Martedì, 7 maggio 2013

Gioia nella sopportazione

La gioia e la forza della sopportazione cristiana rendono l'uomo più giovane e aiutano ad accettare e a vivere pazientemente tribolazioni e difficoltà della vita.

Lo ha ricordato Papa Francesco nell'omelia della messa celebrata questa mattina, martedì 7 maggio, nella cappella della Domus Sanctae Marthae, alla quale hanno partecipato, tra gli altri, un gruppo di collaboratori della Fabbrica di San Pietro e del Museo del Tesoro della basilica di San Pietro.

Hanno concelebrato tra gli altri i cardinali Angelo Comastri e Jorge María Mejía, i monsignori Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla, Messico, e presidente del Consiglio episcopale latino-americano, con il vescovo ausiliare Efraín Mendoza Cruz; Vittorio Lanzani, vescovo delegato della Fabbrica di San Pietro; Francisco Javier Chavolla Ramos, vescovo di Toluca, Messico, e Juan José Omella Omella, vescovo di Calahorra y La Calzada - Logroño, Spagna.

Le letture del giorno - tratte dagli Atti degli apostoli ( At 16,22-24 ) e dal vangelo di Giovanni ( Gv 16,5-11 ) - hanno offerto al Papa l'occasione per riproporre lo spirito di sopportazione testimoniato dai primi martiri cristiani.

E ha ricordato in proposito la testimonianza di Paolo e Sila i quali, imprigionati, restavano in preghiera e cantavano inni a Dio.

Gli altri prigionieri li ascoltavano meravigliati: « Bastonati e pieni di piaghe "cantano, pregano …. Gente un po' strana!".

Ma loro - ha spiegato il Pontefice - erano in pace.

Anche loro erano gioiosi per aver sofferto qualcosa nel nome di Gesù.

Erano tranquilli.

Cantavano, pregavano e soffrivano.

Loro, in quel momento, erano in quello stato d'animo tanto cristiano: lo stato della pazienza.

Quando Gesù comincia la strada della sua Passione, dopo la cena, "entra in pazienza" ».

Entrare in pazienza: questa è « la strada che Gesù insegna a noi cristiani. Entrare in pazienza ».

Ma ciò « non vuol dire essere tristi. No, no, è un'altra cosa!

Questo vuol dire sopportare, portare sulle spalle il peso delle difficoltà, il peso delle contraddizioni, il peso delle tribolazioni ».

La sopportazione cristiana testimoniata da Paolo e Sila, è « un processo di maturità cristiana - ha spiegato il Papa - attraverso la strada della pazienza »; perché si compia è però necessario del tempo.

« È come il buon vino » ha detto con un'espressione efficace, che attende pazientemente « aspettando il momento in cui è propriamente maturo ».

Poi ha riproposto l'esemplarità dei martiri che « erano gioiosi di andare a dare testimonianza di Gesù.

Penso, per esempio, ai martiri della collina di Nagasaki: si aiutavano l'uno con l'altro, si davano forza, parlavano di Gesù aspettando il momento della morte.

E di alcune martiri romane si dice che andavano al martirio come a nozze, come a una festa, a una festa di nozze ».

Ma ciò non significa, ha precisato, assumere un atteggiamento masochista: si tratta semplicemente di « mettersi sulla strada di Gesù » che è stato il primo a entrare nella dimensione della pazienza, sopportando la sua Passione.

E, davanti alle tribolazioni, non si deve cedere alla tentazione del lamento, perché « un cristiano che continuamente si lamenta » smette di essere un buon cristiano e diventa « il signore o la signora lamentela ».

Il buon cristiano scopre, al contrario, « il silenzio nella pazienza. Quel silenzio di Gesù » il quale durante la Passione ha pronunciato solo « due o tre parole necessarie ».

Tuttavia non si tratta di un silenzio triste, come non è stato triste il silenzio di Gesù nel sopportare la Croce: « È doloroso, tante volte molto doloroso, ma non è triste », perché il cuore è in pace.

Dunque sopportare come Gesù, con il cuore in pace, rende felici.

E quale sia l'origine di questa gioia il Papa l'ha spiegato riproponendo la prima preghiera della messa del giorno, attraverso la quale « la Chiesa dice: "Esulta il tuo popolo, Signore, per la rinnovata giovinezza della Pasqua".

Andare in pazienza rinnova la nostra giovinezza e ci fa più giovani.

Il paziente è quello che, alla lunga, è più giovane!

Pensiamo a quegli anziani e anziane nella casa di riposo; a quelli che hanno sopportato tanto nella vita, guardiamo gli occhi: occhi giovani, hanno uno spirito giovane e una rinnovata giovinezza.

E a questo ci invita il Signore », anche « a sopportarci l'uno l'altro » con « carità e amore ».