17 settembre 2019

La compassione atto di giustizia

Se « la compassione è il linguaggio di Dio », come possono gli uomini girare lo sguardo da un'altra parte, restando indifferenti davanti a chi è povero, solo, fragile?

È proprio una questione di « giustizia », ha commentato Papa Francesco ponendosi questa domanda nella messa celebrata martedì mattina, 17 settembre, a Santa Marta.

« In questo passo del Vangelo di Luca - ha fatto subito presente il Pontefice, riferendosi al brano proposto dalla liturgia ( Lc 7,11-17 ) - c'è una parola che si ripete nei Vangeli: compassione. L'evangelista non dice che Gesù "ebbe compassione", ma che "fu preso dalla compassione" (Luca 7, 13), come se dicesse "fu una vittima della compassione" ».

In sostanza « la compassione lo prende ».

Luca lo scrive esplicitamente: « Il Signore fu preso da grande compassione ».

E proprio « la compassione - ha spiegato il Papa - gli fa vedere la realtà ultima di quel momento: c'era la grande folla che lo seguiva, c'erano i discepoli, c'era il corteo funebre, la mamma, il morto … ma Lui ha visto la realtà, e la realtà era quella donna, spogliata di tutto perché aveva perso l'unico figlio, e lei era rimasta vedova ».

Dunque, ha rilanciato Francesco, « c'era la gente, c'erano gli amici che l'accompagnavano … ma il Signore vede la realtà: una madre sola.

Sola oggi e fino alla fine della vita.

La compassione ti fa vedere le realtà come sono; la compassione è come la lente del cuore: ci fa capire davvero le dimensioni.

E nei Vangeli, Gesù tante volte viene preso dalla compassione ».

Del resto, ha fatto notare, « la compassione è anche il linguaggio di Dio ».

Nella Bibbia, « è stato Dio a dire a Mosè: "ho visto il dolore del mio popolo" ( Es 3,7 ); è la compassione di Dio che invia Mosè a salvare il popolo ».

Perché « il nostro Dio è un Dio di compassione, e la compassione è, possiamo dire, la debolezza di Dio ma anche la sua forza.

Quello che di meglio dà a noi: perché è stata la compassione a muoverlo a inviare il Figlio a noi.

È un linguaggio di Dio, la compassione ».

« Poi - ha continuato Francesco - è vero, la compassione non è un sentimento di pena, semplice: questo è superficiale ».

Infatti, « anche quando vediamo morire un cane sulla strada, poveretto, sentiamo un po' di pena ».

Ma « questa non è compassione.

Non è dire "peccato che succedano queste cose", no ».

Compassione « è coinvolgersi nel problema degli altri, è giocarsi la vita lì.

Il Signore si gioca la vita: va lì, perché è il linguaggio di Dio, la compassione ».

« Invece non succede lo stesso con i discepoli: non capiscono » ha affermato il Papa, proponendo « un altro passo della Scrittura, del Vangelo: la moltiplicazione dei pani.

C'era la folla che aveva seguito Gesù tutta la giornata, ascoltando, tanta gente … il Vangelo parla di ( cfr. Mt 15,38 o Mc 8,9 ) 5000 uomini oltre alle donne e i bambini ( cfr. Mt 14,21 ).

Incomincia il buio, nel tardo pomeriggio, e i discepoli vanno da Gesù e gli dicono: "Ma, Signore, questa gente è dal mattino che ci segue: congedali, perché vadano a comprare il pane nei villaggi e noi restiamo tranquilli".

Questo non lo dicono ma lo sentono.

È così: "congeda" ».

Al Signore, in pratica, suggeriscono: « "Dobbiamo finire qui", erano prudenti, i discepoli …

La prudenza ci dice di congedare questa gente.

Io credo che in quel momento Gesù si sia arrabbiato, nel cuore, considerata la risposta: "Date loro voi da mangiare!

Dopo una giornata così, voi volete che ancora vadano nei villaggi a comprare il pane?

Fatevi carico della gente!" ».

Dunque, ha proseguito Francesco, « il Signore, dice il Vangelo, ebbe compassione perché vedeva quella gente come pecore senza pastore.

Da un lato, c'è il gesto di Gesù, sempre la compassione, e dall'altro lato, l'atteggiamento dei discepoli, egoistico.

Questi ultimi cercano una soluzione ma senza compromesso.

Non si sporcano le mani.

Potevano dire, facendosi carico della gente: "Ma, noi andiamo e portiamo".

No. "Che vadano, che si arrangino".

E qui, se la compassione è il linguaggio di Dio, tante volte il linguaggio umano è l'indifferenza.

Farsi carico fino a qui e non pensare oltre: l'indifferenza ».

« Uno dei nostri fotografi dell'Osservatore Romano - ha ricordato il Papa - ha scattato una foto, che adesso è nell'Elemosineria, che si chiama "Indifferenza".

Ne ho parlato altre volte, di questo.

Una notte d'inverno, davanti a un ristorante di lusso, una signora che vive sulla strada tende la mano a un'altra signora che esce, ben coperta, dal ristorante, e quest'altra signora guarda da un'altra parte.

Questa è l'indifferenza.

Andate a guardare quella fotografia: questa è l'indifferenza.

La nostra indifferenza.

Quante volte guardiamo da un'altra parte …

E così chiudiamo la porta alla compassione ».

A questo proposito il Pontefice ha proposto « un esame di coscienza: Io abitualmente guardo da un'altra parte?

O lascio che lo Spirito Santo mi porti sulla strada della compassione?

Che è una virtù di Dio … ».

« E alla fine - ha detto ancora Francesco - c'è una parola che a me ha toccato, quando ho pregato con il Vangelo, oggi.

Gesù dice alla mamma: "Non piangere", una carezza di compassione; si avvicinò e toccò la bara.

Si fermarono i portatori.

E poi disse al ragazzo: "Dico a te: alzati!".

Il morto si mise seduto e incominciò a parlare.

E come finisce?

"Ed Egli lo restituì a sua madre".

Lo restituì: un atto di giustizia.

Questa parola si usa in giustizia: restituire.

La compassione ci porta sulla via della vera giustizia.

Sempre bisogna restituire a coloro che hanno un certo diritto, e questo ci salva sempre dall'egoismo, dall'indifferenza, dalla chiusura di noi stessi ».

Il Papa ha così concluso la sua meditazione: « Continuiamo l'Eucaristia di oggi con questa parola: "Il Signore fu preso da grande compassione".

Che Lui abbia anche compassione di ognuno di noi: ne abbiamo bisogno ».