26 Settembre 1973

L'« operazione-fervore » per un'ora di grazia

Si è già parlato più volte dell'Anno Santo, ma resta ancora molto da dire.

Oggi ci limitiamo a considerare questo prossimo avvenimento in rapporto al tempo, alla storia, al disegno divino che si realizza in determinati momenti.

Avete mai osservato come spesso Gesù parli dell'ora che viene, come d'una circostanza molto importante?

Egli dice, ad esempio, alla donna samaritana: « Viene l'ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità … » ( Gv 4,23; Gv 2,4; Gv 17,1; Rm 13,11; etc. ).

Cioè la successione del tempo non ha talvolta un semplice significato cronologico, ma acquista un senso profetico, indica il compimento d'un disegno divino.

L'orologio del tempo segna la coincidenza d'un istante prezioso per la discesa d'una trascendente Presenza fra gli uomini o di un'invisibile Azione dello Spirito, la quale prende forma di un fatto sensibile.

Non è raro trovare nella Sacra Scrittura l'annunzio di qualche ora sorprendente di tal genere.

Rileggiamo una citazione ben nota d'un simile oracolo, a tutti noto, perché pronunciato dal profeta Joele nell'antico Testamento, echeggia nel Nuovo per documentare nell'ispirato discorso di Pietro il mistero della Pentecoste: « Io effonderò il mio spirito sopra tutti gli uomini; e i vostri figlioli e le vostre figliole profeteranno, e i vostri vecchi sogneranno sogni, e i vostri giovani vedranno visioni … » ( Gio 3,1; At 2,17-18 ).

Ora noi pensiamo che l'Anno Santo può essere, nei disegni di Dio, un'ora di grazia per le anime, per la Chiesa, per il mondo.

Può essere; è una ipotesi, è un voto, una speranza, il cui compimento, proprio per il suo carattere soprannaturale, sfugge alla nostra causalità; il Signore ne deve essere l'artefice, non lo può la nostra inetta velleità; forse la realtà stessa, in cui questa nuova Pentecoste si inserisce nella vicenda umana, può rimanere nascosta ai nostri occhi sensibili; ma può essere, ripetiamo, per molte ragioni che lo rendono plausibile, alla nostra esperienza, un avvenimento umano-divino risolutivo.

Quali ragioni?

Analisi assai delicata e complessa questa, alla quale ora non pensiamo poterci applicare.

Diremo soltanto che le condizioni stesse del nostro tempo, nel quale sembra che i valori religiosi siano, secondo alcuni, vanificati, secondo altri, siano assopiti ed inerti, e, secondo altri ancora, siano in uno stato vigiliare, di pressione e di gemito, in attesa di esplodere in una novella liberazione e folgurazione ( Cfr. Rm 8,19ss ), sembrano preludere ad una epifania cristiana dello Spirito, nell'evidenza di fatti prodigiosi, non sappiamo; ovvero nella storia di testimonianze sofferte, in cui le lacrime ed il sangue dei « santi », cioè dei cristiani veramente fedeli, sarebbero apologia più eloquente d'ogni umana parola, parimente non sappiamo; ma non ci sembra illusione intravvedere, anche nelle cronache contemporanee, alcune commoventi vestigia.

E diremo ancora che l'economia della salvezza reclama ordinariamente una corrispondente preparazione.

La virtù divina si dispiega dove l'uomo le offre condizioni propizie.

Il regno di Dio esige da parte nostra una accoglienza, un'avvertenza, una conversione, una disponibilità, una « metanoia », che nel Vangelo si traduce « penitenza »: « fate penitenza, predica il Precursore, perché il regno dei cieli si avvicina » ( Mt 3,2 ); e il Messia Gesù ripete a sua volta il medesimo messaggio: « fate penitenza, perché il regno dei cieli è vicino » ( Mt 4,17 ).

Rinnoviamo anche noi questo ammonimento profetico: se vogliamo che l'Anno Santo segni davvero una fase di autentica reviviscenza cristiana, una specie di palingenesi della Chiesa, una vocazione redentrice per l'umanità, dobbiamo disporci a celebrarlo mediante un preventivo d'energia morale e spirituale; potremmo intitolarlo, alla moderna, « operazione-fervore ».

Tutti: singolarmente e personalmente; e tutti, collettivamente nelle nostre rispettive comunità.

A questo scopo ne abbiamo anticipato la notizia e inaugurato, nelle Chiese locali, gli inizi.

Non dev'essere l'Anno Santo una manifestazione come tante altre, alle quali spesso ci contentiamo d'essere spettatori, o solo momentaneamente e solo formalmente partecipi.

Si tratta d'infondere in noi, mediante questa celebrazione, la sapienza e il dinamismo del Concilio;

si tratta di superare, non di mortificare, lo splendido, ma temporale sviluppo della scienza e della tecnica moderna, che non bastano a darci il vero senso della nostra vita e farci arrivare al nostro immortale destino;

si tratta di favorire vittoriosamente i conati, spesso deludenti, della civiltà verso la giustizia sociale, la fraternità e la pace;

si tratta di dare ai due termini del binomio dell'Anno Santo: rinnovamento e riconciliazione la pienezza di significato ch'essi racchiudono, per un'efficacia interiore morale, spirituale e riflessa, il primo termine; per un'efficacia esteriore, religiosa, interpersonale, familiare, sociale, internazionale, il secondo.

Compito grande e grave, certamente; ma non impossibile, Figli carissimi, se « l'operazione-fervore » lo prepara, anzi lo merita, come a ciascuno ed a tutti dovuto dalla sempre gratuita bontà di Cristo.

Così il Signore ci assista.

Con la nostra Benedizione Apostolica.