Dichiarazione

Indice

III. La necessità del dialogo e della cooperazione con gli altri cristiani,
con gli ebrei e con tutti coloro che credono in Dio

7. L'intima cooperazione con le altre Chiese e comunità ecclesiali

Nell'Assemblea sinodale ci siamo resi conto di quanto la nuova evangelizzazione sia compito comune di tutti i cristiani e di quanto dipenda da ciò la credibilità delle Chiese nella nuova Europa.

Ancora una volta abbiamo costatato quanto l'Europa sia ricca grazie alle sue complementari tradizioni cristiane, identiche in ciò che è essenziale, quella occidentale e quella orientale, con le rispettive peculiarità teologiche, liturgiche, spirituali e canoniche.

Le immagini dell'« unica anima che respira con due polmoni », che vogliono descrivere questa realtà ecclesiale, sono state spesso ricordate in questi giorni.

Anche in questo caso abbiamo percepito come i diversi doni di ciascuna tradizione possano arricchire e anche correggere l'altra tradizione.24

Abbiamo parimenti avvertito come anche oggi le divisioni tra i cristiani possano avere delle penose conseguenze.

Intendiamo corrispondere alle esigenze evangeliche della verità e della carità così come sono state esposte dal Successore di Pietro nell'Azione ecumenica del 7 dicembre: « Queste ( esigenze ) suppongono il leale riconoscimento dei fatti, con disponibilità a perdonare e riparare i rispettivi torti.

Esse impediscono di rinchiudersi in preconcetti, spesso fonte di amarezza e di sterili recriminazioni; conducono a non lanciare accuse infondate contro il fratello attribuendogli intenzioni o propositi che non ha.

Così, quando si è animati dal desiderio di comprendere realmente la posizione dell'altro, i contrasti si appianano mediante un dialogo paziente e sincero, sotto la guida dello Spirito Paraclito ».25

Riguardo alle Chiese orientali, dobbiamo chiederci se il dialogo della carità sin qui sviluppato a partire dal Concilio Vaticano II, in rapporto alle recenti difficoltà nuovamente insorte sia stato sempre ben condotto.

Ci ha molto addolorati il fatto che alcune Chiese ortodosse abbiano ritenuto di non poter accettare l'invito a partecipare alla nostra Assemblea.

Nelle nostre riflessioni e nelle conversazioni con i Delegati fraterni ci siamo persuasi che il dialogo già così fruttuoso deve essere proseguito con tutte le forze e realizzato in modo più profondo, innanzitutto per essere fedeli alla volontà del Signore.

Invitiamo di cuore le Chiese sorelle ortodosse a questo dialogo, memori della nostra comune responsabilità per la testimonianza del Vangelo di fronte al mondo e soprattutto di fronte al Signore della Chiesa: il fine di questo dialogo è giungere alla piena unità ( cfr. Gv 17,21 ).

Sappiamo che sono assolutamente necessarie in vista di questo dialogo molta pazienza e comprensione.

Coloro che fra di noi appartengono alle Chiese orientali cattoliche, si trovano sotto questo profilo in una situazione di particolare difficoltà.

Tutti noi abbiamo riconosciuto in loro un elemento costruttivo per l'incremento del dialogo ecumenico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.

Né possiamo ignorare che proprio queste Chiese, nell'oppressione subita dal comunismo, hanno offerto a noi tutti, e continuano anche oggi a offrirci, una testimonianza sicura di perseveranza nella fede.

Così come non vogliamo dimenticare la forte testimonianza di fede che ci hanno dato i nostri fratelli ortodossi e protestanti.

Ci auguriamo che la comune esperienza della persecuzione possa creare una nuova base per una più profonda comprensione ecumenica e per una giusta pacificazione.

Con le Chiese della tradizione riformata, a partire dal Concilio e per mezzo di multiformi dialoghi e di molteplici e riuscite iniziative nella comune testimonianza e nel comune servizio cristiano, abbiamo eliminato molte incomprensioni e siamo pervenuti a un grande ravvicinamento.

Sappiamo anche però che tuttora non poche cose ci separano dolorosamente, non da ultimo nella comprensione della Chiesa e specialmente del ministero, e che non è possibile prescindere dai problemi dottrinali, se non vogliamo cadere nel pericolo di predicare il Vangelo in modi contraddittori.

Ma poiché sappiamo e ancora una volta ci siamo resi conto di quante persone patiscano scandalo da questa separazione ancora persistente, vogliamo proseguire con tutte le forze questo fruttuoso dialogo.

Per promuovere l'ecumenismo è di grande importanza l'apostolato biblico, che nasce dalla nostra comune riverenza per la Sacra Scrittura.

Al compito ecumenico appartiene anche la sollecitudine per gli uomini e le società, soprattutto per i poveri, e in particolare oggi il comune impegno che va esercitato per l'edificazione di una vera comunità dei popoli europei.

8. Lo speciale rapporto con gli Ebrei

Nella costruzione del nuovo ordine europeo e mondiale, una grande importanza ha il dialogo tra le religioni, e prima di tutto con i nostri « fratelli maggiori » ebrei, la cui fede e cultura rappresentano un elemento costitutivo dello sviluppo della civiltà europea.

Dopo la tragedia dell'olocausto perpetrata nel nostro secolo, al dolore per il quale la Chiesa intimamente partecipa, nuovi sforzi debbono essere compiuti in vista di una più profonda conoscenza del giudaismo, mentre devono essere rigettate tutte le forme di antisemitismo, che sono contrarie sia al Vangelo sia alla legge naturale.

Si raccomandano grandemente tutti quei sussidi che, secondo l'intenzione del Concilio Vaticano II,26 possono far crescere in modo conveniente le relazioni positive con il popolo ebraico attraverso la predicazione e l'opera educativa della Chiesa.

La Chiesa tiene in alta considerazione le comuni radici tra il cristianesimo e il popolo ebraico: basti ricordare che nell'ambito della religione israelitica Gesù stesso ha posto gli inizi della sua Chiesa.

Memore del patrimonio spirituale, costituito in primo luogo dalla Sacra Scrittura, che la congiunge con il giudaismo, la Chiesa nell'attuale situazione europea, intende operare perché fiorisca una nuova primavera nelle relazioni reciproche tra le due religioni.

Infatti, la comune collaborazione a molteplici livelli tra cristiani ed ebrei nel rispetto della diversità e dei contenuti specifici delle rispettive religioni, può assumere un grandissimo significato per il futuro religioso e civile dell'Europa e per il compito che essa ha nei confronti del resto del mondo.

9. La comune responsabilità con tutti coloro che credono in Dio

Anche il rapporto con l'Islam riveste un'importanza particolare per la religione cristiana e la cultura europea, non solo a motivo del passato, ma anche nella prospettiva del presente e del futuro, legata agli ingenti flussi immigratori dai paesi musulmani e alle strette relazioni già esistenti con essi.

Nonostante le note difficoltà, il dialogo con i musulmani si rivela oggi quanto mai necessario; ma deve essere condotto con prudenza, con chiarezza di idee circa le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel progetto di salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli.

Affinché la solidarietà reciproca sia sincera, è necessaria la reciprocità nei rapporti, soprattutto nell'ambito della libertà religiosa, che costituisce un diritto fondato nella stessa dignità della persona umana27 e che pertanto deve essere valido in ogni luogo della terra.

Il fenomeno delle migrazioni, di giorno in giorno crescente, esige che le altre religioni siano meglio conosciute, per poter instaurare un fraterno colloquio con le persone che ad esse aderiscono e vivono in mezzo a noi.

Insieme con loro intendiamo rispettare e promuovere la giustizia sociale, i beni morali, nonché la pace e la libertà per tutti; con un comune impegno siamo pure tenuti a salvaguardare la creazione donata da Dio a tutti gli uomini e anche alle future generazioni.

D'altra parte, il rispetto della libertà e la giusta consapevolezza dei valori che si trovano nelle altre tradizioni religiose non devono indurre al relativismo, né indebolire la coscienza della necessità e dell'urgenza del comandamento di annunciare Cristo.

Nel presente contesto pluralistico, la scelta della Chiesa non è il relativismo, ma un sincero e prudente dialogo, che « lungi dall'indebolire la fede la renderà più profonda ».28

In realtà, la nuova evangelizzazione esige la formazione di sacerdoti, religiosi e laici pienamente radicati nella propria fede e pertanto capaci di intraprendere questo molteplice dialogo.

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24 Unitatis redintegratio, 4.
25 Giovanni Paolo II, Allocuzione nell'Azione ecumenica del 7.XII.1991.
26 Nostra aetate, 4.
27 Dignitatis humanae, 2.
28 Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso -
Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Dialogo e annuncio, 50.