Giovedì, 23 ottobre 2014

Orizzonte infinito

L'« esperienza mistica » che Paolo fa di Gesù ci ricorda che non si può essere cristiani da soli, amando Dio e il prossimo « senza la forza e la grazia dello Spirito Santo ».

Ed è proprio l'esperienza dell'apostolo che Papa Francesco ha riproposto, rilanciandone l'attualità spirituale come preghiera di adorazione e di lode, nella messa celebrata giovedì mattina, 23 ottobre, a Santa Marta.

« Paolo ha un'esperienza di Gesù Cristo, un'esperienza del Signore, che lo ha portato a lasciare tutto » fino a dire « tutto ho lasciato perdere, e considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in Lui ».

Difatti egli « aveva visto Cristo, aveva conosciuto Cristo, era innamorato di Cristo ».

E « va avanti in questo mistero ».

Così, ha fatto notare il Pontefice, « nella prima lettura - Efesini 3,14-21 - abbiamo ascoltato quell'atto di adorazione che Paolo fa davanti a Dio: "Fratelli, io piego le ginocchia davanti al Padre" ».

Ecco, dunque, il suo atto di adorazione al Padre.

Ma « poi ci spiega perché » lo fa.

Il brano proposto dalla liturgia di oggi, ha affermato Francesco, « è originale per il linguaggio che usa Paolo ».

Si tratta, infatti, di « un linguaggio senza limite, un linguaggio di grandiosità, di ampiezza: parla di ricchezza della sua gloria; parla di comprendere l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza, la profondità; conoscere il Cristo che supera, il Cristo che fa che noi siamo ricolmi di tutta pienezza ».

È, appunto, « un linguaggio senza limite, che non si può capire nel senso di prendere », perché è « quasi senza orizzonte ».

Paolo « adora questo Dio che ha il potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo quella potenza che Lui ha anche nel tempo, per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli ».

È un vero e proprio « atto di adorazione, un'esperienza davanti a questo Dio che è come un mare senza spiagge, senza limiti, un mare immenso ».

E « Paolo davanti a questo Dio piega le ginocchia del suo cuore, della sua anima ».

« In questo atto di adorazione - ha affermato il Papa - Paolo ci parla del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ».

E « cosa chiede Paolo, per lui, per la Chiesa - la Chiesa di Efeso in questo caso - e per tutti noi? ».

Rivolgendosi « al Padre, da cui ha origine tutta la discendenza in cielo e sulla terra », Paolo chiede per prima cosa « di essere potentemente rafforzati nell'uomo interiore, mediante il suo Spirito ».

Inoltre domanda « al Padre che lo Spirito venga e ci rafforzi, ci dia la forza ».

Sa benissimo che « non si può andare avanti senza la forza dello Spirito.

Le nostre forze sono deboli.

Non si può essere cristiani, senza la grazia dello Spirito ».

Infatti « è proprio lo Spirito che ci cambia il cuore, che ci fa andare avanti nella virtù per compiere i comandamenti ».

Poi, Paolo « chiede un'altra grazia al Padre, ma per mezzo di Cristo: "Che il Cristo abiti, per mezzo della fede, nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità" ».

In sostanza « chiede la presenza di Cristo perché ci faccia crescere nella carità, ma radicati nell'amore, fondati nell'amore ».

E, anche, « chiede al Padre di conoscere questo amore di Cristo che supera ogni conoscenza, che non si può capire ».

Ma, allora, « come posso conoscere quello che non si può capire? ».

La risposta di Paolo è chiara: « Per mezzo di questo atto di adorazione di quell'immensità grande ».

Nel passo della Lettera agli Efesini, Paolo prosegue parlando « ai fedeli sul Padre: ha cominciato sul Padre e finisce col Padre ».

Parla, dunque, direttamente ai fedeli di « Colui che in tutto ha potere di fare ».

L'apostolo afferma che il Padre può fare « molto più di quanto possiamo domandare o pensare ».

Anche miracoli, certo.

« Ma noi non possiamo immaginare cosa può fare il Padre, secondo la potenza che opera in noi ».

Quindi Paolo finisce questa sua adorazione con una lode: « A Lui sia la Gloria, per i secoli dei secoli ».

Siamo davanti, ha spiegato Francesco, a « un'esperienza mistica di Paolo, che ci insegna la preghiera di lode e la preghiera di adorazione ».

Così « davanti alle nostre piccolezze, ai nostri interessi egoistici - tanti! - Paolo scoppia in questa lode, in questo atto di adorazione ».

E « chiede al Padre che ci invii lo Spirito per darci forza e poter andare avanti; che ci faccia capire l'amore di Cristo e che Cristo ci consolidi nell'amore ».

E dice al Padre: « Grazie, perché Tu sei capace di fare quello che anche noi non osiamo pensare ».

Questa di Paolo « è una bella preghiera » ha rimarcato il Papa.

E « con questa vita interiore si può capire che Paolo abbia lasciato perdere tutto e consideri tutto spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in Cristo ».

Le sue parole valgono anche per noi perché « ci fa bene pensare così, ci fa bene adorare Dio anche a noi ».

Sì, « ci fa bene lodare Dio, entrare in questo mondo di ampiezza, di grandiosità, di generosità e di amore ».

E, ha concluso Francesco, « ci fa bene perché così possiamo andare avanti nel grande comandamento - l'unico comandamento che è alla base di tutti gli altri - che è l'amore: amare Dio e amare il prossimo ».