Lunedì, 2 settembre 2013

La minaccia del pettegolezzo

La lingua, le chiacchiere, il pettegolezzo sono armi che ogni giorno insidiano la comunità umana, seminando invidia, gelosia e bramosia del potere.

Con esse si può arrivare a uccidere una persona.

Perciò parlare di pace significa anche pensare a quanto male è possibile fare con la lingua.

È profonda la riflessione proposta da Papa Francesco nell'omelia della messa celebrata nella cappella della Domus Sanctae Marthae, consuetudine ripresa questa mattina, lunedì 2 settembre.

Il Papa ha preso spunto dal racconto del ritorno di Gesù a Nazareth, così come proposto da Luca ( Lc 4,16-30 ) in uno dei brani del Vangelo tra i più « drammatici », nel quale - ha detto il Pontefice - « si può vedere com'è la nostra anima » e come il vento può farla girare da una parte all'altra.

A Nazareth, ha spiegato il Papa, « tutti aspettavano Gesù.

Volevano trovarlo.

E lui è andato a trovare la sua gente.

Per la prima volta tornava nel suo Paese.

E loro lo aspettavano perché avevano sentito tutto ciò che Gesù aveva fatto a Cafarnao, i miracoli.

E quando inizia la cerimonia, come d'abitudine, chiedono all'ospite di leggere il libro.

Gesù fa questo e legge il libro del profeta Isaia, che era un po' la profezia su di lui e per questo conclude la lettura dicendo "Oggi si compie questa scrittura che voi avete ascoltato" ».

La prima reazione, ha spiegato il Pontefice, è stata bellissima, tutti lo hanno apprezzato.

Poi però nell'animo di qualcuno ha cominciato a insinuarsi il tarlo dell'invidia e ha cominciato a dire: « "Ma dove ha studiato costui?

Non è costui il figlio di Giuseppe?

E noi conosciamo tutta la parentela.

Ma in che università ha studiato?" ».

E hanno cominciato a pretendere che egli facesse un miracolo: solo dopo avrebbero creduto.

« Loro - ha precisato il Pontefice - volevano lo spettacolo: "Fai un miracolo e tutti noi crederemo in te".

Ma Gesù non è un artista ».

Gesù non fece miracoli a Nazareth.

Anzi sottolineò la poca fede di chi chiedeva lo « spettacolo ».

Questi, ha notato Papa Francesco, « si sono arrabbiati tanto, si sono alzati e spingevano Gesù fino al monte per buttarlo giù e ucciderlo ».

Ciò che era iniziato in modo gioioso minacciava di concludersi con un crimine, l'uccisione di Gesù « per la gelosia, per l'invidia ».

Ma non si tratta solamente di un evento di duemila anni fa, ha evidenziato il vescovo di Roma.

« Questo succede ogni giorno - ha detto - nel nostro cuore, nelle nostre comunità » ogni volta che si accoglie qualcuno parlandone bene il primo giorno e poi sempre meno sino ad arrivare al pettegolezzo così quasi da « spellarlo ».

Colui che, in una comunità, chiacchiera contro un fratello finisce per « volerlo uccidere », ha sottolineato il Pontefice.

« L'apostolo Giovanni - ha ricordato - nella prima lettera, ( 1 Gv 3,5 ), ci dice questo: colui che odia nel suo cuore suo fratello è un omicida ».

E il Papa ha subito aggiunto: « noi siamo abituati alle chiacchiere, ai pettegolezzi » e spesso trasformiamo le nostre comunità e anche la nostra famiglia in un « inferno », dove si manifesta questa forma di criminalità che porta a « uccidere il fratello e la sorella con la lingua ».

« La Bibbia - ha proseguito il Papa - dice che il diavolo è entrato nel mondo per invidia.

Una comunità, una famiglia viene distrutta da questa invidia che insegna il diavolo nel cuore e fa che uno parli male dell'altro ».

E riferendosi a quanto accade in questi giorni, ha sottolineato che bisogna pensare anche alle nostre armi quotidiane: « la lingua, le chiacchiere, lo spettegolare ».

Come costruire dunque una comunità, si è chiesto il Pontefice?

Così « com'è il cielo » ha risposto; così come annuncia la Parola di Dio: « Viene la voce dell'arcangelo, il suono della tromba di Dio, il giorno della risurrezione.

E dopo questo dice: e così per sempre saremo con il Signore ».

Dunque « perché sia pace in una comunità, in una famiglia, in un Paese, nel mondo, dobbiamo cominciare a essere con il Signore.

E dov'è il Signore non c'è l'invidia, non c'è la criminalità, non ci sono le gelosie.

C'è fratellanza.

Chiediamo questo al Signore: mai uccidere il prossimo con la nostra lingua e essere con il Signore come tutti noi saremo nel cielo ».