primiano dopo averlo confutato, ma non lo hanno fatto davanti a coloro che, vivendo in luoghi più lontani, erano meno influenzabili da favoritismi o invidie, e avrebbero potuto dare di lui un giudizio tale, che sarebbe stato facilmente approvato da tutto il partito di Donato. Orbene, cento vescovi lo hanno condannato, mentre più di trecento vescovi lo hanno rilasciato perché fosse assolto, davanti ai quali essi stessi avrebbero corso il rischio di una condanna. È certo che costoro dovettero guadagnare alla loro tesi un numero ben maggiore di vescovi per restare dentro con essi e mettere fuori Primiano, qualora lui, che era condannato, si fosse rifiutato di eseguire la penitenza. Però se essi non avessero potuto persuadere un numero così superiore di colleghi e le molte Chiese della loro comunione, sparse per tutta l'Africa, o avrebbero dovuto rescindere la loro sentenza con decisione più sensata, su cui avrebbero potuto prendere un abbaglio, trattandosi di uomini che giudicano un altro uomo, oppure, se avevano appreso con assoluta certezza la vera natura dei suoi crimini, di cui tuttavia non erano in grado di convincere gli altri, che erano la stragrande maggioranza, sarebbe stato un gesto più prudente e paziente tollerare coscientemente un peccatore anziché separarsi con uno scisma empio da tanti innocenti che non ne sapevano nulla. In tal modo avrebbero mantenuto fede a quel principio, colmo di carità e pietà, formulato così dal beato Cipriano: " Anche se si nota nella Chiesa la presenza della zizzania, ciò tuttavia non deve costituire un impedimento per la nostra fede o la nostra carità, tale da farci abbandonare la Chiesa perché in essa abbiamo scoperto la zizzania ". La qual cosa certamente avrebbe giovato loro se, purificati nel grembo della Chiesa cattolica, avessero tollerato in essa le impurità che non avevano potuto togliere anteriormente. Ma ciò che a nostro avviso essi avrebbero dovuto fare in questa società del vostro errore, che considerate come la vera Chiesa, era quello che si imponeva per i vostri antenati nel seno di quella Chiesa notoriamente vera, della cui unità essi avevano fatto parte: non separarsi da essa. Come infatti chiunque aderisce al vostro partito, poiché ignora completamente la questione di Primiano, in perfetta buona fede lo reputa innocente benché condannato da cento Massimiani, lui che era stato assolto davanti a un numero ben maggiore di colleghi, così anche nella comunione cattolica chi ignora la causa di Ceciliano non a torto si persuade della sua innocenza, dal momento che costui ha potuto apparire come innocente o occultarsi come colpevole, non solo in Africa, ma anche nel territorio di tanti popoli cristiani, di fronte alla stragrande maggioranza degli altri vescovi. Presso di loro o ha meritato di essere assolto da un giudice con cognizione di causa, o non meritò di essere condannato da un giudice che ignorava il fatto, oppure, assolto in modo ingiusto da un giudice corrotto, non si poté dimostrare la sua colpevolezza agli altri che non l'avevano giudicato. Voi pertanto vi siete separati con una sacrilega frattura dall'unità di tanti e sì grandi popoli che, non essendo in grado di giudicare tale questione, o ignoravano che c'erano stati giudici in questa causa, o se era già stata emessa una sentenza ignoravano di che tenore fosse, oppure credettero ai giudici designati anziché ai litiganti vinti. 57.68 - I Donatisti sono battuti in tutte le ipotesi Ecco dimostrato con quanta facilità vi si può vincere, pur avendo scelto l'ultima delle quattro ipotesi che io ti avevo proposto, né potevi fare altrimenti. Ho detto, in effetti, che se si fossero esibite le prove dei crimini di tradizione, compiuti dall'una e dall'altra parte, o le une e le altre sono vere o le une e le altre sono false, o le nostre sono vere e le vostre false, o le nostre sono false e le vostre vere. Ora, dopo aver dimostrato quanto era facile la nostra vittoria nelle prime tre ipotesi, siete stati battuti anche nella quarta, ma tu, o non l'hai compreso oppure, ed è ciò che inclino a credere, perché gli altri non capissero, hai tentato di coprire con non so quali zone d'ombra la questione stessa e hai giudicato opportuno discutere sulla natura dell'argomentazione. Ma di questo potremo trattare con te in altra occasione, se sarà necessario; ora non perdiamo il tempo su questioni non essenziali. 58.69 - La questione dei Massimiani e la condanna di Primiano Pertanto fa' attenzione, per vedere se sarò in grado di dimostrare anche questo, osservando in quel vostro specchio terso, che è appunto la questione dei Massimiani. Dunque, dopo la morte di tutti i protagonisti e i testimoni di questi avvenimenti, potrà succedere che un bel giorno la questione della comunione sia dibattuta tra i vostri successori e i loro. Costoro diranno che Primiano fu condannato da un centinaio di vescovi o poco più, e allegheranno prima la sentenza redatta a Cartagine, poi quella emanata a Cabarsussa contro di lui; i vostri leggeranno, al contrario, il concilio di Bagai. I primi reclameranno che si dimostri loro come furono confutate le accuse contro Primiano, contenute nella sentenza dei loro antenati. I vostri non diranno forse con più forte ragione: " Se queste accuse, che voi lanciate contro uno che è già morto, sono vere, provate che le avete presentate ai nostri antenati, e che gli avete dimostrato che erano vere. Se avete tentato di fare questo senza potervi riuscire, allora neppure gli stessi nostri antenati potevano essere macchiati dai crimini altrui, sia pure veri, che non gli erano stati comprovati; quanto più se voi non avete neppure tentato di dimostrarlo! Come dunque poteva scaricarsi su di noi la responsabilità di tale questione che, essendo ignorata e non dimostrata, non ha potuto coinvolgere neppure coloro che allora vivevano con Primiano? Pertanto noi siamo in grado, per la forza stessa della verità, di convincervi che siete i responsabili dello scisma, in quanto vi vediamo separati da noi, fratelli vostri, a causa di crimini altrui, che allora non sono stati provati di fronte ai nostri antecessori, quando dovevano esserlo ". Se le popolazioni e il clero di quei luoghi da cui provenivano i trecentodieci vescovi, che hanno organizzato il concilio di Bagai contro i Massimiani, hanno il sacrosanto diritto di parlare così; se ciò - ripeto - lo diranno con ragione gli Africani agli Africani, i Numidi e i Mauri, che sono la stragrande maggioranza, alla minoranza della Bizacena e della Proconsolare, quanto più il mondo intero avrà il diritto di usare questo linguaggio con gli Africani di tutto il mondo sui crimini compiuti da ignoti traditori africani, anche se fossero veri, tanto più che anche in Africa la stessa Chiesa cattolica è così diffusa, associata col vincolo dell'unità agli altri popoli! In ogni caso, essa potrebbe gridare ad alta voce: " Anche le prove dei crimini altrui, che adesso ti sforzi di mostrarmi, non rendono colpevoli i popoli delle nazioni, ai quali non furono mostrate a tempo debito, sia perché non avete potuto farlo e sia perché non ve ne siete preoccupati. Se mi dissocierò da questi popoli innocenti su tale questione, e ciò a causa dei crimini di altri, non potrò considerarmi innocente del crimine sacrilego dello scisma. Perciò, supponiamo pure che voi abbiate il massimo successo e mi proviate adesso che questi crimini sono veri: condanniamo i traditori che sono morti, non abbandoniamo gli innocenti che vivono ". 58.70 - La Chiesa universale non è il partito di Donato Ora, avendo io dichiarato: " Se voi foste in possesso di prove autentiche, avreste dovuto dimostrarlo alla Chiesa, cioè alla Cattolica, per essere al di dentro ed espellere al di fuori quelli che aveste confutato ", che razza di risposta mi hai voluto dare dicendo: " Noi eravamo stati espulsi, i vostri invece erano rimasti nella Chiesa plenaria e cattolica "? Se i Massimiani vi ripetono questa frase, parola per parola, tu che cosa risponderai, se non che non sono degni di una smentita, ma soltanto di derisione quelli che osano pretendere di essere la Chiesa plenaria con nemmeno cento vescovi, a confronto di una moltitudine sì grande, cui presiedono oltre trecento vescovi, poiché in tutte le regioni dell'Africa, in cui si trovano i Massimiani, è presente anche la comunione di Primiano, mentre nelle altre parti dell'Africa, ben più numerose ed estese, non si trova neppure un Massimiano, salvo forse in viaggio? Tu, pertanto, con quale ardire - in contrasto con quella Chiesa che, per bocca della verità, si estende dal sorgere del sole fino al suo tramonto nella profezia e nella realtà - osi affermare che la Chiesa universale è il partito di Donato, il quale non è se non in Africa, mentre essa appartiene a innumerevoli nazioni, Africa compresa? " È chiaro che questo ha messo fuori quella! ". Tu però, ti prego, non mettere fuori questa voce. L'uomo ha il pudore sul volto, non sotto l'ascella. E così questo ha messo fuori quella? Non vedi che, se si mette fuori quella, di cui il Signore ha detto ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni; ( Gen 22,18 ) della quale si legge la predizione che negli ultimi giorni sarà la montagna del Signore, visibile a tutti, e verranno ad essa tutte le genti; ( Is 2,2 ) della quale si canta questa profezia: Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli; ( Sal 22,28 ) della quale è predetto che darà frutto e crescerà nell'universo intero; ( Col 1,6 ) della quale dice lo stesso Signore che si estende fra tutti i popoli, cominciando da Gerusalemme; ( Lc 24,47 ) non vedi, dico, che se la si mette fuori, con essa si mette fuori la Legge di Dio, i Profeti, i Salmi, gli Apostoli, il Vangelo stesso, e infine tutto il Testamento e, con esso, lo stesso Erede? 59.70 - I Donatisti sono usciti fuori Se ti colpisce questa empietà, se ti riempie di orrore, se ti fa tremare, guarda ove vi trovate e tornate dentro, poiché non voi avete mandato fuori, ma voi piuttosto siete usciti fuori. Vedi che cosa è capace di fare un cieco fanatismo. Si dice che Massimiano ha buttato fuori Primiano, e questo fa ridere; si dice che il partito di Donato ha messo fuori i frutti delle fatiche apostoliche, che si moltiplicano e crescono per il mondo intero, e questo non fa inorridire! 59.71 - Quella che presenta la Scrittura è la Chiesa cattolica Attento dunque a non ingannarti o a non ingannare, poiché non tieni conto o fingi di non tener conto di ciò che spesso ti ho ricordato, e mi fai dire che il frumento del Signore non è la Chiesa, che io ho presentata come cattolica, ma in maniera diversa da come la presenta la Scrittura divina. Solo il buon grano sarà raccolto nel granaio; ora la Chiesa subisce la spigolatura come nell'aia, quando la paglia è triturata. Ecco quello che vi urge e preme e, se non vi emendate, vi annienterà, perché avete detto che non potete tollerare la paglia di quest'aia, mostrando in tal modo che siete voi questa paglia, e tuttavia avete l'impudenza di farvi passare per frumento mondato. Così il turbinìo delle vostre vane calunnie vi trasporta lontano dall'aia, vi solleva in aria come il pulviscolo minutissimo della battitura e vi fa volar via prima della vagliatura finale. Insomma, quell'urlo della vostra illimitata arroganza e falsità è vostro, non nostro: Che cosa ha in comune la paglia con il frumento? ( Ger 23,28 ) Questo lo dice Geremia attribuendolo ai sogni e alle rivelazioni dei falsi profeti, mentre Parmeniano lo scrive come se fosse detto di noi e di voi. Interroga anche Massimiano: non ti dirà altro di sé. È nient'altro che questo il tumore dell'empia superbia per tutti coloro che si separano dall'unità di Cristo: si vantano di essere gli unici cristiani e condannano tutti gli altri, non solo coloro che conoscono la loro lite, ma anche coloro che non hanno mai sentito neppure il loro nome. 60.72 - Poco oltre, hai creduto di aver imbastito una frase ad effetto, perché quando ho detto del Testamento di Dio: " Ebbene, qualunque sia la parte che lo presenta, lo si legga! ", tu hai pensato bene di replicare che ciò costituisce già di per sé una confessione del crimine, e per questo avevo detto: " Chiunque sia chi l'ha prodotto, lo si legga ", poiché mi consta che i nostri l'hanno bruciato, mentre i vostri l'hanno conservato e pubblicato. E così, forte della verità, se vuoi che Massimiano ti presenti il libro della Legge per leggervi il caso di Datan, Core e Abiron, inghiottiti vivi dalla terra che si spalancò, ( Nm 16,31 ) ai quali la sentenza di Bagai ha paragonato costui, non si potrà leggere il testo con maggiore determinazione solo perché si trova nel suo libro? Pertanto la frase che ho pronunciato: " Si legga il Testamento, da qualunque parte è stato prodotto ", non è la confessione di un crimine, ma è fiducia nella verità. C'è qualcosa di più vantaggioso, di più sorprendente di questo: se è possibile, tu stesso presenti ciò che viene letto contro di te? Non perché io non disponga di alcun testo a mio favore, ma perché è più facile e più sicuro, ai fini di un tuo convincimento, se produci contro di te ciò che un tuo eventuale ravvedimento può trasformare a tuo favore. 60.73 - La Chiesa cattolica è su tutta la terra, i Donatisti solo in Africa Ma poiché ti è piaciuto ripetere affermazioni infondate contro l'universalità della Chiesa, ti rispondo ancora una volta su questo punto. Voi formate in Africa il partito di Donato, da cui evidentemente la fazione di Massimiano si è scissa poiché non è presente nell'intera Africa in cui siete voi; invece voi non siete assenti anche nelle regioni in cui essa si trova. Tant'è vero che da voi sono derivati altri scismi, come quello dei Rogatensi nella Mauritania Cesariense, degli Urbanensi in una zona limitata della Numidia, e altri ancora; ma sono rimasti circoscritti nelle zone ove si è prodotta la frattura. Questa è la prova evidente che essi da voi sono usciti, non voi da loro, poiché siete anche in quei territori ove loro si trovano, mentre essi non li si incontra in ogni parte ove siete voi, se non forse come viaggiatori. Allo stesso modo la Chiesa cattolica, la quale, come dice Cipriano, ha esteso i suoi rami per tutta la terra, tanto è lussureggiante, subisce ovunque gli scandali di coloro che sono troncati da essa, soprattutto per il vizio della superbia, gli uni qui, gli altri là e in altre parti, i quali ostentando le loro fazioni dicono: Ecco, il Cristo è qui, ecco è là. ( Mt 24,23 ) Ma proprio Cristo ha già ammonito di non credere a loro. Infatti non mostrano la via, sulla quale i Salmi hanno profetizzato: Si conosca sulla terra la tua via, fra tutte le genti la tua salvezza, ( Sal 67,3 ) ma ciascuno mostra il territorio della sua comunione: eccola qui, eccola là. Là dove cadono, restano; là dove si separano, inaridiscono. L'albero, dal quale essi sono troncati, si estende anche in quelle regioni ove giacciono i rami tagliati, ciascuno nella propria terra; ma questi non si trovano ovunque si estende l'albero, salvo alcune rarissime foglie che, ormai rinsecchite, il vento della superbia disperde al di fuori delle loro contrade. 61.74 - Questa Chiesa, dunque, che estende i suoi rami nell'universo - per usare le stesse parole di Cipriano - per la sua sovrabbondante fecondità, raggiungerà man mano che cresce molte nazioni, anche barbare, al di fuori del mondo romano. Credo che anche tu lo avrai investigato e scoperto, perché dici: " Tralascio le nazioni barbare con le loro religioni particolari: i riti dei Persiani, l'astrologia dei Caldei, le superstizioni degli Egiziani, le divinità dei maghi, dal momento che tutto ciò non esiste più, poiché grazie alla Provvidenza divina, il mondo intero si volge sempre più ogni giorno al nome cristiano ". In questo dici il vero, e così si adempie la promessa fatta ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni. ( Gen 22,18 ) Dice: " Tutte le nazioni ", non ha detto: " Tutti gli uomini di tutte le nazioni ". Quindi è necessario che, fino al momento finale della separazione del giudizio, l'universo si vada ricolmando non solo per la fecondità della Chiesa che cresce, ma anche per la commistione dei suoi molti nemici, che hanno la funzione di far esercitare e provare la sua pietà materna. Ecco come il Signore ha ricordato questo testamento anche al figlio di lui, Isacco, dicendo: Io manterrò il giuramento che ho fatto ad Abramo tuo padre. Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e concederò alla tua discendenza tutti questi territori: tutte le nazioni della terra saranno benedette per la tua discendenza; ( Gen 26,3-4 ) ed ecco come lo ha ricordato al nipote di lui, Giacobbe: La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai al di là del mare e a sud, al nord e a est. E in te saranno benedette tutte le tribù della terra. ( Gen 28,14 ) Quando la Scrittura menziona frequentemente la regione " al di là del mare ", chiunque legge sa che l'espressione suole significare la parte occidentale. Se tu avessi voluto metterti d'accordo con il Testamento reso pubblico, non saresti rimasto nel solo territorio dell'Africa. 61.75 - Non è assolutamente vero che, dove è la Chiesa cattolica, lì ci sono anche le eresie Dunque, non sono in comunione con noi, come tu sostieni, i Novaziani, gli Ariani, i Patripassiani, i Valentiniani, gli Antropiani, gli Apelliani, i Marcioniti, gli Ofiti e, per usare la tua espressione, gli altri " nomi sacrileghi di nefande pestilenze, non sètte". Nonostante ciò, ovunque essi si trovano, lì c'è la Chiesa cattolica, così come essa è in Africa ove siete voi; ma non è assolutamente vero che, dove è la Chiesa cattolica, lì siete voi: voi o non importa quale di queste eresie. Da ciò si può intravvedere quale sia l'albero che estende i suoi rami nell'universo, tanto è lussureggiante, e quali siano i rami spezzati che non hanno la vita della radice, caduti e inariditi ciascuno al suo posto. Ma, se non persevereranno nell'infedeltà, come dice l'Apostolo degli Israeliti, saranno anch'essi innestati; Dio infatti ha la potenza di innestarli di nuovo; ( Rm 11,23 ) però non per ricevere di nuovo il sacramento del battesimo, che già avevano ricevuto dall'albero e non lo hanno cambiato, ma per rivivere nella radice della carità e dell'unità, separati dalla quale a causa della sterilità dell'odio disseccano. Proprio come voi, che avete giudicato opportuno reinserire Pretestato e Feliciano, che Massimiano aveva tagliato via con sé, di cui non avete ripudiato il battesimo, benché fossero rami secchi. Ad essi in verità voi avreste veramente dato aiuto, se li aveste restituiti non solo al frammento della vostra comunione, ma, voi e loro, foste ritornati alla radice cattolica. 62.76 - Il battesimo non giova a coloro che abbandonano l'unità, ma permane tuttavia in loro Ed ora, che cosa risponderò sull'altro argomento che, a tuo avviso, avrei sviluppato a favore della vostra causa, in quanto ho detto che il battesimo non giova a coloro che abbandonano l'unità, ma permane tuttavia in loro, e lo si prova dal fatto che non lo si amministra una seconda volta quando ritornano? Tu mi hai assicurato che anche voi sostenete la stessa cosa: che non giovava affatto ai nostri antenati, se non facevano ritorno alla Chiesa, il battesimo che in essa avevano ricevuto. Se fosse questo ciò che dite, non resterebbe che una questione tra noi: qual è la Chiesa in cui il battesimo giova alla salvezza. Voi però non dite che noi possediamo il battesimo ed esso non giova alla salvezza, bensì sostenete che noi non lo possediamo affatto, in quanto l'abbiamo ricevuto da coloro che l'avevano perduto quando sono usciti fuori. Perciò tu non hai potuto né potrai mai rispondere a questa mia argomentazione: l'esistenza del battesimo in coloro che si separano si prova dal fatto che non lo si ripete al loro ritorno. Se infatti Feliciano aveva perduto il battesimo separandosi da voi, perché al suo ritorno non è stato ribattezzato per restituirgli ciò che aveva perduto? E, per finire, se lo stesso Massimiano ritornerà a voi, non viene ribattezzato; cosa che senz'altro dovrebbe fare se avesse perduto il battesimo. In effetti - sono proprio tue parole - " coloro che sono bloccati nel loro scisma dalla sentenza di condanna hanno perduto sia il battesimo sia la Chiesa ". Dunque, come ad essi quando ritornano si restituisce la Chiesa, così si restituisca il battesimo. Io invece dico: Siano battezzati coloro che ritornano, se hanno perduto il battesimo quando sono usciti fuori. Ma poiché voi non fate questo, anche voi confessate che coloro che si separano dalla Chiesa conservano il battesimo senza trarne alcun profitto. Essi, pertanto, dànno come possiedono, cioè in maniera tale, che coloro che ricevono il battesimo fuori dalla Chiesa conservano il battesimo, anche se ad essi non giova. Ne consegue che, come al loro ritorno non si restituisce ciò che non hanno perduto, così anche agli altri non si deve dare ciò che hanno ricevuto. Si deve invece agire con loro in modo tale che, per la Chiesa, giovi agli uni e agli altri ciò che, al di fuori della Chiesa, poté restare in essi, ma senza giovare loro. Anche per questo, né ho detto alcunché che potesse favorire il vostro errore, né tu hai risposto a ciò che ho affermato. 63.77 - Il giardino chiuso e la fontana sigillata Tu parli anche del giardino chiuso e della fontana sigillata, senza capire assolutamente nulla del senso di queste espressioni. Dici: " Se è un giardino chiuso e una fontana sigillata, come mai colui che si trova al di fuori, separato dal giardino, che è la Chiesa, e dalla sua fontana, che è il battesimo, può dare ciò che lui non ha?". ( Ct 4,12 ) Interroga Feliciano se era nel giardino chiuso, quando la porta della dilazione offriva a lui il ritorno allo stesso giardino chiuso. Rubò, per caso, da lì la fontana, nella quale battezzava i suoi laici durante lo scisma di Massimiano? Se così fosse, allora i vostri dove battezzavano i loro? Non avranno forse, anche con quella proroga, differito la cosa a più tardi, in attesa che i ladri ritornassero al giardino con la fontana? Allora, costoro non erano forse falsi profeti quando, mentendo sui crimini commessi da Primiano, facevano passare al loro sacrilegio coloro che avevano sedotto? Oppure erano lupi rapaci, quando trascinavano coloro che avevano sedotto dal gregge di Primiano a far parte della loro minuscola divisione? Tu neghi quelle che ho chiamato occupazioni dispotiche dei vostri sui fondi altrui e orge a base di ubriachezze. Negalo, se puoi; non temo che per questo troviate difficoltà ad accordarvi con noi. Contro di voi non ho detto nulla di simile a ciò che i Massimiani, condannati da voi, hanno meritato di sentire dalla vostra bocca. Tu neghi la follia forsennata dei circoncellioni, nonché i culti sacrileghi e profani, resi ai cadaveri dei suicidi; tuttavia non puoi negare che, tanto per riferirci all'esempio calzante degli Egiziani, le rive rigurgitavano dei cadaveri delle vittime, per i quali la punizione era tanto più grande che nella stessa morte non hanno trovato sepoltura: e voi vi siete attaccati a questi cadaveri, lasciati insepolti. Là infatti giacevano Pretestato e Feliciano; se costoro hanno recuperato la vita al vostro fianco, che ne fate del battesimo che amministrarono loro in stato di morte? 64.78 - Parlare contro l'errore, non contro la persona Tu dici che non ho conservato quella pace e soavità che avevo promesse al principio della mia lettera, avendo chiamato Petiliano con l'appellativo di Satana. Né Petiliano né alcun membro del partito di Donato ho paragonato a Satana, ma l'errore stesso del partito di Donato, dai cui lacci desidero ardentemente liberare gli uomini che amo. Leggi con maggiore attenzione: lo troverai. D'altra parte, anche se ho detto qualche parola troppo dura, leggi ciò che voi stessi avete vomitato, non contro l'errore dei Massimiani, ma contro gli uomini stessi. Pertanto, Petiliano imiti Feliciano e non si irriti contro di me che desidero la pace. 64.79 - Le conversioni di Agostino e di Feliciano non sono sullo stesso piano Io stesso non te ne voglio certo per aver creduto bene di rimproverarmi, con allusione indiretta, l'appartenenza ai Manichei a causa di un errore della mia adolescenza. Di esso non mi dolgo tanto per la mia infelicità passata, quanto gioisco per la gloria perpetua del mio Liberatore. Tuttavia, se lo gradisci, ti invito a cercare e leggere ciò che ho scritto, e quanto e perché, per combattere l'eresia micidiale dei Manichei. Vi scorgerai con quale fede ho difeso contro di loro la verità cristiana, con quale chiarezza ho distrutto le loro falsità, e non voler essere diffidente nei miei confronti, tu che credi all'attaccamento leale di Feliciano nei confronti di Primiano, il quale nella sua sentenza di condanna lanciò contro Primiano e a favore di Massimiano accuse sì gravi, e che, dopo essersi dissociato da Massimiano, ha scritto probabilmente qualcosa contro di lui. Tuttavia, lui non passò dalla sua parte essendo un adolescente, un laico, un catecumeno, come invece accadde a me con loro; no: vecchio contro vecchio, vescovo contro vescovo, egli si fece avversario di colui al quale si trova attualmente unito. Un'allusione che, anche se indirettamente e con urbanità avevi fatto, mi porta a rievocare ciò che mi scrisse per lettera, in un momento di collera, il nostro Primate; ma quando un'assemblea di vescovi lo sollecitò a provare la sua tesi, egli ritrattò la sua opinione presentando le proprie scuse al riguardo, e su questo io posso leggere come la sua dichiarazione è stata condannata. Tu indaga se puoi leggere un solo testo, in cui Feliciano ritratta e condanna ciò che disse contro Primiano, non per accusarlo ma per condannarlo, o almeno trova un testo in cui lo stesso Primiano si rimangia ciò che disse contro Feliciano quando lo condannò. Se anche ne trovassi uno, non per questo le due cause saranno sullo stesso piano, poiché il primo aveva imbastito una accusa di cui vide chiaramente la falsità, ne domandò perdono e la sconfessò, senza disdegnare, di fronte alla sua dignità di primate, l'umiltà di fare ammenda; egli preferì piuttosto attenersi all'avvertimento prudente del testo scritturale: Quanto più sei grande, tanto più umìliati in tutto; così troverai grazia davanti a Dio; ( Sir 3,20 ) i secondi, invece, non si erano accusati vicendevolmente davanti ad altri, ma si erano comportati come giudici che sedevano gli uni contro gli altri. Dunque, si condannarono a vicenda e, dopo la condanna, si misero d'accordo. Noi non vediamo di malocchio la pace fatta tra i condannati nel partito di Donato, purché non respingano ad oltranza la pace di Cristo nell'universo intero. 65.80 - La contesa non esiste quando si ricerca la verità o non si litiga per vanagloria Ormai penso che ti renda conto quanto vana sia la tua pretesa di aver risposto a tutto il contenuto della mia lettera. Se infatti hai risposto per il solo fatto che non hai voluto tacere, questa non è certo una risposta esauriente, ma almeno è una risposta. Se invece hai risposto con l'obiettivo di svuotare le mie affermazioni, vedo certo che hai risposto a molte questioni, ma vedo anche che hai confutato un bel nulla. Considerato il complesso delle questioni che ho proposte, sono convinto che capirai al volo come non sia tanto l'intento di evitare una contesa - essa non esiste quando si ricerca la verità o non si litiga per vanagloria - quanto la diffidenza derivante da una causa perversa che impedisce ai tuoi vescovi di affrontare un dibattito con noi. Se infatti poniamo al centro del dibattito la sola causa dei Massimiani, allora non c'è nulla da opporre: questo, almeno ora, forse lo ammetterai. No, non è per il gusto di sfoggiare un'eloquenza invincibile, come tu pensi o insinui falsamente, che ho voluto dare importanza a questa causa, ma piuttosto perché comprendano i lettori che una simile causa non reclama per la sua difesa o, meglio, per la sua dimostrazione il patrocinio di una pur minima eloquenza. 65.81 - La questione dei Massimiani toglie ai Donatisti ogni difesa Bene, allora non chiamerò più il vostro errore " mostro tricipite ": tu sei davvero il più amabile rifinitore di parole; parlerò invece di " calunnia tripartita "; neppure dirò che noi dobbiamo contrastare questa causa dei Massimiani con un " dardo tridente", ma dirò semplicemente: " una difesa in tre parti "; né dirò: " conficcate nella loro fronte ", o " chiudete il loro gozzo ", ma dirò: "bloccate la loro impudenza e metteteli a tacere ". Forse, solo perché le parole sono cambiate e le metafore sono rimpiazzate dai termini propri, è mutata la questione dei Massimiani, la cui sintesi vi spiazza talmente che, se una buona volta date retta al buon senso, non vi resta altra soluzione se non di placare definitivamente la vostra pervicace opposizione? 66.82 - Rassegna delle questioni contestate Se si tratta di far comunione non con i peccati altrui, ma con i sacramenti divini, allora c'è stata comunione con i condannati, e si è parlato di altri sacrileghi in comunione con il condannato Massimiano, perché " non hanno macchiato i germogli dell'arbusto sacrilego "; se si tratta di persecuzione, voi avete perseguitato i condannati, avete corretto i turbolenti perseguitandoli; se si tratta del battesimo, voi avete accettato il battesimo dato nello scisma sacrilego. Ma, perché continuate a citare a vanvera le testimonianze divine, che non avete comprese, affinché non sia conosciuta la verità ed evitato l'errore? Sta scritto: Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine. ( 1 Cor 11,16 ) Ma voi non avete considerato un contestatore neppure Restituto, che intentò una clamorosa controversia giudiziaria contro Salvio di Membressa per qualche capanna e campicello di terra, al fine di espellerlo da quei luoghi; tanto meno dunque si deve considerare litigioso chi porta avanti lealmente una discussione, non per usurpare o portar via, ma per comunicare l'eredità dei beni celesti a coloro che la pensano diversamente! È scritto, dici tu: Non parlare agli orecchi di uno stolto, perché non disprezzi le tue sagge parole. ( Pr 23,9 ) Allora, se non ci reputate prudenti, non bisbigliate al nostro orecchio quasi fosse un segreto, come Cristo che non confidava alle orecchie dei farisei ciò che diceva, ma glielo diceva in faccia per confutarli. Mostrateci apertamente, affinché possiate confutarci se non ci correggiamo, come vi possa macchiare la cristianità universale nel caso torniate all'unità, se non vi macchia il condannato Feliciano. Sta scritto: Non rispondere allo stolto secondo la sua insipienza, per non diventare simile a lui. Ma dopo non segue forse: Rispondigli ribattendo la sua follia, perché egli non si creda saggio. ( Pr 26,4-5 ) Fatelo anche voi! Non vogliate acconsentire con la vostra risposta a quella che considerate una nostra follia, rispondete però in modo tale da confonderla. Rispondete, dico, come mai voi avete ammesso il battesimo, senza invalidarlo minimamente, che i Massimiani hanno amministrato durante lo scisma sacrilego, mentre invalidate quello dato nelle Chiese, che Cristo ha propagato per mezzo degli Apostoli. 66.83 - Noi vi invitiamo non a contendere aspramente, ma a dibattere civilmente Alla fine della tua lettera hai giudicato opportuno fare una breve rassegna di tutte le questioni, che prima avevi trattato con maggiore ampiezza, per rinfrescare la memoria del lettore. Seguendo lo stesso ordine, impara come tu debba evitare di ingannare te stesso e gli altri. Non c'è arroganza alcuna nel voler cercare o affermare la verità, e ciò che credi non si sia mai potuto definire, non solo è stato definito dagli spiriti saggi e da quelli che temono Dio, ma anche voi, accogliendo i Massimiani, avete posto fine a tutto ciò che pensavate non avesse mai fine. E noi vi invitiamo non a contendere aspramente, ma a dibattere civilmente, voi che avete strapazzato i Massimiani anche a colpi di processi, ma poi avete riconosciuto il battesimo di Cristo a coloro che sono stati battezzati nello scisma di Massimiano, benché non avrebbero mai dovuto essere battezzati in esso; e avete dichiarato che la fontana della Chiesa, alla quale nessuno può accedere se non è buono, si deve intendere in un altro senso: l'accettazione da parte vostra del battesimo che i sacrileghi avevano dato al di fuori. Voi siete costretti a confessare che i nostri antenati o, almeno, la santa Chiesa in cui crediamo, non hanno potuto essere macchiati dai crimini di turificazione e di tradizione, commessi da altri e mai accertati da voi, in quanto avete affermato che i soci di Massimiano, ai quali davate un periodo di proroga per ritornare, non macchiarono i germogli dell'arbusto sacrilego, cioè dello stesso Massimiano. Per questo noi, nati tanto tempo dopo, molto meno possiamo essere collegati alla medesima origine di questi traditori e turificatori, dal momento che costoro non hanno potuto macchiare la società dei nostri antenati che a quell'epoca vivevano ancora. Voi avete l'abitudine di incriminarci delle persecuzioni che, negando la verità dei fatti, qualificate come le più crudeli; eppure proprio attraverso le persecuzioni voi siete riusciti a correggere in qualche misura i Massimiani. Benché non gli abbiate accordato alcuna dilazione, in quanto già condannati, li avete ammessi anche dopo la scadenza di quella proroga, senza annullare il battesimo che avevano conferito al di fuori della vostra comunione coloro ai quali tenevate socchiusa la porta del ritorno con la proroga, ma lo avete riconosciuto e approvato senza annullarlo anche dopo la stessa proroga. Perciò, rendendoti conto ormai che non sei stato in grado di dire una sola parola per confutare e condannare senza mezzi termini questa sola questione dei Massimiani, perdonami se per caso mi è sfuggita qualche parola troppo dura che ti ha offeso. Se tu, africano che vive in Africa, hai cercato di conoscere con tanto ritardo, stimolato dai miei scritti, la questione così importante dei Massimiani, che ha avuto inizio nella capitale dell'Africa, e pur avendola investigata non hai potuto venirne a capo, ormai te ne sei accorto, a causa delle menzogne che raccontano i vostri, temete Dio e smettetela di gettare la responsabilità di crimini sconosciuti, compiuti da Africani sconosciuti, su tante nazioni cristiane che l'unità grandiosa del cristianesimo estende nel mondo. Per la pace di Cristo, tornate alla Chiesa che non ha condannato individui sconosciuti, se per la pace di Donato avete creduto bene di chiamare nuovamente quelli che avevate condannato!