Omelia

Piazza San Pietro Domenica delle Palme, 4 aprile 1993

1. "Benedetto colui che viene nel nome del Signore!

Osanna nel più alto dei cieli!" ( Mt 21,9 ).

Oggi, tutta la Chiesa ripete l’acclamazione, che risuonava nelle vie verso Gerusalemme, mentre Gesù di Nazaret si avvicinava alla Città Santa, dalla parte del Monte degli Olivi.

In conformità all’annuncio del profeta, Egli si avvicinava "seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma" ( Mt 21,5 ).

Oggi, la Chiesa fa eco a quel grido, celebrando la Domenica delle Palme: un ricordo di quelle palme che i pellegrini, venuti a Gerusalemme per la Festa della Pasqua, tagliavano e stendevano sulla via, salutando così il "Figlio di Davide".

"Benedetto colui che viene!".

Con questa acclamazione a Cristo si salutano oggi i giovani, la Chiesa dei giovani; questo è appunto per loro un giorno speciale, è il loro giorno!

Oggi, io mi sento particolarmente unito ai figli e alle figlie di ogni popolo e nazione e tutti saluto nel nome di Colui che viene: Gesù Cristo – "lo stesso ieri, oggi e sempre" ( Eb 13,8 ).

L’odierna celebrazione è resa anche più solenne dalla presenza del Metropolita del Montenegro e Litorale, Sua Eminenza Anfilochio, e del Vescovo di Backa, Sua Eccellenza Ireneo, venuti a Roma quali delegati del Patriarca Pavle della Chiesa ortodossa di Serbia.

Li saluto cordialmente, elevando con essi il canto dell’Osanna al Figlio di Davide, Gesù Cristo Nostro Signore.

2. Cristo entra a Gerusalemme per l’ultima volta, al compiersi ormai del suo pellegrinaggio terreno, e realizza così gli annunci messianici dei Profeti.

I Profeti avevano parlato dell’ingresso trionfale di Uno che sarebbe stato al tempo stesso Re e Servo, il quale avrebbe presentato il dorso ai flagellatori e non avrebbe sottratto la faccia agli insulti e agli sputi ( cf. Is 50,6 ).

Nei giorni successivi, in Gerusalemme tutto questo si è puntualmente verificato.

Sono bastati, infatti, pochi giorni, perché l’"osanna" della gioia si cambiasse in grida ben diverse, grida di condanna e di scherno.

Non è forse quanto aveva annunciato il Libro del profeta Isaia, grande "evangelista" dell’Antico Testamento?

Non è questo che aveva predetto anche il Salmo messianico di Davide?

Ecco compiersi in quei giorni quel che già era contenuto nel Salmo 22: "Le mani e i piedi forati" sulla croce, "le ossa contate" in una terribile lotta con la morte, il grido "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?"

Tutto questo è già presente nell’odierna liturgia della Domenica delle Palme, che apre la Settimana pasquale della Chiesa, la Settimana Santa, nella quale la Comunità ecclesiale, più che in ogni altro periodo, desidera essere con Cristo e restare accanto a lui per attingere alla profondità stessa del suo Mistero pasquale.

3. Ecco Colui, che "pur essendo di natura divina … spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" ( Fil 2,6 ): simile a tutti e a ciascuno, specialmente a coloro che toccano il fondo stesso del dolore.

È proprio così: mediante ciò che è più difficile e duro nella nostra condizione umana, Lui, Cristo – "pur essendo di natura divina" – in quanto Figlio consustanziale al Padre – Lui, Cristo, "umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" ( Fil 2,6-8 ).

"Per questo Dio l’ha esaltato …" ( Fil 2,9 ).

Il Padre ha esaltato il Figlio.

4. Giovani del mondo intero, questo giorno è il vostro giorno!

Giorno da voi scelto per entrare più profondamente nel nucleo del mistero della salvezza, intimamente iscritto nella vita dell’essere umano.

È con tale mistero che ciascuno di noi deve stringere una particolare alleanza di cuore, di preghiera e di vita.

Da esso – dal mistero della Redenzione di Cristo – sgorgano le più feconde sorgenti della vita e della vocazione dell’uomo.

È qui che le parole, scelte come pensiero guida della Giornata Mondiale dei Giovani, trovano il loro più sicuro ancoraggio: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza" ( Gv 10,10 ).

Quando, in profondo raccoglimento, rileggiamo il testo della Lettera di san Paolo proclamato nella liturgia odierna, – le parole cioè sull’umiliazione di Cristo e sulla sua esaltazione da parte del Padre – ritorna alla mente quanto Egli, il Cristo, ebbe a dire di se stesso, nella parabola del buon Pastore che dà la vita per il suo gregge.

"Il Padre mi ama – afferma Gesù – perché io offro la mia vita …

Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo" ( Gv 10,17-18 ).

Ci troviamo nel cuore stesso del "mistero del Dono": dono gratuito, dono che rende la testimonianza più perfetta alla libertà, dono che costituisce la rivelazione dell’amore pieno che redime e salva.

Chi ha fatto di se stesso un tale dono, ha potuto anche dire: "Io sono venuto perché abbiate la vita … perché l’abbiate in abbondanza".

La pienezza della vita è là dove è la pienezza dell’amore.

E dov’è la pienezza dell’amore?

Cristo ci ha appunto rivelato tale pienezza, pienezza che ci ha donato e continuamente ci dona: pienezza inesauribile.

5. Un anno fa, in piazza San Pietro si sono incontrati rappresentanti dei giovani d’ogni parte del mondo.

Quelli venuti dall’Europa, precisamente dalla Polonia, hanno portato da Jasna Góra in Częstochowa, dove si è svolto l’ultimo raduno mondiale, una Croce "pellegrina", segno delle giornate della Gioventù, per consegnarla ai giovani provenienti dagli Stati Uniti d’America, dato che lì, a Denver, nel Colorado, si terrà il prossimo raduno mondiale.

Sii benedetta, Croce pellegrinante con i giovani attraverso paesi e continenti!

Sii benedetto, Segno della nostra redenzione. Segno dell’amore infinito.

Segno della vita.

In te adoriamo Colui che entra trionfante in Gerusalemme, per introdurre l’umanità intera, – soprattutto i giovani – nel mistero salvifico della sua morte e risurrezione.

Adoriamo Te, che vieni a noi nel Vangelo e nell’Eucaristia, che cammini insieme con noi attraverso paesi e continenti, perché "abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza".