Dies Domini

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Conclusione

81 Veramente grande è la ricchezza spirituale e pastorale della domenica, quale la tradizione ce l'ha consegnata.

Colta nella totalità dei suoi significati e delle sue implicazioni, essa è, in qualche modo, sintesi della vita cristiana e condizione per viverla bene.

Si comprende dunque perché l'osservanza del giorno del Signore stia particolarmente a cuore alla Chiesa e resti un vero e proprio obbligo all'interno della disciplina ecclesiale.

Tale osservanza, tuttavia, prima ancora che come precetto, deve essere sentita come un'esigenza inscritta nella profondità dell'esistenza cristiana.

È davvero di capitale importanza che ciascun fedele si convinca di non poter vivere la sua fede, nella piena partecipazione alla vita della comunità cristiana, senza prendere regolarmente parte all'assemblea eucaristica domenicale.

Se nell'Eucaristia si realizza quella pienezza del culto che gli uomini devono a Dio, e che non ha paragone con nessun'altra esperienza religiosa, ciò si esprime con particolare efficacia proprio nel convenire domenicale di tutta la comunità, obbediente alla voce del Risorto che la convoca, per donarle la luce della sua Parola e il nutrimento del suo Corpo come perenne sorgente sacramentale di redenzione.

La grazia che sgorga da questa sorgente rinnova gli uomini, la vita, la storia.

82 È con questa forte convinzione di fede, accompagnata dalla consapevolezza del patrimonio di valori anche umani insiti nella pratica domenicale, che i cristiani di oggi devono porsi di fronte alle sollecitazioni di una cultura che ha beneficamente acquisito le esigenze di riposo e di tempo libero, ma le vive spesso in modo superficiale, e talvolta è sedotta da forme di divertimento che sono moralmente discutibili.

Il cristiano si sente certo solidale con gli altri uomini nel godere il giorno di riposo settimanale; al tempo stesso, però, egli ha viva coscienza della novità e originalità della domenica, giorno in cui è chiamato a celebrare la salvezza sua e dell'intera umanità.

Se essa è giorno di gioia e di riposo, ciò scaturisce proprio dal fatto che è il " giorno del Signore ", il giorno del Signore risorto.

83 Percepita e vissuta così, la domenica diventa in qualche modo l'anima degli altri giorni, e in questo senso si può richiamare la riflessione di Origene, secondo il quale il cristiano perfetto " è sempre nel giorno del Signore, celebra sempre la domenica ".131

La domenica è un'autentica scuola, un itinerario permanente di pedagogia ecclesiale.

Pedagogia insostituibile, specie nelle condizioni dell'odierna società, segnata sempre più fortemente dalla frammentazione e dal pluralismo culturale, che mettono continuamente alla prova la fedeltà dei singoli cristiani alle esigenze specifiche della loro fede.

In molte parti del mondo si profila la condizione di un cristianesimo della " diaspora ", provato cioè da una situazione di dispersione, in cui i discepoli di Cristo non riescono più a mantenere facilmente i contatti fra loro né sono aiutati da strutture e tradizioni proprie della cultura cristiana.

In questo contesto problematico, la possibilità di ritrovarsi la domenica con tutti i fratelli di fede, scambiandosi i doni della fraternità, è un aiuto irrinunciabile.

84 Posta a sostegno della vita cristiana, la domenica acquista naturalmente anche un valore di testimonianza e di annuncio.

Giorno di preghiera, di comunione, di gioia, essa si riverbera sulla società, irradiando energie di vita e motivi di speranza.

Essa è l'annuncio che il tempo, abitato da Colui che è il Risorto e il Signore della storia, non è la bara delle nostre illusioni, ma la culla di un futuro sempre nuovo, l'opportunità che ci viene data per trasformare i momenti fugaci di questa vita in semi di eternità.

La domenica è invito a guardare in avanti, è il giorno in cui la comunità cristiana grida a Cristo il suo " Marána tha: vieni, o Signore! " ( 1 Cor 16,22 ).

In questo grido di speranza e di attesa, essa si fa compagnia e sostegno della speranza degli uomini.

E di domenica in domenica, illuminata da Cristo, cammina verso la domenica senza fine della Gerusalemme celeste, quando sarà compiuta in tutti i suoi lineamenti la mistica Città di Dio, che " non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello " ( Ap 21,23 ).

85 In questa tensione verso il traguardo la Chiesa è sostenuta e animata dallo Spirito.

Egli ne risveglia la memoria e attualizza per ogni generazione di credenti l'evento della Risurrezione.

È il dono interiore che ci unisce al Risorto e ai fratelli nell'intimità di un unico corpo, ravvivando la nostra fede, effondendo nel nostro cuore la carità, rianimando la nostra speranza.

Lo Spirito è presente senza interruzione ad ogni giorno della Chiesa, irrompendo imprevedibile e generoso con la ricchezza dei suoi doni, ma nel raduno domenicale per la celebrazione settimanale della Pasqua la Chiesa si mette in speciale ascolto di lui, e si protende con lui verso Cristo, nel desiderio ardente del suo ritorno glorioso: " Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni"! " ( Ap 22,17 ).

Proprio in considerazione del ruolo dello Spirito ho desiderato che questa esortazione a riscoprire il senso della domenica cadesse in quest'anno che, nella preparazione immediata al Giubileo, è dedicato appunto allo Spirito Santo.

86 Affido l'accoglimento operoso di questa Lettera apostolica, da parte della comunità cristiana, all'intercessione della Vergine Santa.

Ella, senza nulla detrarre alla centralità di Cristo e del suo Spirito, è presente in ogni domenica della Chiesa.

E lo stesso mistero di Cristo che lo esige: come potrebbe infatti, Lei che è la Mater Domini e la Mater Ecclesiae, non essere presente a titolo speciale, nel giorno che è insieme dies Domini e dies Ecclesiae?

Alla Vergine Maria guardano i fedeli che ascoltano la Parola proclamata nell'assemblea domenicale, imparando da lei a custodirla e meditarla nel proprio cuore ( Lc 2,19 ).

Con Maria essi imparano a stare ai piedi della croce, per offrire al Padre il sacrificio di Cristo ed unire ad esso l'offerta della propria vita.

Con Maria vivono la gioia della risurrezione, facendo proprie le parole del Magnificat che cantano l'inesauribile dono della divina misericordia nell'inesorabile fluire del tempo: " Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono " ( Lc 1,50 ).

Di domenica in domenica, il popolo pellegrinante si pone sulle orme di Maria, e la sua intercessione materna rende particolarmente intensa ed efficace la preghiera che la Chiesa eleva alla Santissima Trinità.

87 L'imminenza del Giubileo, carissimi Fratelli e Sorelle, ci invita ad approfondire il nostro impegno spirituale e pastorale.

È questo, infatti, il suo vero scopo.

Nell'anno in cui verrà celebrato, molte iniziative lo caratterizzeranno e daranno ad esso il timbro singolare che non può non avere la conclusione del secondo millennio e l'inizio del terzo dall'Incarnazione del Verbo di Dio.

Ma questo anno e questo tempo speciale passeranno, in attesa di altri giubilei e di altre scadenze solenni.

La domenica, con la sua ordinaria " solennità ", resterà a scandire il tempo del pellegrinaggio della Chiesa, fino alla domenica senza tramonto.

Vi esorto, perciò, cari Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, ad operare instancabilmente, insieme con i fedeli, perché il valore di questo giorno sacro sia sempre meglio riconosciuto e vissuto.

Ciò recherà frutti alle comunità cristiane e non mancherà di esercitare benefici influssi sull'intera società civile.

Gli uomini e le donne del terzo millennio, incontrando la Chiesa che ogni domenica celebra gioiosamente il mistero da cui attinge tutta la sua vita, possano incontrare lo stesso Cristo risorto.

E i suoi discepoli, rinnovandosi costantemente nel memoriale settimanale della Pasqua, siano annunciatori sempre più credibili del Vangelo che salva e costruttori operosi della civiltà dell'amore.

A tutti la mia Benedizione!

Dal Vaticano, il 31 maggio, solennità di Pentecoste, dell'anno 1998, ventesimo di Pontificato.

Giovanni Paolo II

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131 Contro Celso VIII, 22: SC 150, 222-224