Messaggio Urbi et Orbi di Natale 1965

24 dicembre 1965

Fratelli! Figli! Fedeli! e voi tutti che Ci ascoltate!

Pare a Noi, dirigendo a voi la Nostra parola da questa loggia che offre allo sguardo questo incomparabile foro, quasi simbolo d'un orizzonte che abbraccia tutta la cristianità, anzi tutta l'umanità, pare a Noi, commentando a voi il mistero del Natale di Cristo, dopo aver celebrato nel cerchio della vostra presenza e della spirituale comunione la santa Messa di questa così cara, così popolare festività, pare a Noi, volgendo lo sguardo sul mondo, e osservando con un solo intuito la scena esteriore della storia presente e la scena interiore degli spiriti umani, pare a Noi che un invito, quasi un richiamo, un grido, vi dobbiamo rivolgere: venite!

Venite, ché siete attesi!

Venite, ché siete conosciuti, voi siete amati!

Venite, ché qualche cosa di stupendamente buono è per voi preparato!

Venite!

Ripeteremo Noi pure il celeste messaggio dell'Angelo nella notte fatidica di Bethleem: « Ecco ch'io vi reco una buona novella di grande allegrezza per tutto il popolo; perché oggi è nato per voi il Salvatore, che è Cristo Signore! » ( Lc 2,10-11 ).

Perciò: Adeste, fideles!

Avvicinatevi, o fedeli!

Vi diremo col canto pastorale del presepio!

Il Nostro invito oggi si rivolge specialmente a voi, fanciulli, a voi, giovani!

Perché voi siete avidi di gioia e di vita; Cristo è il vero eroe, che voi sognate; Cristo è il vero amico, che voi cercate.

Venite, e conoscetelo; e poi amatelo e seguitelo.

Ma il Nostro invito si allarga, e vuole arrivare a tutti gli uomini, a quelli che pensano e cercano dapprima.

Parola del Profeta: « Voi tutti che siete assetati, venite alla sorgente; anche se non avete denaro ( meriti e forze, cioè ), venite » ( Is 55,1 ).

E poi a quelli che lavorano e che soffrono.

Parola di Cristo stesso: « Venite a me voi tutti, che siete affaticati ed oppressi; ed Io vi consolerò » ( Mt 11,28 ).

Noi sappiamo bene quante difficoltà incontri l'uomo moderno, dentro e fuori di sé, a compiere un atto di fede vera, a credere in Dio, ad accettare Gesù Cristo, a inserirsi nella Chiesa; ma in questo momento a Noi sembra che il Nostro invito acquisti una speciale virtù persuasiva;

per l'affettuosa umiltà, con cui è proferito;

per la franca e sincera autorità, che lo qualifica, non Nostra, ma di Lui, il Maestro, Cristo-luce, Cristo-pane della vita;

per il collaudo, che voi stessi, uomini d'oggi, gli procurate dimostrando, con le vostre sapienti e le vostre tragiche esperienze, che « non vi è sotto il cielo alcun altro nome ( all'infuori di quello di Cristo ), dal quale possiamo aspettarci salvezza » ( At 4,12 );

per l'accento umano infine, che questo invito ha assunto nella voce del Concilio ecumenico, che, da qui stesso, lo ha lanciato al mondo; il medesimo invito che Noi ora, nella ricorrenza umanissima del Natale, vi rivolgiamo: Venite!

Cristo è per voi; è soprattutto per voi, uomini del nostro secolo!

Ed ancora più lontano vuole echeggiare il Nostro invito, ai Popoli della terra, facendo proprio il vaticinio dell'antico Isaia: « Venite, saliamo al monte del Signore …, Egli ci insegnerà le sue vie …

E giudicherà le Nazioni, e farà da arbitro tra le moltitudini delle genti; e ( allora ) trasformeranno le loro spade in aratri, e le loro lance in falci; e non brandirà più spada Nazione contro Nazione, e non si eserciteranno più oltre a fare la guerra » ( Is 2,2-4 ).

Venite! è l'invito a Cristo! è l'invito alla pace! Cristo e la pace!

Comprenderà un giorno il mondo quale profonda e unica relazione componga questo binomio: Cristo e la pace?

Capirà come il binomio si risolva nella equazione dell'apostolo Paolo: Cristo « è la nostra pace » ( Ef 2,14 )?

Forse si.

Questa è la speranza del mondo, della civiltà.

Forse sì; perché proprio oggi, in omaggio al Natale di Cristo, là dove infierisce una lotta micidiale, nel Vietnam, oggi si distende una tregua; una tregua nobile e generosa, piena di nuove consolanti speranze.

Noi ne siamo tanto più lieti, sapendo che questa pausa d'armi è stata concessa in seguito all'invocazione, che Noi ne facevamo, giorni or sono, in nome del Natale, nelle Nostre parole domenicali verso questa stessa Piazza.

Diamo lode a chi, accogliendo quella Nostra esortazione, dimostra, a suo onore ed a conforto di tanti cuori ansiosi ed afflitti, d'avere nell'animo alto sentimento di religiosa pietà, e sincero desiderio di giustizia e di pace.

Non ripeteremo Noi perciò, in questo giorno che Cristo ha reso sacro alla vita e alla pace, il Nostro invito?

O uomini sapienti e uomini potenti,

O uomini giovani e uomini sofferenti, venite, venite al Natale di Cristo; venite e cercate; cercate e trovate nel Vangelo, nella buona novella annunciata per il Natale, ciò che è indispensabile alla prosperità e alla pace dell'umanità.

E cioè: la scienza dell'uomo, la scienza vera della sua natura e dei suoi destini; la legge per l'uomo, la quale deve sopra tutte le altre leggi governare ogni coscienza e ogni comunità, la legge dell'amore e perciò la fratellanza, la solidarietà, la collaborazione, la pace; e poi l'energia all'uomo per compiere l'impresa, non mai terminata, di quella civiltà, che non soffoca i suoi cittadini, e non crolla per la mole e per il peso della sua stessa grandezza; l'energia misteriosa, che solo la fede ci può procurare.

Venite, venite tutti; e tutti ricevete in segno di questi voti, ed in pegno della loro efficacia la Nostra Benedizione Apostolica.

Nella Nostra voce, e nel Nostro gesto, è Cristo Signore che ve la concede.