Crociata della sofferenza  

B223-A7

Anno XIX - Lettera N. 76 - Aprile 1982

« Dacci oggi il nostro pane quotidiano » ( Mt 6,11 )

Fratelli,

dire con sincerità « Dacci oggi il nostro pane quotidiano » è accettare tutta la povertà, cioè fare assegnamento su Dio solo ed è pure credere di far parte della grande famiglia umana per la quale tutta chiediamo il pane.

Accettare la povertà che non si affanna esageratamente « per la propria vita, di quello che mangerete o berrete e neanche per il vostro corpo di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno ». ( Mt 6,25-31-32 ).

Per questo « dacci oggi » vuoi dire che domani torneremo a chiedere.

Vuol dire accettare, rallegrarsi che tutta la nostra vita dipende da Lui.

Vuol dire rassegnarsi alla impotenza di bastare a noi stessi materialmente e spiritualmente.

Come dei viandanti, Dio ci ha fatti come dei pellegrini che vivono giorno per giorno nella fiducia e nella speranza.

Chiedere, giorno per giorno, il nostro pane, significa accettare di limitare la nostra preoccupazione e la nostra fatica all'intervallo fra due Comunioni.

Quando veramente ci appoggeremo solo su Dio per il nostro pane quotidiano, avremo un'anima di povero.

Non assomiglieremo più al figlio che chiede la sua parte di eredità, per potersene andare lontano, per fare da solo, ciò che vuole ( Lc 15 ).

« Ogni giorno »: c'è un altro « ogni giorno » che ritorna nella parola evangelica: « Se qualcuno vuoi venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua » ( Lc 9,23 ).

C'è qui indicato un « ogni giorno » di sforzo, di fatica, di cammino a cui corrisponde un « ogni giorno » di forza che viene dal pane che chiediamo a Dio.

É un rapporto di fiducia tra un'esigenza di fedeltà ad un impegno quotidiano ed una certezza di sostegno e di forza per assolverlo.

Eppure c'è tanta sfiducia talvolta nella nostra vita!

È difficile che la preoccupazione per un pane materiale costituisca, oggi, il motivo primario di sofferenza, anche se ancora ci sono tanti fratelli che sono nell'indigenza.

Ma ci sono tante altre preoccupazioni di carattere morale e spirituale che ci angustiano.

E sovente il nostro cuore è pieno di angoscia e il nostro labbro è ricco di lamento perché accumuliamo nella preoccupazione l'oggi e molti domani.

Eppure ci è detto: « Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena » ( Mt 6,34 ).

La saggezza popolare ha tradotto in un detto questa esortazione: « Non fasciarti la testa prima di averla rotta! ».

Ma è così difficile. Il tarlo ci rode dentro e ci sorprendiamo a sospirare, a scoraggiarci ad avvilirci nella costruzione di fantastici castelli di guai per quanto … dovrà accadere! domani.

È sbagliato tutto questo? Diremmo piuttosto che è molto umano ed è strettamente legato alla nostra condizione di pellegrini.

Ne pensiamo che si possa ignorare o togliere dalla nostra vita questa ansia, questa angoscia che ci prende, ci tormenta, aumenta la nostra sofferenza.

Si direbbe che ci pare talvolta di camminare come dei ciechi, o nelle tenebre, con le mani in avanti, in tensione, in respiro affannoso immaginando sempre il peggio in ostacoli di ogni genere.

Quanti esaurimenti nervosi, quante nevrosi, quanti squilibri mentali e quanti ricorsi a tranquillanti, a cure, a ricerche di distensione.

Ma purtroppo il male è dentro di noi e ogni rimedio esterno non raggiunge la piaga interna.

Ma allora non c'è rimedio? Deve questo pensiero amareggiare ogni nostra giornata e impedirci sovente di gustare appieno le poche consolazioni che la vita ci riserva, nella ossessione che non dureranno e che « chissà che cosa ci capiterà in seguito? ».

Gesù ci insegna a chiedere al Padre, ogni giorno, quel pane che da forza ed è pena non solo materiale ma pane dello spirito.

« Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta » ( Mt 6,32-33 ).

Nella ricerca del regno di Dio e della sua giustizia troveremo quindi l'eliminazione delle angustie?

No, perché Dio non cancella con un colpo di spugna le nostre ansie, ma ci da, ci vuole dare la forza per accettarle, per portarle anziché trascinarle, per guardare in alto da cui viene il nostro aiuto anziché camminare cogli occhi rivolti sempre a terra.

Il grido giornaliero: « O Dio vieni a salvarmi! Signore vieni presto in mio aiuto! » è l'invocazione del figlio che ha fiducia, al Padre che può dare il pane per camminare senza lasciarsi accasciare dal peso delle preoccupazioni.

Eppure sovente siamo i più portati a criticare quello che Dio promette, siamo più portati a temere quello che ci riserva per il domani che a trovare la parola di fiducia per un incontro con la Provvidenza di Dio.

E dubitiamo di Lui e coscientemente o istintivamente dubitiamo della sua paternità fino a giungere ad aperta ribellione: « Se Dio fosse davvero Padre, non permetterebbe …

Come credere alla paternità di Dio di fronte a casi come questi?

E questo proprio a me, proprio nella mia famiglia … Eppure io ho sempre … " ed enumeriamo una lunga serie di nostre benemerenze nei suoi confronti, di opere fatte, di preghiere, di condotta di vita onesta.

Il nostro rapporto con Lui diventa rapporto di servo a padrone, di lavoro e di retribuzione e non più rapporto di figlio a Padre.

La pagina biblica di Giobbe può dirci qualche cosa: « Non ho pace, non ho requie, non ho riposo e viene il tormento! » si lamenta Giobbe.

E l'amico gli risponde: « La tua pietà non era forse la tua fiducia, e l'integrità della tua condotta, la tua speranza? ».

La conclusione acquista altro tono.

Giobbe, in un nuovo illuminato rapporto, si rivolge a Dio con altro spirito: « Ascoltami e io parlerò, ti interrogherò e tu istruiscimi, lo ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono.

Perciò mi ricredo e ne provo pentimento » ( Gb 3,4-42 ).

È questo il tipo di dialogo che Dio attende da noi: « Ascoltami Padre, ed io parlerò! Questo pane che ti chiedo è sì, anche pane materiale di sostentamento per il mio corpo, ma è soprattutto pane spirituale che rinforzi il mio spirito e rincuori la mia speranza ».

Quanto è desolante il chiudersi in sé e dimenticare il rapporto con lui proprio quando più ne abbiamo bisogno.

Il figlio che non si apre al padre o il padre che interrompe il dialogo con il figlio proprio quando la situazione si fa più critica trovano nella rottura definitiva o peggio ancora nella disperazione un ben triste risultato.

E nel dialogo con Dio l'unico che può interrompere il dialogo è l'uomo, la pecorella che si allontana e di cui il buon pastore va in cerca.

Non rompiamo questo legame con la casa del Padre, rinnoviamolo ogni giorno.

Non avremo il miracolo della improvvisa liberazione o della istantanea soluzione, ma verrà sicuramente il più grande miracolo della filiale comprensione, della più serena accettazione.

Parleremo con Lui delle nostre pene con nuovo spirito e nuova serena visione.

Gesù è venuto e « ha annullato il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli » e « con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati, perdonandoci tutti i nostri peccati ».

Il documento del nostro debito « Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce » ( Col 2,13-14 ).

E tolto il debito, il colloquio è diventato possibile e ci è stato dato di chiamare Dio col nome di « Abba » che vuoi dire familiarmente « Papa ».

Ha annullato il peccato ma non ha annullato la sofferenza, che anzi l'ha presa come compagna di tutta la sua vita per insegnarci come portarla.

E le notti in preghiera, di colloquio con il Padre, il riferimento a Lui in ogni circostanza fin sulla croce è l'esempio che propone alla nostra imitazione.

Il pane lo chiediamo non solo ognuno per sé ma per tutta la famiglia umana: « dà a noi ».

Invece di scoraggiarci troveremo la forza se noi sappiamo che è il Padre che ha bisogno di noi e ci affida il pane che chiediamo per distribuirlo, per rallegrare quel fratello, per sollevare quella sofferenza, per rianimare quella sfiducia, per amare tutte queste creature che ci stanno intorno.

E lo faremo con quell'impegno delle persone che sono incaricate da un altro di una responsabilità che non hanno cercato.

Come gli Apostoli nella moltiplicazione dei pani.

« Finché ho guardato solo le mie ferite ho sofferto: quando ho accettato di curare le ferite degli altri, ho sentito meno pungente il dolore delle mie.

Finché ho mangiato il mio pane di sofferenza da solo l'ho trovato intriso di lacrime amare, quando ho trovato il coraggio di spezzare con il mio fratello il pane quotidiano, ho scoperto che anche il mio era fragrante ».

Nella famiglia del Padre non si ha che ciò che si dona.

L'abbiamo provato: l'unica gioia è quella di averla potuta dare ad un altro: la parola di comprensione sincera è diventata sollievo anche per noi.

Non è sufficiente offrire quanto abbiamo, bisogna offrire se stessi.

Fratelli, nelle nostre sofferenze, chiediamo a Dio questo pane che da forza per noi e per i fratelli che più ne hanno bisogno e anche per quei fratelli che nella loro consacrazione hanno dimenticato la fragranza del pane casalingo e guardano ad altro cibo che non li sostenterà.

Maria, la Mamma che spezzò il pane quotidiano a Gesù, continui a spezzarlo per noi e i nostri fratelli.

Intenzione generale per il prossimo trimetre

Concedi, Padre buono, a tutti noi, con la croce di ogni giorno, il pane di ogni giorno.

Intenzioni particolari

Ricordiamo nelle nostre preghiere e nelle nostre offerte di sofferenze le seguenti intenzioni che ci sono state raccomandate:

- le vocazioni all'apostolato educativo e catechistico;

- le intenzioni degli iscritti: G.A.M., F.M., P.R., C.F.A., E.S., R.A. per la guarigione della mamma, F.E., S.C., Suore Carmelitane, Suore di S. Giuseppe ( Torino ), F.G., B.V., T.A., D.S.M., B.C., D.M., F.M., P.M., S.M., T.M., G.A. F.S., F.R., B.N., C.V. ( Catania ); Fam. G.V. ( Pianezza - TO ) per i loro cari vivi e defunti; A.S. ( Windsor ) secondo sue intenzioni; B.C. ( Bolzano ); G.G. ( Guardia Sanframondi ); M.V. ( Mantova ) per una conversione; B.M.M. ( S. Ambrogio -TO ); D.S.S. ( Andria ); S.A., S.C., V.R. per grazia particolare, E.E., F.G., L.G.C, per salute, A.M.T. per necessità urgenti, E.G.E-, G.V.G, C.A.v.S. ( Vibo Valentia - CZ ); P.A. e P.S. ( Aci Bonaccorsi - CT ); M.D.B. ( Roma ); G.S. e C.P. ( Schio-VI ); E.P. ( S. Pellegrino ); Sr. F. ( Montecatini T. ); S.N. ( Salerno ) B.R. per la salute e per la famiglia ( Acireale ) e tutte le altre intenzioni segnalate.

Ricordiamo nelle preghiere di suffragio:

- le anime buone di dr. Annita Maria Ferrari ( Roma ), Dr. Tommaso Bellino, la sorella di R.T., i defunti della famiglia L.L., Enzo Cavaliere, Teresa Ferreri Graffi ( Torino ); Giuseppe e Agostino Torrisi, Reale Nunziato, il marito di C.V. ( Catania ), i defunti di D.Z.B. ( Mantova ), B.C. ( Belpasso ), G.R. ( Marina di Anderà ), L.B. e M. ( Enna ), R.A. ( Borgo D'Ale ), C.S. ( Trieste ); la moglie di S.N. ( Salerno ), i genitori di M.V. ( Acireale ), il marito di D.D.M. ( Nicolosi ), e di P.C.v.B. ( Comiso ) e tutte le anime dei defunti della famiglia della Crociata.

La Presidenza