Ecclesiam suam

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Carità e obbedienza

118 Questo desiderio d'improntare i rapporti interiori della Chiesa dello spirito proprio d'un dialogo fra membri d'una comunità, di cui la carità è principio costitutivo, non toglie l'esercizio della virtù dell'obbedienza là dove l'esercizio della funzione propria dell'autorità da un lato, della sottomissione dall'altro è reclamato sia dall'ordine conveniente ad ogni ben compaginata società, sia soprattutto dalla costituzione gerarchica della Chiesa.

L'autorità della Chiesa è anzi rappresentativa di Lui, è veicolo autorizzato della sua parola, è trasposizione della sua pastorale carità; così che la obbedienza muove da motivo di fede, diventa scuola di umiltà evangelica, associa l'obbediente alla sapienza, all'unità, all'edificazione, alla carità che reggono il corpo ecclesiastico, e conferisce a chi la impone e a chi vi si uniforma il merito dell'imitazione di Cristo fattosi obbediente sino alla morte. ( Fil 2,8 )

119 Per obbedienza perciò svolta a dialogo intendiamo l'esercizio dell'autorità tutto pervaso dalla coscienza di essere servizio e ministero di verità e di carità; e intendiamo l'osservanza delle norme canoniche e l'ossequio al governo del legittimo superiore, resi pronti e sereni, come si conviene a figli liberi ed amorosi.

Lo spirito d'indipendenza, di critica, di ribellione male si accorda con la carità animatrice della solidarietà, della concordia, della pace nella Chiesa, e trasforma facilmente il dialogo in discussione, in diverbio, in dissidio; spiacevolissimo fenomeno, anche se purtroppo sempre facile a prodursi, contro il quale la voce dell'apostolo Paolo ci premunisce: Non vi siano tra voi degli scismi. ( 1 Cor 1,10 )

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