Evangelii nuntiandi

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Un atto ecclesiale

60 La constatazione che la Chiesa è inviata e destinata all'evangelizzazione, dovrebbe suscitare in noi due convinzioni.

La prima: evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale.

Allorché il più sconosciuto predicatore, catechista o pastore, nel luogo più remoto, predica il Vangelo, raduna la sua piccola comunità o amministra un Sacramento, anche se si trova solo compie un atto di Chiesa, e il suo gesto è certamente collegato mediante rapporti istituzionali, ma anche mediante vincoli invisibili e radici profonde dell'ordine della grazia, all'attività evangelizzatrice di tutta la Chiesa.

Ciò presuppone che egli agisca non per una missione arrogatasi, né in forza di un'ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e in nome di essa.

Come conseguenza, la seconda convinzione: se ciascuno evangelizza in nome della Chiesa, la quale a sua volta lo fa in virtù di un mandato del Signore, nessun evangelizzatore è padrone assoluto della propria azione evangelizzatrice, con potere discrezionale di svolgerla secondo criteri e prospettive individualistiche, ma deve farlo in comunione con la Chiesa e con i suoi Pastori.

La Chiesa, l'abbiamo già rilevato, è tutta intera evangelizzatrice.

Ciò significa che, per il mondo nel suo insieme e per ogni singola parte del mondo ove si trovi, la Chiesa si sente responsabile del compito di diffondere il Vangelo.

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