Contro la menzogna

Indice

1.1 - Introduzione

Consenzio, fratello mio carissimo, tu mi hai mandato un abbondante materiale perché io lo legga.

Sì, è proprio molto quel che mi hai mandato a leggere, e io già stavo preparando la risposta.

Sono però stato impedito da varie altre occupazioni più urgenti, e così è trascorso un anno intero.

Ora sono messo alle strette, dovendoti rispondere ad ogni costo per non trattenere più a lungo il latore [ del tuo scritto ], che, sopraggiunta la stagione favorevole per la navigazione, desidera tornare in patria.

Pertanto tutti i documenti che per tuo incarico mi ha recato il servo di Dio Leona, come li sfogliai e lessi quando mi furono recapitati, così li ho riletti più tardi, quando mi sono deciso a dettare l'opera presente, valutando ogni cosa con quell'attenta riflessione che mi è stata possibile.

Mi ha arrecato molto piacere la forma letteraria dello scritto, e così pure la tua conoscenza delle Sacre Scritture, l'acume del tuo ingegno, il dispiacere che ti spinge ad attaccare certi cattolici negligenti e anche lo zelo con cui inveisci contro gli eretici, compresi quelli che si tengono nascosti.

Tuttavia non mi garba l'idea che per scovarli dai loro nascondigli si ricorra alla menzogna.

Per qual motivo infatti cerchiamo di tenerli d'occhio e di scoprirli se non per sorprenderli e tirarli fuori in campo aperto, e così insegnar loro la verità o, quanto meno, perché essi, convinti dalla verità, non abbiano a nuocere agli altri?

E questo facciamo perché la loro menzogna scompaia o sia evitata, e tragga incremento la verità di Dio.

Orbene, come potrò con la coscienza a posto combattere le menzogne ricorrendo alla menzogna?

Si potrà forse combattere il latrocinio con il latrocinio, il sacrilegio con il sacrilegio, l'adulterio con l'adulterio?

Se infatti fosse vero che mediante la mia menzogna abbonderà la verità di Dio, diremo forse anche noi: Facciamo il male perché ne scaturisca il bene? ( Rm 3,7-8 )

La qual cosa vedi tu stesso come sia disapprovata dall'Apostolo.

Che vuol dire infatti quel tuo: "Mentiamo per riportare alla verità gli eretici mentitori" se non: Facciamo il male perché ne scaturisca il bene?

O dovremo per caso ritenere che la menzogna qualche volta sia una cosa buona o che, almeno qualche volta, essa non sia un male?

Perché dunque è stato scritto: Tu, Signore, hai in odio chi commette iniquità; condanni alla rovina tutti coloro che proferiscono menzogna? ( Sal 5,6-7 )

Non ha infatti eccettuato nessuno né ha detto in maniera generica: Tu condanni alla rovina chi proferisce menzogna, espressione che potrebbe intendersi riferita a qualcuno e non a tutti.

Al contrario egli pronunzia una sentenza universalmente valida, dicendo: Tu condanni alla rovina tutti coloro che proferiscono menzogna.

O che forse per non aver egli detto: "Tu condanni tutti coloro che dicono ogni sorta di menzogna" o "che proferiscono qualsiasi menzogna" dovremo ritenere che abbia concesso facoltà di dire delle menzogne?

E cioè: Ci sarà per caso una qualche menzogna che, quando la si dicesse, Dio non condanna, mentre egli condanna tutti coloro che dicono la menzogna ingiusta, di fronte alla quale ci sarebbe anche la menzogna giusta, che noi dovremmo ritenere non una colpa ma un atto lodevole?

2.2 - I priscillianisti difendono la loro opinione con testimonianze scritturistiche

Come puoi non accorgerti del profitto che la nostra discussione arreca a quegli stessi che cerchiamo di conquistare ( considerando il risultato come una caccia grossa! ) ricorrendo noi stessi alla menzogna?

Questo comportamento è adottato dai priscillianisti, i quali, come tu personalmente hai rilevato, pretendono di dimostrarlo con testimonianze scritturistiche, ed esortano i loro adepti a mentire anche in base a presunti esempi dei patriarchi, dei profeti, degli apostoli e degli stessi angeli.

Non dubitano anzi di poter inserire in tale elenco lo stesso nostro Signore Gesù Cristo, in quanto ritengono che per dimostrare la veracità della loro falsità non c'è altro motivo se non dire che la stessa Verità ha proferito menzogne.

Sono metodi da disapprovare, non da imitare.

E noi non dobbiamo condividere l'errore per il quale riteniamo i priscillianisti peggiori degli altri eretici.

Si constata infatti che loro soltanto, o almeno loro principalmente, difendono l'onestà della menzogna quando serve ad occultare la verità di cui essi si stimano possessori.

Quindi ritengono che un male così grande sia legittimo, insegnando che la verità basta conservarla dentro il cuore, mentre dire il falso alla gente non costituisce peccato.

Quanto al testo scritturale: Colui che nel suo cuore dice la verità, ( Sal 15,3 ) esso, secondo loro, dovrebbe essere inteso nel senso che, sebbene uno con la bocca dica menzogne, rimane nella giustizia se ad udire tali menzogne non ci sia un amico intimo ma un estraneo qualunque.

Secondo loro sarebbe questo il motivo per cui anche l'apostolo Paolo, dopo aver detto: Lasciata da parte la menzogna, dite la verità, aggiunge subito: Ciascuno al suo prossimo, perché siamo membra l'uno dell'altro. ( Ef 4,25 )

In altre parole, se si parla a gente che non ci è vicina per la mancanza della verità e non è unita a noi come membro del nostro corpo, è lecito, anzi è doveroso, dire menzogne.

2.3 - L'errore dei priscillianisti vanifica ogni martirio

Un'affermazione come questa offende i santi martiri, anzi nega ogni martirio cristiano.

A loro avviso, i martiri avrebbero agito con maggiore santità e saggezza se dinanzi ai persecutori non avessero confessato d'essere cristiani, impedendo che a motivo proprio della loro confessione i persecutori diventassero omicidi.

Con la loro menzogna, cioè negando quel che realmente erano, essi avrebbero salvaguardato l'incolumità del proprio corpo e il proposito della propria volontà, e non avrebbero permesso ai persecutori di attuare l'omicidio progettato nel cuore.

Costoro infatti non erano vicini al martire per la [ comune ] fede cristiana, perché si dovesse manifestare a loro con parole la verità della quale i martiri parlavano dentro il proprio cuore.

Si trattava anzi di persone nemiche della verità.

Come esempio di liceità nel mentire, gli eretici con sagacia tirano fuori, tra gli altri, quello di Iehu che con una menzogna affermò d'essere un devoto di Baal, al fine di uccidere i seguaci di questa divinità. ( 2 Re 10 )

E da perversi qual sono, argomentano: Con quanto maggior giustizia in tempo di persecuzione i seguaci di Cristo possono con una menzogna dire che sono adoratori dei demoni, perché gli adoratori dei demoni non uccidano i servi di Cristo?

E se quel tale offrì sacrifici a Baal per uccidere degli uomini, con quanto maggior ragione i cristiani possono sacrificare agli idoli per impedire che degli uomini siano uccisi?

Stando dunque all'eccellente insegnamento di questi linguacciuti, che danno ci sarebbe nel dire col corpo menzogne riguardanti il culto del diavolo, se nel cuore ci si conserva fedeli al culto di Dio?

Ma non in questa maniera intesero l'Apostolo i martiri veri, i martiri santi.

Fissarono nei loro occhi e ritennero fermamente le parole della Scrittura: Col cuore si crede per [ ottenere ] la giustizia, con la bocca si professa [ la fede ] per [ ottenere ] la salvezza, ( Rm 10,10 ) e le altre: Non si è trovata menzogna sulla loro bocca. ( Ap 14,5 )

In tal modo se ne sono andati con animo esente da colpa là dove non dovranno più guardarsi dalle tentazioni che ci procurano i mentitori, dal momento che nelle loro abitazioni celesti non avranno né lontani né vicini quanti dicono menzogne.

Essi non avrebbero certamente imitato la condotta di Iehu nell'inquisire gli empi e i sacrileghi per ucciderli ricorrendo a un'empia menzogna e commettendo un cruento sacrilegio, nemmeno se la stessa Scrittura avesse tralasciato di dirci che razza di uomo fosse costui.

Siccome poi troviamo scritto che il cuore di lui non fu retto dinanzi a Dio, ( 2 Re 10,29 ) cosa gli giovò l'avere egli conseguito una ricompensa limitata e transitoria qual era il regnare per un certo tempo?

Fu infatti per una tale ricompensa che egli obbedì all'ordine di distruggere totalmente la casa di Acab, mentre in realtà era animato dal desiderio di dominare.

Ti esorto dunque, fratello, a sostenere come vera la scelta operata dai martiri, e cioè a non voler essere, nei riguardi dei mentitori, un maestro di menzogna ma un assertore della verità.

Ti scongiuro di badare attentamente a ciò che ti dico: devi cioè convincerti di come sia da scartarsi l'idea che, per uno zelo certo lodevole ma tutt'altro che assennato, contro gli eretici possa adottarsi la dottrina [ dell'inganno ] al fine di prenderli nel laccio e così correggerli o, quanto meno, evitarli.

3.4 - La menzogna è disdicevole ai cristiani cattolici

Molte sono le specie di menzogna, e noi le dobbiamo odiare tutte, senza distinzioni, poiché non c'è menzogna che non sia in contrapposizione con la verità.

Verità e menzogna sono infatti cose contrarie fra loro come luce e tenebre, pietà ed empietà, giustizia e ingiustizia, peccato e opere buone, salute e infermità, vita e morte.

Quanto più dunque amiamo la verità, tanto più dobbiamo odiare la menzogna.

Tuttavia ci sono delle menzogne che, se le si crede, non recano alcun danno, per quanto l'intenzione di ingannare anche con questo tipo di menzogne non è esente da danni: i quali però ricadono su chi mente e non su chi gli presta fede.

Se, ad esempio, quel nostro fratello, servo di Dio che era Frontone, nell'indicarti le cose che ti disse avesse proferito ( Dio liberi! ) una qualche menzogna, avrebbe recato danno a se stesso, non a te, anche ammesso che tu senza malizia avessi creduto a tutto quello che egli ti raccontava.

In effetti, tanto se le cose fossero andate così [ com'egli diceva ], quanto se fossero andate diversamente, siccome esse non contenevano nulla che a crederle avvenute in un modo ( mentre erano avvenute diversamente ), chi vi prestava fede non doveva ritenersi reo di colpa per aver trasgredito una qualche norma della verità o la dottrina della salvezza eterna.

Se viceversa uno mente in cose che a crederle si cade nell'eresia riguardo agli insegnamenti di Cristo, tanto più grave è la colpa del mentitore quanto più misera è la condizione di chi gli presta fede.

Vedi dunque quanto grande colpa sia mentire, trasgredendo l'insegnamento di Cristo, in una materia che a crederla si va in perdizione, anche se ciò facciamo per tirare dalla nostra i nemici della dottrina di Cristo.

Noi intenderemmo condurli alla verità allontanandoci noi stessi da ciò che è vero; e non ci accorgiamo che, mentre vogliamo attirare gli impostori ricorrendo alla menzogna, insegniamo loro falsità ancora più gravi!

Infatti quello che dicono quando mentiscono è ben diverso da quello che dicono a causa dell'errore in cui cadono.

Ed effettivamente quando predicano la loro eresia essi palesano l'errore in cui si trovano, quando invece asseriscono o dottrine che non hanno o di non avere le dottrine che hanno, essi dicono delle falsità.

È vero tuttavia che se uno non presta fede alle loro parole, sebbene non li riporti alla fede, lui almeno non va in perdizione.

Non si allontana infatti dalla fede cattolica uno che prende per cattolico un eretico che mentendo fa professione di verità insegnate dalla Chiesa cattolica.

Ciò che fa non lo danneggia poiché l'errore che commette riguarda l'interno dell'uomo ( che rimanendo nascosto non può giudicarlo ) e non la dottrina rivelata da Dio, che egli ha ricevuto e deve custodire [ inalterata ].

Se al contrario gli eretici si mettono a insegnare la loro eresia, chi presta loro fede e considera vera la loro dottrina condividendo il loro errore, incorre nella stessa condanna da loro meritata.

Sì, va in perdizione chiunque presta fede alle dottrine perniciose che gli eretici propagandano con verbosità, tratti in inganno dal loro errore mortifero.

Quando invece noi cattolici predichiamo i dogmi della religione cattolica, che riteniamo essere alla base della retta fede, allora chi li crede, se era andato perduto viene salvato.

Ecco ora il caso dei priscillianisti che per nascondere i loro veleni si camuffano da cattolici: se uno dei nostri crede alle loro parole sebbene essi se ne stiano nascosti, costui rimane cattolico.

Diverso è il caso dei cattolici che, per smascherare gli eretici, ricorrendo alla menzogna dicono di essere priscillianisti: costoro dovranno per forza elogiare i dogmi insegnati dagli eretici facendoli passare per nostri.

E allora chi ci crede o si rafforzerà nell'adesione alle loro dottrine o passerà subito alla loro setta, magari temporaneamente.

Chi infatti può sapere con certezza ciò che recherà il futuro?, se cioè in seguito essi saranno condotti a libertà, quando noi diremo la verità, dopo che in antecedenza sono stati ingannati dalle nostre menzogne?

Come daranno ascolto al nostro insegnamento quando si saranno accorti che noi siamo dei bugiardi?

Chi ci assicura un risultato positivo? Chi non s'avvede che la cosa è del tutto incerta?

Da tutto questo si conclude che è più perniciosa o, per essere più benevoli, più pericolosa la menzogna detta dai cattolici per convincere gli eretici che non quella che dicono gli eretici per sfuggire ai cattolici.

In effetti, se uno presta fede ai cattolici che per attirare all'errore ricorrono alla menzogna, diventa eretico o si conferma nell'eresia.

Al contrario, se uno presta fede agli eretici che con menzogna occultano la loro identità, non cessa di essere cattolico.

Per chiarire queste affermazioni vogliamo esporre alcuni casi a modo di esempio, e li prenderemo soprattutto dagli scritti che tu mi hai mandato perché li leggessi.

3.5 - Immaginiamoci ora un indagatore

Immaginiamoci ora un indagatore che furbescamente si mette in contatto con un tizio del quale ha sentito dire che è priscillianista e, ricorrendo alla menzogna, gli decanta le opere del vescovo Dittinio, nell'ipotesi che l'abbia conosciuto, o la sua rinomanza se non l'ha conosciuto di persona.

È questa una cosa ancora tollerabile poiché costui, come ordinariamente si crede, era cattolico e si ravvide dell'errore in cui era caduto.

Continuando poi nella sua strategia di usare l'inganno, gli parlerà con accenti di devota ammirazione di Priscilliano, persona empia e detestabile, condannato per le sue perniciose malefatte e i crimini commessi.

Si metterà quindi a celebrarlo come uno che meriti venerazione: per cui, se quel tale che si vuol prendere al laccio non fosse stato per caso un priscillianista convinto, ascoltando questi elogi sarà confermato [ nell'errore ].

A questo punto il ragionamento dell'inquisitore si spingerà oltre e dirà che lui personalmente prova compassione per quanti dal principe delle tenebre sono stati avvolti dalle tenebre di errore così grave da non riconoscere più la dignità della propria anima e lo splendore della figliolanza divina.

Procedendo ancora, colmerà di elogi il libro di Dictinio, intitolato Libra.

Lo si chiama così perché si svolge in trattati concernenti dodici problemi, quasi fossero dodici once.

In tale Libra sono contenute orribili bestemmie, ma quel conquistatore improvvisato dichiara che il libro è assai più prezioso di molte migliaia di libre d'oro; e così l'astuzia di chi ricorre alla menzogna uccide l'anima di quell'altro, se è credente, ovvero, se è già stato ucciso, lo sprofonda ancor di più nella morte e ve lo seppellisce.

Ma tu replichi: Più tardi egli si libererà. E se questo non avvenisse?

Potrebbe infatti sopraggiungere un qualche ostacolo che impedisca di portare a compimento il cammino iniziato, ovvero potrebbe riemergere l'ostinazione per cui la mente dell'eretico ricominci a negare le verità che, almeno in parte, aveva cominciato a confessare.

Ciò accadrà più probabilmente se egli verrà a sapere che è stato provocato da un estraneo [ alla setta ].

In tal caso egli tenterà di occultare i suoi sentimenti ricorrendo alla menzogna e lo farà con maggiore audacia, avendo appreso anche dall'esempio del suo cattivo istigatore la certezza che può mentire senza incorrere in alcuna colpa.

E noi con che coraggio oseremo disapprovare un tal comportamento in un uomo convinto che si può ricorrere alla menzogna per nascondere la verità?

E come faremo a condannare una cosa che noi stessi insegniamo?

3.6 - Chi segue il convincimento dei priscillianisti sulla menzogna, si allontana dal vero

Ma continuiamo! Noi seguendo la vera fede, senza esitazione alcuna condanniamo ciò che i priscillianisti, stando alla detestabile falsità della loro eresia, insegnano su Dio, sull'anima, sul corpo e tutte le altre cose; quanto invece alla loro opinione sulla liceità della menzogna per occultare la verità, ecco che noi saremmo disposti ad accettarla ( Dio liberi! ) come una dottrina nostra e loro.

Orbene questo è un male così grave che, quand'anche il nostro tentativo di conquistarli e convertirli con la nostra menzogna conseguisse il reale successo di conquistarli e convertirli, non sarebbe questo un risultato di tanto valore da compensare il danno che ne è derivato: cercando il loro emendamento, infatti, ci siamo noi stessi pervertiti diventando simili a loro.

In realtà con tale menzogna ci siamo noi stessi, almeno in parte, allontanati dal vero, ed essi si sono ravveduti solo a metà, poiché non c'è stata correzione in quel che essi ritengono sulla liceità della menzogna quando si tratta di raggiungere la verità.

Quanto poi a noi, ecco che diciamo e insegniamo quanto insegnano loro e imponiamo tale metodo come necessario per poter avvicinare gli avversari e farli ravvedere.

Purtroppo invece non li costringiamo al ravvedimento in quanto non togliamo loro la falsa idea di credere lecita la menzogna per nascondere la verità.

Ciò facendo, anzi, ci macchiamo noi stessi di colpa andando in cerca di loro per la via della falsità.

Non troveremo motivi per credere che si siano veramente convertiti, se quand'erano fuori strada li abbiamo avvicinati con delle menzogne.

Essi, una volta catturati [ da noi ], faranno verosimilmente quel che hanno subìto nella loro cattura, e lo faranno non solo perché erano abituati a fare così, ma anche perché trovano lo stesso comportamento presso di noi, nelle cui file dovranno entrare.

4.7 - Con una menzogna si toglie la credibilità a tutta la dottrina

C'è poi una cosa ancora più brutta: che cioè loro, entrati ormai su per giù nel numero dei nostri, non possono trovare un motivo valido per prestarci fede, poiché nasce in loro il sospetto che anche nell'esporre il dogma cattolico noi ricorriamo alla menzogna per occultare non so quali altre cose da noi ritenute come vere.

A un uomo che nutre tali sospetti tu certo dirai: "Ho fatto questo per trarti dalla mia".

Ma se costui ti replica: "Ebbene, come farò a sapere che non fai la stessa cosa anche al presente per non essere conquistato da me", cosa risponderai?

Si potrà forse cacciargli in testa che un uomo che mente per convincere gli altri, non menta per impedire d'essere accalappiato dagli altri?

Vedi dove sfocia il male della menzogna!

Esso porta logicamente a rendere sospetti non solo noi agli eretici e loro a noi, ma rende ogni fratello sospetto al suo fratello; e così, mentre si ricorre alla menzogna per insegnare la fede, si ottiene, al contrario, che non si abbia più fede in alcuno.

Se poi nel mentire diciamo cose false nei riguardi di Dio, qual male altrettanto grave si potrà trovare in qualsiasi altro genere di menzogna, per cui lo si debba evitare assolutamente come la massima delle scelleraggini?

5.8 - La menzogna è più grave nel cattolico che nell'eretico

Nota ora come sia più tollerabile la menzogna nei priscillianisti che non in noi cattolici: essi sanno di parlare dicendo falsità, noi crediamo che con la nostra menzogna li possiamo liberare dalle falsità in cui si trovano a causa del loro errore.

Ecco, il priscillianista insegna che l'anima è una particella di Dio e quindi della stessa sua natura e sostanza.

È questa una grossa bestemmia che tutti detestiamo, poiché da ciò seguirebbe che la natura divina può essere imprigionata, ingannata e tratta in errore, che è soggetta a turbamenti e può insudiciarsi, essere dannata e soggetta a tormenti.

Se pertanto la stessa cosa viene detta da colui che con parole di menzogna vuol liberare quell'uomo da un male così grave, consideriamo un istante la differenza che esiste fra i due bestemmiatori.

"Grandissima!", dirai tu. Infatti il priscillianista ciò afferma perché effettivamente lo crede, il cattolico lo afferma senza crederci, sebbene si esprima con le stesse parole.

Dunque l'uno dice bestialità senza saperlo, l'altro con consapevolezza; l'uno peccando contro la scienza, l'altro contro la coscienza.

Il primo è cieco perché ha idee false ma nel dirle ha almeno l'intenzione di dire la verità, il secondo nel suo intimo conosce la verità ma intenzionalmente proferisce la falsità.

Tu replicherai: "Ma il primo parla così per indurre chi lo ascolta a condividere il suo errore e la sua rabbiosa acrimonia, l'altro per liberare la gente dall'errore e dall'insensatezza".

Sopra ho già mostrato quale disastro sia il fatto stesso di credere vantaggiosa una cosa del genere; ma ora vagliamo un pochino le cose come sono al momento presente, e come esse siano un male per le due persone che le fanno: in effetti il bene che il cattolico si ripromette per il futuro, cioè il ravvedimento dell'eretico, è cosa incerta.

Orbene, chi dei due pecca gravemente: colui che inconsapevolmente inganna il prossimo o colui che con consapevolezza offende Dio?

Naturalmente, quale dei due mali sia peggiore lo comprende chiunque animato da sincera e operosa pietà antepone Dio all'uomo.

Ma c'è di più. Se è lecito offendere Dio per indurre la gente a lodarlo, ecco che noi, di conseguenza, con l'esempio e l'insegnamento la incoraggiamo non solo a lodare Dio ma anche a bestemmiarlo, poiché mentre ci ingegniamo a condurla a lodare Dio ricorrendo a un parlare blasfemo, quando poi l'avremo condotta alla meta che ci prefiggevamo, essi impareranno da noi non solo a lodarlo ma anche ad offenderlo.

Tale il bel regalo che rechiamo a coloro che vogliamo staccare dagli eretici usando metodi che non ignoriamo ma sappiamo bene essere blasfemi.

In contrasto con l'Apostolo, che consegnava a satana certe persone perché imparassero a non bestemmiare, ( 1 Tm 1,20 ) noi cerchiamo di strappare a satana la gente perché impari a bestemmiare, e ciò non in forza della sua ignoranza ma della scienza che ha raggiunto.

Atteggiandoci a loro maestri, noi conseguiamo questo disastroso risultato: volendo conquistare gli eretici noi iniziamo col diventare noi stessi colpevoli di bestemmia contro Dio ( e questo è cosa certa ); quanto poi all'intenzione di istruirli nella verità e così liberarli dall'errore, la cosa è del tutto incerta.

5.9 - Quanto grande è il male degli eretici quando ricorrono alla menzogna

Noi dunque insegniamo ai nostri di offendere Dio per ottenere che i priscillianisti li credano dei loro.

Ebbene, proviamo a vedere quanto grande sia il male degli eretici quando ricorrono alla menzogna perché noi li crediamo dei nostri.

Eccoli scomunicare Priscilliano e a detestarlo come faremmo noi: affermano che l'anima è una creatura di Dio e non una sua particella; deprecano i falsi martiri dei priscillianisti; esaltano con lodi sperticate i vescovi cattolici da cui quell'eresia è stata messa a nudo, osteggiata e repressa; e così via.

Orbene, essi nella menzogna a cui ricorrono dicono la verità: non perché possa essere simultaneamente vera una cosa che in se stessa è menzogna, ma perché essi, se per un verso mentiscono, per un altro sono nella verità: mentiscono nel dire che sono dei nostri, ma dicono la verità su ciò che concerne la fede cattolica.

Pertanto essi per non apparire priscillianisti dicono la verità; noi al contrario per volerli conquistare non solo parliamo con doppiezza, volendo dimostrare che siamo dei loro, ma diciamo delle falsità: di quelle che abbiamo conosciuto esser patrimonio della loro dottrina erronea.

Quando dunque loro s'adoperano perché noi li crediamo dei nostri, ciò che dicono è in parte falso, in parte vero: è falso che loro siano dei nostri, è vero che l'anima non è una particella di Dio.

Quando invece noi vogliamo far credere che apparteniamo alla loro setta, le cose che diciamo sono false tutt'e due, cioè che noi siamo priscillianisti e che l'anima è una particella di Dio.

Ne segue che essi, quando si camuffano, lodano Dio, non lo bestemmiano; quando poi non si nascondono ma fan propaganda aperta delle loro dottrine, non sanno di bestemmiare, e quindi, se accade che si convertano alla fede cattolica si consolano con le parole dell'Apostolo, il quale, dopo aver detto fra l'altro: Un tempo io fui un bestemmiatore, aggiunge: Ho ottenuto misericordia perché agivo nell'ignoranza. ( 1 Tm 1,13 )

A noi capita esattamente l'opposto quando, credendola giusta, ricorriamo alla menzogna per ingannare i priscillianisti al fine di conquistarli.

Certamente noi diremo di appartenere a quella setta di blasfemi che sono i priscillianisti, e perché essi ci credano ecco che proferiamo delle menzogne.

Nel far questo però non abbiamo la scusa dell'ignoranza: difatti in nessun caso il cattolico che bestemmiando vuol farsi prendere per un eretico potrà dire: Agivo nell'ignoranza.

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