Evangelizzazione e cultura della vita umana

Indice

III - Per costruire una cultura della vita umana

I. Vita umana e nuova evangelizzazione

42. - Per costruire una cultura della vita è del tutto necessario realizzare una svolta culturale, capace di far uscire la nostra società dal materialismo e dal soggettivismo, e condurla a riscoprire e a vivere l'intera verità sull'uomo e sulla sua vita.

Si tratta di una sfida da affrontare con lucidità e con grande senso di responsabilità, fidando nella forza della verità e nello Spirito operante nella storia.

A questa sfida radicale la Chiesa deve rispondere sviluppando una rinnovata opera di evangelizzazione e realizzando una nuova sintesi tra il Vangelo e la vita.

La svolta culturale di cui la nostra società, sempre più scristianizzata, ha urgente e indilazionabile bisogno passa, dunque, attraverso una nuova evangelizzazione.

Come l'annuncio e la testimonianza del Vangelo nei primi tempi della Chiesa hanno posto fine ad ogni legittimazione dell'infanticidio, dell'aborto e di altre gravissime offese alla vita e alla dignità dell'uomo, così questo rinnovato annuncio di Cristo risorto e vivo potrà condurre gli uomini del nostro tempo a riconoscere il carattere disumano di ogni rifiuto e di ogni minaccia verso la dignità dell'uomo, la sua integrità e la sua vita.

In particolare, tale annuncio, mentre permetterà di vincere sempre di più la piaga dell'aborto e di non cadere nell'inganno dell'eutanasia, porrà le basi per una reale accoglienza e per un vero rispetto di ogni vita umana, soprattutto se sofferente, malata, debole ed emarginata.

Nel difendere con la massima risolutezza il diritto di ciascuno alla vita e nell'accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, « la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione, tanto più necessaria quanto più dominante si è fatta una 'cultura della morte' ».24

II. Formare la coscienza morale

43. - Il primo e fondamentale passo per operare questa volta consiste nel formare una matura coscienza morale circa il valore incommensurabile e inevitabile di ogni vita umana.

Per il cristiano una simile coscienza trova i suoi criteri di giudizio e di comportamento nel Vangelo di Gesù continuamente riletto e rivissuto nella sua Chiesa sotto la guida del Magistero.

Alle radici dell'educazione morale stanno l'evangelizzazione e la catechesi, nelle loro diverse forme e in rapporto alle varie categorie di persone.

Sia il primo annuncio sia l'approfondimento della fede cristiana non possono mai prescindere dal mettere in luce le esigenze etiche che nascono dal Vangelo.

Tra di esse si pongono quelle riguardanti la dignità di ogni persona, il valore intangibile della sua vita e l'imperativo di rispettarle e promuoverle in modo profondo e integrale.

Queste verità, esposte nella seconda parte del presente documento, costituiscono un insieme organico che non può mai essere tralasciato o sottaciuto.

Sui problemi della vita umana, nell'odierno contesto sociale e culturale fortemente pluralistico e spesso dominato da impostazioni inaccettabili, la coscienza morale dovrà maturare e sviluppare un forte senso critico, capace di discernere i veri valori tra le tante facili riduzioni e falsificazioni oggi diffuse anche ad opera dei mass-media.

Questo spirito critico si dovrà manifestare, in particolare, nella capacità di distinguere chiaramente tra quanto la legge civile consente e autorizza circa la vita umana e quanto la legge morale esige in modo inequivocabile e irrinunciabile.

La formazione della coscienza morale circa la vita umana è un grave e imprescindibile dovere per tutti.

In modo particolare lo è per quanti hanno una specifica missione di custodi e servitori della vita dell'uomo, come sono i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, i medici, gli operatori sociali e sanitari, i volontari.

Oggi più che mai, di fronte alle nuove sfide poste dallo sviluppo della scienza e della tecnica, la maturazione della coscienza morale esige una adeguata formazione permanente, che riguarda non solo gli aspetti scientifici e professionali, ma anche quelli antropologici ed etici.

In questo contesto si rendono sempre più necessari, soprattutto per quanti hanno responsabilità più dirette e immediate, l'insegnamento e lo studio della bioetica, ossia di quella disciplina che tratta, da un punto di vista morale, i problemi sollevati dagli interventi oggi possibili o in atto sulla vita umana.

Nell'educazione della coscienza morale, la liturgia della Chiesa occupa un posto del tutto particolare che non può essere dimenticato.

Infatti, dall'ascolto della parola di Dio e dalla celebrazione dei sacramenti i cristiani possono attingere non solo la luce indispensabile per l'elaborazione dei giudizi morali, ma anche l'energia soprannaturale necessaria per fare proprio il significato più profondo della vita, della sofferenza e della morte dell'uomo.

È quindi importante far emergere e valorizzare tutta la forza che è misteriosamente presente nelle celebrazioni liturgiche della Chiesa.

Un'adeguata educazione morale al valore della vita non può fermarsi, infine, alla pur necessaria riaffermazione del principio della sua inviolabilità, ma deve condurre le persone, sia singole che associate, ad assumere le proprie responsabilità e a realizzare scelte operative fatte di servizi concreti di accoglienza, solidarietà e promozione di ogni vita umana.

Questo è lo sbocco naturale ed insieme la verifica più vera della avvenuta formazione della coscienza morale.

III. Andare alle radici della vita umana e dell'amore

44. - La situazione storica, sociale e culturale richiede il coraggio di discernere e di realizzare le scelte operative e i servizi concreti che si impongono come prioritari e indilazionabili.

D'altra parte, però, la vita dell'uomo chiede sempre di essere servita nella sua interezza e in ogni momento del suo sviluppo, qualunque sia la sua condizione.

La messa in atto di alcune scelte e di alcuni servizi chiama quindi in causa una responsabilità fortemente unitaria, che non tollera unilateralismi e discriminazioni, perché la vita umana è sacra e inviolabile in ogni sua fase e situazione.

A partire da tale consapevolezza, è necessario operare delle scelte e attuare dei servizi che riguardano sia la vita che inizia, sia quella che si trova nella marginalità e nella sofferenza, sia la vita che è al suo naturale compiersi nel tempo.

Anzi, ancora più profondamente, è necessario che le scelte e i servizi siano vitalmente inseriti in un quadro più ampio, che tocca le stesse radici della vita e dell'amore.

45. - Non bisogna illudersi di poter costituire una vera cultura della vita umana se non si compiono tutti gli sforzi e non si mettono in atto tutte le iniziative capaci di far cogliere e di aiutare a vivere la sessualità, l'amore e la vita secondo il loro profondo e interiore significato e nella loro intrinseca correlazione.

Ciascuno, fin dalla fanciullezza, ma soprattutto nell'adolescenza e nella giovinezza, deve essere aiutato e sostenuto nel riconoscere il valore e la bellezza, e insieme la fragilità e l'ambivalenza della sessualità propria e altrui, mediante un'educazione che non si riduca alla sola informazione, ma che configuri come paziente ed autentica formazione al senso della vita e dell'amore.

In questa linea non è ammissibile esimersi da una proposta organica, sistematica e capillare di educazione alla sessualità e all'amore all'interno delle comunità cristiane, delle associazioni, dei gruppi, dei movimenti, degli operatori e dei vari ambiti educativi ecclesiali, a cominciare dalle scuole cattoliche.

Come pure non si può rinunciare ad un'opera di vigilanza e di intelligente promozione perché l'educazione sessuale nelle scuole sia impostata e svolta in modo serio e corretto.

Perché la sessualità possa essere vissuta secondo i suoi originari dinamismi di amore e di donazione in ogni età della vita e secondo le caratteristiche proprie della vocazione matrimoniale o verginale, è assolutamente indispensabile che l'educazione sessuale sia accompagnata e animata da una puntuale educazione alla castità.

Solo a questa condizione, infatti, la sessualità può essere accolta e promossa nella pienezza dei suoi significati e insieme difesa da ogni forma di banalizzazione, riduzione o falsificazione.

È dunque profondamente errato l'atteggiamento di chi crede che in questo campo siano possibili una maturazione spontanea e un superamento automatico delle difficoltà, degli errori, delle tendenze egoistiche e deresponsabilizzanti.

Senza remore inammissibili, è necessario

che, sia nella direzione spirituale come nella predicazione e nella catechesi, la virtù della castità venga proposta con chiarezza e serenità;

che si creino ambienti educativi ricchi di proposte e di contenuti umanamente significativi;

che si pongano le condizioni sociali, affettive e spirituali perché la proposta della castità possa essere accettata e

che, infine, si offra una gioiosa testimonianza di castità da parte delle persone consacrate, dei genitori, degli educatori anche se giovani.

46. - L'educazione alla castità è particolarmente necessaria per attuare una autentica procreazione responsabile.

Di fronte ad interpretazioni parziali o addirittura errate, occorre anzitutto riscoprire e riproporre con chiarezza il vero significato della procreazione responsabile.

Attraverso di essa gli sposi si rendono docili alla chiamata del Signore e agiscono come fedeli interpreti del suo disegno, riconoscendo e rispettando le leggi biologiche inscritte nella loro persona, dominando le tendenze dell'istinto e delle passioni, accogliendo pienamente tutti i loro doveri, rimanendo in un contesto di reale apertura alla vita e decidendo, pertanto, di far crescere una famiglia numerosa o, per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, scegliendo di evitare temporaneamente o a tempo indeterminato una nuova nascita.25

Va riaffermato che la procreazione responsabile è un grave dovere di tutti gli sposi e che può essere attuata concretamente.

Essa però richiede l'impegno comune dei due sposi alla continenza periodica, al cui servizio si pone il ricorso ai metodi naturali di regolazione della fertilità.

Vincendo ogni resistenza e superando finalmente gravi ritardi, le nostre comunità cristiane devono assumere più coraggiosamente il compito di suscitare convinzioni e di offrire aiuti concreti perché ogni coppia di sposi possa percorrere questa strada.

Si tratta, quindi, di mostrare che questi metodi, se ben conosciuti e correttamente applicati, sono tecnicamente affidabili e meritano fiducia.

Soprattutto è necessario richiamare come essi presuppongano e favoriscano uno stile di vita coniugale all'insegna dell'armonia e della comunione, siano segno e alimento di un vero rispetto della corporeità umana e dei suoi valori e significati profondi, mettano nelle condizioni più adeguate per vivere in un clima costante di apertura alla vita.

Non può più essere rimandato, perciò, un impegno più vasto, deciso e sistematico da parte di tutti - medici, esperti, sacerdoti, consulenti coniugali e familiari, educatori, coppie di sposi - per far conoscere, stimare e applicare questi metodi.26

In particolare, chiediamo che questa vasta e articolata opera educativa non sia rimandata solo a qualche accenno durante i corsi di preparazione al matrimonio, ma anche anticipata e sviluppata già prima del fidanzamento, nell'età giovanile, con criteri e modalità opportune, sia per le giovani che per i giovani.

IV. Servire la vita in ogni suo momento

47. - L'annuncio e la rinnovata consapevolezza della dignità di ogni persona umana e dell'inviolabilità della sua vita devono tradursi in scelte e in servizi che riguardano, in primo luogo, la vita umana al suo inizio.

Solo mediante il recupero del significato profondamente umano, personalistico e religioso del sorgere della vita dell'uomo è possibile affrontare correttamente i diversi problemi che, oggi soprattutto, riguardano da vicino la nascita.

Infatti, solo in questa luce è possibile riconoscere, riaffermare, rispettare e tutelare, fin dal concepimento, il diritto di ogni persona all'esistenza e alla sua integrità.

In questa prospettiva si devono affrontare le problematiche connesse con le possibilità oggi aperte dalla genetica.

Anche se, almeno nel nostro Paese, i casi non sono ancora molto numerosi e riguardano più direttamente il mondo scientifico e medico, occorre essere attenti alla mentalità di un minor rispetto della vita che ne deriva.

È comunque da rifiutarsi come eticamente inaccettabile ogni azione che - attraverso le varie forme di fecondazione artificiale, le manipolazioni genetiche e le diverse sperimentazioni sugli embrioni - viola il diritto all'esistenza e all'integrità, che appartiene anche a quegli esseri umani che comunemente chiamiamo "embrioni".

48. - Tra le tante problematiche che riguardano la vita umana nascente, quella dell'aborto si presenta ancora oggi con tutta la sua gravità e drammaticità.

Nonostante la dichiarata diminuzione degli aborti legali, essa deve continuare a provocare la nostra attenzione e a richiedere la nostra azione.

Un'attenzione e un'azione che non possono essere delegate ad alcune realtà, come i Movimenti per la vita e i Centri di aiuto alla vita, il cui prezioso apporto, per altro, domanda di essere ulteriormente valorizzato.

Esse riguardano la responsabilità di tutta la comunità cristiana, delle sue varie articolazioni e di ogni singola persona.

Anche quanti sono più direttamente impegnati a favore della pace, dell'ambiente o di altre realtà sociali connesse con il valore della vita umana non possono disinteressarsi dell'aborto: quelle stesse forme di impegno, infatti, sono vana illusione se non sono accompagnate da almeno altrettanta responsabilità per la difesa della vita fin dalla sua origine.

Di fronte ai rischi di una sottile assuefazione al fenomeno, e alle tentazioni di stanchezza o addirittura di una qualche irritazione davanti al perdurare a al riproporsi di alcune discussioni al riguardo, occorre riaffermare con totale chiarezza la gravità morale di ogni aborto procurato e ricreare una mentalità in proposito.

Per questo va anzitutto proclamata la tragica verità dell'aborto: esso è l'uccisione di un essere umano innocente, voluta da parte di quegli stessi genitori che per primi dovrebbero difenderlo, amarlo ed accoglierlo.

Tale proclamazione è ancora più urgente oggi, quando l'attenzione viene attirata spesso e volutamente solo su elementi secondari o comunque non decisivi, quali sono, ad esempio,

il rispetto per l'autodeterminazione della donna,

il superamento dei traumi connessi con l'intervento abortivo,

la salvaguardia di alcune condizioni sanitarie,

la preoccupazione per una presunta "qualità della vita".

49. - Non basta però la pur necessaria riaffermazione dei principi.

Anche in questo campo è indispensabile un'azione di concreta solidarietà verso le coppie e le madri in difficoltà, ivi compresa la promozione di servizi sociali adeguati.

Come pure è assolutamente doveroso che ciascuno compia scelte coerenti con i principi appena ricordati.

In particolare ribadiamo che il rifiuto di praticare l'aborto, o anche solo di collaborare ad esso, costituisce una grave obbligazione morale, radicata nella legge scritta nel cuore di ogni uomo, e riproposta dalla Chiesa nella sua legislazione che colpisce con la scomunica i cristiani che procurano l'aborto o che vi collaborano.27

La dottrina e le direttive sull'obiezione di coscienza, contenute nell'Istruzione pastorale "Comunità cristiana e accoglienza della vita umana nascente", nulla hanno perso del loro valore.28

Riaffermiamo il dovere di sollevare obiezione di coscienza, anche legalmente riconosciuta, da parte di tutti coloro che possono essere coinvolti in attività professionali configurabili come collaborazioni all'aborto.

Nello stesso tempo li sollecitiamo ad usufruire di tutte le possibilità che la stessa legge civile offre per aiutare le madri nel superamento delle difficoltà che le inducono a chiedere l'aborto.

50. - Molte e diversificate sono anche le situazioni in cui la vita dell'uomo è caratterizzata da disagio, sofferenza, malattia, marginalità.

Se si vuole costruire una vera cultura della vita, il compito primario che nasce da queste situazioni è certamente quello di adoperarsi con tutte le forze e con tutti i mezzi a disposizione perché, nel rispetto della dignità di ciascuno e della integralità della sua vita, la malattia possa essere guarita, la sofferenza alleviata, il disagio e l'emarginazione superati.

Nello stesso tempo, però, si tratta di promuovere un'altra azione culturale che oggi si impone come del tutto necessaria.

Occorre, cioè, far riscoprire e ridare dignità e significato al soffrire umano, come allo stesso morire dell'uomo.

Il dolore e la sofferenza sono parte ineliminabile dell'esperienza di ogni uomo.

È indispensabile, perciò, che essi non vengano censurati e rimossi dall'esperienza quotidiana.

Ciascuno deve poterne cogliere la concreta realtà, e soprattutto il mistero profondo: anche il dolore e la sofferenza hanno un senso e un valore, strettamente connessi con l'amore ricevuto e donato.

51. - Chiediamo alle nostre comunità ecclesiali e alla stessa società civile di farsi attendere ad alcune urgenze più gravi.

In particolare, riteniamo che un'attenzione prioritaria debba essere riservata ai bambini che sono abbandonati dai genitori, o non possono ricevere un'educazione dalla famiglia d'origine, o che sono addirittura maltrattati dai genitori stessi.

Di fronte a queste situazioni è necessario, innanzitutto, ribadire il valore e la dignità di ogni bambino come persona umana, e richiamare come egli sia soggetto di diritti autentici e nativi che esigono di essere riconosciuti e rispettati.

Nello stesso tempo, rinnoviamo l'appello perché le famiglie cristiane, sostenute anche dall'intera comunità, si aprano a forme di adozione e di affidamento, soprattutto nei confronti dei bambini meno desiderati perché più bisognosi di cure e di affetto, malati, handicappati, emarginati.

L'adozione e l'affido, però, non devono essere considerati come mezzi per dare un figlio a una coppia che non l'ha, ma come atto d'amore per dare dei genitori a un bambino che ne è privo definitivamente o temporaneamente.

Anche i malati cronici e inguaribili sollecitano un'attenzione particolarmente viva da parte di ciascuno di noi, delle nostre comunità e di tutta la società.

Si tratta, anzitutto, di convincersi che nessuno, anche se inguaribile, è per ciò stesso incurabile.

E si tratta di agire di conseguenza: sono necessari maggiore vicinanza, sollecitudine, amore; come pure è indispensabile che le famiglie siano messe in condizione di poter assistere adeguatamente questi malati, sia nella propria casa, sia mediante luoghi di cura dove la presenza familiare non sia tollerata, bensì sollecitata e accolta.

È pure necessario aiutare questi malati e scoprire e valorizzare le potenzialità che sono dentro di loro, e a farle emergere a beneficio di tutti, iniziando da quanti sono loro più vicini e familiari.

In particolare, una rinnovata attenzione va rivolta ai malati mentali da tempo lasciati in balia di se stessi o a carico delle famiglie, spesso incapaci, di affrontare da sole la gravità della situazione.

In questo senso è indispensabile un maggiore investimento, soprattutto di energie umane, nei luoghi di socializzazione, nelle cooperative di lavoro o in altre forme comunitarie di assistenza e d'intervento.

Anche nei riguardi dei drogati e dei malati di AIDS è necessario ricordare, pur con delicatezza e amore, il dovere del rispetto della vita sia propria che altrui.

Non sono quindi leciti né l'uso e lo spaccio della droga, né tutti quei comportamenti che causano il contagio dell'AIDS.

Di fronte ai difficili e complessi problemi di queste forme di marginalità l'impegno primario è quello della prevenzione: si proponga pertanto coraggiosamente agli adolescenti e ai giovani uno stile di vita impegnato, umanamente ricco e arricchente e, soprattutto, si dicano le vere ragioni della vita, le uniche capaci di distoglierli dalla tentazione di fare proprie queste forme di marginità.

I molteplici luoghi formativi delle nostre comunità ecclesiali sono chiamati a dare qui un contributo determinante.

È insieme urgente offrire una serie di servizi di assistenza e di recupero, che sollecitino le stesse persone interessate a divenire protagoniste di un'esistenza ancora capace di senso e di valore.

Anche quando ci si trovasse di fronte a situazioni limite in cui non fosse possibile un reale recupero, la vita continua ad avere valore e, pertanto, a meritare rispetto, solidarietà e amore.

Le varie comunità terapeutiche e tutti i possibili servizi che le persone singole e associate sanno e sapranno realizzare per sostenere e accompagnare gli adolescenti, i giovani e le famiglie colpiti da questi flagelli vanno, perciò, sostenute e valorizzate da parte dell'intera comunità.

52. - In una società in cui la continua crescita numerica degli anziani si accompagna con una sottile e sistematica rimozione della morte dall'esperienza quotidiana, e nella quale aumenta la domanda di eutanasia, sentiamo di dover elevare il più forte appello perché ogni vita sia pienamente rispettata in tutta la sua estensione.

Anche in questo ambito il primo servizio alla vita consiste nel riaffermare la verità delle cose: la vita umana è sacra e inviolabile fino al suo termine naturale.

Di conseguenza, ogni coscienza umana e cristiana non può rimanere indifferente di fronte ai diversi episodi di eutanasia e ai ricorrenti tentativi di ottenere un suo riconoscimento legale.

Va decisamente smascherata la terribile gravità di un gesto che, in nome della compassione e dell'amore, uccide ed elimina colui del quale non si sa sopportare il dolore.

Con una simile scelta si nega che il soffrire e il morire abbiano un senso e non si risponde al profondo bisogno di amore, di vicinanza e di solidarietà espresso da chi sta per morire.

I morenti, infatti, e i cosiddetti malati terminali chiedono soprattutto attenzione, amore, condivisione.

Se è lecito, anzi doveroso, alleviare le loro sofferenze fisiche, non si dimentichino quelle morali e si tenga presente che la morte è uno dei momenti fondamentali dell'esistenza, che richiede di essere vissuto in libertà e responsabilità.

53. - Anche la presenza sempre più numerosa di anziani nella società interpella la nostra coscienza.

Come ogni persona, l'anziano, soprattutto non auto-sufficiente, è un appello vivente alla nostra libertà, perché lo accogliamo e ce ne prendiamo cura.

Anzitutto, riscopriamo e valorizziamo il potenziale di saggezza, di esperienza e di sensibilità umane e spirituali che l'anziano porta con sé.

Quanto meraviglioso sarebbe che l'anziano stesso per primo riconoscesse e comunicasse agli altri i doni che sono maturati dentro di lui nella sua lunga vita, e che la società e la Chiesa stessa sapessero meglio giovarsi dei molteplici contributi anche operativi, che tanti anziani possono dare.

Contemporaneamente vanno attuati tutti quei servizi e attenzioni, quelle provvidenze e politiche sociali che sono indispensabili perché gli anziani non si sentano inutili e di peso, vivano le loro sofferenze come possibilità preziosa di incontro con il mistero di Dio e dell'uomo e si preparino con autentica speranza cristiana alla morte come passaggio verso la gioia della definitiva comunione con Dio.

In particolare, si impone il compito di assicurare concretamente all'anziano il diritto a non essere sradicato dal suo ambiente familiare e sociale.

I figli hanno il dovere di essere vicini ai genitori quando sono al termine del loro cammino, e le famiglie stesse devono essere educate e aiutate a svolgere questo loro compito nativo.

Quando situazioni drammatiche e senza via d'uscita imponessero scelte diverse dalla dimora in famiglia, occorrerebbe trovare soluzioni che consentano qualche forma di vicinanza familiare e in ogni caso modalità di accoglienza umana e dignitosa.

V. Tutti responsabili di fronte alla vita

54. - La responsabilità di fronte alla vita umana e ai molti problemi che essa pone grava su tutti e su ciascuno.

Soggetto primo di tale responsabilità è la comunità ecclesiale in quanto tale.

Gesù Cristo infatti, medico dell'anima e del corpo e Buon Samaritano dell'umanità ferita e bisognosa, vuole che la sua Chiesa sia nella storia il "sacramento", ossia il segno e il luogo dell'amore paterno e provvidente di Dio verso ogni vita umana.

D'altra parte la comunità ecclesiale vive ed esprime la sua responsabilità nei confronti della vita umana attraverso l'impegno concreto di tutti i suoi membri, sia singoli che variamente associati, secondo la diversità e la complementarietà dei doni, dei ministeri, delle vocazioni e degli stati di vita presenti e operanti nel popolo di Dio.

È di grande importanza che i cristiani siano coscienti che la responsabilità di fronte ai problemi della vita è una responsabilità propriamente "ecclesiale".

Solo una simile coscienza permette di vivere il proprio servizio alla vita nel suo più profondo valore di gesto ecclesiale, fa maturare il senso della "corresponsabilità", facilita il collegamento e il coordinamento delle molteplici e diverse iniziative e servizi, rende possibile un'opera più feconda ed incisiva nella difesa e promozione della vicenda umana.

Forse in nessun altro campo come in quello della vita la solidarietà, segno e frutto della coscienza e della corresponsabilità ecclesiale, può aprire la porta alla speranza per le situazioni più difficili che la vicenda umana presenta.

Nello stesso tempo, però, la corresponsabilità ecclesiale non diminuisce né elimina la responsabilità che la singola persona ha nei riguardi dei problemi della vita umana.

Il comando di Gesù « Va' e anche tu fa' lo stesso » ( Lc 10,37 ) è rivolto personalmente a ciascuno: nessuno può delegare ad altri la sua responsabilità, nessuno può farsi sostituire da altri.

55. - Una responsabilità del tutto particolare di fronte alla vita e ai suoi problemi grava sulla famiglia.

È una responsabilità che scaturisce dalla natura stessa e dalla missione propria della famiglia voluta da Dio come comunità di vita e di amore.

Del resto proprio all'interno della famiglia la vita umana si presenta in tutto l'arco del suo sviluppo, dall'infanzia alla vecchiaia, dalla nascita alla morte.

Rientra nella missione educativa dei genitori insegnare e testimoniare ai figli il vero senso del vivere, del soffrire e del morire, come pure il dovere di rispettare, amare e servire ogni vita umana, a cominciare dalla vita più indifesa e pih provata.

Certamente le condizioni sociali, economiche e culturali di oggi rendono più difficile e faticoso l'assolvimento delle responsabilità della famiglia nel servire la vita umana.

Ma la coscienza del ruolo essenziale, primario e insostituibile che le appartiene deve condurre la società e lo Stato ad assicurarle tutto quel sostegno, anche economico, che rende possibile una risposta più umana e umanizzante ai molti problemi della vita e della salute: in particolare, si impone uno sforzo ben più consistente per facilitare alle giovani coppie la disponibilità della casa e del lavoro.

Contemporaneamente, è necessario un salto di qualità della pastorale familiare, perché tutte le famiglie cristiane siano attivamente partecipi della missione della Chiesa e dello sviluppo della società e i giovani si preparino a formare a loro volta famiglie autenticamente cristiane.

56. - Anche gli insegnanti, gli educatori e gli animatori sono chiamati a sviluppare un'opera formativa capace di promuovere la persona umana nell'integralità e nell'unità dei suoi valori e delle sue esigenze.

Non si stanchino di illustrare il senso di ogni vita umana e le vere ragioni per le quali essa è da interpretarsi nei termini di una vocazione e di una missione al dono di sé.

Solo così si potrà dare risposta a quel vuoto o a quella ambiguità di ideali, di cui sono vittime tanti adolescenti e giovani, come pure solo così si potrà far crescere un profondo rispetto e un generoso servizio verso la vita di ogni persona.

È facile comprendere come grandissima sia al riguardo la responsabilità di quanti propongono e di quanti usano i diversi strumenti della comunicazione sociale.

La denuncia, anche se doverosa in determinati casi, evidentemente non basta.

Occorre soprattutto suscitare un impegno più decisamente comunitario, organico e propositivo dei valori della vita umana.

Occorre cioè che questi strumenti si facciano portatori di una cultura di vita, anche per la presenza in essi, decisa e per nulla paurosa, dei discepoli di Cristo, « autore della vita. ( At 3,15 ).

57. - Alcune categorie di persone sono chiamate in causa dai problemi della vita a motivo della loro professione, in quanto il loro stesso lavoro quotidiano li qualifica come custodi e servitori dellhvita umana: sono i medici e i più diversi operatori sanitari.

La loro responsabilità è oggi enormemente accresciuta, in quanto il pluralismo culturale in atto, la pressione dell'opinione pubblica, la tolleranza della legislazione civile e le possibilità offerte dallo sviluppo scientifico e tecnico fanno correre il rischio di alterare radicalmente la scienza e l'arte medica, configurandole a strumenti non di vita, ma di manipolazione della vita e anche di morte.

Per contrastare con la più grande determinazione questo pericolo e positivamente per garantire alla medicina la sua nativa missione di accoglienza e di servizio alla vita umana, non basta la formazione scientifica e professionale, ma occorre anche una robusta educazione morale che, facendo vivere la professione nei termini di una vera e propria vocazione, sviluppi continuamente sensibilità e dedizione umana.

Tocca alla comunità ecclesiale rilanciare con coraggio la dimensione propriamente vocazionale dell'impegno sanitario, suscitando, nei giovani soprattutto, interesse e coinvolgimento per un servizio ai malati, ai sofferenti e agli emarginati attuato con coscienza di servire Cristo stesso presente nei suoi fratelli più piccoli ( cfr. Mt 25,40 ).

Con la medesima sensibilità deve muoversi il volontariato, soprattutto dei cristiani.

Se suo impegno caratteristico è di intervenire con prontezza e lungimiranza specialmente là dove le diverse istituzioni, sia pubbliche sia private, si presentano lacunose e in ritardo di fronte ai problemi posti dalla difesa e dalla promozione della vita umana, sue condizioni di efficacia sono

la continua riscoperta delle ragioni ideali del servizio alla vita, specie se debole e bisognosa,

l'accurata preparazione psicologica e culturale,

la capacità di collaborare con le varie forze sociali.

Solo così il volontariato può svolgere la sua fondamentale funzione di sviluppare quel processo di umanizzazione di cui tante strutture socio-assistenziali e sanitarie oggi abbisognano.

58. - Nel compimento della missione della Chiesa di fronte ai problemi della vita un posto speciale spetta ai presbiteri, ai religiosi e alle religiose.

Il compito di "evangelizzare la vita umana", ossia di proporne una visione e una prassi secondo la luce e la forza del Vangelo di Cristo, riguarda certo tutti i membri della comunità cristiana, ma tocca in modo particolare la responsabilità dei presbiteri, chiamati dal sacramento dell'ordine ad una missione di insegnamento e di guida nei riguardi dei fedeli.

La complessità e le difficoltà delle attuali questioni circa la vita umana esigono urgentemente dai presbiteri una più accurata formazione teologico-morale, una serena e coraggiosa presentazione dell'insegnamento del Magistero della Chiesa, un impegno più deciso nell'educare ad una retta coscienza morale.

I religiosi e le religiose, peraltro già così sensibili e presenti nel mondo della sanità e delle povertà umane, hanno la responsabilità di riproporre alla Chiesa e alla società, immutato nello spirito e sempre da rinnovarsi nelle forme, quel "carisma delle origini" che in molti Ordini e Congregazioni riserva uno spazio privilegiato alla carità evangelica verso gli ultimi.

59. - La responsabilità di tutti dovrà esprimersi nel portare i malati e i sofferenti a sviluppare una coscienza sempre più viva del loro essere non semplici destinatari di un servizio, bensì soggetti attivi di una missione.

In questo senso, anche se nella prospettiva più ampia dell'evangelizzazione, Giovanni Paolo II ha scritto: « Uno dei fondamentali obiettivi di questa rinnovata e intensificata azione pastorale … è di considerare il malato, il portatore di handicap, il sofferente non semplicemente come termine dell'amore e del servizio della Chiesa, bensì come soggetto attivo e responsabile dell'opera di evangelizzazione e di salvezza ».29

La prima responsabilità, dunque, circa la custodia e la promozione della vita e della salute e circa il modo di gestire la malattia e la sofferenza e di "vivere" la stessa morte, grava sulla persona direttamente coinvolta.

È una responsabilità che non si può assolutamente delegare ad altri, e che tutti gli altri hanno il dovere di rispettare, sostenere e valorizzare.

60. - Le responsabilità sinora ricordate sono da attuarsi non solo attraverso le iniziative della comunità ecclesiale ma anche nelle diverse istituzioni, strutture e servizi della società civile.

Ciò è richiesto al cristiano dall'essere insieme membro della Chiesa e cittadino del mondo, dall'esigenza della fede di farsi cultura storica, e più radicalmente dall'essenziale dimensione sociale dei problemi riguardanti il vivere, il soffrire e il morire umano.

Proprio questa dimensione abilita e impegna l'autorità civile a farsi responsabilmente presente nel vastissimo campo della tutela e promozione della vita umana, secondo le più diverse forme, da quella culturale-educativa a quella sociale-sanitaria, da quella economica a quella politica, e secondo il criterio morale del rispetto dell'inviolabile diritto alla vita proprio di ciascun essere umano.

È del tutto urgente che l'autorità civile, superando impostazioni culturali riduttive e distorte e leggi inadeguate o persino ingiuste, faccia della difesa e della promozione del diritto alla vita di ogni essere umano, nel contesto della famiglia, il pilastro centrale della costruzione di una civiltà veramente umana.

Di fronte a questo compito della società civile è grave responsabilità dei cristiani essere presenti e operanti nell'ambito pubblico, con la capacità intelligente e generosa di sostenere ogni legittima collaborazione e di offrire testimonianze concrete di servizio alle persone più emarginate, ed anche con il coraggio di opporre resistenza ogniqualvolta il diritto alla vita umana sia violato o compromesso.

VI. Valorizzare alcuni strumenti

61. - Ogni Chiesa diocesana deve fare dell'attenzione e del servizio alla vita umana un punto imprescindibile e qualificante del suo piano pastorale, promuovendo iniziative e forme di intervento anche stabili che dicano in concreto come ogni famiglia, associazione, gruppo, movimento, parrocchia sono il luogo in cui viene creduto e annunciato il valore della vita umana.

Quando lo si ritenga opportuno, o necessario, in ogni diocesi venga individuata una istanza ecclesiale precisa di promozione, studio, collegamento e servizio per la difesa e promozione della vita e di una cultura per la vita.

In particolare è indispensabile che in ciascuna diocesi siano costituiti e operanti Centri per i metodi naturali di regolazione della fertilità, nei quali - senza indebite scelte di un metodo a scapito di altri - ogni donna e ogni coppia possano essere aiutate a individuare e a seguire quella metodica che nel concreto meglio si addice alla loro situazione e meglio favorisce il loro compito di procreazione responsabile.

È parimenti necessario promuovere, valorizzare e sostenere Consultori familiari di ispirazione cristiana professionalmente qualificati e in grado di servire tutte le comunità locali nelle loro articolazioni.

D'intesa con gli organismi della pastorale familiare e in collaborazione con i Centri per i metodi naturali, i Centri di aiuto alla vita, le Case di accoglienza e le varie strutture educative e socio-assistenziali, oltre a svolgere una preziosa opera di discernimento per i singoli casi difficili, i Consultori possono sviluppare un'intelligente azione di prevenzione e di educazione, affinché sia riscoperto il senso dell'amore e della vita e vengano messi a disposizione gli aiuti necessari al bene autentico di ogni famiglia.

Anche i Centri di aiuto alla vita e le Case o Centri di accoglienza della vita domandano di essere programmati e resi operanti nelle nostre Chiese locali.

Essi, con il contributo anche economico dei membri della comunità, devono poter aiutare le ragazze, le madri e le coppie in difficoltà, offrendo non solo ragioni e convinzioni, ma anche assistenza e sostegno concreto per affrontare e superare le difficoltà nell'accoglienza di una vita nascente o appena venuta alla luce.

Altri strumenti che si rivelano molto importanti, soprattutto di fronte alla vita che si trova in situazioni di disagio, di devianza, di malattia, di marginalità sono, ad esempio, le Comunità di recupero per tossicodipendenti, le Comunità alloggio per minori, le varie forme di Cooperative di solidarietà, i Centri di cura e di accoglienza per i malati di AIDS.

Sono forme anche nuove di intervento e di servizio che la tenacia e la fantasia della carità non possono non creare e per le quali le nostre Chiese locali devono sentirsi chiamate a spendere energie, forze e persone.

Questi diversi strumenti operativi, pur nell'originalità e specificità di ciascuno, devono sempre meglio coordinarsi tra di loro e con i vari servizi socio-assistenziali presenti sul territorio.

Ancor più è necessario che i loro interventi siano realizzati in stretto rapporto con le famiglie e attraverso una continua attenzione ad esse, quali luogo primario in cui la vita dell'uomo è chiamata a sbocciare e a svilupparsi secondo il progetto-di Dio.

62. - Un posto tutto particolare va riservato ai servizi per gli anziani.

Nelle parrocchie devono crescere nuove forme capillari di solidarietà verso le persone anziane sole e verso le famiglie che hanno anziani non autosufficienti.

Occorre sollecitare forme di assistenza medico-sociale di tipo "aperto", di assistenza domiciliare, di ospedalizzazione diurna, come pure vanno suscitate e sostenute comunità di accoglienza a dimensione umana dove l'anziano, soprattutto se non autosufficiente, possa superare la solitudine e condurre una vita umanamente dignitosa.

Gli ospedali, le cliniche e le case di cura sono luoghi privilegiati per produrre una nuova cultura della vita.

Anche attraverso l'impegno generoso e qualificato di tante persone, essi possono essere non soltanto strutture dove ci si prende cura del malato, ma anche ambienti nei quali la sofferenza e il dolore sono alleviati e non vengono derubati del loro significato, e dove si cerca di rendre più umana la morte.

In particolare questo compito spetta agli ospedali e agli istituti legati alla Chiesa: a loro per primi è chiesto di interrogarsi sul tipo di messaggio che trasmettono con la loro stessa presenza e sul tipo di mentalità che diffondono circa la vita, la sofferenza e la morte dell'uomo.

63. - Infine, a undici anni di distanza dall'inizio di questa iniziativa, chiediamo che l'annuale Giornata per la vita sia maggiormente curata e valorizzata.

Nata per suscitare nelle coscienze, nelle famiglie, nella Chiesa e nella società civile il riconoscimento del senso e del valore della vita dell'uomo in ogni suo momento e in ogni sua condizione, e per sviluppare solidarietà e accoglienza specialmente verso la vita umana nascente, tale Giornata deve mantenere questo scopo originario, poiché il problema dell'aborto e del rifiuto della vita al suo inizio permane in tutta la sua gravità.

Nel contempo è importante che anche gli altri momenti e gli altri aspetti della vita dell'uomo siano presi in attenta considerazione, secondo quegli accenti e quelle sottolineature che sono più rispondenti all'evolversi della situazione storica.

Soprattutto è necessario che alla preparazione e alla celebrazione della Giornata per la vita concorra tutta la Chiesa locale.

Non solo il Movimento che in essa si è specificamente impegnato fin dall'inizio, ma ogni associazione o gruppo, ogni componente e ogni membro della comunità deve avvertire tutta la responsabilità di questa Giornata e delle sue nuove modalità di attuazione, perché sia sempre meglio annunciata la dignità della vita umana e si consolidi una cultura sempre più rispettosa del dono e della grandezza della vita di ogni uomo.

Indice

24 Giovanni Paolo II, Christifideles laici, n. 38.
25 Cfr Paolo VI, Humanae vitae, n. 10.
26 Cfr Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 35.
27 Cfr C.E.I., Cons. Perm.
Comunità cristiana e accoglienza della vita umana nascente, n. 42.
28 Cfr Ivi, nn. 41-49.
29 Giovanni Paolo II, Christifideles laici, n. 54.