28 Maggio 1975

Noi tutti ricordiamo che uno dei temi programmatici dell'Anno Santo, che noi stiamo celebrando, è il rinnovamento della vita cristiana.

Ora, per infondere nella nostra vita cristiana questo rinnovamento noi dobbiamo restaurare, con altre virtù e risorse dello Spirito, la virtù della fortezza, come è intesa nella nostra pedagogia morale.

Sì, fortezza,

È forse legittima la concezione d'un cristianesimo debole?

d'un cristianesimo privo di fermezza nelle sue convinzioni, agnostico, indifferente, volubile, opportunista, vile?

d'un cristianesimo timido e pauroso di se stesso?

manovrato dal rispetto umano?

È forse autentico e nuovo un cristianesimo, che nella pratica, nel confronto con l'ambiente circostante è disponibile ad ogni conformismo, e che ha soprattutto la tacita ansia d'evitare fastidi, critiche, ironie, e il manifesto desiderio di profittare d'ogni occasione per fare bella figura, o guadagnare vantaggi, risparmiare guai e avanzare nella carriera?

Dove è finita l'antica educazione al carattere personale,

al coraggio morale,

alla coerenza sociale?

al senso del dovere?

della responsabilità?

Ricordiamolo bene: un cristiano, un cattolico specialmente, deve essere forte.

Diciamo forte spiritualmente e moralmente.

Un seguace di Cristo non deve aver paura.

Egli si sente avvolto in una atmosfera di Provvidenza, che volge a bene anche le cose avverse, le quali possono anch'esse cooperare al nostro bene, se noi amiamo Dio ( Rm 8,28 ).

Egli è investito da un dovere di testimonianza, che lo affranca dalla timidezza e dall'opportunismo, e che gli suggerisce contegno e parola, al momento opportuno, provenienti da una sorgente interiore, di cui forse egli, prima della prova, ignorava l'esistenza.

Quand'anche voi foste soverchiati da avversari più forti di voi, ci insegna il Signore nel Vangelo, « non preoccupatevi del come parlerete, né di ciò che dovrete dire: in quel momento vi sarà suggerito ciò che dovrete dire, perché non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro, che parla in noi » ( Mt 10,19-20 ).

A questo punto vi è un paradosso da risolvere: noi non siamo forse deboli per la nostra inferma natura?

sì, è vero; perfino Gesù nel Gethsemani lo ha detto: « la nostra carne ( cioè la nostra natura umana ) è fiacca », ma Egli ha insieme affermato che « lo spirito è pronto » ( Mt 26,41 ); e s. Paolo ha spiegato che proprio quando umilmente e realisticamente ci confessiamo tribolati, allora siamo forti, perché il Signore gli aveva interiormente detto: « Ti basta la mia grazia, perché la virtù si afferma nella debolezza » ( 2 Cor 10,9-10 ).

Debolezza e fortezza, perciò, nel cristiano possono essere complementari ( Cfr. fra gli antichi: Origene, Esortazione al martirio; fra i moderni: G. Bernanos, Les dialogues des Carmélites ).

E vi è un orientamento coraggioso da imprimere nella nostra vita cristiana, privata e pubblica, per non diventare altrimenti insignificanti nel mondo dello spirito, e forse complici di comuni rovine.

Non cerchiamo poi nell'indebito ricorso alla nostra libertà personale un pretesto per arrenderci al giogo di inammissibili opinioni altrui?

« Libero è ciò che è causa di se stesso » ( S. Thomae, Metaph., 11, 9 ); « solo gli esseri che muovono se stessi hanno la libertà », ci insegna Maestro Tommaso ( Idem Contra Cent., 11, 48 ).

E ciò che sola legittimamente ci vincola interiormente, è la verità; ed essa, dice il Signore, « ci farà liberi » ( Cfr. Gv 8,32 ).

La tendenza moderna perciò ad abolire ogni sforzo etico o personale ( eccetto, e sta bene, nel campo sportivo, ma non basta ) non prelude ad un vero progresso veramente umano.

La Croce è sempre diritta davanti a noi, e ci chiama al vigore morale, alla fortezza dello spirito, al sacrificio ( Gv 12,25 ), che ci assimila a Cristo e può salvare noi ed il mondo.

Con la nostra Benedizione Apostolica.