Providentissimus Deus

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Parte 2

Ordinamento attuale degli studi biblici

14 a) Avversari ed errori

Ormai l'argomento che ci siamo proposti di trattare richiede che Noi, venerabili fratelli, vi comunichiamo tutte quelle norme che sembrano più opportune per rettamente ordinare tali studi.

Ma tornerà certamente utile conoscere qui, fin dall'inizio, quale genere di avversari si accaniscano in questa lotta e in quali artifici o armi confidino.

È manifesto come la lotta dovette prima essere sostenuta con coloro che, basandosi sul proprio giudizio privato e ripudiando le tradizioni divine e il magistero della chiesa, asserivano essere la Scrittura l'unica fonte della rivelazione e il supremo arbitro della fede.

Ora la lotta è con i razionalisti, i quali, quasi figli ed eredi dei primi, basandosi parimenti sul proprio giudizio, ripudiano nel modo più assoluto persino questi stessi elementi della fede cristiana ricevuti dal padri.

Essi infatti negano del tutto sia la divina rivelazione, come l'ispirazione e la sacra Scrittura, e vanno dicendo che altro non sono se non artifici e invenzioni degli uomini, che non contengono vere narrazioni di cose realmente accadute, ma inutili favole o storie menzognere; così non abbiamo in esse vaticini od oracoli, ma soltanto predizioni fatte dopo gli eventi o presagi di intuito naturale; non presentano veri e propri miracoli e manifestazioni della potenza divina, ma si tratta o di fatti meravigliosi, mai però superiori alle forze della natura, o di magie e miti.

I vangeli poi e gli scritti apostolici sono certamente, dicono, da attribuirsi ad altri autori.

Siffatti gravi errori, con i quali credono di distruggere la sacrosanta verità dei Libri divini, li presentano come sentenze decisive di una certa nuova scienza libera, sentenze che riescono però così incerte a loro stessi, tanto da dover mutare e sostituire ben spesso le loro opinioni su identiche questioni.

Non mancano tra questi taluni che, pur essendo e parlando tanto empiamente di Dio, del Cristo, dell'evangelo, e del resto della sacra Scrittura, vorrebbero tuttavia passare per teologi, cristiani ed evangelici, cercando così di coprire sotto un nome specioso la temerarietà di un insolente ingegno.

A costoro si aggiungono non pochi studiosi di altre discipline, che condividono le idee dei primi e li aiutano, e che la stessa intolleranza per le verità rivelate induce similmente ad avversare i Libri sacri.

15 Non potremo mai deplorare abbastanza come questa lotta vada ogni giorno più estendendosi e facendosi sempre più accanita.

Viene mossa a danno di uomini valenti ed eruditi, sebbene non trovino questi grande difficoltà a difendersene; ma soprattutto i nemici si volgono accanitamente, con ogni studio e mezzo, verso il popolo indotto.

Spargono il loro veleno esiziale con libri, opuscoli e quotidiani; lo insinuano nelle adunanze, nei discorsi: hanno ormai pervaso ogni campo, e tengono nelle loro mani molte scuole di giovani, sottratte alla tutela della chiesa, in cui si corrompono miseramente le ancor credule e docili menti e si spingono al disprezzo delle Scritture, anche ricorrendo al ludibrio e agli scherzi osceni.

Questi sono i fatti, venerabili fratelli, che debbono scuotere, infiammare il nostro zelo pastorale, così che a questa che è "falsamente chiamata scienza" ( 1 Tm 6,20 ) nuova, si opponga l'antica e la vera, quella che la chiesa ricevette da Cristo per mezzo degli apostoli, e sorgano in questa immane lotta idonei difensori della sacra Scrittura.

16 b) Scelta dei docenti

Sia dunque questa la prima cura, che nei seminari o accademie si impartisca l'insegnamento delle divine Lettere così come lo richiedono e l'importanza della materia stessa e la necessità dei tempi.

A questo fine, nessun'altra cosa deve stare più a cuore della prudente scelta dei docenti: a questo ufficio, infatti, non si tratta di assumere qualcuno tra i molti, ma uomini tali, che un grande amore e una diuturna consuetudine con la Bibbia e un'adeguata dottrina raccomandino, all'altezza cioè di tale ufficio.

Né meno tempestivamente bisogna considerare chi debba in seguito loro succedere.

Gioverà perciò, ove lo si possa, che, tra gli alunni di ottime speranze, ve ne siano alcuni i quali, espletato lodevolmente il corso di teologia, si consacrino totalmente al Libri divini, e venga loro data la possibilità di dedicarsi per un certo tempo ad uno studio più profondo di essi.

E così una volta scelti e formati, in qualità di dottori assumano con sicurezza l'ufficio loro affidato; e affinché in esso si trovino ottimamente e ne traggano convenienti frutti, vogliamo impartir loro più ampi ammaestramenti.

Curino pertanto di preparare le menti dei discepoli, fin dal principio degli studi, in modo da formare e coltivare in essi con grande diligenza una mentalità atta, in pari tempo, e a difendere i Libri divini e a cogliere il senso di essi.

A questo mira il cosiddetto trattato di introduzione biblica, nel quale il discepolo trova un opportuno sussidio per dimostrare l'integrità e l'autorità della Bibbia, per investigare e trovarne il senso genuino, per impossessarsi delle obiezioni cavillose e stroncarle alla radice.

17 Di quanta importanza sia l'aver fin dall'inizio trattato di queste cose ordinatamente e appositamente, col sussidio e l'aiuto della teologia, è appena necessario dirlo, dal momento che tutta la restante trattazione della Scrittura si appoggia di continuo su questi fondamenti e viene illuminata da questi principi chiarificatori.

L'opera quindi del precettore deve volgersi con molto zelo alla parte più fruttuosa di questa scienza e cioè a quella dell'interpretazione, affinché i discepoli siano ammaestrati nel modo di volgere le ricchezze della parola divina al progresso della religione e della pietà.

Comprendiamo certamente l'impossibilità di esporre tutta la Scrittura nelle scuole, sia per la vastità della materia che per mancanza di tempo.

Tuttavia, poiché è necessario seguire una via sicura per ottenere una fruttuosa interpretazione, sappia il saggio maestro evitare l'uno e l'altro inconveniente: sia quello di coloro che appena possono gustare di passaggio qualcosa dei singoli libri, sia quello di coloro che si fermano oltre il conveniente su una determinata parte di un libro solo.

Se infatti in molte scuole non si potrà ottenere ciò che si ottiene nelle accademie maggiori, e cioè che venga esposto l'uno o l'altro libro con una certa continuità e abbondanza, bisogna però curare in ogni modo che le parti dei libri scelte per l'interpretazione abbiano una trattazione convenientemente completa, di modo che i discepoli incitati e ben ammaestrati da questo saggio, studino poi da se stessi le altre parti e vi provino gusto in ogni momento della loro vita.

18 Il docente, inoltre, attenendosi alla costante tradizione del passato, adotterà come esemplare la versione Volgata, che il concilio Tridentino decretò doversi ritenere "autentica sia nelle pubbliche lezioni, come nelle dispute, predicazioni ed esposizioni",21 e che anche la costante consuetudine della chiesa raccomanda.

Dovrà tuttavia tenere anche nel debito conto le altre versioni, che la cristianità antica elogiò e di cui si servì, e specialmente i codici primitivi.

Quantunque, infatti, per ciò che riguarda l'essenziale, le parole della Volgata rendano bene il senso dell'ebraico e del greco, tuttavia se un qualche punto riuscisse un po' oscuro o fosse stato tradotto meno accuratamente, gioverà, come avverte sant'Agostino, "l'esame accurato della lingua originale".22

È evidente, del resto, quanta perizia e accuratezza occorra in questo, essendo infatti "compito del commentatore non esporre idee personali, ma quelle dell'autore che sta interpretando".23

Dopo aver soppesato, ove sia necessario, con ogni industria la lezione, si passerà ad esaminare e a esporre i sensi.

Primo consiglio è che si osservino le prescrizioni comunemente approvate per l'interpretazione e con cura tanto più sollecita quanto più gli avversari si mostrano tenaci nel tener desta la contesa.

E perciò allo studio per soppesare quale sia il valore delle parole in se stesse, cosa significhi la concatenazione delle varie realtà, la somiglianza dei luoghi e le altre considerazioni simili, si aggiunga ancora la delucidazione di elementi esterni risultante da una conveniente erudizione.

Si badi però a non dedicare a siffatte questioni più tempo e fatica, che non per conoscere più a fondo i Libri divini, e non avvenga che le molte e affastellate cognizioni siano alle menti dei giovani più di ostacolo anziché di aiuto.

19 c) Scrittura e teologia

Da questo punto, sicuro sarà il passaggio all'uso della divina Scrittura in teologia.

Occorre a questo proposito tenere presente che, oltre alle altre cause di difficoltà che per lo più s'incontrano nell'interpretazione di qualsiasi libro antico, qui se ne aggiungono alcune proprie dei Libri sacri.

Trattandosi infatti di libri il cui autore è lo Spirito Santo, molte cose vi sono in essi che superano di gran lunga la forza e l'acume della ragione umana, i divini misteri cioè, e molte altre cose contenute insieme con questi, e per di più talvolta con un senso ben più ampio e recondito di quanto non sembri esprimere la parola o indicare le leggi dell'ermeneutica, e certamente lo stesso senso letterale richiama poi altri sensi, sia per illustrare i dogmi, sia per raccomandare precetti di vita pratica.

Non bisogna perciò negare che i sacri Libri non siano avvolti da una certa religiosa oscurità, per cui nessuno può accedere ad essi senza una qualche guida:24 avendo così provvidamente disposto Dio, secondo l'opinione comune dei santi padri, affinché gli uomini si sentissero spronati a studiarli con maggior desiderio e diligenza e perché si imprimessero poi più profondamente nelle loro menti e nei loro animi quelle verità tanto laboriosamente acquistate, e perché comprendessero soprattutto che Dio affidò le Scritture alla chiesa, della quale debbono servirsi come di sicurissima guida e maestra nel leggere e trattare le sue parole.

Infatti già s. Ireneo insegnava che si deve apprendere la verità là, ove sono posti i carismi del Signore, e che senza alcun pericolo vengono esposte le Scritture da coloro presso cui si trova la successione apostolica.25

Il concilio Vaticano abbracciò certamente la dottrina di questo e degli altri Padri quando, rinnovando il decreto tridentino riguardo l'interpretazione della parola divina scritta, "dichiarò essere tale il suo giudizio che nelle cose riguardanti la fede e i costumi appartenenti all'edificazione della dottrina cristiana, sia da ritenersi quale autentico senso della sacra Scrittura quello che tenne e tiene la santa madre chiesa, cui spetta giudicare del vero senso e dell'interpretazione delle sante Scritture; e che perciò non è permesso ad alcuno interpretare la stessa sacra Scrittura contro questo senso o anche contro l'unanime consenso dei Padri".26

20 d) Investigazione e interpretazione biblica

Con questa legge piena di sapienza la chiesa non intende in alcun modo ritardare o proibire l'investigazione della scienza biblica, anzi la preserva immune da errore e contribuisce grandemente al suo vero progresso.

Un grande campo si apre infatti ad ogni maestro privato, in cui con passo sicuro potrà con la sua arte di interprete cimentarsi egregiamente e con utilità per la chiesa.

Nei passi della divina Scrittura, ove si desidera ancora una interpretazione certa e definitiva, può in tal modo avvenire che, per un soave disegno del provvidente Dio, data la piena preparazione nel diligente studio, maturi il giudizio della chiesa.

Nei passi poi già definiti il maestro privato può egualmente dare un contributo esponendoli più dettagliatamente al popolo fedele e più altamente ai dotti, o confutando brillantemente gli avversari.

21 Per la qual cosa, sia principale e sacrosanto dovere dell'interprete cattolico, trattandosi di passi scritturali il cui senso è autenticamente dichiarato o per mezzo dei sacri autori, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, come in molti luoghi del Nuovo Testamento, o per mezzo della chiesa, assistita dal medesimo Spirito Santo, "sia con solenne giudizio, o per il magistero ordinario e universale",27 di interpretarli allo stesso modo e di cercare di convincere, mediante gli aiuti della propria dottrina, che secondo le leggi di una sana ermeneutica si può rettamente approvare soltanto quella interpretazione.

Negli altri casi si deve seguire l'analogia della fede e attenersi, come a norma suprema, alla dottrina cattolica, quale la si riceve dall'autorità della chiesa.

Essendo infatti lo stesso Dio autore dei sacri Libri come della dottrina, la cui depositaria è la chiesa, non è certamente possibile che provenga da legittima interpretazione il senso di un qualche passo scritturale che sia in qualche modo discordante dalla chiesa.

Ne segue che è da rigettarsi come inetta e falsa quella interpretazione che faccia apparire gli autori ispirati in qualche modo in opposizione tra loro, o sia contraria alla dottrina della chiesa.

22 e ) Scrittura e santi padri

Bisogna quindi che il maestro di questa scienza eccella pure in questo aspetto e cioè che possegga egregiamente la teologia e sia versato nei commentari dei santi padri, dei dottori e degli interpreti insigni.

Questo inculca del resto san Girolamo28 e pure vivamente sant'Agostino che, giustamente rammaricandosi, diceva: "Se qualsiasi disciplina, per quanto da poco e facile, richiede, per essere compresa, un dottore o un maestro, che vi è di più temerario e di orgoglioso quanto il ricusare l'aiuto degli interpreti nello studio dei libri dei divini misteri!".29

Questo ritennero e confermarono con l'esempio gli altri padri i quali "ricercavano l'intelligenza delle sacre Scritture non basandosi sulla propria presunzione, ma sugli scritti e sull'autorità di quei grandi, dei quali constasse che avevano ricevuto e accettato le norme di interpretazione indicate dalla successione apostolica".30

Somma è invero l'autorità dei santi padri, per mezzo dei quali "la chiesa, dopo gli apostoli, ebbe incremento, come da piantatori, irrigatori, edificatori, pastori ed educatori",31 ogni volta che all'umanità interpretano con uguale senso una qualche testimonianza biblica, riguardante la dottrina della fede o dei costumi.

Dal loro unanime consenso, infatti, appare chiaramente che così sia stato tramandato dagli apostoli secondo la fede cattolica.

23 Il pensiero dei padri è pure da tenersi in gran conto quando essi esercitino il loro ufficio di dottore quasi in forma privata, poiché non è solo la scienza delle cose rivelate e la cognizione di molte notizie utili alla conoscenza dei libri apostolici che li rende fidati, ma certamente Dio stesso aiutò con più valido soccorso della sua luce questi uomini insigni per santità di vita e per la diligente ricerca della verità.

Sappia quindi l'interprete che è suo dovere il seguire riverentemente i loro passi e l'usufruire delle loro fatiche con intelligente scelta.

Non pensi però che gli venga per questo preclusa la via per cui, intervenendo una giusta causa, egli potrà anche procedere oltre nella ricerca e nel l'interpretazione, purché si mantenga religiosamente ossequioso al precetto sapientemente dato da sant'Agostino, e cioè di non allontanarsi per nulla dal senso letterale e ovvio, se non vi sia una qualche ragione che non permetta di tenerlo, o una necessità che imponga di lasciarlo:32 prescrizione questa a cui fa d'uopo attenersi con tanta più fermezza quanto maggiore, in così grande smania di novità e libertà di opinioni, sovrasta il pericolo di sviarsi.

Si guardi parimenti lo studioso dal trascurare quei passi che furono volti dagli stessi Padri a un senso allegorico o simile, soprattutto quando partono dal senso letterale e sono sostenuti dall'autorità di molti.

Tale modo di interpretare, infatti, la chiesa lo ricevette dagli apostoli, e lo approvò essa stessa, come appare dalla liturgia, col proprio esempio; non che i padri si studiassero per mezzo di esso di dimostrare per sé i dogmi dì fede, ma perché conoscevano per esperienza quanto valesse ad alimentare la virtù e la pietà.

24 Minore è certamente l'autorità degli altri interpreti cattolici; tuttavia, poiché gli studi biblici hanno sempre goduto nella chiesa di un continuo progresso, è doveroso rendere il debito onore parimenti ai loro commenti, dai quali assai opportunamente si possono prendere molti argomenti per confutare sentenze contrarie e per risolvere punti difficili.

Ma è davvero cosa troppo sconveniente che taluni, quasi ignorando o disprezzando opere lasciateci in buon numero dai nostri, preferiscano libri eterodossi e vadano a cercare da essi, con presente pericolo per la sana dottrina e non di rado con detrimento della fede, spiegazioni di passi nel quali i cattolici, già da tempo, vi spesero con buoni frutti ingegno e fatiche.

Sebbene, infatti, l'interprete cattolico possa talvolta giovarsi degli studi degli eterodossi, usandoli, con la debita prudenza, ricordi, tuttavia, che anche secondo numerosi documenti degli antichi33 non si può affatto trovare, fuori della chiesa, il senso incorrotto delle sacre Lettere, e che neppure può essere tramandato da coloro che, privi come sono della vera fede, non possono della Scrittura raggiungere il midollo, ma soltanto è dato loro di roderne la corteccia.34

25 f) La Scrittura anima della teologia

È poi grandemente desiderabile e necessario che l'uso della divina Scrittura domini in tutta la scienza teologica e ne sia quasi l'anima.

Questo affermarono in ogni età i padri e i più insigni teologi e questo procurarono di fare.

Essi infatti cercarono di stabilire e assodare le verità che sono oggetto di fede, come pure le altre che ne derivano, soprattutto per mezzo delle divine Lettere, e per mezzo di esse, come parimenti per mezzo della divina tradizione, cercarono di confutare i commenti innovatori degli eretici, di investigare la ragione, l'essenza, la correlazione dei dogmi cattolici.

Nessuno dovrebbe meravigliarsi di ciò, se si pensa che, tra le fonti della rivelazione, è così insigne il luogo dovuto ai Libri divini che, senza uno studio e un uso assiduo di essi, non si può trattare di teologia in modo retto e secondo la sua dignità.

Sebbene sia cosa giusta che nelle accademie e nelle scuole i giovani vengano esercitati specialmente nell'acquisto della conoscenza e scienza dei dogmi così che, posta l'argomentazione degli articoli di fede, si arrivi da questi alla conclusione di altri, seguendo le norme di una provata e solida filosofia, tuttavia un grave e dotto teologo non dovrà mai trascurare la stessa dimostrazione dei dogmi dedotta dall'autorità della Bibbia: "Infatti ( la teologia ) non riceve i suoi principi da altre scienze, ma immediatamente da Dio per mezzo della rivelazione.

E perciò non riceve dalle altre scienze come fossero superiori, ma si serve di esse come inferiori e ancelle".35

26 Questo modo di insegnare la dottrina sacra ha quale maestro e auspice il principe dei teologi, l'Aquinate, il quale, partendo da questa chiara comprensione dell'indole della teologia cristiana, insegnò in che modo il teologo possa difendere i suoi stessi principi, caso mai qualcuno li impugnasse: "Per mezzo dell'argomentazione rigorosa se l'avversario ammette qualcosa di ciò che si ha per divina rivelazione; come quando per mezzo dei testi autorevoli della sacra Scrittura disputiamo contro gli eretici, e per mezzo di un articolo ammesso disputiamo contro coloro che ne negano un altro.

Se poi l'avversario non crede ad alcuna delle cose divinamente rivelate, non rimane la possibilità di provare gli articoli di fede per mezzo di argomentazioni, ma solo si possono in tal caso sciogliere le obiezioni, se l'avversario ne adduce, contro la fede".36

Bisogna dunque provvedere affinché i giovani intraprendano gli studi biblici convenientemente preparati e agguerriti, perché non venga frustrata la giusta speranza che riponiamo in essi e perché, ciò che sarebbe maggior male, presi dagli inganni dei razionalisti e dall'apparenza di erudizione, non corrano incautamente il pericolo di sviarsi.

Saranno ottimamente preparati, se avranno religiosamente coltivato e profondamente compreso la disciplina della filosofia e della teologia, secondo la guida dello stesso san Tommaso, seguendo quella via che additammo e prescrivemmo.

Così cammineranno rettamente, sia nella scienza biblica come in quella parte di teologia cosiddetta positiva, e faranno in ambedue felicissimi progressi.

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21 Sess. 4, decr. De edit. et usu Libr. Sacr
22 S. Aug., De doctr. christ., 3, 4
23 S. Hier., Epist. 48 al. 50 ad Pammachium 17
24 S. Hier., Epist. 53 al. 103 al Paulinum 6
25 S. Iren., Adv., 4, 26, 5
26 Conc. Vat. I, Sess. 3, cap. 2 De rev. ex Conc. Trid., Sess. 4, decr. De edit. et usu Libr. Sacr
27 Conc. Vat. I, Sess. 3, cap. De fide
28 S. Hier., Epist. 53 al. 103, ad Paulinum 6 ss
29 S. Aug., De util. cred. 17, 35
30 Rufinus, Hist. Ecc., 2, 9
31 S. Aug., C. Iulian., 2, 10, 37
32 S. Aug., De Gen. ad litt., 8, 7, 13
33 Clem. Al., Strom., 7, 16;
Orig., De princ., 4, 8; In Lev. hom. 4, 8;
Tertull., De praescr., 15 ss.;
S. Hilar., In Mt 13,1
34 S. Greg. M., Molar. 20, 2 al. 11
35 S. Thom., S. th. I 1. 1 a. 5 ad 2
36 S. Thom., S. th. I 1. 1 a. 8