IV Convenzione di Ginevra

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Sezione II - Stranieri sul territorio di una parte in conflitto

Art. 35

Qualunque persona protetta che desiderasse lasciare il territorio all'inizio o nel corso di un conflitto, avrà il diritto di farlo, a meno che la sua partenza non sia contraria agli interessi nazionali dello Stato.

La domanda di lasciare il territorio sarà esaminata secondo una procedura regolare, e la decisione dovrà essere presa il più rapidamente possibile.

La persona autorizzata a lasciare il territorio potrà munirsi del denaro necessario per il suo viaggio e portar seco un quantitativo di effetti e di oggetti d'uso personale.

Le persone alle quali é rifiutato il permesso di lasciare il territorio, avranno il diritto di ottenere che un tribunale o un collegio amministrativo competente, istituito a questo scopo dalla Potenza detentrice, riesamini questo rifiuto entro il più breve termine possibile.

Se ne é fatta richiesta, dei rappresentanti della Potenza protettrice potranno, a meno che vi si oppongano motivi di sicurezza o che gli interessati sollevino obiezioni, ottenere di essere informati del rifiuto opposto alle persone che avevano chiesto il permesso di lasciare il territorio e, il più rapidamente possibile, dei nomi di tutte le persone che si trovino in questo caso.

Art. 36

Le partenze autorizzate in virtù del precedente articolo avranno luogo in condizioni soddisfacenti di sicurezza, di igiene, di salubrità e di alimentazione.

Tutte le spese che ne risultano, a contare dall'uscita del territorio della Potenza detentrice, saranno a carico del Paese di destinazione o, in caso di soggiorno in Paese neutro, a carico della Potenza della quale i beneficiari sono cittadini.

Le modalità pratiche di questi trasferimenti saranno, se necessario, fissate mediante accordi speciali tra le Potenze interessate.

Si fa riserva per gli accordi speciali che le Parti in conflitto possono aver conchiuso sullo scambio e il rimpatrio dei loro cittadini caduti in potere del nemico.

Art. 37

Le persone protette che si trovano in detenzione preventiva o che subiscono una pena privativa della libertà personale, saranno durante la loro detenzione, trattate con umanità.

Esse potranno, non appena liberate, domandare di lasciare il territorio, in conformità degli articoli precedenti.

Art. 38

Fatta eccezione dei provvedimenti speciali che possono essere presi in virtù della presente Convenzione, specie degli articoli 27 e 41, la situazione delle persone protette rimarrà, di massima, regolata dalle disposizioni relative al trattamento degli stranieri in tempo di pace.

In ogni caso, saranno loro accordati i seguenti diritti:

1) esse potranno ricevere i soccorsi individuali o collettivi che fossero loro inviati;

2) esse riceveranno, se il loro stato di salute lo esige, assistenza medica e cure cliniche nella stessa misura che i cittadini dello Stato interessato;

3) esse potranno praticare la loro religione e ricevere l'assistenza spirituale dei ministri del loro culto;

4) se risiedono in una regione particolarmente esposta ai pericoli della guerra, esse saranno autorizzate a trasferirsi altrove, nella stessa misura che i cittadini dello Stato interessato;

5) i fanciulli d'età inferiore a quindici anni, le donne incinte e le madri dei bambini d'età inferiore a sette anni fruiranno, nella stessa misura che i cittadini dello Stato interessato, di qualsiasi trattamento preferenziale.

Art. 39

Le persone protette, che, in seguito al conflitto, avessero perso la loro attività remunerata, saranno messe in grado di trovare un lavoro retribuito e fruiranno, a questo fine ( con riserva delle considerazioni di sicurezza e delle disposizioni dell'art. 40 ), degli stessi vantaggi dei cittadini della Potenza sul cui territorio si trovano.

Se una Parte in conflitto sottopone una persona protetta a misure di controllo che le impediscano di provvedere al proprio sostentamento, specialmente quando questa persona non può, per ragioni di sicurezza, trovare un lavoro retribuito a condizioni ragionevoli, detta Parte in conflitto sopperirà ai bisogni della stessa e delle persone a suo carico.

Le persone protette potranno, in ogni caso, ricevere sussidi dal loro paese d'origine, dalla Potenza protettrice o dalle società di beneficenza menzionate nell'art. 30.

Art. 40

Le persone protette possono essere obbligate al lavoro soltanto nella stessa misura che i cittadini della Parte in conflitto sul territorio della quale esse si trovano.

Se le persone protette sono di nazionalità nemica, esse potranno essere obbligate soltanto ai lavori che sono normalmente necessari per assicurare il vitto, l'alloggio, l'abbigliamento, il trasporto e la salute di esseri umani e che non sono in rapporto diretto con la condotta delle operazioni militari.

Nei casi indicati nei precedenti capoversi, le persone protette obbligate al lavoro fruiranno di condizioni di lavoro e di misure di protezione identiche a quelle previste per i lavoratori nazionali, specialmente per quanto concerne il salario, la durata del lavoro, l'equipaggiamento, la formazione preparatoria e il risarcimento degli infortuni del lavoro e delle malattie professionali.

In caso di violazione delle prescrizioni sopra indicate, le persone protette saranno autorizzate ad esercitare il loro diritto di reclamo, conformemente all'art. 30.

Art. 41

Se la Potenza, nel cui potere si trovano le persone protette, non ritenga sufficienti le altre misure di controllo indicate nella presente Convenzione, le più severe misure di controllo alle quali essa potrà ricorrere saranno l'assegnazione di una residenza forzata o l'internamento, conformemente alle disposizioni degli articoli 42 e 43.

Applicando le disposizioni del secondo comma dell'articolo 39 al caso delle persone costrette a lasciare la loro residenza consueta in virtù di una decisione che assegna loro una residenza forzata in altro luogo, la Potenza detentrice si conformerà, il più esattamente possibile, alle norme che regolano il trattamento degli internati ( sezione IV, titolo III della presente Convenzione ).

Art. 42

L'internamento o l'assegnazione di una residenza forzata potranno essere ordinati, nei confronti delle persone protette, soltanto se la sicurezza della Potenza, in cui potere queste persone si trovano, lo rende assolutamente necessario.

Se una persona domanda, per il tramite dei rappresentanti della Potenza protettrice, il proprio internamento volontario e se la sua situazione lo rende necessario, la Potenza in cui potere essa si trova procederà a questo internamento.

Art. 43

Ogni persona protetta che sia stata internata o alla quale sia stata assegnata una residenza forzata, avrà il diritto di ottenere che un tribunale o un collegio amministrativo competente, istituito a questo scopo dalla Potenza protettrice, riesamini entro il più breve termine possibile la decisione presa nei suoi confronti.

Se l'internamento o la residenza forzata sono mantenuti, il tribunale o il collegio amministrativo procederà periodicamente, e almeno due volte l'anno, ad un esame del caso di questa persona al fine di correggere in suo favore la decisione iniziale, qualora le circostanze lo permettano.

Salvo che le persone protette interessate vi si oppongano, la Potenza detentrice comunicherà, il più rapidamente possibile, alla Potenza protettrice i nomi delle persone protette che sono state internate o alle quali é stata assegnata una residenza forzata, come pure i nomi di quelle che sono state liberate dall'internamento o dalla residenza forzata.

Con la stessa riserva, le decisioni dei tribunali o collegi indicati nel primo comma del presente articolo saranno pure notificate il più rapidamente possibile alla Potenza protettrice.

Art. 44

Prendendo le misure di controllo previste dalla presente Convenzione, la Potenza detentrice non tratterà come stranieri nemici, esclusivamente in base alla loro appartenenza giuridica ad uno Stato nemico, i rifugiati che non fruiscono effettivamente della protezione di alcun governo.

Art. 45

Le persone protette non potranno essere trasferite a una Potenza che non partecipi alla Convenzione.

Questa disposizione non può impedire il rimpatrio delle persone protette o il loro ritorno al paese di loro domicilio dopo la fine delle ostilità.

Le persone protette non potranno essere trasferite dalla Potenza detentrice ad una Potenza partecipante alla Convenzione, se non dopo che la Potenza detentrice si sia assicurata che la Potenza di cui si tratta desidera ed é in grado di applicare la Convenzione.

Quando le persone protette siano in tal modo trasferite, la responsabilità dell'applicazione della Convenzione incomberà alla Potenza che ha accettato di accoglierle per il tempo durante il quale le saranno affidate.

Tuttavia, nel caso in cui questa Potenza non applicasse le disposizioni della Convenzione, in qualunque punto importante, la Potenza che ha provveduto al trasferimento delle persone protette dovrà, in seguito a notifica da parte della Potenza protettrice, prendere misure efficaci per rimediare alla situazione, o chiedere che le persone protette le siano rinviate.

Dovrà esser dato seguito a questa domanda.

Una persona protetta non potrà, in nessun caso, essere trasferita in un paese dove essa può temere di essere perseguitata per le sue opinioni politiche o religiose.

Le disposizioni del presente articolo non impediscono la estradizione, in virtù dei trattati d'estradizione conchiusi prima dell'inizio delle ostilità, delle persone protette incolpate di reati di diritto comune.

Art. 46

Le misure restrittive prese nei confronti delle persone protette cesseranno, se non siano state revocate anteriormente, il più rapidamente possibile dopo la fine delle ostilità.

Le misure restrittive prese nei confronti dei loro beni cesseranno il più rapidamente possibile dopo la fine delle ostilità, conformemente alla legislazione della Potenza detentrice.

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