Catechismo Tridentino

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Articolo decimo

La remissione dei peccati

121. Significato dell'articolo

Nessuno, che vede questo articolo sulla remissione dei peccati annoverato tra gli altri articoli di fede, potrà dubitare che esso contenga un mistero divino e per giunta necessarissimo a conseguire la salvezza.

Come infatti abbiamo già spiegato, senza la ferma fede di tutto quello che il Simbolo ci propone a credere, non si apre la porta della misericordia di Cristo.

Se fosse necessario confermare con qualche testimonianza ciò che deve esser noto a tutti, basterà ricordare quanto attestò ai discepoli il Salvatore poco prima dell'ascensione quando apri loro la mente a intendere le Scritture, e disse che Cristo doveva patire e il terzo giorno risorgere dai morti; e che sarebbe stata predicata nel nome di lui la penitenza per la remissione dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme ( Lc 24,46-47 ).

I Parroci riflettendo bene a queste parole, facilmente intenderanno che, se è necessario esporre ai fedeli le altre verità della religione, è necessarissimo per obbligo loro fatto da Dio, spiegare con diligenza il presente articolo.

122. Il potere di rimettere i peccati nella Chiesa

Dovere del Parroco, su questo punto, è di insegnare che nella Chiesa Cattolica si trova non solo la remissione dei peccati, di cui Isaia aveva predetto: Il popolo che abita ( in Sion ) riceverà il perdono della sua iniquità ( Is 33,24 ), ma anche la potestà di rimettere i peccati.

Per essa, ove i sacerdoti ne facciano uso secondo le leggi prescritte da Gesù Cristo S. N., si deve credere che i peccati vengono veramente rimessi e perdonati.

Questo perdono ci viene donato cosi abbondantemente, professando per la prima volta la fede, con l'acqua del Battesimo, che non vi rimane più né colpa da cancellare ( sia quella contratta per origine, sia quella commessa per propria opera, od omissione ), né pena da scontare.

Ma la grazia del Battesimo non libera da ogni infermità della natura; che anzi non si trova quasi nessuno che nella lotta contro i moti della concupiscenza, perenne incitatrice al peccato, resista con tanta energia e difenda con tanta vigilanza la sua integrità, da evitare ogni ferita.

Essendo pertanto necessario che nella Chiesa vi fosse la potestà di rimettere i peccati anche per una via diversa dal sacramento del Battesimo, le furono consegnate le chiavi del regno dei cieli, in virtù delle quali fossero perdonati a qualsiasi penitente i peccati commessi anche fino all'ultimo giorno della vita.

La Scrittura ne contiene chiarissima testimonianza in san Matteo, dove il Signore cosi parla a S. Pietro: Darò a te le chiavi del regno dei cieli; qualunque cosa avrai legato sulla terra sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa avrai sciolta sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli ( Mt 16,19 ).

E altrove: Quanto legherete sulla terra, sarà legato nel cielo; e quanto scioglierete sulla terra, sarà sciolto nel cielo ( Mt 18,18 ).

San Giovanni attesta che il Signore, dopo aver alitato sugli apostoli, disse: Ricevete lo Spirito santo.

A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; e a chi li riterrete saranno ritenuti ( Gv 20,23 ).

123. Nessun peccato è irremissibile nella Chiesa

Questa potestà della Chiesa non è ristretta a certe specie di peccati; mentre invece non si può ammettere o pensare delitto cosi enorme, che la Chiesa non abbia potestà di rimetterlo, come non c'è uomo cosi infame e scellerato che, qualora si penta davvero dei suoi misfatti, non debba avere speranza certa di perdono.

E nemmeno tale potestà è circoscritta a un dato tempo.

A qualunque ora il peccatore vorrà tornare a salvezza, non dovrà essere respinto, come ha insegnato il nostro Salvatore, quando rispose al Principe degli apostoli, che lo interrogava: quante volte - sette forse? - si dovesse perdonare ai peccatori: Non sette, ma settanta volte sette ( Mt 18,21 ).

124. A chi è riservata la potestà di rimettere i peccati

Se consideriamo i ministri di questo potere, lo vedremo restringersi, perché il Signore non lo concesse a tutti, ma soltanto ai vescovi e ai sacerdoti.

Lo stesso si dica sul modo di esercitarlo, giacché solo mediante i sacramenti, e osservandone la forma, si possono rimettere i peccati.

Non è stato dato alla Chiesa il diritto di sciogliere dai peccati in altra maniera.

Ne segue che i sacerdoti e i sacramenti servono come strumenti per perdonare i peccati: sono strumenti con i quali Cristo N. S., autore e donatore della salute, opera in noi la remissione dei peccati e la giustizia.

125. La remissione dei peccati avviene solo per autorità divina

Affinché i fedeli meglio apprezzino questo dono celeste, largito alla Chiesa per la singolare misericordia di Dio verso di noi, e lo usino con più ardente slancio di pietà, curi il Parroco di dimostrare la dignità e l'ampiezza di questa grazia, che si rileva sopratutto esponendo con diligenza quanto grande sia la virtù di rimettere i peccati e fare gli uomini da ingiusti, giusti.

É noto che ciò avviene per l'infinita e immensa potenza di Dio; quella medesima che crediamo necessaria per risuscitare dai morti e creare il mondo.

E se, come vuole sant'Agostino ( Su Jn tr. LXXII,3 ), deve considerarsi maggiore opera render giusto un uomo che creare dal nulla il cielo e la terra, essendo la creazione opera solo di infinita virtù, ne segue a maggior ragione, che la remissione dei peccati sia da attribuire alla potenza infinita.

Verissime sono pertanto le parole degli antichi Padri, con cui professano che solo Dio perdona agli uomini i peccati, né si può riferire ad altri che alla sua somma bontà e potenza un'opera cosi mirabile.

Io sono, dice il Signore stesso per bocca del Profeta, quegli che cancella le tue iniquità ( Is 43,25 ).

Come, dunque, nessuno può rimettere il debito, se non il creditore, cosi essendo noi obbligati a Dio per i nostri peccati - e perciò preghiamo ogni giorno: " rimetti a noi i nostri debiti " ( Mt 6,12 ) - è evidente che nessuno, tranne lui, può perdonare i nostri peccati.

Questo dono mirabile e divino non fu concesso a nessuna creatura umana prima che Dio si facesse uomo.

Primo di tutti, G. Cristo salvatore nostro, come uomo, essendo ugualmente vero Dio, ricevette questo dono dal Padre celeste: Affinché sappiate, disse, che il Figlio dell'uomo ha potere sulla terra di rimettere i peccati, levati su, disse al paralitico, piglia il tuo letto e vàttene a casa ( Mt 9,6; Mc 2,9 ).

Fattosi uomo per largire agli uomini il perdono dei peccati, il Redentore, prima di salire al cielo a sedervi in perpetuo alla destra del Padre, concesse questa potestà ai vescovi e ai sacerdoti nella Chiesa.

Non dimentichiamo però, come abbiamo già detto, che Cristo perdona i peccati di propria autorità, mentre i sacerdoti solo in quanto sono suoi ministri.

Perciò, se è vero che noi dobbiamo ammirare e considerare profondamente le cose operate dalla Potenza infinita, è chiaro che dovremo ammirare questo preziosissimo dono, che, per benignità di Cristo, è stato elargito alla Chiesa.

126. Benignità di Dio nel modo di rimettere i peccati

Ma il modo stesso che Dio, padre clementissimo, ha stabilito per cancellare i peccati del mondo, deve efficacemente eccitare l'animo dei fedeli a contemplare la grandezza di questo beneficio.

Egli infatti volle che i nostri peccati venissero espiati col sangue del suo Figlio unigenito, affinché questi pagasse la pena da noi meritata per i nostri peccati ed Egli, giusto, fosse condannato per i peccatori; innocente, subisse una acerbissima morte per i colpevoli.

Quante volte perciò ricorderemo che noi non fummo già riscattati con vile moneta, ma col prezioso sangue di Cristo, agnello incontaminato e senza macchia ( 1 Pt 1,18-19 ), ci sarà facile dedurre che nulla di più salutare ci poteva essere concesso da Dio, di questa facoltà di rimettere i peccati; dono che mostra tutta la misteriosa provvidenza di Dio e il suo immenso amore per noi.

É altresì necessario che ciascuno ritragga da questa meditazione il maggior frutto possibile, poiché chi offende Dio col peccato mortale, perde i meriti che gli venivano dalla passione e morte di Cristo; cosi gli è negato l'accesso a quel paradiso, che il Redentore gli avea aperto a prezzo del suo preziosissimo sangue.

Perciò ogni volta che pensiamo a questo, non possiamo non pensare seriamente alla profonda miseria nostra.

Ma se consideriamo quale ammirabile potere fu da Dio concesso alla sua Chiesa; e se, fermi in questo articolo di fede, crediamo che a ognuno è dato, con l'aiuto divino, di ritornare al primitivo stato di grazia e dignità, allora col cuore pieno di esultanza, ci sentiamo spinti a rivolgere a Dio le più vive grazie.

Se quando siamo gravemente malati, ci sembrano buoni e gradevoli perfino i farmaci che la scienza medica ci somministra, quanto più soavi dovranno essere per noi quei rimedi, che la sapienza di Dio istituì a cura delle anime e quindi a restaurazione della vita?

Soprattutto perché portano con sé non già una dubbia speranza di salvezza, come le medicine che si prendono per il corpo, ma una sicura salvezza a coloro che bramano di essere sanati.

127. Con quanto impegno deve essere accolto il beneficio del perdono

I fedeli, dopo aver conosciuto la preziosità di cosi insigne beneficio, saranno esortati a sforzarsi di usarne religiosamente.

Poiché è impossibile evitare che chi rifiuta uno strumento utile, anzi necessario, non ne risulti suo spregiatore.

Tanto più che il Signore affidò alla Chiesa questa potestà di rimettere i peccati, appunto perché tutti facessero ricorso al salutifero rimedio.

Come infatti senza il Battesimo nessuno può riacquistare l'innocenza, cosi chiunque voglia ricuperare la grazia del Battesimo, perduta con colpe mortali, dovrà ricorrere a un altro genere di espiazione, e precisamente al sacramento della Penitenza.

Però si devono ammonire i fedeli perché, essendo stata prospettata una possibilità di perdono cosi ampia da non essere circoscritta da alcun limite di tempo, non si sentano più proclivi al peccato o più pigri alla resipiscenza.

Nel primo caso, evidentemente irrispettosi e sprezzanti verso tale divina potestà, sarebbero indegni della misericordia di Dio; nel secondo, dovrebbero vivamente paventare che, colti dalla morte, non si trovino ad avere inutilmente creduto in un perdono dei peccati, che il continuo procrastinare ha fatto loro perdere per sempre.

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