Padri\Agostino\UBattes\Ubattes.txt L'unicità del Battesimo contro Petiliano 1.1 - Agostino si sente obbligato a confutare chi erra lontano dalla verità Siamo continuamente obbligati, fratello Costantino, a fornire risposte ad interlocutori che la pensano in maniera differente da noi ed errano allontanandosi dalla regola della verità, ( Fil 3,15 ) anche su questioni che abbiamo già rivisitato fra un sermone e l'altro. Credo comunque che sia utile farlo, sia per la loro scarsa capacità di comprensione, per cui fraintendono ciò che leggono quando è espresso in modo diverso, sia per il proliferare di scritti polemici: un documento raro è consultato solo dagli studiosi, invece quando si tratta di una massa di documenti, uno o l'altro cade facilmente in mano anche ai meno interessati. Ora, il Discorso sull'unico battesimo, scritto da coloro che reiterano il battesimo - che ti è stato offerto da non so quale presbitero donatista e tu mi hai consegnato durante un nostro soggiorno in campagna, pregandomi vivamente di darvi una risposta - , benché sia ridondante di parole altisonanti e offensivo per gli attacchi calunniosi, guarda con quale facilità lo confuto con l'aiuto del Signore! 1.2 - Perché si dibatte in pubblico una cosa segreta Lì si trova una prima insinuazione: " che si dibatte in pubblico una cosa segreta ". Tacciano, allora, quelli che pensano che questo non si deve fare! Se poi sostengono di essere costretti a parlare per rispondere a coloro che li contestano, allora è anche nostro dovere rispondere, non solo a quelli che la pensano diversamente, ma anche a quelli che si comportano in modo contrario al nostro. Si deve denunciare pubblicamente ciò che nuoce occultamente, poiché anche in pubblico si prende la sua difesa, quando si consiglia ciò che, se attuato, causerebbe occultamente un danno. Infatti, chi mai battezza qualcuno alla presenza di profani? E tuttavia nessun profano ignora che i cristiani ricevono il battesimo: egli ne sente parlare apertamente; ma, se diventa credente, lo dovrà ricevere in segreto. 2.3 - È di Cristo l'unica consacrazione dell'uomo che si effettua nel battesimo Vediamo, dunque, ciò che dicono costoro sulla reiterazione del battesimo: gente che si fa scrupolo di parlarne apertamente, mentre ci si dovrebbe augurare che temessero di ammetterlo apertamente. Dice costui: " Si domanda dov'è il vero battesimo "; poi aggiunge: " Esso è talmente mio, quest'unico battesimo dato da me, che neppure gli stessi sacrileghi lo reiterano. " Noi gli rispondiamo: Non è sacrilego colui che non osa reiterare l'unico battesimo, non perché è tuo, ma perché è di Cristo. In realtà, è di Cristo l'unica consacrazione dell'uomo che si effettua nel battesimo, tua invece è la reiterazione dell'unico battesimo. Io rettifico in te ciò che è tuo, riconosco ciò che è di Cristo. È giusto infatti che, quando disapproviamo le malefatte degli uomini, approviamo però in essi tutti i doni di Dio che vi scopriamo. Dico di più: è giusto che anche nell'uomo sacrilego io non violi il sacramento, quando mi si rivela autentico, per evitare così di emendare il sacrilego compiendo su di lui un sacrilegio. 3.4 - Mentre curiamo i vizi umani, stiamo attenti a non condannare i rimedi di Dio In effetti, costoro sono cattivi benché il battesimo sia buono, così come sono cattivi i Giudei benché la legge sia buona. ( Rm 7,12 ) Pertanto, come i Giudei saranno giudicati in base a questa stessa legge, che neppure con la loro malizia riuscirono a render cattiva, così anche costoro saranno giudicati dallo stesso battesimo, che è rimasto un bene fra le mani di cattivi. Così, quando un Giudeo si presenta a noi per diventare cristiano, noi non distruggiamo affatto i beni di Dio in lui, ma i suoi propri mali. Ad esempio, noi correggiamo l'errore di non credere che Cristo è già venuto, è nato, ha sofferto ed è risuscitato; poi, sulle rovine della sua incredulità, costruiamo la fede che fa credere a queste verità; al tempo stesso lo dissuadiamo anche dall'errore di aderire alle evanescenze dei riti antichi, dimostrandogli che è già arrivato il tempo predetto dai Profeti, in cui essi sarebbero stati aboliti e trasformati. Ma, se crede che si deve dare culto all'unico Dio, creatore del cielo e della terra, se detesta tutti gli idoli e i riti sacrileghi dei pagani, se attende il giudizio futuro, spera nella vita eterna e non dubita della risurrezione della carne, noi lo lodiamo, lo approviamo, lo riconosciamo, e attestiamo che si deve credere come lui credeva, si deve osservare ciò che lui osservava. Altrettanto, quando uno scismatico o un eretico ritorna fra noi per diventare cattolico, noi ci adoperiamo per eliminare lo scisma e l'eresia, facendo opera di dissuasione e di demolizione; se, però, constatiamo in lui la presenza dei sacramenti cristiani e di qualsiasi verità in cui crede, ce ne guardiamo bene dal fargli violenza e dal reiterare ciò che sappiamo dev'essere conferito una sola volta, perché non accada che, mentre curiamo i vizi umani, condanniamo i rimedi di Dio o, cercando di risanare ciò che non è ferito, feriamo l'uomo ferito, precisamente là dove è sano. Perciò, se incontro un eretico che è in disaccordo con noi su una verità della fede cristiana e cattolica, o addirittura sulla stessa unità della Trinità, e tuttavia è stato battezzato secondo la regola del Vangelo e della Chiesa, correggo l'intelligenza dell'uomo, ma non violo il sacramento di Dio. Intendo parlare tanto dei Giudei quanto degli scismatici o eretici che errano in qualsiasi modo a riguardo del nome di Cristo. 4.5 - Anche gli idolatri posseggono elementi di verità Per quanto concerne direttamente i pagani e gli adoratori degli idoli, certamente ben lontani da noi per una somma di divergenze, l'Apostolo ci dà quest'unica regola: correggere anche in essi ciò che è depravato, in modo tale da approvare ciò che vi può essere eventualmente di giusto. Egli infatti condannava gli idolatri e, circostanza aggravante, non solo gli adoratori ma anche gli stessi inventori degli idoli, quando dice: Essi, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrato il loro cuore ostinato. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. ( Rm 1,21-23 ) Tali furono, lo sappiamo bene, gli idoli degli Egizi, presso i quali ci consta che fu istituita un'idolatria dalle mille forme e, di gran lunga, la più ignominiosa. Eppure, ha forse affermato che essi non conoscevano Dio, o non l'ha piuttosto confermato quando dice: Essi, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria come a Dio? Se dunque avesse tentato di rifiutare e distruggere in quanto menzognera questa cognizione, per averla riscontrata fra i sacrileghi, non sarebbe forse - e non sia mai - un nemico della verità? Pertanto, ciò che essi hanno contraffatto nella loro menzogna - e [ Paolo ] dice a questo riguardo: Costoro hanno cambiato la gloria di Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, poiché si raffigurarono un Dio che non esiste, e lo fecero conoscere agli uomini non come essi lo avevano conosciuto; e poco dopo dice di costoro: Essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore, che è benedetto nei secoli. ( Rm 1,25 ) In effetti, la verità della creatura proviene da Dio, ma essa non è Dio; costoro invece l'hanno trasformata in menzogna, adorando come divinità il sole, la luna e tutti i corpi celesti e terrestri - dunque, ciò che essi hanno trasformato nella loro menzogna, egli lo denuncia, lo ripudia, lo abbatte; invece ciò che essi hanno accolto di vero nel loro insegnamento, benché mescolato e confuso con mille falsità, lo approva, lo attesta, lo afferma. Tant'è vero che lui ha introdotto il testo citato, dicendo: In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia; ( Rm 1,18 ) con ciò non nega in loro una qualche verità, anche se è soffocata nell'iniquità. 4.6 - L'Apostolo non distrugge, ma conferma quanto ha trovato ad Atene Anche negli Atti degli Apostoli, mentre istruiva gli Ateniesi intorno all'unico e vero Dio nel quale viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, subito aggiunse: Come alcuni dei vostri hanno detto. ( At 17,28 ) Questo dato, dunque, che in Dio abbiamo la vita e il movimento e l'essere, appartiene a quel residuo di verità che perfino quegli empi adoratori di idoli imprigionano nella loro iniquità: essi che, pur conoscendo Dio, non lo hanno glorificato come Dio. Come ben si vede, questa verità, di cui constatiamo la presenza presso gli empi e gli idolatri, l'Apostolo non la distrugge ma la conferma, e la utilizza come argomento per istruire coloro che ignoravano queste cose. Seguendo tale regola apostolica, il vescovo Cipriano, dissertando sull'unico vero Dio contro gli adoratori di molti falsi idoli, cita copiose testimonianze, desunte dai libri di coloro che essi considerano i loro sommi luminari, a proposito della suddetta verità che essi soffocano nella iniquità. Ma è ancor più sorprendente ciò che ha fatto l'Apostolo: visitando i loro templi, scoprì un altare, fra quelli dedicati ai demoni, che recava l'iscrizione: Al Dio ignoto. ( At 17,23 ) Egli non negò la cosa, né la confutò per demolirla, ma piuttosto la confermò, traendone lo spunto più appropriato per iniziare il suo discorso, quando disse: Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. ( At 17,23 ) 5.7 - Anche noi intendiamo seguire la regola apostolica Pertanto, anche noi intendiamo seguire questa regola apostolica, che i nostri Padri ci hanno tramandato: se troviamo qualcosa di giusto anche nei malvagi, cerchiamo di emendare la loro perversità senza violare minimamente ciò che in essi è retto, affinché nello stesso individuo siano corretti i suoi errori a partire dalle verità in cui crede, senza che la confutazione degli errori distrugga anche queste verità. Ai tempi degli Apostoli quelli che dicevano: Io sono di Paolo, io invece sono di Apollo, e io di Cefa, ( 1 Cor 1,12 ) pur non affidandosi al nome degli empi, ma dei santi, creavano empi scismi: questo era il loro specifico e detestabile vizio. Sapevano che per loro Cristo era stato crocifisso ed essi erano stati battezzati nel suo nome: questo non era certo frutto del loro errore, ma un dono ricevuto da Dio. Tale verità di Dio essi di fatto la soffocavano nell'empietà dei loro scismi. Facendo sua questa verità, il beatissimo Paolo non la distrugge distruggendo quei vizi; al contrario, consolidando quella, dimostra che si dovevano emendare questi. Forse Paolo è stato crocifisso per voi - dice - o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? ( 1 Cor 1,13 ) In tal modo la verità di Dio che essi possedevano li avrebbe fatti arrossire della loro falsità che mettevano in atto. Dunque, come si dice a un Giudeo: " Conserva la fede nella risurrezione dei morti, come già facevi, ma credi che Cristo è già risorto dai morti, cosa che non credevi ancora, perché la verità di Dio sulla risurrezione dei morti tu la soffochi nella tua iniquità, in quanto non credi che Cristo sia risorto "; e come si dice all'adoratore degli idoli: " Conserva l'idea che un unico vero Dio ha creato il mondo, come già pensavi, ma non credere che siano dèi i tronchi e le pietre e tutte le particelle di questo universo che tu adoravi, poiché la verità di Dio, in virtù della quale credi che il mondo sia stato creato da lui, tu la soffochi nella tua iniquità, per la quale vuoi essere un adoratore di falsi dèi "; altrettanto si dica all'eretico, che non ha alterato minimamente con il suo errore i sacramenti cristiani, così come sono trasmessi nella Chiesa cattolica: " Conserva il battesimo cristiano, conferito nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, come già facevi, ma riconosci che la Chiesa di Cristo, quella che tu maledicevi con voce sacrilega, si diffonde per tutto il mondo, come è stato appunto predetto dai profeti: la verità di Dio sull'unicità del battesimo la soffochi nell'iniquità della tua divisione. Correggi l'iniquità della finzione eretica, perché non ti conduca alla dannazione, e non inorgoglirti della verità del sacramento cristiano, che è lì per giudicarti ". Quanto a me, Dio mi guardi dal detestare la tua iniquità al punto di rinnegare la verità di Cristo, che trovo in te per la tua condanna! Lungi da me correggerti in modo tale da distruggere ciò che mi permette di correggerti! Dovrei forse distruggere la verità che incontro nell'anima degli eretici, quando l'Apostolo non distrusse la verità che trovò incisa sulla pietra dei pagani? ( At 17,23 ) 5.8 - L'unico Dio vale più dell'unico battesimo L'unico Dio vale più dell'unico battesimo - infatti il battesimo non è dio, ma tuttavia è qualcosa di grande perché è sacramento di Dio - eppure lo stesso unico Dio era adorato anche al di fuori della Chiesa da coloro che non lo conoscevano. Così pure l'unico battesimo, anche al di fuori della Chiesa è conferito da coloro che lo ignorano. Chi afferma che non può essere accaduto che l'unico e vero Dio fosse adorato al di fuori della Chiesa da coloro che non lo conoscevano, consideri bene se è in grado di rispondere, non a me, ma all'Apostolo in persona che dichiara: Colui che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio! ( At 17,23 ) 6.8 - Agli eretici non giova affatto il battesimo che per ignoranza conferiscono e conservano al di fuori della Chiesa Quindi, come non giovava assolutamente alla salvezza di coloro che, pur ignorando il vero Dio, lo adoravano, anzi, era causa della loro rovina in quanto, con il culto degli idoli, essi commettevano un'ingiuria sacrilega contro lo stesso vero Dio, così non giova affatto alla salvezza degli eretici il fatto che per ignoranza conferiscano e conservino al di fuori della Chiesa il vero battesimo, anzi, contribuisce piuttosto alla loro condanna, perché soffocano nella sacrilega iniquità dell'errore umano la stessa verità del sacramento divino, non per esserne purificati ma giudicati più severamente. E come l'Apostolo, quando correggeva quegli uomini sacrileghi, riconosceva e non negava il vero Dio, che essi adoravano al di fuori della Chiesa senza conoscerlo, così anche noi, quando correggiamo gli errori degli eretici nella loro sacrilega separazione, dobbiamo fermamente riconoscere e non negare che è vero il battesimo, che essi, nella loro ignoranza, trasmettono al di fuori della Chiesa. 7.9 - Obiezione sul battesimo di Giovanni " Ma. ", essi dicono, " Paolo, giunto ad Efeso, ordinò di battezzare nel nome di Cristo alcuni individui che dicevano di aver ricevuto il battesimo di Giovanni ". ( At 19,1-5 ) Se qualcuno, basandosi su questo esempio, pensa che si debbano battezzare gli scismatici e gli eretici, abbia il coraggio di sostenere, se ne è capace, che Giovanni fu un eretico o uno scismatico! Se è un'empietà sostenere ciò, allora ne consegue senz'altro che a quegli uomini veniva dato certamente ciò che mancava, non disapprovato ciò che già era in loro, sia che avessero mentito dicendo di avere ricevuto il battesimo di Giovanni, come pensano alcuni, sia che il battesimo di Giovanni non fosse il battesimo di Cristo, anche se lui militava per Cristo, come del resto i sacramenti antichi della Legge giocavano, per così dire, un ruolo precorritore e prefigurativo. Ma essi insistono: " Se dopo Giovanni, l'amico dello Sposo, ( Gv 3,29 ) è stato conferito il battesimo, quanto più si deve battezzare dopo un eretico! ". Potrebbe dire un altro, come mosso da una altrettanto legittima indignazione: " Se è stato conferito il battesimo dopo Giovanni, che non beveva una goccia di vino, quanto più giustamente si deve battezzare dopo un ubriacone! ". Ebbene, lo facciano costoro, se sono capaci! Battezzino dopo i loro ubriaconi, se gli Apostoli hanno battezzato dopo il sobrio Giovanni. Che cosa rispondono al riguardo, se non che essi non battezzano dopo costoro, perché quelli che sono stati battezzati da loro non hanno ricevuto il battesimo di costoro, bensì quello di Cristo? Ammettano allora che è stato conferito il battesimo dopo Giovanni, o perché costoro non avevano alcun battesimo o non avevano ancora il battesimo di Cristo. 7.10 - I Donatisti riportano testi evangelici che piuttosto sono un valido sostegno alla nostra causa Questa obiezione, in verità, il nostro interlocutore, cui stiamo rispondendo, l'ha rivolta piuttosto a se stesso e non l'ha risolta. Dice infatti: " Forse qualcuno dirà: Ma coloro che Paolo ha battezzato per la seconda volta, erano stati purificati con il battesimo di Giovanni, non con quello di Gesù Cristo. Da ciò ne deduco che non conviene ribattezzare coloro che risultano essere stati battezzati da traditori, però nel nome di Cristo ". Ecco l'obiezione che egli si è posta, ed ora ascolta bene come abbia tentato invano di risolverla. Egli dice: " A tale questione il Signore ha risposto nei seguenti termini: Chi non raccoglie con me, disperde; ( Mt 12,30 ) e ancora: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli. Molti infatti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi conosco; allontanatevi da me, operatori di iniquità. ( Mt 7,21-23 ) È certo dunque che essi hanno mandato in rovina il loro falso lavoro, avendo osato agire sia pure nel nome di Gesù Cristo, ma sacrilegamente. Ne consegue che, volenti o nolenti, con i loro sacramenti sacrileghi i traditori offendono ancor più Cristo. Se essi hanno l'ardire di affermare: Noi abbiamo profetato nel tuo nome, si sentiranno dire da lui come gli altri: Andate via da me, operatori di iniquità; non vi conosco. E glielo dirà con pieno diritto, poiché è evidente che per gli indegni battezzare, scacciare i demoni e compiere altri portenti sono opere non dissimili ". Vedi quante belle cose ha detto, ma non ha potuto minimamente risolvere l'obiezione che si era proposta! Non solo non l'ha risolta, ma ha pure richiamato alla nostra mente argomentazioni di cui dovremo servirci per confutare costoro. Questi testi evangelici in effetti non sono di alcun aiuto alla sua tesi, ma piuttosto sono un valido sostegno alla nostra causa. 7.11 - Paolo sottolineò la distinzione fra il battesimo di Giovanni e quello di Cristo Si trattava del battesimo di Giovanni. Ora, se l'Apostolo battezzò alcuni già battezzati da lui, non diede certo loro, per la seconda volta, il battesimo di Giovanni che già avevano, ma piuttosto ordinò di dare loro il battesimo nel nome di Cristo che non avevano. Ciò facendo, non distrusse né l'uno né l'altro, ma sottolineò la distinzione di entrambi. Lo ha notato bene anche colui contro il quale noi stiamo discutendo. Egli, nei panni del contraddittore, si è costruito questa obiezione come se l'avesse raccolta dagli avversari: " anche coloro che chiamano traditori, amministrano e ricevono il battesimo di Cristo, non quello di Giovanni, e pertanto dopo di loro non è opportuno né invalidare né ripetere il battesimo". Ora, egli sostiene che su tale questione ha risposto Cristo con queste parole: Chi non raccoglie con me, disperde, ( Mt 12,30 ) come se Cristo avesse detto: anche se si troverà qualcosa di vero e di mio in quelli che non raccolgono con me, sia negato, esorcizzato, distrutto. Costui dichiara anche che a certuni, i quali dicono: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? [ Cristo ] risponderà loro: Non vi conosco; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. ( Mt 7,22-23 ) Ma ha forse detto anche qui: " A causa della vostra iniquità, rinnegherò anche la mia verità che voi soffocate nella vostra iniquità "? Egli in effetti non accoglierà nel suo regno tutti coloro nei quali troverà una qualche verità, ma coloro in cui troverà la carità in accordo con la verità: se mancherà quella, sarà presente l'iniquità. Tuttavia non è giusto negare la verità racchiusa in questa iniquità; si deve piuttosto condannare l'iniquità senza distruggere la verità. A tal riguardo dice l'Apostolo: E se conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, se avessi il dono della profezia e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. ( 1 Cor 13,2 ) Ha detto che lui è nulla se non possiede la carità, non se gli mancano i misteri, la scienza, la profezia e la fede. Queste cose effettivamente sono grandi, anche se chi le possiede senza la carità è nulla e detiene la loro verità nella sua iniquità. Ecco ciò che anche noi diciamo a questi eretici: " Noi non distruggiamo la verità del battesimo, che voi soffocate nella vostra iniquità; ma quando vi correggiamo, è questa che noi intendiamo distruggere e abbattere, mentre riconosciamo e manteniamo intatta quella ". Come ben si vede, questa nutrita serie di testi evangelici non serve affatto a costui. 7.12 - Noi non possiamo negare, né disapprovare e distruggere le verità possedute dagli eretici; invece condanniamo o, per quanto possibile, correggiamo la loro iniquità Sottolinea piuttosto come essi siano un ottimo supporto per suffragare la nostra tesi. Ecco, ascolta attentamente le sue stesse parole: " È fuor di dubbio che essi hanno mandato in rovina il loro falso lavoro, poiché hanno osato agire da sacrileghi, benché nel nome di Gesù Cristo ". Nulla di più vero! Coloro che hanno osato agire sacrilegamente nel nome di Gesù Cristo, hanno distrutto il loro falso lavoro. Ma, forse, per questo il nome di Gesù Cristo diventerà sacrilego, anche se individui sacrileghi se ne servono per compiere qualcosa? Chi oserà mai affermare una cosa simile, sia pure un perfetto demente? Si troverà qualche pagano ai nostri giorni che oserà affermare questo? Ecco perché lo stesso Gesù Cristo, pur avendo affermato con assoluta verità: Colui che non raccoglie con me, disperde, ( Mt 12,30 ) quando i suoi discepoli gli annunciarono di aver trovato un tale che scacciava i demoni nel suo nome e di averlo rimproverato perché non seguiva il Signore con loro, rispose: Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia miracoli nel mio nome e possa parlare male di me. ( Mc 9,38 ) Quest'uomo avrà certamente avuto la sua parte di iniquità personale, perché non raccoglieva con il Signore e non seguiva con i discepoli il pastore nell'unità del suo gregge; in questa sua iniquità egli imprigionava una verità non sua, poiché era nel nome di Gesù Cristo che scacciava i demoni e di lui non parlava male. Pertanto, il Signore condanna l'iniquità di quest'uomo con quelle parole: Colui che non raccoglie con me, disperde, però non nega né rifiuta la sua verità presente in lui, quando dice: Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia miracoli nel mio nome e possa parlare male di me. Imitando questo esempio del Signore, anche noi, nella misura delle nostre forze, non possiamo negare, né osiamo disapprovare e distruggere la verità del battesimo, né qualsiasi altra verità posseduta dagli eretici; invece la loro iniquità, per la quale certamente non raccolgono con Cristo ma disperdono, a buon diritto la rifiutiamo e, senza violare la verità che si trova in essi, la condanniamo o, per quanto è possibile, la correggiamo. 8.13 - Non si può tollerare colui che chiama sacrileghi i sacramenti di Cristo, anche se li possiedono i traditori Cerchi dunque costui di individuare bene l'errore, che gli ha fatto soggiungere subito dopo: " Lo vogliano o no, con i loro sacramenti sacrileghi i traditori offendono ancor più Cristo ". È un altro atteggiamento temerario, certo, ma comunque tollerabile, quello di dare del traditore ad alcuni senza provarlo. Ma chi può tollerare che egli chiami sacrileghi i sacramenti di Cristo, anche se li possiedono i traditori, come insinua a torto, e questi [ sacramenti ] sono celebrati secondo il rito evangelico, cioè nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo? Perché, allora, non dice che non è più un sacramento di Cristo quello che è amministrato da individui sacrileghi? E perché non dice che non esiste neppure il nome di Cristo se viene pronunciato dai sacrileghi? Ma questo non si è proprio azzardato ad affermarlo. Infatti dice: " È indubbio pertanto che abbiano mandato in rovina il loro falso lavoro, perché hanno agito sacrilegamente, benché nel nome di Gesù Cristo. Benché. " - soggiunge - " nel nome di Gesù Cristo ". Ha forse sostenuto che non è il nome di Gesù Cristo? Dunque, come ai sacrileghi non giova affatto agire nel nome di Gesù Cristo, così non giova a nulla agli eretici battezzare o essere battezzati nel battesimo di Gesù Cristo. Ma tuttavia, come quello è il nome di Gesù Cristo, così anche questo è il battesimo di Gesù Cristo: l'uno e l'altro deve essere riconosciuto e approvato, non negato e distrutto, per evitare di recare ingiuria a doni così preziosi di Dio, proprio mentre si vuol correggere la vita degli uomini sacrileghi, che fanno cattivo uso di questi stessi doni. 8.14 - La verità cattolica è contraria a quanto affermano i Donatisti Egli applica ai sacrileghi, che battezzano al di fuori della Chiesa, scacciano i demoni o compiono prodigi nel nome di Gesù Cristo, le parole che dirà il Signore: Allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. ( Mt 7,23 ) Noi invece diciamo, anzi, la verità stessa dichiara che il Signore dirà questo a tutti, anche a quei pesci cattivi che nuotano nelle reti dell'unità insieme ai buoni fino alla riva. ( Mt 13,47-48 ) Che altro dirà loro, dopo aver raccolto i pesci buoni nei cesti e separato quelli cattivi per essere buttati via, se non: Allontanatevi da me, voi operatori di iniquità? Però, non per questo distruggiamo in loro i sacramenti di Cristo, dal momento che riconosciamo nelle medesime reti dell'unità sia quelli che danno, sia quelli che ricevono il battesimo. Personalmente, sono convinto che anche costoro non siano talmente impudenti che osino affermare che il Signore non dirà alla moltitudine di malvagi e scellerati del loro partito, corrotti e inquinati da scandali e da crimini ben noti a tutti, cioè agli avari e ai sequestratori, agli spietati usurai e ai sanguinari circoncellioni: Allontanatevi da me, voi operatori di iniquità! Tuttavia essi sanno, vedono, sostengono che un gran numero di costoro battezzano e molti sono battezzati da loro: nonostante ciò, essi non violano il sacramento di Cristo in quelle persone, anche quelli che vedono con disgusto i loro crimini. E così, lungi dall'aver detto qualcosa di antitetico alle nostre tesi, quando ha esibito questi testi evangelici, egli ci ha rinfrescato la memoria su quanto dovremmo dire per controbatterli! 9.15 - Il sacramento del battesimo può essere presso gli eretici, ma non per il loro bene Perciò, quando poco dopo dichiara con aria di trionfo: "Ho risolto in poche parole la questione ", egli l'ha veramente risolta, ma a nostro favore, poiché affermando che anche gli indegni battezzano, scacciano i demoni e compiono altri prodigi con identiche motivazioni, e quando diranno: Nel tuo nome abbiamo fatto questo, Cristo dirà: Non vi conosco; allontanatevi da me, operatori di iniquità, ( Mt 7,23 ) ha messo in luce queste due verità correlative: anche coloro che sono separati dalla Chiesa battezzano con il battesimo di Gesù Cristo e scacciano i demoni nel nome di Gesù Cristo, ma né l'uno né l'altro fatto li conduce alla vita eterna o li salva dall'eterno supplizio. Supponiamo, allora, che torni alla Chiesa un individuo, dal quale furono cacciati i demoni per mezzo di colui che i discepoli videro scacciare i demoni nel nome di Gesù Cristo, ( Mc 9,39 ) ma non apparteneva al gregge di Gesù Cristo: nessuno si sognerebbe di negare il prodigio avvenuto in lui ad opera di quel tale, ma gli aggiungerebbe soltanto ciò che gli mancava. La stessa cosa accadrebbe a chi torna alla Chiesa dopo essere stato consacrato dal battesimo di Cristo, amministrato al di fuori della Chiesa dagli eretici o scismatici: non si deve negare il sacramento della verità di cui è impregnato, ma piuttosto si deve aggiungere il pio amore dell'unità, dalla quale è stato separato, e senza la quale questo sacramento potrebbe certamente essere in lui, ma non potrebbe essere per il suo bene. Questo facciamo noi, questo abbiamo ricevuto per tradizione dai nostri Padri, questo nella Chiesa cattolica, diffusa nel mondo intero, difendiamo contro tutte le tenebrosità dell'errore. Ma, a questo punto, perché dobbiamo continuare a discutere sulla questione, quando proprio lui ce l'ha sbrogliata alla lesta, rammentando i testi evangelici, che certamente, se non volesse andare a caccia di cavilli, gli consentirebbero di condannare il proprio errore e di riconoscere la vera dottrina del battesimo? 9.16 - Noi incriminiamo l'iniquità dei Donatisti, ma riconosciamo e approviamo senza riserve la verità del battesimo Che bisogno c'è, dunque, di ritessere una per una le sue parole, dal momento che egli è convinto di discorrere con arguzia e di presentare con ricchezza di eloquio la sua tesi, in base alla quale presso di loro sussiste il vero battesimo, che però noi riconosciamo e non neghiamo? In effetti, chiunque consideri un dato certo e inconcusso quanto prescrive la regola verissima e inviolabile della verità, secondo la quale in ogni uomo, non solo si deve respingere o emendare ciò che è falso e vizioso, ma si deve anche riconoscere e accettare ciò che è vero e giusto, ha già compreso sia ciò che noi rifiutiamo dell'eresia dei Donatisti sia ciò che non dobbiamo assolutamente violare. Ora, poiché essi soffocano nell'iniquità del loro scisma la verità del battesimo, noi incriminiamo la loro iniquità, ma riconosciamo e approviamo senza riserve la verità del battesimo. 10.17 - Chi sostiene l'invalidità del battesimo dato dagli eretici, è come se negasse lo stesso Cristo perché riconosciuto dai demoni Chi sostiene infatti che il battesimo di Cristo, quando con esso battezzano gli eretici, va invalidato, deve conseguentemente affermare che si deve negare lo stesso Cristo, quando i demoni lo confessano. ( Mc 1,24; Gc 2,19 ) In questo è stato lodato Pietro quando disse: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, ( Mt 16,16 ) mentre i demoni sono stati espulsi, pur dicendo la stessa cosa: Noi sappiamo chi sei tu: il Figlio di Dio. ( Mc 1,24 ) Dunque, questa confessione fu proficua per Pietro, per i demoni fu dannosa; in entrambi i casi tuttavia non era falsa, bensì vera: non si doveva rinnegare ma riconoscere, non si doveva riprovare ma approvare. Così è della verità del battesimo: quella confessione è data dai Cattolici, che si comportano con rettitudine, come fu proclamata da Pietro; la medesima confessione è data dagli eretici, che si comportano da perversi, come fu proclamata dai demoni. Aiuta gli uni, condanna gli altri; ma, in ambedue i casi, la si deve approvare con il riconoscimento, in nessun caso la si deve violare con la negazione. Per questo anche l'apostolo Giacomo, quando redarguiva alcuni, perché affermavano che la vera fede è sufficiente all'uomo e non la congiungevano con le opere della carità, li confuta attraverso questa comparazione con i demoni: non dovevano credere di appartenere a Dio per il solo fatto di credere nel vero Dio, senza preoccuparsi di unire alla fede le opere buone: Tu credi - dice - che c'è un solo Dio? Fai bene; anche i demoni lo credono e tremano. ( Gc 2,19 ) Dunque, egli mette sullo stesso piano dei demoni coloro che di Dio hanno la vera fede, ma vivono malamente; però la medesima verità, che i demoni cioè credono nel vero Dio, non la distrugge negandola, malgrado l'odio che i demoni hanno contro di lui. Perciò, quando il nostro interlocutore con cui discutiamo ha osservato che l'Apostolo dice: Un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo, ( Ef 4,5 ) ecco che noi abbiamo scoperto che lo stesso Dio è adorato al di fuori della Chiesa anche da coloro che lo ignorano, che la stessa verità in un solo Dio è proclamata al di fuori della Chiesa non solo da alcuni uomini, ma persino dai demoni, e l'una e l'altra verità è confermata, non negata, dagli Apostoli. ( At 17,23 ) Perché, allora, non confermiamo anche l'unico battesimo, anziché negarlo, quando lo riscontriamo in coloro che si trovano al di fuori della Chiesa? In tal modo, noi non rendiamo cattivo ciò che è buono a causa di ciò che in essi è perverso; ma, partendo da ciò che in essi è retto, correggiamo anche ciò che in essi è depravato. 11.18 - Anche noi seguiamo la regola apostolica per quanto concerne l'autenticità del battesimo Che significa, allora, questa sua affermazione: " Il vero battesimo è là ove è la vera fede "? Si può dare benissimo il caso, che alcuni abbiano il vero battesimo, ma non la vera fede; come può accadere che possiedano il vero Vangelo, ma non comprendendolo bene abbiano una falsa credenza su Dio. Ebbene, per questa falsità della loro fede, penseremo forse che anche il Vangelo, che pur posseggono nella forma autentica, debba essere rigettato o emendato? Non credo che quegli abitanti di Corinto, che l'Apostolo redarguisce perché si erano dissolti nelle sètte, avessero una vera fede quando gli dicevano: Io sono di Paolo. ( 1 Cor 1,12 ) Questo infatti era falso. Però avevano il vero battesimo; perciò, basandosi su questa verità, per correggere questa falsità si sentono domandare da lui: Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? ( 1 Cor 1,13 ) Fra costoro c'erano anche alcuni che non credevano nella resurrezione dei morti, e su questo punto certamente non professavano, né avevano la vera fede. Ora, partendo dalla verità che credevano, cioè la resurrezione di Cristo, nel quale erano stati battezzati, l'Apostolo si adopera per curare anche ciò che in essi non vi era di sano nella fede, dicendo: Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risuscitato. ( 1 Cor 15,16 ) Poiché credevano che Cristo era risorto, e su questo punto la loro fede era genuina, egli voleva guarirli anche dalla persuasione così funesta ed erronea che i morti non risorgono. Per questo, come neppure loro trovano nelle sante Scritture canoniche casi di eretici, che venivano battezzati per la seconda volta quando entravano nella Chiesa cattolica, così neppure noi troviamo che costoro erano stati ammessi con lo stesso battesimo, che avevano ricevuto nell'eresia. Su questo punto, almeno, la loro posizione si può equiparare alla nostra: né la loro prassi, che li porta a ribattezzare gli eretici o quelli che considerano tali, né la nostra prassi, che è di ammettere il battesimo di Cristo anche quando è stato amministrato dagli eretici, è confermata espressamente da alcun esempio dei tempi apostolici. Comunque noi constatiamo che gli Apostoli, se scoprivano qualche verità in coloro che si trovavano nell'errore o nell'empietà di qualche sacrilegio, confermavano, piuttosto che negare, ciò che in essi trovavano di vero, senza per questo assolverli dall'errore o dall'empietà, anzi, correggendoli o condannandoli. Noi seguiamo la stessa regola anche per quanto concerne l'autenticità del battesimo: laddove riscontriamo che essa è conservata e salvaguardata così come si conserva e si salvaguarda nella Chiesa cattolica, noi non la neghiamo né la distruggiamo. Ma, fatta salva questa verità, ciò che in ciascun individuo è vizioso, depravato e falso, noi lo curiamo, correggiamo ed emendiamo [ per quanto è possibile ]; se invece non è possibile, lo evitiamo dopo averlo riprovato e condannato. 11.19 - La loro iniquità, causa della sacrilega separazione dalla Chiesa di Cristo Pertanto, quando li accogliamo, non intendiamo far nostra la loro iniquità, causa della loro sacrilega separazione dalla Chiesa di Cristo, che li fa persistere nelle loro accuse calunniose e oltraggiose contro la cristianità, alla quale Dio offre testimonianze così cospicue attraverso la Legge, i Profeti, il Vangelo, i Salmi e gli Apostoli. E neppure intendiamo accogliere il loro errore, in base al quale rifiutano di riconoscere il battesimo di Cristo, custodito anche presso gli eretici secondo la regola ecclesiastica, osano distruggerlo e non esitano a reiterarlo. Di più: non solo laici, ma anche chierici - e non chierici qualsiasi, ma sacerdoti e vescovi - , pur essendo stati battezzati in quelle Chiese che gli Apostoli hanno fondato con la loro fatica, se riescono a sedurli in un modo o nell'altro per farli passare dalla loro parte, li fanno catecumeni! Questi loro comportamenti esecrabili noi non li accetteremo mai e poi mai, per cui, se non li correggono, non potranno rientrare fra noi. 12.20 - Precauzioni della Chiesa prima di ammettere allo stato clericale apostati convertiti E, a questo proposito, non manchiamo di fare una distinzione: coloro che hanno abbandonato la Chiesa cattolica dopo esserne stati fedeli, devono subire una penitenza di maggiore umiliazione rispetto a coloro che non ne hanno mai fatto parte. Essi non dovranno essere ammessi allo stato clericale [ nei casi seguenti ]: se sono stati ribattezzati dagli eretici, se sono ritornati fra loro dopo essere stati ammessi una prima volta fra noi, sia che appartenessero ai loro chierici sia ai laici. I nostri, poi, qualora ignorassero questa regola e malauguratamente li chiamassero ad assumere lo stato clericale nella Chiesa cattolica o permettessero loro di restarvi, benché censurati con fraterna autorità dai [ vescovi ] più zelanti, non per questo pensino di poter conferire loro le dignità ecclesiastiche senza aver le prove, o almeno la fondata speranza, che costoro si siano emendati da quei mali. Ecco dunque una calunnia gratuita, lanciata contro la Chiesa cattolica da coloro che con empio crimine si separano dalla sua unità. Mi servirò piuttosto delle parole dell'Apostolo: L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia. ( Rm 1,18 ) Questa collera, salvo emendamenti, sorprenderà anche coloro che soffocano nell'ingiustizia del loro scisma sacrilego la verità del battesimo cristiano. 13.21 - La smetta una buona volta di strumentalizzare un episodio fuori questione, al fine di creare illusioni su false rassomiglianze! Invece la Chiesa cattolica, che, in base alle profezie, si espande fra tutte le nazioni con una prodigiosa fecondità, non libera nessuno dall'ingiustizia, in modo da distruggere in lui, non la sua propria verità, ma la verità del suo Signore. Perché dunque costui esclama con una certa arroganza e audacia: " Io ho battezzato senza alcun timore colui che tu, sacrilego, hai inquinato; l'ho battezzato, dico; ho fatto ciò che fece l'apostolo Paolo "? Legga allora il testo che riferisce questo gesto dell'apostolo Paolo. Se vuole riferirsi all'episodio accaduto ad Efeso, ( At 19,1-5 ) abbia il coraggio di sostenere che Giovanni, un sacrilego, li inquinò! Se poi non ha tanto ardire, poiché sarebbe un gesto clamoroso di empietà, la smetta una buona volta di strumentalizzare un episodio, del tutto estraneo alla questione, al fine di creare illusioni su false rassomiglianze! 13.22 - I casi di Agrippino, di Cipriano, di Pietro. Errori detestabili Egli adduce anche il caso del vescovo di Cartagine, Agrippino, del glorioso martire Cipriano e dei settanta predecessori di Cipriano, i quali seguirono questa prassi e la mandarono in vigore. O errore veramente esecrabile di uomini, che credono sia degno di lode imitare determinate azioni erronee, compiute da uomini illustri, dalle cui virtù sono ben lontani! Anche per questo motivo, infatti, alcuni vogliono mettersi sullo stesso piano di Pietro, se hanno rinnegato Cristo; se poi hanno obbligato persino i pagani a compiere i riti giudaici, ci tengono a farsi chiamare suoi fratelli. Tali comportamenti furono riprovevoli in quest'uomo così illustre, ma la grazia apostolica rifulse talmente in lui da cancellarli del tutto, per cui sostengo che non si può, non dico preferire, ma neppure uguagliare o paragonare con lui qualunque cristiano del nostro tempo, sia pure un vescovo, che non ha mai rinnegato Cristo né costretto i pagani a compiere riti giudaici. ( Gal 2,14 ) Stesso caso per il gloriosissimo martire Cipriano. Se è vero che non voleva riconoscere il battesimo di Cristo, conferito dagli eretici o scismatici, poiché sentiva profonda avversione per coloro che con tanto dolore vedeva separati dall'unità cattolica, che amava immensamente, è altrettanto vero che, in seguito, si acquistò meriti così eminenti, da giungere fino al trionfo del martirio, e lo splendore della carità in cui eccelleva, dissolse quest'ombra, affinché il suo ricco virgulto diventasse ancor più fecondo di frutti: se doveva essere ancora purificato in qualche misura, in mancanza d'altro, lo sarebbe stato certamente sotto l'ultimo colpo di spada della passione suprema. Neppure noi, che pur riconosciamo la verità del battesimo, e non la neghiamo, benché conferito nell'iniquità degli eretici, siamo per questo migliori di Cipriano, come non siamo migliori di Pietro per il solo fatto che non forziamo i pagani a giudaizzarsi. La stessa cosa risponderei a proposito di Agrippino e degli altri vescovi, che sono considerati gli organizzatori di quei concili: essi, pur essendo di idee così discrepanti, con coloro che avevano un'opinione diversa su tale questione mantennero l'unità, nella quale la carità copre una moltitudine di peccati. ( 1 Pt 4,8 ) Poiché camminavano così nella verità della Chiesa, alla quale erano pervenuti, Dio poteva rivelare ad essi, secondo la parola dell'Apostolo, ( Fil 3,15 ) anche il punto su cui non pensavano in modo ortodosso. Sorgeva allora, in effetti, una questione nuova: come dovevano essere accolti gli eretici. Più di un fratello, acceso da santo e legittimo zelo contro i guasti dell'eresia, fu talmente turbato da questa novità, da credere che fosse necessario riprovare in essi anche ciò che, pur nel loro male, conservavano di buono. Ecco in due parole il mio pensiero al riguardo: battezzare una seconda volta gli eretici, fatto che viene loro attribuito, fu allora frutto di un errore umano; ma battezzare per la seconda volta i Cattolici, come tuttora fanno costoro, è sempre e comunque frutto di presunzione diabolica. 14.23 - I due vescovi delle Chiese in assoluto più eminenti, cioè quella di Roma e quella di Cartagine: Stefano e Cipriano, ambedue ben fondati nell'unità cattolica Voglio però che costui mi risolva una difficoltà. Quando ha elencato con ordine la serie dei vescovi della Chiesa di Roma, ha citato anche Stefano fra quelli che hanno esercitato l'episcopato in modo irreprensibile: e lo riconosce. Ora, Stefano non solo non ribattezzava gli eretici, ma giudicava anche degni di scomunica quelli che lo facevano o ordinavano di farlo, come testimoniano le lettere di altri vescovi e di Cipriano stesso. Nonostante ciò, Cipriano restò con lui nella pace dell'unità. Che cosa risponderanno su questo punto? Spremano pure le loro meningi il più possibile, e vedano se sono in grado di rispondere! Ecco: nella stessa epoca vivevano due personaggi, per non parlare di altri, che avevano opinioni differenti; essi erano due vescovi delle Chiese in assoluto più eminenti, cioè quella di Roma e quella di Cartagine: Stefano e Cipriano, ambedue ben fondati nell'unità cattolica. Uno dei due, Stefano, era convinto che non si dovesse mai reiterare il battesimo e si indignava contro coloro che agivano così; Cipriano, al contrario, era convinto che fosse opportuno battezzare nella Chiesa cattolica coloro che erano stati battezzati nell'eresia o nello scisma, come se essi non avessero il battesimo di Cristo. Molti concordavano con il primo, altri con il secondo; ma gli uni e gli altri erano solidali con loro nell'unità. Se è vero, dunque, sostenere ciò che essi dicono - ed è sulla base di questo principio che essi tentano di rivendicare il diritto o giustificare la causa del loro scisma - e cioè che " nell'unica comunione dei sacramenti i cattivi inquinano i buoni, perciò si deve evitare il contagio dei malvagi con la separazione fisica, affinché non periscano tutti insieme ", si deve ammettere allora che dall'epoca di Stefano e di Cipriano la Chiesa andò perduta e non restava più nulla per coloro che venivano dopo di loro, ivi compreso lo stesso Donato, dalla quale sarebbe nato spiritualmente. Se essi giudicano che questa ipotesi sia infamante, e lo è realmente, come mai la Chiesa ha continuato ad esistere da allora in poi e fino all'epoca di Ceciliano, di Maggiorino o di Donato, e non hanno potuto farla perire per inquinamento tutti coloro che furono ammessi nel suo grembo senza battesimo e, sempre secondo costoro, sotto il peso di tutti i loro peccati e crimini? Né Cipriano, né i fautori della sua teoria sul battesimo hanno mai interrotto ogni rapporto di comunione con costoro, poiché ritenevano che nell'unità e nella comunione dei sacramenti di Cristo i peccati degli altri non potessero contaminarli. Ecco come la Chiesa poté continuare a vivere in seguito: essa cresceva e si espandeva per tutta la terra, secondo quanto era stato predetto di lei, e i crimini altrui dei traditori o malfattori di ogni risma non potevano assolutamente inquinarla, come nell'unica aia il frumento non può essere contaminato dalla paglia fino al tempo della vagliatura, ( Mt 3,12 ) come nell'unica rete ( Mt 13,48 ) i pesci cattivi non possono rovinare i pesci buoni, nuotando insieme fino al momento di giungere a riva. 14.24 - I Donatisti hanno inventato l'arte mirabolante di distinguere crimine da crimine Non ci fu dunque altra ragione, se non una rabbia forsennata che, con il pretesto di evitare la comunione dei malvagi, li spinse a separarsi dall'unità di Cristo, che si estende nell'universo intero. Costoro non avranno per caso inventato l'arte mirabolante di distinguere crimine da crimine? Ispirandosi alle regole del discernimento, derivate non tanto dalle Scritture ma dal loro cuore, vanno dicendo che nell'unità della comunione dei sacramenti si sopporta ogni sorta di crimini altrui senza esserne contaminati; invece, nel caso del crimine di tradizione, tutti coloro che saranno in comunione di sacramenti con i traditori saranno inquinati. Ma, su questo punto, è ormai inutile trascinare la polemica, tanto più che essi osano parlarne ben di rado. Evidentemente anch'essi se ne vergognano, perché si rendono conto di parlare a vanvera e, quando ne parlano, non tentano di fondare le argomentazioni su qualche testimonianza divina. Preferiscono, invece, quando imputano agli uni i peccati degli altri per giustificare l'empietà del loro scisma, avere spesso in bocca i seguenti testi: Se vedi un ladro, corri con lui, ( Sal 50,18 ) e: Non farti complice dei peccati altrui, ( 1 Tm 5,22 ) e: Fuori, uscite di là e non toccate niente d'impuro, ( Is 52,11 ) e: Chi abbia toccato un immondo sarà immondo, ( Lv 22,4-6 ) e: Un po' di lievito fa fermentare tutta la massa, ( 1 Cor 5,6 ) ed altri testi simili. In essi non si fa alcuna distinzione specifica fra il crimine di tradizione e gli altri crimini, viene invece escluso ogni tipo di complicità con il peccato. Ora, se Cipriano avesse interpretato questi testi o precetti divini alla stregua di costoro, si sarebbe automaticamente separato da Stefano e non avrebbe perseverato con lui nella comunione dell'unità cattolica. In effetti, se volessimo dar credito all'opinione che sostengono costoro riguardo al battesimo, [ Stefano ] ammettendo nella Chiesa gli eretici e gli scismatici, i quali non hanno il battesimo, sempre secondo la loro opinione, avrebbe comunicato con i peccati altrui, in quanto i peccati di quelli che non erano stati ancora lavati con il vero battesimo, restavano senza dubbio in loro. Dunque, Cipriano avrebbe dovuto separarsi dalla comunione con lui per non camminare in compagnia di un ladro, per non comunicare con i peccati altrui, per non essere contaminato da un impuro, per non inquinarsi contattando un individuo contaminato, per non essere corrotto dal fermento altrui. Ora, poiché lui non si è comportato così, ma ha perseverato con essi nell'unità, ne consegue logicamente che l'intera massa della stessa unità fu corrotta e la Chiesa non ha più potuto continuare ad esistere per dare alla luce in seguito i loro santi: Maggiorino e Donato! Naturalmente, non osando in alcun modo affermare una cosa simile, devono per forza concludere che i buoni hanno convissuto con i cattivi nella comunione dei sacramenti cristiani senza subire alcuna contaminazione e che la Chiesa di Cristo ha durato fino ai tempi di Ceciliano, non senza annoverare alcuni malfattori, come se fosse già [ mèsse ] riposta nel granaio, ( Mt 3,12 ) pur mescolata ancora con la paglia come se si trovasse sull'aia. In tal modo essa ha potuto sopravvivere anche in seguito, come del resto al presente, finché nell'ultimo giorno del giudizio sarà mondata col ventilabro. 15.25 - Nella Chiesa i buoni né diventano una cosa sola con i malvagi, né si separano dall'unità Che cosa si propone, dunque, questa loro incontenibile frenesia di separarsi dall'unità del corpo di Cristo, che, come si legge nei Profeti e si vede già in atto, si estende nell'universo intero e a tutte le nazioni? Qui è proprio il caso di dire con la parola della Scrittura: Il figlio cattivo si vanta di essere giusto, ma non si lava per la sua partenza; ( Pr 24 sec. LXX ) cioè, egli non presenta né scuse, né motivazioni, né giustificazioni per aver avuto l'ardire, nel suo furore scismatico, di abbandonare la casa di Dio ( 2 Tm 2,20 ) per volgersi alla peste dell'eresia. Se costui fosse stato veramente giusto, come lo era l'apostolo Paolo con i falsi fratelli, sui quali egli geme nelle sue Epistole, ( 2 Tm 2,17-20 ) e come lo era Cipriano con coloro che considerava ancora carichi dei loro peccati passati perché privi del battesimo, pur sapendo che erano stati ammessi nella Chiesa da Stefano, sarebbe restato nella Chiesa di Cristo senz'essere minimamente contaminato nella sua persona, vivendo a fianco di coloro che sapeva o riteneva ingiusti, e non avrebbe abbandonato i buoni a causa dei cattivi, ma avrebbe piuttosto tollerato i cattivi a motivo dei buoni, [ comportandosi ] come il grano che tollera, per il peso della carità, di essere triturato con la pula, non come la polvere lievissima che, ancor prima della vagliatura, s'invola al primo refolo di brezza. In tal modo, costui avrebbe perseverato nell'unità cattolica insieme agli iniqui, che le reti devono necessariamente contenere fino a riva, ( Mt 13,48 ) senza per questo esporsi a camminare in compagnia di un ladro o essere coinvolto nei peccati altrui o contrarre le impurità di un essere immondo o imbrattarsi al contatto dell'impuro o essere corrotto dal fermento cattivo di chiunque. Tutto questo non può accadere senza dare il proprio consenso al peccato, di cui il serpente si servì, complice la donna, per sedurre il primo uomo perfino nello stato di felicità del paradiso, ( Gen 3,1-7 ) non quindi a causa della comunione dei sacramenti, nella quale l'impuro Giuda non poté contaminare i discepoli puri. ( Lc 22,19-21 ) Dai malvagi, poi, con i quali condividono i sacramenti di Dio, i buoni, pur essendo ancora sull'aia e non nel granaio, sono ben lontani e distinti, non tanto per la separazione dei corpi quanto per la difformità dei costumi: vivendo in maniera diversa, non entrando a far parte di conventicole estranee. In tal modo, né diventano una cosa sola con i malvagi, né si separano dall'unità della Chiesa. 15.26 - Noi non sosteniamo la causa del tale o del talaltro, ma la causa della Chiesa Perché, dunque, devono presentarci a tinte fosche il crimine commesso da fantomatici traditori, dei quali nonostante tutto mai sono riusciti a provare la colpevolezza? Se però li difendessimo dalle loro calunnie, faremmo la figura di voler sostenere soltanto la causa del tale o del tal'altro, non la causa della Chiesa. In breve, chiunque fosse il traditore, senza distinzione di persone o di paese d'origine, e non solo il peccato dei traditori, ma anche di coloro che costringevano a consegnare le Scritture, e di tutti i malfattori, criminali e sacrileghi, nessuno escluso, Stefano secondo loro li ammetteva nella Chiesa perché, se non avevano il battesimo, tutti i peccati e i misfatti che avevano commessi, per quanto orribili, restavano in loro per condannarli senza alcuna remissione di colpa. Ecco chi ammetteva Stefano, ecco con chi viveva Cipriano nell'unità cattolica! E tuttavia la Chiesa non crollò, ma riuscì a sopravvivere. Pertanto i peccati altrui non inquinano chiunque vive nella sua unità. Invano il figlio malvagio si affrettò ad uscire dalla famiglia di suo padre, invano egli si dice giusto: la sua partenza non lo rende puro. ( Pr 30,12 ) Forse obietteranno: coloro che Stefano ammetteva così, erano purificati in forza della loro partecipazione all'unità, poiché la carità copre una moltitudine di peccati. ( 1 Pt 4,8 ) Magari lo dicessero! È quanto infatti sosteniamo anche noi, quando li sollecitiamo o li imploriamo di far ritorno all'unità. A questo punto, però, non ci sarebbe più fra noi disputa alcuna sul battesimo. Se infatti coloro che sono stati battezzati nell'eresia o nello scisma, quando ritornano alla Chiesa sono purificati dalla stessa carità dell'unità, allora veramente non c'è più alcun motivo per ribattezzarli. 16.27 - Calunnie donatiste contro i vescovi di Roma Vedi, dunque, quante cose costui ha detto a nostro favore in questo Discorso, al quale mi hai pregato di rispondere. C'è ancora bisogno di confutare le sue accuse, lanciate contro i vescovi della Chiesa di Roma con incredibili calunnie? Marcellino e i suoi presbiteri: Milziade, Marcello e Silvestro, si vedono incolpare da lui di aver consegnato i Libri sacri e offerto l'incenso! Ma, con ciò, li ha forse confutati, o ci sono prove che documentano la loro colpevolezza? Egli afferma che furono scellerati e sacrileghi, io ribatto che erano innocenti. Perché affaticarmi a difendere la mia tesi, dal momento che lui non ha neppure tentato di provare debolmente la sua accusa? Se c'è una qualche parvenza di umanità nelle questioni umane, sono convinto che noi potremmo essere ripresi a maggior ragione se, di fronte ad una denuncia contro individui sconosciuti, lanciata da avversari che non si preoccupano di dimostrare la colpevolezza di costoro con un minimo di prove, li credessimo colpevoli anziché innocenti; poiché, ammesso pure che sia vero il contrario, è certamente per un dovere di umanità che un uomo non pensa male nei confronti di un altro uomo senza alcun fondamento, e non presta fede facilmente a chiunque lancia accuse senza il sostegno di testimoni o di prove, e si presenta in veste di calunniatore ingiurioso piuttosto che di accusatore coscienzioso. 16.28 - Sono a disposizione gli atti proconsolari: chi vuole, li prenda pure e li legga! Ma c'è di più; ed è che Milziade, a quel tempo vescovo della Chiesa di Roma, il quale presiedeva il tribunale per ordine dell'imperatore Costantino, al quale gli accusatori del vescovo di Cartagine, Ceciliano, avevano deferito tutta la questione attraverso il proconsole Anulino, proclamò innocente lo stesso Ceciliano. Ebbene, quando i loro antenati, contestarono davanti al citato imperatore questo processo con spudorata pervicacia, perché non era stato esaminato né chiarito in modo approfondito e corretto, non accennarono minimamente al reato di tradizione o di offerta dell'incenso sul conto di Milziade! Certo, non avrebbero dovuto neppure appellarsi al suo tribunale, ma piuttosto suggerire preliminarmente all'imperatore o insistere per fargli suggerire che essi non potevano accettare che la loro causa fosse trattata davanti a uno che aveva consegnato i Libri santi e si era macchiato con i sacrifici agli idoli. Essi né avevano dato in precedenza una simile interpretazione dei fatti, né si sono sognati di lanciare questa accusa dopo che fu pronunziato il verdetto contro di loro e a favore di Ceciliano, non fosse altro per il livore causato dalla loro sconfitta. Perché dunque adesso, dopo tanto tempo, imbastiscono calunnie inconsistenti per offuscare la fama della stessa Chiesa di Roma, denigrando il comportamento del giudice Milziade, che si pronunziò per l'innocenza di Ceciliano, quando non sono mai riusciti, attraverso un qualsiasi loro procedimento giudiziario, a far condannare alcuno, né a far sostituire qualcuno dei loro nel ruolo di condannato? Contro di essa, prima inviarono allo sparuto gruppetto di loro adepti africani alcuni amministratori, fatti venire da lontano e di nascosto, di cui costui non si vergogna di fare il nome, in attesa di dare in qualche modo a questa povera gente ingannata vescovi propri. Tant'è vero che, dopo l'assoluzione di Ceciliano, essi denunziarono all'imperatore il vescovo d'Aphthungi, Felice: era lui il traditore, arcinoto a tutti; quindi Ceciliano, in quanto ordinato da un traditore, non avrebbe potuto essere vescovo. Per il momento Costantino non si rifiutò di dar corso alla loro accusa, benché fosse al corrente della loro malafede nell'incriminare Ceciliano di fatti mai commessi, perciò ordinò di trattare la causa di Felice. Essa fu istruita in Africa da Aeliano proconsole: anche Felice fu dichiarato innocente. Sono a disposizione gli atti proconsolari: chi vuole, li prenda pure e li legga! Questa sentenza non solo costituisce la prova culminante dell'innocenza di Ceciliano e la conferma della nettissima assoluzione dello stesso Felice, nonché l'esplicita condanna delle loro calunnie, che nel loro concilio lo avevano definito: fonte di tutti i mali, ma induce anche a pensare che la vita integerrima di Milziade non era stata minimamente intaccata dalle loro accuse. Ci sarà mai qualcuno così insensato da credere che, coloro i quali non perdonarono a Felice di aver consacrato Ceciliano, avrebbero potuto perdonare Milziade di averlo assolto, se la vita di questo vescovo, pur non essendo compromessa da alcuna offesa all'integrità della sua coscienza, non fosse stata oscurata da una qualsiasi fama ostile? O, forse, la montatura sulla sentenza del foro di Aphthungi poteva diventare la base delle loro accuse, mentre l'accertamento dei fatti, compiuto nel Campidoglio di Roma, sarebbe passato sotto silenzio? 16.29 - Le accuse donatiste contro Mensurio ed altri sono infondate Quanto a Mensurio, che cosa posso rispondere? Durante il suo periodo e fino al giorno della sua morte, il popolo dell'unità non conobbe alcuna scissione: proprio le lettere di Secondo di Tigisi, nelle quali si asserisce che fosse ripreso, confermano il carattere pacifico delle loro relazioni episcopali e la loro ininterrotta unione con il collegio episcopale. D'altronde, volendo manifestare ciò che pensava anche della Chiesa di Cirta e ingiuriando i vescovi cattolici di questa città con ogni sorta di insulti, quale risultato ottenne oltraggiando personaggi eminenti in santità, nostri contemporanei e ottimamente conosciuti da noi, se non mostrarci chiaramente che cosa dobbiamo pensare anche delle persone sconosciute che lui insulta alla stessa maniera? Per cui, come sono stati manichei Profuturo, deceduto pochi anni fa, e il tuttora vivente Fortunato, che gli è succeduto nell'episcopato, così sono stati traditori questi individui assolutamente sconosciuti, vissuti tanto tempo prima di noi, che costoro non cessano di accusare, e di cui oggi noi sappiamo con certezza che la loro vita fu irreprensibile, quanto alle accuse di cui sono fatti oggetto. 16.30 - Essere calunniati con la Chiesa è attestato di gloria Certamente non è una magra consolazione né una gloria da poco per ciascuno di noi essere incriminati dai nemici della Chiesa insieme alla Chiesa stessa; tuttavia la difesa della Chiesa non poggia sulla difesa di quegli uomini, che essi nominatamente perseguono con le loro false accuse. Insomma, che importa sapere chi furono Marcellino, Marcello, Silvestro, Milziade, Mensurio, Ceciliano e gli altri, bersagliati con ogni tipo di calunnia da parte dei Donatisti, perché in qualche modo dovevano giustificare il loro scisma? Costoro non pregiudicano minimamente la Chiesa cattolica, diffusa nel mondo intero! La loro innocenza non diventa affatto la nostra corona, né la loro colpevolezza la nostra condanna. Se furono buoni, la battitura sull'aia cattolica li ha purificati come il grano; se furono cattivi, la battitura sull'aia cattolica li ha triturati come la paglia. Su quest'aia possono essere sia i buoni che i cattivi, al di fuori di quest'aia non possono essere i buoni. Chiunque viene separato da questa unità dal vento della superbia, in quanto è soltanto paglia, perché mai se la deve prendere con l'aia del Signore a causa della paglia che vi è mescolata? 17.31 - I Donatisti sono stati a loro volta traditori e i più implacabili giustizieri dei presunti traditori Anche noi diciamo, e non solo diciamo, ma lo comproviamo attraverso documenti scritti, sia ecclesiastici che civili, che Secondo di Tigisi, colui che a loro dire avrebbe riunito il concilio che condannò Ceciliano, accordò la pace ad alcuni traditori, rei confessi, per non provocare uno scisma, poiché lui stesso si vide accusare da Purpurio di Limata di aver consegnato le Scritture; diciamo anche che Vittore di Rusicada, Donato di Calama, Donato di Mascula, Marino di Acque Tibilitane e Silvano di Cirta sono stati a loro volta traditori e i più implacabili giustizieri dei presunti traditori. Questo lo proviamo sulla scorta degli atti ufficiali della Chiesa, della municipalità e del tribunale. Ma non per questo i membri del partito di Donato sono tutti traditori, in quanto aderenti a quel partito; come pure non sarebbe innocente il partito di Donato, se costoro risultassero estranei al reato di tradizione. A noi conviene piuttosto ascoltare la santa Scrittura, anziché calunniare qualcuno per i peccati commessi da altri o temere una simile calunnia da parte di chiunque. In effetti: Morirà l'anima che pecca, ( Ez 18,4 ) e: Ciascuno porterà il proprio fardello, ( Gal 6,5 ) e: Chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna, ( 1 Cor 11,29 ) non quella d'altri. Si lascino crescere ambedue fino alla mietitura, per evitare che, raccogliendo prima del tempo la zizzania, non si sradichi insieme il grano buono; ( Mt 13,29-30 ) così come brucano insieme nei pascoli migliori i capri e gli agnelli, finché il Pastore infallibile non li separerà; ( Mt 25,32-33 ) come anche le reti dell'unità si riempiono di pesci finché non si tirano a riva, dove sarà fatta la selezione. ( Mt 13,47-48 ) Invece costoro, con il loro perverso e falso modo di pensare, pregiudicano se stessi, perché hanno la presunzione di essersi separati giustamente dalla comunione della Chiesa universale a causa dei peccati altrui: opinione assurda e folle, che li obbliga ad imputare i peccati di alcuni di loro a tutti. Se essi giudicano questo una cosa giusta, sono colpevoli in blocco di ogni misfatto commesso e constatato in flagranza da uno qualsiasi di loro; se invece essi lo riconoscono ingiusto, come di fatto lo è, allora sono tutti colpevoli della più iniqua separazione. 18.32 - Conclusione della disputa Ma, poiché in questo Discorso si tratta piuttosto dell'unico battesimo, concludiamo la nostra discussione dal punto in cui è iniziata: come nella medesima unità dell'aia del Signore né si devono lodare i cattivi a causa dei buoni, né si devono abbandonare i buoni a causa dei cattivi, così in un medesimo individuo né per la misura di onestà che è in lui si deve accettare la sua disonestà, né per la misura di disonestà che è in lui si deve negare la sua onestà, poiché, anche nell'iniquità dei Giudei si trova la verità della resurrezione dei morti, anche nell'iniquità dei pagani si incontra la verità di un solo Dio che ha creato il mondo, anche nella iniquità di coloro che, non raccogliendo con Cristo, disperdono, ( Mt 12,30 ) si trova la verità che fa loro scacciare nel nome di lui lo spirito immondo, e nell'iniquità dei templi degli idolatri è stata riscontrata la verità che faceva loro adorare il Dio ignoto, ( At 17,23 ) come pure nell'iniquità dei demoni è stata riscontrata la verità che ha fatto loro confessare Cristo. ( Mc 1,24; Gc 2,19 ) Allo stesso modo, anche nell'iniquità degli eretici non si deve negare l'eventuale presenza della verità, nella quale essi conservano il sacramento del battesimo.