Ecclesia in Europa

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In dialogo con le altre religioni

55 Come per tutto l'impegno della « nuova evangelizzazione », anche in ordine all'annuncio del Vangelo della speranza è necessario che si abbia a instaurare un profondo e intelligente dialogo interreligioso, in particolare con l'Ebraismo e con l'Islam.

« Inteso come metodo e mezzo per una conoscenza e un arricchimento reciproco, esso non è in contrapposizione con la missione ad gentes, anzi ha speciali legami con essa e ne è un'espressione ».99

Nell'esercitarsi in questo dialogo non si tratta di lasciarsi catturare da una « mentalità indifferentista, largamente diffusa, purtroppo, anche tra cristiani, spesso radicata in visioni teologiche non corrette e improntata ad un relativismo religioso che porta a ritenere che "una religione vale l'altra" ».100

56 Si tratta piuttosto di prendere più viva coscienza del rapporto che lega la Chiesa al popolo ebraico e del ruolo singolare di Israele nella storia della salvezza.

Come era già emerso dalla Prima Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi e come è stato ribadito anche nell'ultimo Sinodo, occorre riconoscere le comuni radici che intercorrono tra il cristianesimo e il popolo ebraico, chiamato da Dio a un'alleanza che rimane irrevocabile ( Rm 11,29 ),101 avendo raggiunto la definitiva pienezza in Cristo.

È, quindi, necessario favorire il dialogo con l'ebraismo, sapendo che esso è di fondamentale importanza per l'autocoscienza cristiana e per il superamento delle divisioni tra le Chiese, e operare perché fiorisca una nuova primavera nelle relazioni reciproche.

Ciò comporta che ogni comunità ecclesiale abbia ad esercitarsi, per quanto le circostanze lo permetteranno, nel dialogo e nella collaborazione con i credenti della religione ebraica.

Tale esercizio implica, tra l'altro, che « si faccia memoria della parte che i figli della Chiesa hanno potuto avere nella nascita e nella diffusione di un atteggiamento antisemita nella storia e di ciò si chieda perdono a Dio, favorendo in ogni modo incontri di riconciliazione e di amicizia con i figli di Israele ».102

Sarà peraltro doveroso, in tale contesto, ricordare anche i non pochi cristiani che, a costo a volte della vita, hanno aiutato e salvato, soprattutto in periodi di persecuzione, questi loro « fratelli maggiori ».

57 Si tratta pure di lasciarsi stimolare a una migliore conoscenza delle altre religioni, per poter instaurare un fraterno colloquio con le persone che aderiscono ad esse e vivono nell'Europa di oggi.

In particolare, è importante un corretto rapporto con l'Islam.

Esso, come è più volte emerso in questi anni nella coscienza dei Vescovi europei, « deve essere condotto con prudenza, con chiarezza di idee circa le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel progetto di salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli ».103

È necessario, tra l'altro, avere coscienza del notevole divario tra la cultura europea, che ha profonde radici cristiane, e il pensiero musulmano.104

A questo riguardo, è necessario preparare adeguatamente i cristiani che vivono a quotidiano contatto con i musulmani a conoscere in modo obiettivo l'Islam e a sapersi confrontare con esso; tale preparazione deve riguardare, in particolare, i seminaristi, i presbiteri e tutti gli operatori pastorali.

È peraltro comprensibile che la Chiesa, mentre chiede che le istituzioni europee abbiano a promuovere la libertà religiosa in Europa, abbia pure a ribadire che la reciprocità nel garantire la libertà religiosa sia osservata anche in Paesi di diversa tradizione religiosa, nei quali i cristiani sono minoranza.105

In questo ambito, « si comprende la sorpresa e il sentimento di frustrazione dei cristiani che accolgono, per esempio in Europa, dei credenti di altre religioni dando loro la possibilità di esercitare il loro culto, e che si vedono interdire l'esercizio del culto cristiano »106 nei Paesi in cui questi credenti maggioritari hanno fatto della loro religione l'unica ammessa e promossa.

La persona umana ha diritto alla libertà religiosa e tutti, in ogni parte del mondo, « devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli, di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana ».107

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99 Giovanni Paolo II, Redemptoris missio 55
100 Giovanni Paolo II, Redemptoris missio 36
101 Sinodo dei Vescovi – Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale ( 13 dicembre 1991 ), 8: Ench. Vat., 13, nn. 653-655;
Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, 62: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 13;
Propositio 10
102 Propositio 10;
Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, « Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah », 16 marzo 1998, Ench. Vat. 17, 520-550
103 Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale ( 13 dicembre 1991 ), 9: Ench. Vat., 13, n. 656
104 Propositio 11
105 Propositio 11
106 Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico ( 12 gennaio 1985 ), 3: AAS 77 ( 1985 ), 650
107 Dignitatis humanae 2