27 Febbraio 1974

Luminoso periodo liturgico ascetico e penitenziale

Noi non possiamo sottrarci, in questo breve colloquio spirituale, al fatto dominante la vita della Chiesa, in questo periodo dell'anno liturgico, che chiamiamo quaresima, e che oggi comincia.

Due osservazioni preliminari si presentano alla nostra considerazione.

La prima riguarda la successione di periodi molto diversi nella vita spirituale della Chiesa.

Ella ci educa non soltanto alla preghiera e alla celebrazione di riti sacri, in cui si alimenta e si esprime il nostro rapporto religioso con Dio e il senso comunitario della Chiesa stessa, ma ci associa allo svolgimento d'un grande disegno ideale, cioè teologico e morale, che si sviluppa nel tempo, conformandosi all'anno luni-solare, che Giulio Cesare introdusse nel calendario civile, e che tuttora serve anche alla Chiesa, come base cronologica, del suo dramma religioso, ogni anno ripetuto con sempre nuovo sentimento della sua originale attualità e della sua inesauribile profondità.

Come in un'opera musicale, il senso, la bellezza, la forza dell'insieme risultano dalla composizione delle diverse sue parti, così la liturgia della Chiesa assurge non solo al livello d'una incomparabile opera d'arte per la varietà dei temi divini ed umani, di cui si compone il suo misterioso svolgimento, ma offre all'umanità, ai fedeli specialmente, la possibilità di partecipare ad una complessa e meravigliosa celebrazione, non puramente commemorativa e rappresentativa, ma, in una sua mistica rinnovata realtà, rievocatrice della storia perenne dell'ineffabile dialogo fra Dio e il mondo, che in Cristo Redentore e nell'uomo redento ha due motivi drammatici principali.

Bisogna fare attenzione a questa dialettica discorsiva, che invade e commuove la liturgia della Chiesa, per non cadere nell'errata impressione della forma sempre eguale e monotona della nostra espressione spirituale; e poi per avere un sempre migliore concetto di quel mistero pasquale, in cui si riannoda la sintesi del nostro - chiamiamolo così - sistema religioso, ed a cui tutti dobbiamo vitalmente riferirci, se vogliamo conseguire la nostra salvezza.

Dunque: dobbiamo avvertire la diversità e l'originalità del nuovo periodo liturgico, quaresimale, se vogliamo essere in consonanza salutare con la Chiesa.

Forse dire liturgico non è tutto dire; dovremmo dire anche ascetico e penitenziale, anche perché sotto questo aspetto la quaresima s'inaugura e si prospetta.

E questo ci porta ad una seconda osservazione preliminare.

Sì, la quaresima ha un volto severo, ha un linguaggio talvolta crudo e spietato, come oggi, « Feria quarta Cinerum », mercoledì delle ceneri;

poi ha esigenze penitenziali, come il digiuno, ora assai mitigate, ma non del tutto abolite, né mai dimenticate nel loro spirito e in una loro personale e discrezionale esigenza;

la quaresima inoltre invita a preghiere assidue e prolungate;

dispone finalmente al ricorso di quel sacramento della penitenza, che comunemente chiamiamo confessione,

e ch'è davvero un atto di umiltà, di conversione, di contrizione, non certo simpatico alla gente del nostro tempo.

Dobbiamo riconoscere questo aspetto negativo, umanamente parlando, della quaresima, e in genere della penitenza, che la Chiesa ci predica, come elemento costitutivo dell'autentica vita cristiana.

Date un pensiero al rito dell'imposizione delle Ceneri.

Meriterebbe una prefazione storica, che lo fa risalire all'antico Testamento ( Cfr. ad es. Ger 25,34; Gdc 9,1;
Dn 9,3, etc. ), e lo travasa nel nuovo ( Cfr. Lc 10,13; Mt 11,21 ), e poi nella prassi dei primi secoli cristiani e nei seguenti ( Cfr. Jungmann, Lat. Bussriten ).

Ma guardatene il senso, il pessimismo cioè che grava sulla vita umana nel tempo; rileggete uno dei libri, sapienziali, e in certo senso, quasi sconcertante, della Bibbia, l'Ecclesiaste ( ora indicato col termine ebraico Qohèler ), che comincia con le famose parole, adatte per un cimitero dell'umanità senza speranza: « vanità della vanità, tutto è vanità » ( Qo 1,1 ); e ripensate al pauroso verismo di certa letteratura e di certa filosofia contemporanea; e vi convincerete della sincerità della Chiesa nella sua pedagogia spirituale; ella non può passare sotto silenzio l'esperienza della morte e del dissolvimento, a cui la nostra temporale esistenza è condannata.

Ma con questa immediata rettifica ad una concezione disperata del nostro vero destino: la vita, in Cristo, sarà vittoriosa.

E cioè bisogna ricordare e scoprire l'aspetto positivo della quaresima, cioè della penitenza cristiana.

Essa non è voluta e promossa per offendere e per rattristare l'uomo, insaziabilmente avido di vita, di pienezza, di felicità, ma per ammaestrarlo e per condurlo, mediante l'arduo cimento della penitenza, alla conquista, o meglio alla riconquista del « paradiso perduto ».

Periodo perciò di riflessione si apre davanti a noi.

È la concezione, in fondo, della nostra vita che passa all'analisi della coscienza cristiana;

è l'autocritica fondamentale,

è la filosofia che sfocia nella sapienza,

è lo sforzo di salvataggio, dall'inevitabile naufragio travolgente, che accetta la mano salvatrice di Cristo, che ci è offerta in questa palestra spirituale.

Procuriamo di comprendere, cerchiamo di profittarne.

Con la nostra Benedizione Apostolica.