Inter praeteritos

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Parte V

Degli avvertimenti contenuti nella Costituzione "Convocatis", necessari per i Penitenzieri Minori, allo scopo di ben servirsi delle Facoltà a loro concesse

56 Fra gli avvertimenti che cominciano al n. XXII, il primo è circa il Sacerdote che, approvato per ricevere le Confessioni, confessa ed assolve la persona seco complice nel peccato turpe e disonesto contro il sesto precetto del decalogo.

Fra gli autori una volta si discuteva se quell'assoluzione fosse valida, e la comune opinione era per la validità, non essendovi alcuna legge che ne inducesse l'invalidità.

Si discuteva anche se l'assoluzione fosse lecita; e la comune opinione inclinava al lecito, in quanto il Penitente ed il Confessore aborrissero il peccato commesso, e non vi fosse pericolo di nuovo consenso.

57 Incominciarono i Vescovi, vegliando pel buon governo delle anime affidate alla loro cura, considerando che, qualunque cosa si dica in astratto ed in cattedra, in pratica non può essere cosa buona, ma piuttosto perniciosa, sottrarre nei Sinodi la giurisdizione d'assolvere ai Confessori, benché da loro stessi approvati, quando si trattava di assolvere il complice nel peccato contro il sesto precetto del Decalogo.

Ed essendo poi piaciuto a Dio, senza alcun nostro merito, di elevarci al Sommo Pontificato, non tralasciarono di farci vigorose premure, affinché con una generale Costituzione dessimo riparo all'inconveniente.

58 La storia di questo fatto è riferita da Noi nel nostro Trattato De Synodo;100 ed allora fu da Noi pubblicata la Costituzione, che incomincia "Sacramentum Poenitentiae,101 nella quale privammo qualunque Confessore d'ogni autorità e giurisdizione d'assolvere la persona complice nel peccato turpe e disonesto contro il sesto precetto del Decalogo, in tal maniera, che l'assoluzione da lui data resti nulla ed invalida, come data da chi è da Noi privato della giurisdizione di darla.

59 Eccettuammo il caso dell'articolo di morte, ed il caso in cui non vi fosse altro Sacerdote che potesse confessare la persona moribonda; successivamente pubblicammo un'altra Costituzione, che incomincia Apostolici muneris,102 in cui aggiungemmo che se non vi fosse altro che il Sacerdote complice, che potesse assolvere il penitente moribondo, date le circostanze potesse il complice assolvere, quand'anche vi fosse un altro Sacerdote a cui, se il moribondo si confessasse, da ciò potrebbe derivare infamia, o scandalo, in pregiudizio del Sacerdote complice, o della persona penitente; purché l'infamia fosse vera, e lo scandalo pure fosse vero, e non fosse un pretesto del Sacerdote complice.

A questi inoltre imponemmo il peso di fare tutte le diligenze per rimuovere l'infamia e lo scandalo.

Al Sacerdote complice, che confessa fuori dell'articolo di morte ed assolve il penitente; oppure l'assolve in articolo di morte, essendovi un altro Sacerdote; o essendovi altro Sacerdote, suppone che confessandosi con lui il penitente ne trarrebbe infamia o scandalo, e perciò lo confessa, e l'assolve; fu da Noi nelle citate Costituzioni imposta la pena della scomunica maggiore, l'assoluzione della quale riservammo a Noi soli, ed ai nostri Successori.

60 Cessano dunque con queste nostre determinazioni le antiche questioni, se l'assoluzione data dal Sacerdote complice, al penitente compagno nel peccato contro il sesto precetto del Decalogo, sia valida o invalida, sia lecita o illecita.

E poiché nel periodo in cui facemmo la citata nostra Costituzione Sacramentum Poenitentiae, considerammo che, concedendosi nei Giubilei un'ampia Facoltà ai Confessori di confessare ed assolvere da qualsivoglia enorme peccato, sarebbe potuta rinascere la questione, se si fosse restituita pel tempo del Giubileo al Confessore complice la facoltà d'assolvere il penitente compagno, dichiarammo nella detta Costituzione che, essendo privato da Noi della Giurisdizione d'assolvere il complice, non poteva, per tale effetto, essere considerato come Confessore legittimo ed approvato: dovesse perciò in qualunque Giubileo restare nella condizione di prima, e così inabilitato e privo dell'autorità di assolvere il complice nel peccato turpe e disonesto.

Ed a ciò allude il primo degli avvertimenti di cui trattiamo.

61 Prosegue, con gli Avvertimenti, l'Istruzione dei Penitenzieri.

Premessa una regola generale, in cui viene prescritto non potersi i Penitenzieri prevalere delle Facoltà che ad essi si concedono nell'Anno Santo, se non con quei penitenti che hanno seria intenzione d'acquistare il Giubileo, e che sono preparati per adempiere le opere ingiunte per conseguirlo; si passa a stabilire due punti, uno dei quali è che non possono concedere alcuna commutazione e dispensa fuori dell'atto della Sacramentale Confessione, e fuori di quelle Basiliche e Chiese nelle quali sono destinati per confessare; e l'altro, che col pretesto della buona disposizione del penitente di voler adempiere le opere ingiunte, e conseguire il Giubileo, non tralascino d'imporre nella Confessione la salutare penitenza.

62 Quanto alla regola generale, ciò che è stabilito in essa è assai chiaro.

Infatti, se tutte le Facoltà che si danno sono ordinate a conseguire il Giubileo, e sono come preparazione ad esso, chiara è la conseguenza: di esse può far uso soltanto chi è preparato a ricevere il Giubileo, ed è seriamente impegnato a fare le opere ingiunte per conseguirlo: "Gratia non conceditur, nisi in ordine ad hunc finem, et per modum praeparationis ad effectum Jubilaei; ergo, qui non habet animum implendi, et obtinendi Jubilaeum non potest gaudere Facultate".

Sono parole del Suarez,103 che tratta della commutazione dei voti.

Poco dopo, esaminando se ritorni in vigore il vincolo del voto commutato nel tempo del Giubileo, allorché il Penitente, benché, quando si confessò, fosse disposto a prendere il Giubileo, tralascia poi d'adempiere le opere ingiunte per conseguirlo ( del che si tratterà in seguito ) insegnava,104 che se nella commutazione non vi è un patto chiaro, che si adempiano le opere ingiunte per conseguire il Giubileo, vi è però un patto implicito: "Dico, licet non probetur pactum explicitum, sufficienter probari implicitum quasi intrisece, et ex natura rei, inclusum in tali actione, seu ministerio, ut recte et fideliter fiat; nec videtur dubium, quin haec si praesumpta intentio Pontificis talem Facultatem concedentis".

63 Ma se è chiaro quanto si contiene nella premessa regola, tale però, prima della nostra Dichiarazione, non poteva dirsi il primo punto, in cui si costringono i Penitenzieri ad avvalersi delle loro Facoltà nell'atto della Sacramentale Confessione, e non fuori d'esso.

Molte cose si contengono nelle Facoltà date ai Penitenzieri in tempo di Giubileo, cioè l'assoluzione dei peccati riservati e delle censure; l'autorità di commutare, dispensando, i Voti; il poter dispensare anche in altre materie fuori dei Voti, come poc'anzi si è detto.

Parlando dell'assoluzione dei casi riservati, è cosa certa che essa non può darsi fuori della Sacramentale Confessione.

In ordine all'assoluzione dalle censure, vi è stata la questione se potesse darsi fuori della Sacramentale Confessione.

Il Sanchez ha creduto che ciò si possa fare quando nella concessione della Facoltà non si pone la clausola "eorum Confessionibus diligenter auditis", o altra equivalente, come può vedersi nelle sue opere.105

Altri, però, più sicuramente opinarono non potersi dare l'assoluzione dalle censure fuori della Sacramentale Confessione, dandosi la Facoltà di assolvere dalle censure, come una preventiva disposizione all'assoluzione dei peccati.

Questo è il pareredel Suarez, del Vasquez, del Filliuc, del Navarro seguito dal Viva.106

Rispetto poi alla commutazione dei voti, il Costantini nel suo Trattato dell'Anno Santo,107 sostiene che essa, nel Giubileo dell'Anno Santo, può essere data da chi ne ha la Facoltà, anche fuori della Sacramentale Confessione, non avendo letto nelle Notificazioni pubblicate negli Anni Santi trascorsi, la clausola "eorum Confessionibus diligenter auditis"; né parendogli che la commutazione dei Voti abbia relazione con il foro Penitenziale, né per sua natura, né per volontà di chi concede la Facoltà di commutare.

Infine altri non si prendono alcuna preoccupazione della clausola "auditis Confessionibus"; la quale, ancorché posta dopo la facoltà d'assolvere dai casi riservati e dalle censure, e anche dopo l'autorità di commutare i Voti e concedere alcune dispense, sembrerebbe dover comprendere tutte le cose precedentemente espresse; insegnano doversi la predetta clausola riferire alla sola assoluzione dai casi riservati; oppure all'assoluzione dalle censure, per le quali commina una speciale ragione adattata alla natura delle dette cose; ma non mai alla commutazione dei Voti e ad altre dispense, a favore delle quali non ha luogo la ragione, che è propria dell'assoluzione dai casi riservati e dalle censure.

Così ampiamente vanno discorrendo il Bonacina;108 il Leandro;109 il Diana110 e il Giribaldo.111

Ma Noi, per eliminare ogni difficoltà, nell'Istruzione abbiamo ingiunto non potersi dare dai Penitenzieri assoluzioni, commutazioni, e dispense verune "extra actum Sacramentalis Confessionis", essendoci sembrato ciò doveroso, e proporzionato alla gravità della materia ed alla qualità del Ministero; ciò tronca ogni litigio ed è anche conforme alla pratica della Nostra Penitenzieria, come può vedersi nel Thesauro de poenis Eccles.112

64 Segue l'altro punto, che riguarda la salutare penitenza da imporsi dal Confessore a chiunque si confessa da lui per disporsi a prendere il Giubileo.

Non si tratta, qui, della questione celebre fra Teologi, se per conseguire il frutto dell'Indulgenza basti il premettere una buona Confessione, l'adempiere la penitenza imposta dal Confessore, ed eseguire puntualmente le opere ingiunte; o se inoltre sia d'uopo avere la buona disposizione di soddisfare con altre opere penali, per quanto si potrà, alla Divina Giustizia.

Il punto presente passa più oltre, mentre appartiene alla penitenza che s'impone dal Confessore a chi con lui si confessa, disponendosi ad acquistare il Giubileo; essendovi non solo chi ha sostenuto, potere nell'occasione del Giubileo imporsi dal Confessore al Penitente penitenze più leggere, se lo vede disposto a voler conseguire la plenaria Indulgenza, ma altresì tralasciare d'imporgli la penitenza.

Tale è il sentimento del Cardinale de Lugo;113 del Diana,114 con molti altri.

Altri hanno distinto fra le penitenze riparatorie e le penitenze medicinali, sostenendo che il penitente che ha conseguito il Giubileo non è obbligato ad eseguire le penitenze riparatorie, ma bensì le medicinali, come può vedersi presso il Viva,115 il Costantini,116 ed il Leandro.117

Altri esimono addirittura il penitente dall'adempiere le penitenze medicinali imposte dal Confessore, quando non sono assolutamente necessarie per sfuggire i peccati; in tale stato di cose, l'obbligo di adempirle non proviene dall'autorità del Confessore, ma dal jus naturale, come può vedersi presso il Card. de Lugo;118 il Leandro,119 ed il Diana.120

Contro le predette asserzioni non sono mancati altri Teologi, che hanno scritto diffusamente; fra esse il Juvenin,121 il Pontas,122 ed ultimamente il Padre Amort,123 che con estrema diligenza ha unito quanto può dirsi nella materia.

Essendo sfuggito alla sua diligenza la testimonianza del Padre Gregorio di Valenza, che certamente non può annoverarsi fra quelli che si chiamano rigoristi, Noi qui l'aggiungeremo.

Egli scrisse: "Notandum, neque per hanc Indulgentiae formam, scilicet De injunctis Poenitentiis, neque per ullam aliam quamvis amplam et generalem, relaxari obligationem, qua, propter integritatem Sacramenti, tenetur Confessarius salutarem poenitentiam poenitenti iniungere, et poenitens eam implere etc.

Primo ex eo, quod illa obligatio est iuris divini etc.

Secundo ex eo, quod truncaretur alioqui Sacramentum poenitentiae quadam sua integrali parte, qualis est nimirum Jure Divino Satisfactio ipsius poenitentis.

Tertio id confirmatur ex communi sensu, et usu Ecclesiae, siquidem nec in plenissimis etiam Indulgentiis solet negligi a Confessariis, et poenitentibus Sacramentalis satisfactio et poenitentia; immo expresse ab ipsis Pontificibus solet tunc etiam requiri".124

65 Sopra la prima questione, come pure sopra la qualità della soddisfazione, ossia la penitenza da imporsi dal Confessore, abbiamo detto a sufficienza nella Nostra Lettera Circolare scritta ai Patriarchi, Arcivescovi e Vescovi sulla preparazione all'Anno Santo, data in Castel Gandolfo il 26 giugno dell'anno corrente, ed a quella ci rimettiamo.

Restava unicamente da dire qualche cosa sopra il non tralasciarsi dal Confessore di imporre la Penitenza, giacché si diceva che il penitente che aveva preso l'Indulgenza non era obbligato ad adempirla.

Ed essendoci ciò sembrato un rilasciamento, nella Istruzione della quale stiamo trattando, al n. XXVI abbiamo spiegato che il Confessore deve imporre al Penitente la salutare penitenza, ancorché questi sia preparato a prendere il Giubileo.

Da ciò nasce poi l'obbligo del Penitente di doverla adempiere: "Omnia sua peccata confiteatur fideliter, et iniunctam sibi poenitentiam studeat pro viribus adimplere"; sono parole del Concilio Lateranense, quando si occupa della Sacramentale confessione nella celebre Decretale "Omnis utriusque sexus, de poenitentiis et remissionibus".

Da sottolineare, inoltre, la necessaria correlazione che intercede fra l'autorità d'imporre la penitenza, e l'obbligo di adempirla, essendoci sembrato incomprensibile che possa essere o chiamarsi "vere penitens", come deve essere chi vuole conseguire la plenaria Indulgenza, se col pretesto di essa vuol esentarsi dall'adempiere quella penitenza che nella Sacramentale Confessione gli è stata imposta dal Confessore.

66 L'Istruzione procede fornendo alcune indicazioni circa l'assoluzione dalle censure di coloro che senza licenza, e con cattive intenzioni, entrano nella clausura delle Monache; dei Religiosi che per lo stesso fine introducono donne nella clausura; di coloro che eggono libri proibiti senza licenza; della dispensa da alcuni voti.

Noi qui non intendiamo far altro che accennare alle controversie che abbiamo procurato di eliminare, allo scopo che le cose già sopite non si rimettano di nuovo in discussione.

Ora diremo che, concedendosi ai Penitenzieri le facoltà di assolvere dalle censure occulte, ed incorse per aver dato danno a qualcheduno, coll'aggiunta che di essa non si servano, è come dire che non ne prosciolgono il penitente, se non ha soddisfatto alla parte lesa, o almeno, se prima dell'assoluzione non promette con giuramento di soddisfarla.

Non intendiamo, come da taluno si è inteso, sotto nome di parte lesa, il Giudice, ma bensì quello che ha patito il danno; essendo questo il senso ovvio delle parole, come anche è stato ben osservato dal Viva;125 dal Giballino126 e dai Salmaticensi.127

Rispetto poi alla commutazione dei voti nei quali si tratta del pregiudizio del terzo, commutazione che viene proibita ai Penitenzieri, scrive molto bene il Suarez.128

Dei voti che si fanno di preferenza da alcuni che entrano in qualche Congregazione, e che assumono una natura di contratto e di reciproca obbligazione fra essi e la Congregazione che li riceve, voti dai quali i Penitenzieri non possono dispensare, parla molto a proposito il Padre Siro in una sua opera manoscritta sopra una Bolla d'Innocenzo XII relativa alle Facoltà del Maggior Penitenziere e ai voti penali.

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100 Lib. 7, cap. 14
101 Bullar., tomo 1, n. 20
102 Bullar., tomo, n. 20
103 De Religione, tomo 2, lib. 6, cap. 16, n. 6
104 Ivi, n. 11
105 De Matr., lib. 8, disput. 34, n. 50
106 De Jubilaeo, quaest. 10, n. 4
107 Part. 3, cap. 3, p. 192
108 Oper. Moral., tomo 2, disputat. 4, circa secundum Decalogi praeceptum, quaest. 2, punct. 4, par. 2, n. 16
109 De Sacram. Poenitent., part. 1, tr. 5, disp. 14, De Indulgentiis, quaest. 97
110 Edit. coord. Tom. 7, tr. 1, ref. 300, n. 7
111 Tract. 7, De Sacram. Poenit., c. 21 De Jubilaeo, dub. 6, n. 42 e ss.
112 § 1, cap. 22
113 De Poenitentia, disp. 27, sect. 2, n. 30
114 Edit. coord., tomo 1, tr. 6, res. 10, n. 2
115 De Jubilaeo, quaest. 5, art. 2
116 Tratt. Dell'Anno santo, part. 1, cap. 4, § 2
117 Part. 1, tract. 5, disp. 9, quaest. 82
118 De Poenit., disp. 27, sect. 2, n. 21 et plur. ss.
119 Tomo 1, tr. De Sacr. poenit., quaest. 172
120 Edit. coord., tomo 5, tr. 1, resol. 201, n. 4
121 Tract. Hist. Dogmatic, Sacram., diff. 13, q. 5, cap. 4
122 Dictionario morali in verb. Jubilaeum, cas. 10
123 Historia Indulgentiarum in quaestion practicis, p. 467 et ss.
124 Tomo quarto, disp. 7, quaest. 20, De Indulgentiis, punct. 3, p. 1603
125 De Jubilaeo, quaest. 10, art. 2
126 De censuris, disquisit. 9, quaest. 4, n. 7
127 Cursu Theologico morali, tomo 2, tract. 10, de censuris, cap. 2, punct. 2, n. 20
128 Tomo 2, De Religione, lib. 6, cap. 15, et praesertim n. 7