Laudato sì

Indice

Capitolo quarto: Un'ecologia integrale

137. Dal momento che tutto è intimamente relazionato e che gli attuali problemi richiedono uno sguardo che tenga conto di tutti gli aspetti della crisi mondiale, propongo di soffermarci adesso a riflettere sui diversi elementi di una ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali.

I. Ecologia ambientale, economica e sociale

138. L’ecologia studia le relazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente in cui si sviluppano.

Essa esige anche di fermarsi a pensare e a discutere sulle condizioni di vita e di sopravvivenza di una società, con l’onestà di mettere in dubbio modelli di sviluppo, produzione e consumo.

Non è superfluo insistere ulteriormente sul fatto che tutto è connesso.

Il tempo e lo spazio non sono tra loro indipendenti, e neppure gli atomi o le particelle subatomiche si possono considerare separatamente.

Come i diversi componenti del pianeta – fisici, chimici e biologici – sono relazionati tra loro, così anche le specie viventi formano una rete che non finiamo mai di riconoscere e comprendere.

Buona parte della nostra informazione genetica è condivisa con molti esseri viventi.

Per tale ragione, le conoscenze frammentarie e isolate possono diventare una forma d’ignoranza se fanno resistenza ad integrarsi in una visione più ampia della realtà.

139. Quando parliamo di "ambiente" facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita.

Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita.

Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati.

Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà.

Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema.

È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali.

Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale.

Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura.

140. A causa della quantità e varietà degli elementi di cui tenere conto, al momento di determinare l’impatto ambientale di una concreta attività d’impresa diventa indispensabile dare ai ricercatori un ruolo preminente e facilitare la loro interazione, con ampia libertà accademica.

Questa ricerca costante dovrebbe permettere di riconoscere anche come le diverse creature si relazionano, formando quelle unità più grandi che oggi chiamiamo "ecosistemi".

Non li prendiamo in considerazione solo per determinare quale sia il loro uso ragionevole, ma perché possiedono un valore intrinseco indipendente da tale uso.

Come ogni organismo è buono e mirabile in sé stesso per il fatto di essere una creatura di Dio, lo stesso accade con l’insieme armonico di organismi in uno spazio determinato, che funziona come un sistema.

Anche se non ne abbiamo coscienza, dipendiamo da tale insieme per la nostra stessa esistenza.

Occorre ricordare che gli ecosistemi intervengono nel sequestro dell’anidride carbonica, nella purificazione dell’acqua, nel contrasto di malattie e infestazioni, nella composizione del suolo, nella decomposizione dei rifiuti e in moltissimi altri servizi che dimentichiamo o ignoriamo.

Quando si rendono conto di questo, molte persone prendono nuovamente coscienza del fatto che viviamo e agiamo a partire da una realtà che ci è stata previamente donata, che è anteriore alle nostre capacità e alla nostra esistenza.

Perciò, quando si parla di "uso sostenibile" bisogna sempre introdurre una considerazione sulla capacità di rigenerazione di ogni ecosistema nei suoi diversi settori e aspetti.

141. D’altra parte, la crescita economica tende a produrre automatismi e ad omogeneizzare, al fine di semplificare i processi e ridurre i costi.

Per questo è necessaria un’ecologia economica, capace di indurre a considerare la realtà in maniera più ampia.

Infatti, « la protezione dell’ambiente dovrà costituire parte integrante del processo di sviluppo e non potrà considerarsi in maniera isolata ».114

Ma nello stesso tempo diventa attuale la necessità impellente dell’umanesimo, che fa appello ai diversi saperi, anche quello economico, per una visione più integrale e integrante.

Oggi l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa, che genera un determinato modo di relazionarsi con gli altri e con l’ambiente.

C’è una interazione tra gli ecosistemi e tra i diversi mondi di riferimento sociale, e così si dimostra ancora una volta che « il tutto è superiore alla parte ».115

142. Se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: « Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali ».116

In tal senso, l’ecologia sociale è necessariamente istituzionale e raggiunge progressivamente le diverse dimensioni che vanno dal gruppo sociale primario, la famiglia, fino alla vita internazionale, passando per la comunità locale e la Nazione.

All’interno di ciascun livello sociale e tra di essi, si sviluppano le istituzioni che regolano le relazioni umane.

Tutto ciò che le danneggia comporta effetti nocivi, come la perdita della libertà, l’ingiustizia e la violenza.

Diversi Paesi sono governati da un sistema istituzionale precario, a costo delle sofferenze della popolazione e a beneficio di coloro che lucrano su questo stato di cose.

Tanto all’interno dell’amministrazione dello Stato, quanto nelle diverse espressioni della società civile, o nelle relazioni degli abitanti tra loro, si registrano con eccessiva frequenza comportamenti illegali.

Le leggi possono essere redatte in forma corretta, ma spesso rimangono come lettera morta.

Si può dunque sperare che la legislazione e le normative relative all’ambiente siano realmente efficaci?

Sappiamo, per esempio, che Paesi dotati di una legislazione chiara per la protezione delle foreste, continuano a rimanere testimoni muti della sua frequente violazione.

Inoltre, ciò che accade in una regione esercita, direttamente o indirettamente, influenze sulle altre regioni.

Così per esempio, il consumo di droghe nelle società opulente provoca una costante o crescente domanda di prodotti che provengono da regioni impoverite, dove si corrompono i comportamenti, si distruggono vite e si finisce col degradare l’ambiente.

II. Ecologia culturale

143. Insieme al patrimonio naturale, vi è un patrimonio storico, artistico e culturale, ugualmente minacciato.

È parte dell’identità comune di un luogo e base per costruire una città abitabile.

Non si tratta di distruggere e di creare nuove città ipoteticamente più ecologiche, dove non sempre risulta desiderabile vivere.

Bisogna integrare la storia, la cultura e l’architettura di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale.

Perciò l’ecologia richiede anche la cura delle ricchezze culturali dell’umanità nel loro significato più ampio.

In modo più diretto, chiede di prestare attenzione alle culture locali nel momento in cui si analizzano questioni legate all’ambiente, facendo dialogare il linguaggio tecnico-scientifico con il linguaggio popolare.

È la cultura non solo intesa come i monumenti del passato, ma specialmente nel suo senso vivo, dinamico e partecipativo, che non si può escludere nel momento in cui si ripensa la relazione dell’essere umano con l’ambiente.

144. La visione consumistica dell’essere umano, favorita dagli ingranaggi dell’attuale economia globalizzata, tende a rendere omogenee le culture e a indebolire l’immensa varietà culturale, che è un tesoro dell’umanità.

Per tale ragione, pretendere di risolvere tutte le difficoltà mediante normative uniformi o con interventi tecnici, porta a trascurare la complessità delle problematiche locali, che richiedono la partecipazione attiva degli abitanti.

I nuovi processi in gestazione non possono sempre essere integrati entro modelli stabiliti dall’esterno ma provenienti dalla stessa cultura locale.

Così come la vita e il mondo sono dinamici, la cura del mondo dev’essere flessibile e dinamica.

Le soluzioni meramente tecniche corrono il rischio di prendere in considerazione sintomi che non corrispondono alle problematiche più profonde.

È necessario assumere la prospettiva dei diritti dei popoli e delle culture, e in tal modo comprendere che lo sviluppo di un gruppo sociale suppone un processo storico all’interno di un contesto culturale e richiede il costante protagonismo degli attori sociali locali a partire dalla loro propria cultura.

Neppure la nozione di qualità della vita si può imporre, ma dev’essere compresa all’interno del mondo di simboli e consuetudini propri di ciascun gruppo umano.

145. Molte forme di intenso sfruttamento e degrado dell’ambiente possono esaurire non solo i mezzi di sussistenza locali, ma anche le risorse sociali che hanno consentito un modo di vivere che per lungo tempo ha sostenuto un’identità culturale e un senso dell’esistenza e del vivere insieme.

La scomparsa di una cultura può essere grave come o più della scomparsa di una specie animale o vegetale.

L’imposizione di uno stile egemonico di vita legato a un modo di produzione può essere tanto nocivo quanto l’alterazione degli ecosistemi.

146. In questo senso, è indispensabile prestare speciale attenzione alle comunità aborigene con le loro tradizioni culturali.

Non sono una semplice minoranza tra le altre, ma piuttosto devono diventare i principali interlocutori, soprattutto nel momento in cui si procede con grandi progetti che interessano i loro spazi.

Per loro, infatti, la terra non è un bene economico, ma un dono di Dio e degli antenati che in essa riposano, uno spazio sacro con il quale hanno il bisogno di interagire per alimentare la loro identità e i loro valori.

Quando rimangono nei loro territori, sono quelli che meglio se ne prendono cura.

Tuttavia, in diverse parti del mondo, sono oggetto di pressioni affinché abbandonino le loro terre e le lascino libere per progetti estrattivi, agricoli o di allevamento che non prestano attenzione al degrado della natura e della cultura.

III. Ecologia della via quotidiana

147. Per poter parlare di autentico sviluppo, occorrerà verificare che si produca un miglioramento integrale nella qualità della vita umana, e questo implica analizzare lo spazio in cui si svolge l’esistenza delle persone.

Gli ambienti in cui viviamo influiscono sul nostro modo di vedere la vita, di sentire e di agire.

Al tempo stesso, nella nostra stanza, nella nostra casa, nel nostro luogo di lavoro e nel nostro quartiere facciamo uso dell’ambiente per esprimere la nostra identità.

Ci sforziamo di adattarci all’ambiente, e quando esso è disordinato, caotico o saturo di inquinamento visivo e acustico, l’eccesso di stimoli mette alla prova i nostri tentativi di sviluppare un’identità integrata e felice.

148. É ammirevole la creatività e la generosità di persone e gruppi che sono capaci di ribaltare i limiti dell’ambiente, modificando gli effetti avversi dei condizionamenti, e imparando ad orientare la loro esistenza in mezzo al disordine e alla precarietà.

Per esempio, in alcuni luoghi, dove le facciate degli edifici sono molto deteriorate, vi sono persone che curano con molta dignità l’interno delle loro abitazioni, o si sentono a loro agio per la cordialità e l’amicizia della gente.

La vita sociale positiva e benefica degli abitanti diffonde luce in un ambiente a prima vista invivibile.

A volte è encomiabile l’ecologia umana che riescono a sviluppare i poveri in mezzo a tante limitazioni.

La sensazione di soffocamento prodotta dalle agglomerazioni residenziali e dagli spazi ad alta densità abitativa, viene contrastata se si sviluppano relazioni umane di vicinanza e calore, se si creano comunità, se i limiti ambientali sono compensati nell’interiorità di ciascuna persona, che si sente inserita in una rete di comunione e di appartenenza.

In tal modo, qualsiasi luogo smette di essere un inferno e diventa il contesto di una vita degna.

149. É provato inoltre che l’estrema penuria che si vive in alcuni ambienti privi di armonia, ampiezza e possibilità d’integrazione, facilita il sorgere di comportamenti disumani e la manipolazione delle persone da parte di organizzazioni criminali.

Per gli abitanti di quartieri periferici molto precari, l’esperienza quotidiana di passare dall’affollamento all’anonimato sociale che si vive nelle grandi città, può provocare una sensazione di sradicamento che favorisce comportamenti antisociali e violenza.

Tuttavia mi preme ribadire che l’amore è più forte.

Tante persone, in queste condizioni, sono capaci di tessere legami di appartenenza e di convivenza che trasformano l’affollamento in un’esperienza comunitaria in cui si infrangono le pareti dell’io e si superano le barriere dell’egoismo.

Questa esperienza di salvezza comunitaria è ciò che spesso suscita reazioni creative per migliorare un edificio o un quartiere.117

150. Data l’interrelazione tra gli spazi urbani e il comportamento umano, coloro che progettano edifici, quartieri, spazi pubblici e città, hanno bisogno del contributo di diverse discipline che permettano di comprendere i processi, il simbolismo e i comportamenti delle persone.

Non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco.

Anche per questo è tanto importante che il punto di vista degli abitanti del luogo contribuisca sempre all’analisi della pianificazione urbanistica.

151. É necessario curare gli spazi pubblici, i quadri prospettici e i punti di riferimento urbani che accrescono il nostro senso si appartenenza, la nostra sensazione di radicamento, il nostro "sentirci a casa" all’interno della città che ci contiene e ci unisce.

È importante che le diverse parti di una città siano ben integrate e che gli abitanti possano avere una visione d’insieme invece di rinchiudersi in un quartiere, rinunciando a vivere la città intera come uno spazio proprio condiviso con gli altri.

Ogni intervento nel paesaggio urbano o rurale dovrebbe considerare come i diversi elementi del luogo formino un tutto che è percepito dagli abitanti come un quadro coerente con la sua ricchezza di significati.

In tal modo gli altri cessano di essere estranei e li si può percepire come parte di un "noi" che costruiamo insieme.

Per questa stessa ragione, sia nell’ambiente urbano sia in quello rurale, è opportuno preservare alcuni spazi nei quali si evitino interventi umani che li modifichino continuamente.

152. La mancanza di alloggi è grave in molte parti del mondo, tanto nelle zone rurali quanto nelle grandi città, anche perché i bilanci statali di solito coprono solo una piccola parte della domanda.

Non soltanto i poveri, ma una gran parte della società incontra serie difficoltà ad avere una casa propria.

La proprietà della casa ha molta importanza per la dignità delle persone e per lo sviluppo delle famiglie.

Si tratta di una questione centrale dell’ecologia umana.

Se in un determinato luogo si sono già sviluppati agglomerati caotici di case precarie, si tratta anzitutto di urbanizzare tali quartieri, non di sradicarne ed espellerne gli abitanti.

Quando i poveri vivono in sobborghi inquinati o in agglomerati pericolosi, « nel caso si debba procedere al loro trasferimento e per non aggiungere sofferenza a sofferenza, è necessario fornire un’adeguata e previa informazione, offrire alternative di alloggi dignitosi e coinvolgere direttamente gli interessati ».118

Nello stesso tempo, la creatività dovrebbe portare ad integrare i quartieri disagiati all’interno di una città accogliente.

« Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo!

Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro! ».119

153. La qualità della vita nelle città è legata in larga parte ai trasporti, che sono spesso causa di grandi sofferenze per gli abitanti.

Nelle città circolano molte automobili utilizzate da una o due persone, per cui il traffico diventa intenso, si alza il livello d’inquinamento, si consumano enormi quantità di energia non rinnovabile e diventa necessaria la costruzione di più strade e parcheggi, che danneggiano il tessuto urbano.

Molti specialisti concordano sulla necessità di dare priorità al trasporto pubblico.

Tuttavia alcune misure necessarie difficilmente saranno accettate in modo pacifico dalla società senza un miglioramento sostanziale di tale trasporto, che in molte città comporta un trattamento indegno delle persone a causa dell’affollamento, della scomodità o della scarsa frequenza dei servizi e dell’insicurezza.

154. Il riconoscimento della peculiare dignità dell’essere umano molte volte contrasta con la vita caotica che devono condurre le persone nelle nostre città.

Questo però non dovrebbe far dimenticare lo stato di abbandono e trascuratezza che soffrono anche alcuni abitanti delle zone rurali, dove non arrivano i servizi essenziali e ci sono lavoratori ridotti in condizione di schiavitù, senza diritti né aspettative di una vita più dignitosa.

155. L’ecologia umana implica anche qualcosa di molto profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso.

Affermava Benedetto XVI che esiste una « ecologia dell’uomo » perché « anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere ».120

In questa linea, bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi.

L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato.

Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana.

Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé.

In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente.

Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di « cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa ».121

IV. Il principio del bene comune

156. L’ecologia umana è inseparabile dalla nozione di bene comune, un principio che svolge un ruolo centrale e unificante nell’etica sociale.

É « l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente ».122

157. Il bene comune presuppone il rispetto della persona umana in quanto tale, con diritti fondamentali e inalienabili ordinati al suo sviluppo integrale.

Esige anche i dispositivi di benessere e sicurezza sociale e lo sviluppo dei diversi gruppi intermedi, applicando il principio di sussidiarietà.

Tra questi risalta specialmente la famiglia, come cellula primaria della società.

Infine, il bene comune richiede la pace sociale, vale a dire la stabilità e la sicurezza di un determinato ordine, che non si realizza senza un’attenzione particolare alla giustizia distributiva, la cui violazione genera sempre violenza.

Tutta la società – e in essa specialmente lo Stato – ha l’obbligo di difendere e promuovere il bene comune.

158. Nelle condizioni attuali della società mondiale, dove si riscontrano tante inequità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali, il principio del bene comune si trasforma immediatamente, come logica e ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una opzione preferenziale per i più poveri.

Questa opzione richiede di trarre le conseguenze della destinazione comune dei beni della terra, ma, come ho cercato di mostrare nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium,123 esige di contemplare prima di tutto l’immensa dignità del povero alla luce delle più profonde convinzioni di fede.

Basta osservare la realtà per comprendere che oggi questa opzione è un’esigenza etica fondamentale per l’effettiva realizzazione del bene comune.

V. La giustizia tra le generazioni

159. La nozione di bene comune coinvolge anche le generazioni future.

Le crisi economiche internazionali hanno mostrato con crudezza gli effetti nocivi che porta con sé il disconoscimento di un destino comune, dal quale non possono essere esclusi coloro che verranno dopo di noi.

Ormai non si può parlare di sviluppo sostenibile senza una solidarietà fra le generazioni.

Quando pensiamo alla situazione in cui si lascia il pianeta alle future generazioni, entriamo in un’altra logica, quella del dono gratuito che riceviamo e comunichiamo.

Se la terra ci è donata, non possiamo più pensare soltanto a partire da un criterio utilitarista di efficienza e produttività per il profitto individuale.

Non stiamo parlando di un atteggiamento opzionale, bensì di una questione essenziale di giustizia, dal momento che la terra che abbiamo ricevuto appartiene anche a coloro che verranno.

I Vescovi del Portogallo hanno esortato ad assumere questo dovere di giustizia: « L’ambiente si situa nella logica del ricevere.

È un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva ».124

Un’ecologia integrale possiede tale visione ampia.

160. Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?

Questa domanda non riguarda solo l’ambiente in modo isolato, perché non si può porre la questione in maniera parziale.

Quando ci interroghiamo circa il mondo che vogliamo lasciare ci riferiamo soprattutto al suo orientamento generale, al suo senso, ai suoi valori.

Se non pulsa in esse questa domanda di fondo, non credo che le nostre preoccupazioni ecologiche possano ottenere effetti importanti.

Ma se questa domanda viene posta con coraggio, ci conduce inesorabilmente ad altri interrogativi molto diretti: A che scopo passiamo da questo mondo?

Per quale fine siamo venuti in questa vita?

Per che scopo lavoriamo e lottiamo?

Perché questa terra ha bisogno di noi?

Pertanto, non basta più dire che dobbiamo preoccuparci per le future generazioni.

Occorre rendersi conto che quello che c’è in gioco è la dignità di noi stessi.

Siamo noi i primi interessati a trasmettere un pianeta abitabile per l’umanità che verrà dopo di noi.

È un dramma per noi stessi, perché ciò chiama in causa il significato del nostro passaggio su questa terra.

161. Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia.

Potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizia.

Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo periodicamente in diverse regioni.

L’attenuazione degli effetti dell’attuale squilibrio dipende da ciò che facciamo ora, soprattutto se pensiamo alla responsabilità che ci attribuiranno coloro che dovranno sopportare le peggiori conseguenze.

162. La difficoltà a prendere sul serio questa sfida è legata ad un deterioramento etico e culturale, che accompagna quello ecologico.

L’uomo e la donna del mondo postmoderno corrono il rischio permanente di diventare profondamente individualisti, e molti problemi sociali attuali sono da porre in relazione con la ricerca egoistica della soddisfazione immediata, con le crisi dei legami familiari e sociali, con le difficoltà a riconoscere l’altro.

Molte volte si è di fronte ad un consumo eccessivo e miope dei genitori che danneggia i figli, che trovano sempre più difficoltà ad acquistare una casa propria e a fondare una famiglia.

Inoltre, questa incapacità di pensare seriamente alle future generazioni è legata alla nostra incapacità di ampliare l’orizzonte delle nostre preoccupazioni e pensare a quanti rimangono esclusi dallo sviluppo.

Non perdiamoci a immaginare i poveri del futuro, è sufficiente che ricordiamo i poveri di oggi, che hanno pochi anni da vivere su questa terra e non possono continuare ad aspettare.

Perciò, « oltre alla leale solidarietà intergenerazionale, occorre reiterare l’urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà intragenerazionale ».125

Indice

114 Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo ( 14 giugno 1992 ), Principio 4
115 Esort. ap. Evangelii gaudium, 237 ( 24 novembre 2013 )
116 Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 51 ( 29 giugno 2009 )
117 Alcuni autori hanno mostrato i valori che spesso si vivono, per esempio, nelle villas, chabolas o favelas dell’America Latina: cfr Juan Carlos Scannone, S.J., « La irrupción del pobre y la lógica de la gratitud », en Juan Carlos Scannone y Marcelo Perine ( edd. ), Irrupción del pobre y quehacer filosófico. Hacia una nueva racionalidad, Buenos Aires 1993, 225-230
118 Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 482
119 Esort. ap. Evangelii gaudium, 210 ( 24 novembre 2013 )
120 Discorso al Deutscher Bundestag, Berlino ( 22 settembre 2011 ): AAS 103 ( 2011 ), 668
121 Catechesi ( 15 aprile 2015 )
122 Cost. past. Gaudium et spes, 26
123 Cfr Evangelii gaudium nn. 186-201
124 Conferenza Episcopale Portoghese, Lettera pastorale Responsabilidade solidária pelo bem comum, 20 ( 15 settembre 2003 )
125 Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2010, 8